Solitudine e stress

Gentili psicologi, non vorrei abusare di questo servizio, ma sento davvero il bisogno di scrivere. In questo periodo mi sento particolarmente sotto stress: il lavoro mi impegna moltissimo e sento che non riesco a stare dietro a tutto né a lavorare con la qualità che vorrei. Sono stata tamponata due volte in una settimana, da due auto diverse e sto avendo problemi ad ottenere i rimborsi dalle assicurazioni perché l'auto è molto vecchia. Ho problemi nel mio appartamento a causa di danni che i proprietari dovrebbero sistemare, ma non lo fanno ed è una guerra che procede a rilento. Seguo una psicoterapia molto faticosa per me, perché si stanno toccando temi molto delicati: basti dirvi che quasi ogni volta che torno dalla seduta non sono in grado di fare niente, spessissimo mi addormento perché mi sento spossata e altrettanto spesso finisco per piangere per ore. A questo si aggiunge una recente delusione sentimentale che, benché non mi lasci oramai più dubbi, brucia ancora. Mi sento molto sotto pressione e a causa dei numerosi impegni lavorativi fatico a trovare i momenti per vedere il mio terapeuta (ultimamente abbiamo cambiato data e ora 3 volte di fila!). Mi sento davvero sotto pressione e tutto questo mi da la dimensione della mia solitudine. Non ho rapporti con la mia famiglia. I rapporti amicali che ho qui sono molto freddi e superficiali. Quelli veri sono nella città in cui abitavo prima, lontano da qui. Tutto sommato credo che la solitudine sia un'aggravante rispetto a tutte queste situazioni avverse..e forse cerco il vostro aiuto perché non ho nessuno a cui chiederlo...Cosa posso fare per uscirne? Io non vorrei vivere così, mi sembra di essere in un tunnel.. non sono serena, e non lo sono da moltissimo. Oggi sono a casa in malattia e, come sempre quando ci si ferma, ci si rende più conto della propria solitudine: nessuno che chieda come sto, nessuno che vada a comprarmi le medicine di cui ho bisogno. Ci sono abituata...ma non vorrei che la mia vita fosse così.
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Dr. Magda Muscarà Fregonese Psicologo, Psicoterapeuta 3.8k 149 11
Gentile utente, comprendo il sentimento di stanchezza che ora, malata ( ma per poco) le fa sentire maggiormente la solitudine..
Ma pensi anche a quante cose si è conquistata con la sua intelligenza e sensibilità, ai passi avanti che ha fatto e che sono evidenti leggendo i messaggi precedenti..
Le consiglio di tentare sempre di essere meno esigente con sè stessa ed insieme di guardarsi intorno e magari aprirsi un pò con qualcuno intorno a lei, più o meno ci si sente spesso soli e non ci si accorge che avere un contatto è possibile. Forse anche lì dietro a rapporti "freddi e superficiali"c'è la possibilità di scoprire altro.. più calore e più identificazione..
Ma bisogna un pò "osare".. vedrà che ci sono molti che non chiedono di meglio.
Le auguro di voler essere serena,e di lasciarsi dietro alle spalle il dolore, la rabbia ed i ricordi tristi..
Cominci a fare delle piccole buone cose per sè stessa , con uno sguardo affettuoso e coraggioso verso la ragazza in gamba che è sempre stata ..

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

ben ritrovata!

Nonostante il momento di malattia e stanchezza, come procede la terapia?

Quanto a vedere amplificata la Sua solitudine ora, ha provato a chiedere a qualcuno di aiutarLa in questo momento?

"nessuno che chieda come sto, nessuno che vada a comprarmi le medicine di cui ho bisogno. " A tutti fa piacere sapere che qualcuno ci pensa o che qualcuno fa delle cose per noi, dalle più semplici e necessarie a quelle meno indispensabili, però spesso è necessario cominciare a chiedere in maniera tale da far sapere agli altri ciò di cui noi abbiamo bisogno, ciò che ci piace e ciò che invece non sopportiamo.

Tutto questo non piove dal cielo, ma deve essere costruito. Spesso ciò che ci crea un problema è l'idea di un'aspettativa magica dove tutti capiscono e colgono il nostro bisogno.

Non è così...

Saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Gentile dott.ssa Muscarà Fragonese, già l'altra volta ho fatto tesoro delle sue parole, quando mi diceva di essere più gentile con me stessa, e mi risuonano spesso nella memoria. Ci provo, e a volte mi rendo conto che sono una sorta di giocoliere, sto giocolando con 1000 palline e forse è normale che ogni tanto me ne cada qualcuna...Ma come è difficile imparare a "giustificarsi" quando per una vita intera si è fatto diversamente! Provare ad aprirmi...ci sto provando...ho iniziato a raccontare cose personali alle neo.amicizie..mi costa fatica, e soprattutto, è difficile "sopportare" la reazione degli altri, che può essere di maggiore o minore accettazione e calibrarne la gravità So che per questo c'è il mio terapeuta..però...mi sento così affaticata!

Gentile dott.ssa Pileci,

la terapia attraversa un momento delicato: mi sono sentita rifiutata dal mio terapeuta (è una costante nella mia vita) e sono riuscita a dirglielo! Non credevo che avrei potuto farcela. Ne abbiamo parlato e credo che abbiamo iniziato a "smontare" questa sensazione...ma ora sento una sorta di rifiuto verso di lui..come mi accade sempre con le persone con le quali mi "scopro"...rifiuto e vergogna di averlo fatto. Forse è per questo che trovo mille difficoltà ad andare alle sedute..mi si è affacciato questo pensiero mentre scrivevo...forse lo sto un po' boicottando? non so...Mi dice che dovrei imparare a chiedere aiuto...per me è come scalare l'Everest...
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Assolutamente deve parlare di tutto questo col terapeuta. Potrebbe essere una Sua strategia di fuga...

Quanto all'aprirsi è chiaro che quando cominciamo a fare qualcosa di nuovo possiamo provare emozioni che non pensavamo di poter provare in qual frangente, ma anche questo è una parte di materiale da portare in terapia.

Ci sono momenti di stallo e momenti di fatica in terapia: cerchi l'aiuto del terapeuta per le difficoltà che sta incontrando e utilizzi bene e a Suo vantaggio le sedute. Non solo, visto che nel consulto precedente dichiarava di sentirsi bene col terapeuta è importante utilizzare anche fuori dalle sedute la relazione terapeutica.

Un cordiale saluto,
[#5]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Cosa significa "utilizzare fuori dalle sedute la relazione terapeutica"?
[#6]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Gentili dottoresse,

scusate il disturbo, ma vorrei raccontare un avvenimento: ho mandato un sms sciocco e fuori luogo. Non ho ricevuto risposta. Di conseguenza si sono attivati in me TUTTI e dico TUTTI gli schemi intercettati con il mio terapeuta: senso di rifiuto e di abbandono, paura del ridicolo, sensazione di vulnerabilità perché ho mostrato delle emozioni e sentimenti probabilmente nel modo e al momento sbagliato...insomma, di tutto di più. Ora vivo da 5 ore (da quando ho inviato quel maledetto sms) come portata dalla marea: quando riconosco che in me si sono attivati determinati schemi, trovo un po' di sollievo...quando cado preda di tutte quelle sensazioni, mi sento invasa da un'ansia incontrollabile, quasi da panico...da terrore..perché non so con chi parlarne...è primavera, sono una donna più vicina ai 40 che ai 30...e sto così per un sms??? Perdo energie preziose per la mia vita in queste cose??un sms può davvero essere così grave???
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"Cosa significa "utilizzare fuori dalle sedute la relazione terapeutica"?"

Significa in altre parole pensare al terapeuta nei termini di quanto viene appreso in terapia, piuttosto che "Se ne parlassi adesso al terapeuta che cosa mi direbbe?". Quando la terapia funziona il pz pensa a tutto questo anche fuori dalla stanza del terapeuta e riporta in seduta affermazioni quali "Sa, ho pensato a quanto ci siamo detti qualche tempo fa riguardo questo mio modo di fare..."

Le capita?

Quanto all'sms... non è l'sms che è "grave"...
Il punto è che si riattiva in Lei la paura dell'abbandono o di non essere considerata importante o addirittura ridicola...

E da qui va in sofferenza.

Ok, questa è la spiegazione.
Ma accanto a ciò che fa (e che evidentemente funziona poco... quindi dobbiamo aggiustare questa cosa ^___^) cosa potrebbe fare?

In altri termini col terapeuta sta allargando un po' il campo delle ipotesi?

Cioè: Lei non ha ottenuto risposta all'sms perchè l'altro non La considera e l'abbandona (ipotesi 1), oppure perchè l'altro non ha ancora letto l'sms (ipotesi 2), o perchè l'altro non ha con sè in questo momento il cell (ipotesi 3) o semplicemente l'ha visto ma non ha tempo/modo per rispondere (ipotesi 4).

