Stanchezza, irrequietezza, deconcentrazione

Salve, sono un ragazzo di 23 anni, e da molto tempo ormai mi rendo conto che ho alcuni problemi che mi influenzano negativamente nella vita quotidiana. Anzitutto, mi sento spesso stanco, sbadiglio, ho sonno, poi però mi metto a letto e mi passa, quindi capisco che non è un vero sonno; quando non ho sonno, mi sento irrequieto, iperattivo, non so star fermo, insomma passo da un estremo all'altro. Infine, essendo studente e frequentando un corso di studi relativamente impegnativo, ho bisogno di molta concentrazione in quello che faccio e non ne ho; tendo sempre più spesso a rimandare gli impegni, anche se per me l'università e lo studio sono sempre stati al primo posto, mi sembra che quello che faccio non abbia senso, non mi porti da nessuna parte. Insomma, tra stanchezza e deconcentrazione, studio molto male, anche se la buona volontà spesso ce la metto. Il punto è che la testa mi va sempre ad altri pensieri, al fatto che mi sento solo, che sono un fallito, che probabilmente ci sono ottime premesse perchè la mia vita futura sia da depressione totale. Inoltre spesso tendo ad arrabbiarmi per futili motivi con i miei genitori e quasi ad insultarli, cosa che prima non facevo mai, ed anzi spesso lo faccio senza alcun rimorso, cosa peggiore.
Ho già frequentato in passato una psicologa ed uno psichiatra psicoterapeuta per anni, ma, non essendo soddisfatto del risultato, ho lasciato perdere. Adesso però mi trovo più solo ed infelice che mai; e la cosa peggiore è che a quanto pare questi dovrebbero essere gli anni migliori della mia vita, quindi posso solo immaginare quelli che mi aspettano. Inoltre il fatto di sentirmi triste mi porta ad evitare di espormi in contesti sociali dove so che di certo non sarei di buona compagnia; quindi di fatto anche se desidero relazioni sociali evito in ogni modo di espormi a situazioni in cui potrei crearmele. Che dovrei fare? Mi potreste dare qualche consiglio pratico? Grazie.
PS nè il mio psichiatra nè la psicologa mi hanno mai fatto una diagnosi precisa, anche se suppongo di essere forse un po' depresso. Cmq più che una diagnosi mi interessa sapere cosa posso fare concretamente per migliorare la situazione. Sforzarmi a tutti i costi? Oppure aspettare che passi?
[#1]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"il fatto di sentirmi triste mi porta ad evitare di espormi in contesti sociali dove so che di certo non sarei di buona compagnia; quindi di fatto anche se desidero relazioni sociali evito in ogni modo di espormi a situazioni in cui potrei crearmele"

Gentile ragazzo,

probabilmente -anche se medico e psicologo non hanno mai posto diagnosi (di depressione), non ti hanno neppure rilasciato un certificato?- una qualche tendenza depressiva potrebbe starci. Ma quello che alimenta e rafforza il disagio è il tuo timore di non essere di buona compagnia e l'evitamento delle situazioni.

Concretamente: tu desideri relazioni sociali, ma le eviti perchè temi di non essere interessante o di buona compagnia... quindi ti isoli e poi ti senti giù.

Che cosa credi che potresti fare?

Da solo sicuramente la situazione ti sembrerà insormontabile, ma hai bisogno di un aiuto specialistico che ti aiuti ad intercettare e spezzare questo meccanismo.

