Combattere paura sangue e similia

Salve,
premetto di sapere che la mia richiesta potrà risultare un pò anomala ma passiamo al dunque. A me piacerebbe studiare medicina però mi impressiona il sangue o più che il sangue quando vedo fare prelievi e tagli: pensando a cosa mi provocano queste situazioni figuriamoci a fare il medico che ne vede di tutti i colori.
E qui vengo al punto: si può combattere questo disagio e vincerlo o è una cosa insita in noi con cui si può fare ben poco?
Grazie per l'attenzione
[#1]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile Signorina,
Che ci sia un legame fra queste due dinamiche:
Il suo desiderio di studiare medicina
La sua difficolta' nei confronti del sangue e dei tagli
Sembrerebbe verosimile
Spesso chi intraprende lo studio della medicina lo fa nel tentativo di controllare il male e la paura del male.
Nutre la speranza che conoscere comporti una sorta di dissacrazione del timore.
Potrebbe essere il suo caso?

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#2]
Dr. Fernando Bellizzi Psicologo, Psicoterapeuta 1.1k 37 6
Gentile Utente,

in parte è una questione di abitudine e di trovare la strategia e la motivazione adeguata per affrontare il sangue e scindere i concetti tra il "tagliare per farsi male" e "incidere per curare".

Che il sangue impressioni, lo sanno tutti, anche i medici. Difatti le sale operatorie vengono colorate di verde o di celeste per il semplice fatto che il rosso sembra meno rosso (passiamo dal rosso sangue vivo, al rosso bordeaux), e questo tranquillizza. Ha notato che non essite un chirurgo vestito di bianco?

Allarmarsi alla vista del sangue è una reazione naturale: se c'è sangue c'è perdita di sangue ed il più delle volte è dato da una lesione.
Ma questo discorso vale per i maschi, un pò meno per le femmine. Infatti le femmine sono più abituate dei maschi alla vista del sangue e tollerano meglio le perdite ematiche proprio perchè la loro fisiologia naturale le prevede durante il ciclo mestruale.

In sintesi, i maschi sono meno abituati alla vista del sangue.

Sa che può anche fare il medico del lavoro o il medico legale? Nessuno dei due vede sangue rosso vivo... se poi fa il medico delle assicurazioni vede solo foto e carteggi.

Ci sono tanti livelli di medicina e non tutti implicano il contatto con il sangue!

Che ne pensa?

Dr. Fernando Bellizzi
Albo Psicologi Lazio matr. 10492

[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
>>A me piacerebbe studiare medicina però mi impressiona il sangue o più che il sangue quando vedo fare prelievi e tagli: pensando a cosa mi provocano queste situazioni figuriamoci a fare il medico che ne vede di tutti i colori.

Gentile utente, può spiegarci meglio cosa le provocano questi stimoli? Ha avuto in passato o di recente difficoltà ad affrontare situazioni in cui era esposto alla vista di tagli, ferite sanguinanti, prelievi o simili? Cosa è accaduto?

>>E qui vengo al punto: si può combattere questo disagio e vincerlo o è una cosa insita in noi con cui si può fare ben poco?

Non conoscendola, mi limito ad una risposta generica. Secondo alcuni punti di vista propri della metodologia cognitivo-comportamentale, molte paure potrebbero avere una sorta di "predisposizione biologica" funzionale all'adattamento.

Ad esempio, in un passato piuttosto remoto la vista di un corpo umano "violato" nella sua integrità poteva essere connessa a situazioni di estremo pericolo (ad esempio, ad un predatore). In questi casi, i comportamenti più "adattivi", che potevano garantire una maggiore probabilità di sopravvivenza, erano due: o darsela a gambe levate (reazione di fuga) o svenire, se la fuga era impossibile. Così facendo, molti animali assumono una configurazione poco appetibile per alcune classi di predatori, che sono molto più interessati ad un corpo in movimento.

Nel suo caso solo una valutazione accurata potrebbe ricostruire se si tratti di una paura, di una fobia, di una risposta "automatica" del suo organismo poco mediata dal pensiero, se sia connessa ad uno o più apprendimenti o se sia una risposta cui è predisposto biologicamente.

A seconda dei casi, esistono delle strategie di modificazione del comportamento (ad esempio, i protocolli di esposizione) che potrebbero aiutarla a vincere, se non il disagio, almeno la fuga. E poi, pian piano, con la frequentazione assidua di certi stimoli aumenta la nostra capacità di fronteggiarli (si chiama "abituazione", è un pò quello che succede quando si va a vivere vicino una ferrovia rumorosa e, col passare del tempo, non ci si fa più caso).