Se allarghiamo il campo delle ipotesi, che cosa c'entrano tutte queste con il Suo "destino" di abbandono?
[#8]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Gentile dottoressa Pileci,

la ringrazio molto per la risposta. Io penso molto a quanto mi dice il terapeuta in seduta anche fuori da essa, ma ultimamente con lui sto vivendo uno strano periodo, molto difficile: sto proiettando su di lui tutti miei schemi: abbandono, rifiuto, senso di ridicolo, vulnerabilità etc. Gliel'ho detto, ci stiamo lavorando. Mi sento "agganciata" a lui. Credo che la nostra relazione terapeutica potrà sopravvivere a questi scossoni ...per ora (così gli ho detto ieri). A volte penso che scrivere qui sia il mio "tradimento" verso di lui...ho bisogno di sapere che non dipendo del tutto da lui, che posso tradirlo e cercare aiuto altrove, se ne ho bisogno, che non è indispensabile. In questo momento c'è moltissima carne al fuoco: un'ora di seduta non mi basta, esco scontenta perché sento che di tutte le cose che avrei voluto dire, ne ho dette solo un decimo..poi mi rendo conto che lui mi ha guidata a dire quelle che davvero contano, ma io fremo, ci sono 1000 cose che ribollono in me.
Mentre aspettavo una risposta qui è arrivata anche la risposta al mio sms....sì, razionalmente so che potevano esserci mille motivi..ma è più forte di me...sapere è sufficiente per cambiare?
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"sto proiettando su di lui tutti miei schemi: abbandono, rifiuto, senso di ridicolo, vulnerabilità etc. Gliel'ho detto, ci stiamo lavorando. Mi sento "agganciata" a lui."

Gentile Utente,

questo è del tutto fisiologico: in terapia è un buon segno che ci sia un legame di attaccamento a *quel* terapeuta.
Chiaramente si tratta di una relazione, seppur terapeutica: ecco perchè anche con il terapeuta tende a riprodurre gli stessi schemi.
Importante e delicatissimo, per persone che funzionano come Lei, è anche la chiusura della terapia.
Comunque ha fatto benissmo a parlarne col terapeuta.

"ci sono 1000 cose che ribollono in me. "
Talvolta mettere in ordine queste mille cose è decisamente più importante e più utile che toccarle tutte, non solo in una seduta ma in un'intera terapia. Poi ha ragione: è il terapeuta che La guida verso quelle più importanti.

"ma è più forte di me...sapere è sufficiente per cambiare?"
No... o meglio non solo... è anche una questione di "allenamento".
Più si abituerà ad ampliare il campo delle ipotesi prima di partire con l'angoscia e la paura dell'abbandono e prima riuscirà a vedere e vivere questi eventi che possono accadere nella vita di tutti i giorni sotto un'altra luce.
Una cosa che aiuta è anche quella di sdrammatizzare un po' di più, soprattutto quando ormai gli schemi sono chiari ma non si maneggiano ancora con sicurezza.

Saluti,
[#10]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Non vorrei sembrare patetica, ma in alcuni momenti (come questo, ad esempio), credo che mia madre avrebbe davvero fatto bene ad abortire, come del resto desiderava (parole sue), invece che mettere al mondo un personaggio come me: non è possibile stare qui a studiare dei manuali per imparare ogni virgola del vivere, invece, semplicemente, di vivere. Che disastro di persona ne è venuta fuori, capace solo di farsi schivare dagli altri e di rimuginare su se stessa. Scusate lo sfogo.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
E meno male che Le avevo detto di sdrammatizzare un po'... :-)
Ma Lei è proprio un disastro nel NON saper sdrammatizzare!!!

Semplicemente s'impara a vivere, ma può capitare di andare incontro a qualche difficoltà eccessiva e di aver bisogno di aiuto se si è impantanati.
Lo accetti, può capitare.
Non per questo una persona è un disastro!

Non so che tipo di percezioni o di esperienze precoci Lei abbia avuto (ci parla di una mamma che voleva abortire...), ma se ancora non L'ha fatto dovrebbe affrontare questo tema che forse è strettamente legato con la paura dell'abbandono e con l'idea di non essere vista e quindi di non essere importante.

