Rapporto di una figlia adulta con i genitori

Sono una donna di 34 anni, figlia unica. Sposata e madre a mia volta, mi ritengo senz'altro adulta a tutti gli effetti.

I miei genitori, fortunatamente entrambi sani e perfettamente autosufficienti, fanno parte integrante della mia vita, li vedo molto spesso sebbene per poco tempo, hanno un buon rapporto anche con mio marito.

Purtroppo, il nostro rapporto caratterizzato ancor oggi da dinamiche che già si prensentavano quando ero adolescente, e che erano adattissime all'epoca, ma di certo non lo sono più oggi.

Mamma e papà non mi hanno mai chiesto un aiuto, nemmeno un piccolo banalissimo favore, nemmeno una commissione da fare per loro, e non hanno intenzione di iniziare a farlo nemmeno ora che potrebbero - e dovrebbero, secondo me! - iniziare a prendersela un po' più comoda, a rilassarsi, ad affidarsi di più a me, la loro unica figlia.

Non desidero invertire i ruoli, diventare io il genitore. Desidererei però un rapporto un po' più alla pari, potermi sentire d'aiuto, sentirmi anche riconosciuta nel mio ruolo di donna, non più di bambina. Dovrei forse abbandonare questo desiderio? Come posso comportarmi per realizzarlo?
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Dr. Alessio Sandalo Psicologo, Psicoterapeuta 50 1 9
Gentile Signora,
il dialogo con i suoi genitori può servirle ad esprimere proprio questi bisogni.
E' normale per i suoi genitori considerarla ancora figlia prima ancora che donna adulta e madre.
Parlare può agevolare la riflessione e i pensieri, nonché le fantasie intorno a come la rappresentano ancora, pur con il passare degli anni.
Mi sembra importante però suggerirle di mostrarle anche con i gesti e con i fatti l'aiuto concreto che lei desidera offrire.
L'esempio pratico, a volte, laddove il dialogo stenta a trovare un incontro, una condivisione, può mostrare più di qualsiasi altra parola, la testimonianza di una presenza, di una personalità adulta e responsabile.
Quindi non esiti a cogliere anche le piccole occasioni quotidiane per realizzare la vicinanza che lei auspica.

Dr. Alessio Sandalo
Psicologo a None - Nichelino - Torino
http://www.alessiosandalo.it

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Dr. Mauro Bruzzese Psicologo 126 6 11
Gentile signora,

Come mai in questo periodo ha sentito la necessità di rivolgere questo quesito?

Come procede la sua vita coniugale?

In che modo i suoi genitori risultano presenti nella sua vita?

Ci chiede se deve abbandonare il suo desiderio, in genere è una persona che tende ad abbandonare ?

Dott. Mauro Bruzzese,
Psicologo clinico presso il Newham University Hospital di Londra, Fondatore e CEO di PsicologON.
www.psicologon.com

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Dr. Magda Muscarà Fregonese Psicologo, Psicoterapeuta 3.8k 149 11
Gentile Signora, forse i genitori non le chiedono niente, perchè non vogliono essere di peso, nè preoccuparla, penso che ad una certa età se si è in buona salute , possa scattare il bisogno di farcela, più che altro per dimostrare a sè stessi, che non è vero che la giovinezza è lontana, una sorta di orgoglio insomma..
Come le dice il collega Sandalo lei può cogliere occasioni per fare dei piccoli gesti gentili che anticipano una soluzione, che li fanno sentire compresi e anche valorizzati.. e molto amati dalla loro intelligente figlia..

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Signora,
a volte i genitori rimangono genitori a vita, anche se anziani, poco autonomi, affaticati, stanchi..........

La genitorialità, con il suo accudimento e cure, accompagna l'identità di molti per tutta la vita, mantenendo una more "discendente"...

Come dice la Collega Dottoressa Muscarà, può essere anche una strategie difensiva per sentirsi ancora validi, giovani e forti...non per fare sentire lei piccola e poco capace...

Provi a fare, con garbo e gentilezza, senza dare loro l'impressione di fare per loro, magari gradiscono e non si sentono anziani....