Una possibilità è la psicoterapia. Tu in passato che tipo di psicoterapia hai fatto? Come mai dici che non hai ottenuto nessun risultato? Su che cosa avete lavorato?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2011 al 2012
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Ragazzo,
e' difficile dirle che cosa possa fare concretamente per migliorare una situazione che, mi pare, dura da qualche tempo. Da quanto tempo? C'e' stato un elemento scatenante, una sofferenza o delusione particolare? I sintomi che descrive oggi sono gli stessi che l'avevano condotta qualche tempo fa a chiedere aiuto a uno psichiatra/psicoterapeuta? Da quanto tempo ha interrotto la sua psicoterapia?
Gli elementi che mi colpiscono di piu' leggendo la sua email sono l'oscillazione tra momenti di deflessione del tono dell'umore e momenti di irrequietezza. In entrambi i casi, pero', lei si confronta con la frustrazione per non riuscire a fare quello che si propone di fare, sia che si tratti di studio, sia che si tratti di occasioni sociali. E' come se, depresso o irrequieto che sia, si sentisse comunque bloccato da pensieri di indegnita', di timore per il futuro, e cosi' via... come se il suo futuro fosse condizionato in senso negativo da qualcosa che non conosce bene e che la inquieta.
Il mio "consiglio" e' di non trascurare questo stato d'animo. Se da un lato e' vero che tutti i momenti di crescita e di confronto con la realta' (accademica, lavorativa, sociale, ecc...) possono comportare conflitti, disillusioni e sofferenze, dall'altro e' importante che questi momenti di "crisi" possano essere occasioni per imparare dall'esperienza e per adeguare le nostre aspettative alla nostra specifica realta'. Se lei si sente, al contrario, "bloccato" e limitato rispetto a quanto potrebbe vivere, e' importante non "aspettare che passi", ma chiedere di nuovo aiuto, analizzando prima di tutto con se stesso i motivi che l'hanno condotta a interrompere la terapia che aveva in corso.
Auguri cordiali!
[#3]
dopo
Utente
Utente
Anzitutto grazie per le gentili e tempestive risposte. Alla dr.ssa Pileci volevo rispondere che non mi hanno mai rilasciato alcun certificato, nè hanno mai parlato in modo tecnico di qualche patologia; era come se fosse una cosa che sapevano loro e non mi riguardava. Non mi hanno neanche detto nello specifico che tipo di terapia stavo svolgendo nè quale fosse lo scopo, probabilmente migliorare i rapporti sociali e la soddisfazione personale in genere, suppongo (entrambi obiettivi falliti); tendevano a parlare in modo generico ed alle mie domande specifiche rispondevano in modo evasivo. Più che altro, non sentivo uno stimolo costante, era diventato un luogo dove settimanalmente andare a raccontare i miei soliti, noiosi problemi, sempre gli stessi, e sentire di rimando le stesse risposte. Forse, avendo iniziato molto presto (17-18 anni) la terapia individuale (prima facevo quello familiare: fondamentalmente eravamo una famiglia "disfunzionale", con molti conflitti interni) non mi reputavano abbastanza maturo da spiegarmi queste cose. Cmq credo che la situazione fosse abbastanza grave perchè dopo circa un anno e mezzo la psicologa mi passò ad un suo collega psichiatra, anche per farmi seguire a livello farmacologico (cosa che avevo chiesto io espressamente, perchè lei era molto contraria). Riguardo a cosa posso fare, è proprio quello il problema, io oggettivamente mi sento tagliato fuori da troppo tempo e non credo neanche di poter rientrare in una vita normale; è proprio questa la cosa che mi angoscia: a 18 anni potevo ancora sperare che era una fase transitoria, a 19 pure, a 23 un po' meno, quando ho constatato che le cose si sono tutto sommato stabilizzate. Sto continuando a studiare, certo, ma è un trascinarmi più che altro, dal momento che ogni giorno mi sento più demotivato in quello che faccio e vedo meno il senso, visto che non credo che sinceramente, per come sono adesso, svolgerò mai la professione di avvocato o giudice, a meno che non avvenga qualche miracolo. Oltre ad avere più difficoltà a livello oggettivo, che forse ingigantisco non avendo nessuno con cui confrontarmi.
Per la dottoressa Danieli: l'evento scatenante non è uno, sono molteplici: anzitutto conflitti familiari molto forti, tra e mio padre anzitutto, che si protraggono da quando ero molto piccolo; poi, più recentemente, esperienze molto negative di rifiuto a scuola da parte dei miei compagni (tra cui uno era il mio migliore ed unico amico) che mi hanno lasciato molto solo ed amareggiato, oltre a veri e propri singoli episodi di bullismo, che tuttavia per me sono quasi migliori del clima di freddezza solito di cui ero circondato; credo sia dalla fine del liceo che manifesto in modo espresso questi sintomi di disinteresse ed apatia, prima non dico che fossi normale, ad esempio ero sempre preoccupato per la scuola in modo eccessivo, e forse questo aveva per un certo periodo lasciato in secondo piani gli elementi depressivi.
Ho interrotto la psicoterapia con lo psichiatra-terapeuta da 2 anni ormai, dal momento che, di mia iniziativa e di comune accordo, decisi di provare a fare una cosa diversa, nello specifico cambiare facoltà ed andare in un'altra città, piuttosto che continuare una terapia in cui ormai non credevo più.
Voglio precisare che da allora, anche se solo, studio regolarmente, sono in pari con gli esami seppur a fatica, soprattutto perchè le mie fasi di "sfiducia" mi influenzano negativamente, andando spesso ad annullare o quasi quello che metto insieme con la buona volontà. Spesso ad esempio studio per mesi esami per poi interrompere la settimana prima, sentendo di non potercela fare, oppure per un senso di stanchezza e deconcentrazione che mi prende; per fortuna a volte mi presento lo stesso e cmq do l'esame.
Ultimamente ho anche svolto per lunghi periodi sport, nuoto nello specifico, questo per dire che a livello fisico non mi mancano le energie e questo forse non si addice al profilo di un depresso. Ora per via di un intervento maxillofacciale ho dovuto interrompere anche questo, ma lo riprenderò a breve.
Fino a poco tempo fa ho svolto circa 10-12 sedute con una terapeuta nel pubblico, per non far spendere soldi ai miei, ma ora ho mollato anche qui perchè mi sembrava totalmente inutile. Certo, niente mi vieta di riprendere, ma di certo non lo farei con grandi speranze.
[#4]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Come si trovava con la psicoterapeuta del servizio pubblico?

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#5]
dopo
Utente
Utente
Diciamo che reputo la dottoressa molto brava, lungi dal me criticarla, però non ho sentito in me nè alcun cambiamento nè nessun imput diverso dal solito che mi inducesse a continuare. Anzi, prima dallo psichiatra psicoterapeuta privato spesso sentivo almeno una sensazione di sollievo anche se temporanea ed ora non sentivo neanche quella. Non mi sentivo neanche libero di essere totalmente sincero. Non so probabilmente sono io che mi aspetto troppo da un contesto che deve solo servire da supporto temporaneo. Fatto sta che spesso sento che mi servirebbe più di un supporto minimo e di una vaga speranza ma non riesco a trovare altro nella terapia individuale. MI è stata consigliata la terapia di gruppo a cui intendo partecipare ma che per un lungo periodo ho dovuto evitare perchè l'orario coincideva con quello delle lezioni. Il mio obiettivo è reinserirmi in una vita sociale normale e valuterò i risultati in rapporto ad esso. Spesso ho avuto la sensazione che le persone che mi seguivano non avessero capito quanto era importante per me cambiare; era come se per loro andasse bene la situazione così come era e che andavo lì per passatempo. Non li sentivo interessati ecco.
Per me ora come ora è molto importante conseguire risultati concreti e sentirmi un po' meno disadattato nella vita, perchè davvero non tollero più questa sensazione.