Saluti,
[#12]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Io ero la quinta figlia...immagini con quanta "gioia" sia stata accolta...ricordo mia madre affermare (io ero ancora piccola) che provava a sollevare pesi, ma non è mai riuscita a perdere nessun figlio. Dai suoi racconti sembra che abbia desiderato solo il primogenito. Già..anche questa è una cosa di cui parlare. Mi sembra di essere come la mia auto: difettosa, da riparare e quando qualcosa viene riparato si rompe qualcos'altro. Mi sento profondamente abbattuta. Anche perché quella famosa risposta all'sms è stata una risposta che ho comunque letto come un rifiuto.

So che sono pesante e me ne scuso. Buonasera.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
".immagini con quanta "gioia" sia stata accolta...."

Questa è una Sua idea o un Suo pregiudizio?
Perchè mai il quinto figlio dovrebbe non essere accolto con gioia?

Rileggere la propria storia ha anche la finalità di comprendere il punto di vista dell'altro e magari scoprire che Lei è stata comunque pensata, desiderata, amata, allevata senza privazioni dalla mamma e dal papà, ma che forse la mamma non era in grado o non era capace (per tutta una serie di ragioni che non conosco) di dare altro... oppure si trattava di un tipo d'amore che non andava bene per Lei perchè i Suoi bisogni erano altri.

Qui non è una questione di essere "pesante", ma è proprio l'essere umano che funziona in questo modo. Sul tema dell'amabilità siamo gli unici mammiferi, anzi gli unici esseri viventi che si disperano se la mamma non ha dato amore e se quel tipo d'amore non è come lo avremmo voluto o come avremmo avuto bisogno.

E' trattabile in terapia tutto ciò. Non so se Lei avrà anche in futuro questa vulnerabilità su questo tema, ma è come gli schemi che ha intercettato: deve fare di tutto per modificare tale tendenza, sapendo che un po' fanno parte di Lei. Cosa significa questo? Che probabilmente Lei è una persona più sensibile verso alcuni temi e che funziona più proiettata sull'altro che su se stessa.

Questo lavoro terapeutico Le permette di prendere le distanze dal Suo vissuto di essersi sentita non voluta, non pensata e non desiderata.

In che modo?
Poichè questo è il Suo script, è anche ciò che si aspetta nella relazione con l'altro. E' come se Lei si dicesse "Tanto so che io non sono importante, non sono speciale e sono destinata ad essere rifiutata dagli altri..."

Infatti questo problema se lo porta dietro anche nelle relazioni (es sms)
"...quella famosa risposta all'sms è stata una risposta che ho comunque letto come un rifiuto. ..." Ha detto bene: Lei lo ha letto così, ma non è detto che le cose siano andate davvero così. Tuttavia nella Sua mappa mentale si attiva prima la memoria dell'abbandono...

Nella stessa direzione possiamo fare anche un'altra considerazione: se anche la mamma ha fatto fatica ad accudirLa o se le cose non sono proprio andate nel migliore dei modi (la vita perfetta non l'ha avuta nessuno...), questo non ha nulla a che vedere con il Suo valore personale e con la Sua amabilità. Immagino che Lei sia sentita poco amata e di poco valore dal momento che dice "...Io ero la quinta figlia...immagini con quanta "gioia" sia stata accolta...ricordo mia madre affermare (io ero ancora piccola) che provava a sollevare pesi, ma non è mai riuscita a perdere nessun figlio..."
ma sono possibile esperienze correttive.

Quando Lei comincerà a vedersi come una persona desiderabile, amabile e di valore cambierà totalmente il Suo approccio (ad es nelle relazioni), ma può cominciare da subito ad accostare alle Sue idee (vecchie e disfunzionali) queste nuove e più funzionali.