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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dopo
Utente
Utente
Gentilissimi Psicologi, un enorme grazie a tutti quanti voi per avermi risposto così celermente!

Procedo con ordine. Dott. Sandalo, lei centra senz'altro un punto focale. Mi rendo conto che mi lascio spesso sfuggire le piccole occasioni di esser d'aiuto, un po' per distrazione o pigrizia, un po' come conseguenza della spirale nella quale ci siamo incanalati, e nella quale io sono la figlia che non deve alzare un dito. D'ora in avanti sarò senz'altro più pronta a cogliere le opportunità di mostrarmi utile a loro, anche perchè devo proprio notare che fra noi il dialogo, almeno in questo ambito, non riesce proprio a decollare. Sul filo della riflessione da lei proposta, mi rendo conto in questo momento che per me sarebbe di estrema importanza sentirmi riconoscere verbalmente dai miei genitori. Spesso mi capita di soffermarmi troppo sulle parole e meno sui fatti, atteggiamento poco produttivo.

Dott. Bruzzese, la situazione della quale parlo esiste da sempre e mi urta da molto tempo. Ne ho parlato spesso ai miei genitori, ma non sembrano disposti ad ascoltare veramente. Rimangono fermi sulle loro posizioni a priori. La mia vita coniugale va molto bene, siamo molto felici, i miei genitori ci aiutano e tengono nostro figlio quando io vado a lavorare, alternandosi con i miei suoceri. Per questioni logistiche, i miei genitori vengono a casa nostra mentre i miei suoceri tengono mio figlio a casa loro (abitano molto più vicino a noi). Non sono affatto una persona che tende ad abbandonare, al contrario. Il desiderio che ho esposto è stato mio per anni, lo è ancora oggi e, immagino, lo sarà per sempre.

Dottoressa Muscarà, grazie per le belle parole, oggi che i miei genitori hanno superato la mezza età posso certo concordare con lei, probabilmente per loro è importante dimostrare a se stessi di potercela fare. Ecco, parte del nostro problema forse nasce da qui, perchè io sono consapevole e certissima che loro possano farcela, non nutro il benchè minimo dubbio a riguardo perchè li so in salute ed ancora pieni di energie. Solo dando questo per scontato, mi sembra di poter pretendere un ruolo un po' più adulto nella loro vita, mi offro come un di più, non come un appoggio indispensabile. Al contrario, mamma e papà non solo non accettano il mio bonario tentativo di alleviarli, ma pretendono comunque di fare e dare a me anche molto più del dovuto. Un banale esempio: se chiedo a mio padre di passare al prendere qualcosa al supermercato per mio figlio mentre sono a casa nostra, non c'è poi verso che io riesca a restituirgli i soldi che ha anticipato. Diventa un regalo, in questo caso non bene accetto. La conseguenza è che non faccio più richieste di questo genere ma, data la situazione, mi sembra davvero un'assurdità.

Dottoressa Randone, giustamente anche lei mi sprona ad agire al di là dei discorsi e delle parole, lo farò senza dubbio. Purtroppo, il voler fare senza poter fare ha caratterizzato a lungo la mia vita coi miei genitori, ma non ho mai saputo affrontare la cosa in modo concreto. Un esempio impresso nella mia mente. Alcuni mesi prima che io mi sposassi, avevo la bellezza di 29 anni, una sera rientro a casa e vedo che i miei sono entrambi colpiti dall'influenza con vomito e dissenteria. La mattina dopo mi alzo assieme a mio padre e faccio per vestirmi per andare in farmacia, ma mio padre letteralmente mi anticipa, si veste in fretta e furia, sebbene sofferente, per uscire lui, perchè io sono tornata tardi la sera. Non lo fa in modo succube, lo fa con una certa grinta, come a far capire che, se io fossi tornata prima, non ci sarebbero stati problemi (non lo credo però). Ha preteso di andare lui ed è andato lui, io sono tornata in camera arrabbiata, frustrata ed umiliata. Mi rendo conto che il comportamento disfunzionale è stato di entrambi e la cosa ancor oggi mi amareggia.