Cordialmente
[#4]
dopo
Attivo dal 2013 al 2016
Ex utente
Intanto grazie per le risposte, tutte molto interessanti. Cerco di aggiungere elementi per permettervi di capire meglio. Premetto che di situazioni che mi possano provocare disagio psicologico ne ho a iosa ma a pensarci bene non credo sia in alcun modo collegabili al caso specifico da me citato (se invece voleste saperne di più non esiterò ad esporveli). Devo dire che già da piccolo per vari motivi sono stato sottoposto a parecchi prelievi e mi sono abituato piuttosto bene alla cosa; ora in età adulta mi approccio sempre ai prelievi in modo sereno, l'unico problema è che ho vene piccole e poco esposte e allora o mi bucano come una bambolina vodoo oppure mi fanno calare la pressione. Però vorrei precisare che non è solo il sangue che mi impressiona, ma anche tutto il resto (che ne so uno che arriva con la gamba spezzata con fuori un osso, uno con la faccia spappolata,...). Ammetto però che sento disagio particolare se uno si sta per tagliare o viene tagliato.
A me medicina interesserebbe anche per lo sbocco nella psichiatria: infatti a me interessa sempre molto il risvolto psicologico delle cose e le implicazioni intrinseche; sono una persona forse un pò chiusa e silenziosa, che ascolta molto, mi sembra sempre di capire le relazioni che stanno dietro alle persone ma dal punto personale beh sono un pò problematico. Ecco questo punto mi sembra importante: è un interesse dovuto a un disagio o è davvero un interesse personale???
[#5]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Ecco questo punto mi sembra importante: è un interesse dovuto a un disagio o è davvero un interesse personale???

E' una domanda interessante, ma credo che non abbia una risposta altrettanto interessante!

Se lei si ritiene una persona un pò problematica, potrebbe essere utile "spezzettare il problema". Lei infatti mette insieme tre aspetti per lei problematici: la scelta dell'indirizzo di studi, il disagio che prova di fronte ad ossa spezzate e facce spappolate (che strano, di solito alla gente piacciono tanto! ^___^), il ritenersi una persona chiusa e silenziosa.

Riguardo l'ultimo punto, le chiedo se le capiti più spesso di osservare le persone più che entrarci in rapporto in modo intimo ed autentico.

Se questo le capita, non è scegliendo di studiare psichiatria che ne verrà a capo; potrebbe forse esserle più utile fare un percorso di conoscenza di sè e di ampliamento del suo stile relazionale, e magari scegliere cosa studiare in rapporto sia al lavoro che le piacerebbe fare "da grande" sia alle effettive possibilità che ha di farlo (mercato del lavoro, appoggi familiari, disponibilità economica, prospettive di trasferimento all'estero etc.).
[#6]
Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia Psicologo, Psicoterapeuta 739 20 3
Gentile utente,
In modo molto pratico e concreto, le chiedo: se le interessano le tematiche psicologiche, perché non prendere in considerazione psicologia e psicoterapia? La mia domanda e' forse volutamente provocatoria, ma lei pare una persona che si pone di fronte ai problemi con spirito critico, quindi, magari, potrà rifletterci e dire che ne pensa. Ovviamente, non la sto invitando ad evitare il problema del timore del sangue, quanto piuttosto a considerare la sua propensione per un percorso, accademico o personale.
Credo, infatti, che dietro la sua richiesta, vi sia anche la paura/ desiderio di darsi alcune spiegazioni per il suo comportamento. La sua definizione di se' come "un po' problematico" sembra andare in questa direzione. Che ne pensa? Cordiali saluti.
Dott. Elisabetta Scolamacchia
Psicologa ad ind. Clinico

Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia
Psicologa. Psicoterapeuta. Analista Transazionale

[#7]
dopo
Attivo dal 2013 al 2016
Ex utente
Per il dottor Calì: sì effettivamente tendo a osservare le persone più che entrarci in contatto; sono abbastanza un solitario (sia nel lavoro/studio che nella vita sentimentale :/ ) ma mi piace stare con gli altri. È sicuro che faccio fatica ad aprirmi agli altri in modo totale e autentico questo sì lo ammetto. E non lo vedo neanche come una buona cosa, tanto che sto cercando di cambiare questo aspetto.

Per dottoressa Scolamacchia: infatti ho già preso in considerazione di studiare psicologia, anche proprio per il mio modo di essere (osservo molto, sono riflessivo, ascolto le persone,...). Il problema è: voglio assecondare questo mio modo d'essere o no? Perché a volte non lo vedo come positivo...
Per quanto riguarda l'essere problematico, non so se intendesse questo, ci sono varie altre dinamiche personali che mi pesano ma non credo appunto strettamente legate a questa specifica tematica.
[#8]
Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia Psicologo, Psicoterapeuta 739 20 3
Credo che il punto sia nella sua domanda: voglio assecondare questo mio modo di essere (riflessivo, empatico ecc.) o no? Le chiedo, allora: vorrebbe per se' qualcosa di diverso? Vorrebbe magari, qualche volta, anche lei essere ascoltato, compreso così come lei sa fare con gli altri? Vorrebbe riuscire a comunicare mettendosi di più in gioco nelle relazioni, invece solo di osservare? Se la risposta e' si, allora un suo percorso personale con uno specialista potrebbe essere indicato per darsi chiarezza. La scelta accademica diventa, a questo punto, secondaria, non perché meno importante, ma perche' conseguente a quella personale.
Cordiali saluti
Dott.Elisabetta Scolamacchia
Psicologa ad ind. Clinico