Per diventare un catorcio difettoso cui bisogna cambiare i pezzi in continuazione manca ancora un po' di tempo, non crede? :-)
[#14]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
La ringrazio dottoressa. Tuttavia oggi sento che niente mi può risollevare. Sono troppo sbagliata, ho troppe cose da cambiare. Quando mi sono innamorata qualche mese fa, ero un'altra persona: piena di vita e vitalità, progetti, persone attorno. Il disamore mi uccide. E per giunta è colpa mia che mi pongo nel modo sbagliato. Come si fa ad amare ed essere amati se il proprio "schema disfunzionale" riguarda proprio l'amore? Come si fa se tutto questo si può solo lenire, ma non passerà mai? Come si fa se tutto questo dura da sempre? No dottoressa, non c'è tempo per diventare un catorcio difettoso, io lo sono già. Continuo a chiedere al mio terapeuta se un giorno guarirò..lui mi dice che parlo di me come di una malata (cosa che mi sento), ma alla fine non mi rassicura mai: mi dice che non sa. E allora se non lo sa sono io a non sapere perché vado da lui, perché se non posso guarire allora tanto vale risparmiare i soldi (che faccio una fatica immane a tirare fuori) e fare un viaggio...era l'unica cosa che mi faceva sentire viva. Mi scusi, so che sono odiosa, ma non riesco a farne a meno.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
" Il disamore mi uccide."
Guardi, tutti soffrono quando un amore non gira bene, quindi si trova in ottima compagnia... solo che gli altri cercano delle strategie per uscire dalla sofferenza e metabolizzare l'accaduto, non vivendolo come la fine del mondo e il compimento del proprio destino ma come una parentesi che si chiude e che (si spera presto) possa portare a qualcosa di nuovo e di migliore.

"Come si fa ad amare ed essere amati se il proprio "schema disfunzionale" riguarda proprio l'amore?"
Come Le dicevo sopra è probabile che Lei sarà sempre sensibile al tema dell'amabilità personale, ma quando ne è consapevole e impara a maneggiare bene questa consapevolezza, accostando altri schemi più funzionali, riuscirà a vedere la faccenda anche da un altro punto di vista.
Questo modo di funzionare ha anche risvolti positivi: chi funziona così in genere è molto sensibile verso gli altri e i bisogni dell'altro, ma bisogna imparare a calibrare bene e a pensare e occuparsi anche di se stessi.

Più che odiosa (cosa che non percepisco), sento che in questo momento è come se avesse perso le speranze... se protesta per tutta questa sofferenza, perchè sente quasi di doversi scusare?
La protesta è legittima, non crede?

Perchè non va dal terapeuta la prossima volta e parte proprio da qui, esprimendo tutte queste perplessità e chiedendo di fare il punto della situazione?
[#16]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Guardi dottoressa, ho passato 15 anni buoni a dirmi "la prossima volta andrà meglio", ma questa prossima volta migliore non è mai arrivata, e visto che non sono una ragazzina, che qualche ruga si affaccia e che grandi passi avanti non ne sto facendo, direi che ho motivo di pensare che di prossime volte migliori non so quante potrò averne. Ieri ho detto al terapeuta che avevo bisogno di capire dove stavamo andando, ma l'ora era scaduta. Gli ho detto che volevo parlare della persona che mi crea tutti questi problemi, perché ci eravamo scambiati delle email, ma ha ritenuto che ci fossero cose più importanti e forse lo erano, ma in questo modo, quando oggi me lo sono ritrovato di fronte per caso (l'uomo che frequentavo), mi sono trovata completamente spiazzata e incapace di reagire nel modo giusto.
In questo momento mi chiedo anche se voglio davvero che ci sia una prossima volta con il mio terapeuta. Se devo comunque stare così male e senza sapere se in futuro starò meglio..beh..posso stare male gratis.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"ho passato 15 anni buoni a dirmi "la prossima volta andrà meglio", ma questa prossima volta migliore non è mai arrivata"

E' ovvio. E sa perchè? Perchè la volta successiva Lei si è proposta con le stesse modalità che ha sempre attuato e che non hanno funzionato.
Questo deve cambiare.

Poi, che possa esserci anche un po' di sfortuna, accade anche quello.

"...mi sono trovata completamente spiazzata e incapace di reagire nel modo giusto. ..."
Nel modo giusto? Ovvero? E se anche ha reagito nel modo sbagliato, qual è il problema?
Vede, Lei non vuole proprio essere più gentile con se stessa...

Quanto alla fine della terapia, il mio suggerimento è di non prendere decisioni avventate ma di fare prima il punto della situazione.

Saluti,
[#18]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Ecco chi sono io: sono la persona dell'articolo qui sotto, mi ci rispecchio al 100%. E ora che lo so mi sembra di impazzire per come ho boicottato la mia vita. Davvero, non vale la pena vivere così, era meglio quando non lo sapevo e almeno potevo dare la colpa agli altri o al destino.



"Apparentemente opposto, è il comportamento di quelle donne che ricercano attivamente incontri sessuali ma che si ritirano al primo accenno di coinvolgimento emotivo.

Spesso il lui in questione è già impegnato, magari più giovane o straniero o in procinto di allontanarsi.

Anche moltiplicando gli incontri sessuali, questi non lasciano tracce, la principessa resta sola e incompresa dimenticata dal principe ideale.

Se l’attesa si protrae nel tempo, aumenta l’infelicità ed il sentimento di sconfitta e di amarezza profonda, questo a prescindere dal successo professionale e personale in altri campi.

Queste donne sono accumunate dall’attivazione di una severa difesa alla possibilità di un rapporto affettivo ed emotivo con l’altro sesso.

Un altro comportamento tipico delle principesse-tristi, è quello di svalutare gli uomini che le corteggiano, questi non sembrano mai abbastanza interessanti o attraenti. La svalutazione dell’uomo sembra collegata all’immagine che queste donne hanno di sé stesse, ossia non reputandosi abbastanza principesse da poter interessare un vero uomo, considerano ogni maschio che le corteggia come poco appetibile.

La principessa-triste è prigioniera di una fitta ragnatela, apparentemente senza via di uscita, di cui è lei stessa la principale artefice e vittima. E’ proprio il comportamento di queste donne-tristi, piuttosto che le reali condizioni esterne, ad ostacolarle nella realizzazione del loro più grande desiderio consapevole. Il comportamento appare contraddittorio rispetto ai desideri, è evidente una scissione che le imprigiona nella ripetizione coatta di modalità disfunzionali."
[#19]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"E ora che lo so mi sembra di impazzire per come ho boicottato la mia vita. Davvero, non vale la pena vivere così, era meglio quando non lo sapevo e almeno potevo dare la colpa agli altri o al destino."

Gentile utente,

dopo aver boicottato la Sua vita può può fare diverse cose:

1. accettare la situazione, sapendo di aver avuto delle ottime ragioni (paure? incapacità? inopportunità? ecc...)

2. sapere che cosa ha fatto per boicottare la Sua vita e non farlo più da ora in avanti

3. se anche si punisse per aver scoperto di aver boicottato la Sua vita, che cosa cambierebbe? Guarirebbe? Si sentirebbe meglio?

Allora, smetta di punirsi e tornare sul tema, ma vada avanti cercando e guardando tutto ciò che ha ancora da assaporare nella Sua vita.

Quindi SI' (questo è il Suo passato), MA adesso che cosa può fare?

Attenzione perchè l'atteggiamento che sta assumendo adesso non Le fa per niente bene!

Lei ha delle responsabilità per come è andata la Sua vita? Vero, ma ha anche responsabilità per il Suo futuro e soprattutto ha o dovrebbe avere la padronanza sulla Sua vita.

Se sente di non avere padronanza sulla Sua vita, ne parli col terapeuta.

Saluti,
[#20]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Io ho bisogno di SAPERE se in quest'ultima relazione mi sono boicottata o se ho fatto bene a troncare, continuo a pensarci ossessivamente da ieri, mi sento impazzire! E' da due settimane che ne voglio parlare in seduta e il mio terapeuta mi spinge sempre a parlare di altro, ma io sto impazzendo! Oggi avevo 1000 cose da fare: una persona che ha partorito da andare a trovare all'ospedale, una cena di compleanno, una serata con una amica "recente", ma non riesco a fare niente, mi sento solo impazzire. Possibile che sto così dopo 5 mesi di terapia?? Perché sto così? Chi mi può aiutare?
[#21]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

su questo non posso entrare nel merito... è probabile che Lei si stia inceppando su questa storia, sembra che La faccia stare bene o meglio arrovellarsi su tale relazione, su chi ha sbagliato cosa e con chi (in genere immagino che Lei sia portata a credere di avere tutte le colpe...).

Ecco, se questo da una parte Le serve per cercare di avere controllo sulla situazione, dall'altra è il Suo solito modo di vedersi in una relazione: io ho sbagliato e devo scontare una pena...

Non è decisamente più semplice lasciarsi alle spalle tutto ciò, ricominicando da: come posso andare avanti nella mia vita, cambiando ciò che fin qui non mi è piaciuto?

Le ho già detto sopra che SI', ok Lei ha sofferto, MA adesso è ora di andare avanti.
Lei è intrappolata nel "SI'" (rimuginio, colpa, bisogno di capire e di punirsi, ecc...). Non Le pare sia il momento di passare al "MA"?

Ovvero: SI' la vita è andata come è andata fin qui, MA io posso cambiare.

Più semplice, no?
[#22]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Gentile dottoressa,

la ringrazio per l'estrema pazienza che dimostra con me e che non credo di meritare. Mi rendo conto che ieri il mio cervello era andato in corto circuito, era come una centrifuga rotta che girava a 1000 giri al minuto ed iniziava a fumare. Quando la sofferenza è diventata talmente forte da pensare che, se la mia vita è questa, non volevo più vivere, è entrato in funzione "l'impianto di raffreddamento" che all'improvviso ha gettato acqua sul rimuginio. Stamattina mi sono svegliata ancora con quei pensieri che giravano, ma li sento più gestibili. Ora, come sempre, mi vergogno di aver dato questo misero spettacolo di me. Mi sento davvero fuori di testa, ma so che ci sono molte persone, con varie problematiche, che si curano e vanno avanti bene. Spero di riuscire anch'io e di limitare questi episodi folli. Grazie e buona domenica.
[#23]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Scusi, ma cosa crede di meritare?
Nulla o solo batoste?

^______^

Davvero dovrebbe essere più gentile con se stessa, io sono certa che se una Sua amica Le raccontasse ciò che Lei sta dicendo qui a me Lei non penserebbe che la Sua amica non sia meritevole di ascolto, premura, attenzione, comprensione, ecc...
Tutti questi pensieri ce li ha solo per se stessa... Sulle ragioni credo già lo sappia dalla terapia, ma adesso, più che andare a scavare, Lei sa di funzionare così e quindi ha il compito di fare una bella inversione di rotta e di pensarsi in maniera diversa.

Ha avuto un momento di sconforto? Scusi, ma chi non ne ha?
Adesso vada avanti e faccia qualcosa per se stessa.

PS La follia segue altri meccanismi...
Le dico questo perchè anche la scelta delle parole è importante per creare o meno etichette che non sono di alcun aiuto :)

Buona giornata!
[#24]
Dr. Magda Muscarà Fregonese Psicologo, Psicoterapeuta 3.8k 149 11
Cara ragazza, a tutto quello che le ha detto la dottoressa Pileci e che condivido, aggiungo una cosa, verificata in anni di lavoro, non creda a quello che in qualche momento no, la mamma può aver detto e che lei nel ricordo sente come un pugno in faccia, esiste l'ambivalenza, può essere che sua madre là per là non volesse un quinto figlio, in teoria, ma lei è nata e la mamma sarà stata accudente e anche affettuosa e tenera pur con tanto lavoro da fare..

non prenda tutto alla lettera , un conto è la vita vera , scandita da quello che si fa, e lei è cresciuta sana , ha studiato e ha potuto anche crearsi una vita , che non le piace, ma che per molti versi ha aspetti positivi, un conto è quello che si dice.

E molte donne, con vite faticose, delle gravidanze, del parto e di tutto ciò che questo percorso bello e difficile comporta , fanno narrazioni a sè stesse , alle amiche che sottolineano l'aspetto faticoso , coraggioso , epico, se si può dir così..del loro cammino di donne.
E tengono in un angolo del cuore i momenti di splendore, felicità, tenerezza , perchè non si parla di questo, questo è troppo privato.

Vorrei farla pensare che a quella mamma ,forse è possibile pensare in modo diverso .
Anche per vivere diversamente, non con il cuore e gli occhi della bambina poco felice che è stata, ogni distacco , ogni attesa.
Si voglia bene..
[#25]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Gentile dottoressa Muscarà Fregonese,

vorrei riuscire a pensare diversamente a mia madre, anche in ragione della sua età, ma non ci riesco. Non si tratta di parole dette in qualche momento no, ma di essere stata completamente ignorata, se non per imporre assurdi ed immotivati divieti, da 0 a 24 anni, a dispetto anche di professori che richiamavano l'attenzione sui miei disagi, che venivano invece negati pur davanti all'evidenza. Si tratta di essere stata invisibile fino a quando non ho deciso di andarmene di casa la prima volta, a 24 anni. Allora ci si è accorti del soprammobile che stava in un angolo e aveva sofferto atrocemente in completa solitudine, e che era stato ridicolizzato nei suoi tentativi estremi di chiedere aiuto.

In realtà il rapporto con la mia famiglia è estremamente peggiorato da quando sono in terapia, perché per intercettare i miei schemi si è dovuto scavare un pochino e ora vedo schierate davanti ai miei occhi tutte le loro responsabilità e non riesco a perdonarli. Per questo ho rifiutato l'invito al pranzo di Pasqua e le assicuro che preferisco passare la giornata da sola che con loro.

Tuttavia la famiglia è sempre qualcosa con cui bisogna fare i conti, quindi confido che nel prosieguo della terapia anche questo mio risentimento possa trovare una collocazione meno "scomoda".

Saluti, e grazie per l'attenzione.
[#26]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

nel corso di una psicoterapia è frequente percepire una certa instabilità; questo è semplicemente dovuto al fatto che il pz. prende consapevolezza di alcune questioni che lo riguardano e che deve metabolizzare (es la consapevolezza di alcune dinamiche in famiglia). E' come indossare un abito appena confezionato che ha bisogno di qualche piccola modifica e che, all'inizio, potremmo non percepire come perfetto su di noi.

"Tuttavia la famiglia è sempre qualcosa con cui bisogna fare i conti, quindi confido che nel prosieguo della terapia anche questo mio risentimento possa trovare una collocazione meno "scomoda"..."

Che cosa intende dire con "la famiglia è sempre qualcosa con cui bisogna fare i conti"?

Saluti,
[#27]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Gent.le dott.ssa Pileci,

non credo che si tratti di instabilità: semplicemente ho trovato il coraggio di distaccarmi da loro, di non vederli più, non passare più Natale, Pasqua e (i loro) compleanni con loro. Anche prima detestavo questi momenti e soffrivo terribilmente in quelle occasioni, ma non avevo il coraggio di evitarli.

Quando dico, però, che bisogna fare i conti con la famiglia intendo dire che ignorarli non basta trovare la serenità..anche se non li vedo e non li sento, la loro presenza è scomoda come un sassolino nella scarpa..è questa sensazione che vorrei eliminare.
[#28]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Gentili dottori, posto ancora qui, anche se l'argomento è un po' diverso. La mia terapia procede bene, ma ultimamente sto iniziando a pensare di diradare gli incontri con il mio terapeuta per problemi economici.
Pensavo di chiedergli di vederci una settimana sì e una no, anziché tutte le settimane, perché fatico a sostenere questa spesa. Tuttavia non mi decido a dirglielo. In primo luogo perché ho paura: ho paura che vederlo due volte al mese sia troppo poco, temo di fare poi una brutta figura chiamandolo per delle sedute extra. In realtà se non fosse per il denaro non gli chiederei mai di diradare gli incontri. Poi inizio a pensare che posso fare economia su altre cose, ma a dire il vero non so più di cos'altro privarmi, visto che, a parte il parrucchiere una volta al mese e un'uscita o due settimanali (non spendo mai più di 10 € alla volta), non faccio altro. Devo affrontare una spesa abbastanza grossa, ho avuto un imprevisto con il dentista e ho rinunciato fin d'ora alle vacanze estive...se tutto andasse bene potrei continuare la terapia, ma un paio di inconvenienti (che possono sempre capitare), mi potrebbero creare dei seri problemi. Non so cosa fare, o paura di starmi fasciando la testa prima di rompermela, mentre in altri momenti temo di essere un'incosciente che spende senza pensare al futuro. premetto che l'unica persona che potrebbe aiutarmi economicamente è mia madre, ma quando accenno al tema fa finta di non capire. Non posso chiedere al terapeuta un ulteriore sconto perché me l'ha già fatto all'inizio della terapia. Questo problema mi crea una certa ansia. Grazie a chi vorrà rispondermi.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

Sono felice che la terapia stia procedendo bene, ma per quanto riguarda l'altra questione di cui parla qui deve parlarne con il terapeuta direttamente.
Che cosa teme? Come mai non è ancora riuscita a trovare le parole per chiederlo, avendo dei problemi?
Insieme valuterete se sia opportuno o meno vedervi ogni 2 settimane o, eventualmente, fare 3 sedute al mese anzichè 4.

Sempre cordiali saluti,
[#30]
dopo
Attivo dal 2012 al 2020
Ex utente
Gentile dottoressa, grazie per la risposta. Non so perché ho così tanta paura di chiederglielo: gli ho detto cose ben più delicate! Forse ho paura di non farcela senza di lui, ho paura di creare intoppi alla mia terapia e che vada tutto in fumo e ho paura a dirglielo perché il tema denaro credo sia delicato e in fondo lui non può certo darmi un consiglio visto che si parla del suo lavoro e dei suoi guadagni, può solo prendere atto di quanto gli dico e acconsentirvi, ma così non posso sapere se la mia decisione di vederci di meno possa avere conseguenze più o meno gravi sul mio percorso. Ecco, questi grosso modo sono i miei dubbi.