Orario di rientro

Carissimi specialisti della sezione psicologia,
sono un giovane studente di 24 anni; un giovane tranquillo che non ha frequentazioni "pericolose", non fumatore, non bevitore, insomma una normalissima persona della sua età che svolge una discreta vita sociale se non fosse per un'eccessiva apprensione da parte dei genitori che li porta a fissarmi degli orari limite di rientro dalle uscite serali molto restrittivi ed insensati vista comunque l'età e la maturità della persona alla quale tali "dettami" vengono applicati. Capisco che è impossibile rincasare ogni notte alle 5 del mattino, però credo che possa starci di rimanere con gli amici a scherzare, a parlare in un bar o all'aperto o semplicemente intrattenersi con la ragazza, soprattutto nelle sere estive, fino all' 1.30 - 2 o allontanarsi dalla città di residenza in auto per un'occasione particolare o semplicemente per andare a trovare un amico e rincasare più tardi senza nessun problema. Invece ciò che succede al verificarsi di un minimo ritardo rispetto all'orario convenzionale di rientro (1.00 circa, sabato) sono una serie di chiamate al cellulare che iniziano a mettere pressione circa l'orario di ritorno e susseguente atmosfera tesa all'apertura della porta e per la mattina del giorno successivo con predica annessa. Tutta questa situazione sta divenendo giorno dopo giorno sempre più insostenibile, poichè comporta o il mio andare via dal luogo dell' incontro sempre per primo e poi una susseguente "corsa" verso casa o addirittura mi porta a rinunciare alla proposta di uscita perchè non avrei logisticamente il tempo di stare insieme agli altri o di raggiungere il posto dove si è deciso di trascorrere la serata perchè il poco tempo che potrei starvi non varrebbe lo spostamento. Diventa una sorta di corsa contro il tempo, che inizia a comportarmi all'avvicinarsi dell'ora "x" una sorta di stato d'ansia e di premura di concedarmi dalla situazione in cui mi trovo, è come se interiormente divenissi impaziente di scappare e ciò spesso traspare anche esteriormente a causa di modifiche incosce del comportamento abbastanza evidenti. Ho anche provato ad affrontare il problema ma non l'ho mai fatto probabilmente con la giusta ed agguerita decisione che credo in questo caso è lecito che possieda. Anche perchè guardandomi intorno noto un senso di rilassatezza e tranquillità nei volti di chi mi circonda che non hanno quest'ansiosa pressione dell'orario. Mi rivolgo a voi per chiedere se questa sensazione di disagio a lungo andare possa "sfociare" in qualcosa di psicologicamente più significativo e soprattutto vorrei qualche consiglio su come poter affrontare la questione e risolvere questo senso di ansia opprimente che in questi casi mi assale. Grazie per l'attenzione.
P.s: i miei genitori non prendono sonno se non ritorno ed al mio ritorno busso alla porta perchè essa è chiusa dall'interno e pertanto si innesca anche una situazione di distrurbo per loro...
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Dr. Mauro Bruzzese Psicologo 126 6 11
Gentile ragazzo,

Comprendo molto bene quali tipo di dinamiche si innescano in situazioni di questo tipo e lei è stato molto chiaro e preciso nel raccontarle. La sua ansia tangibile a mano a mano che si sta avvicinando l'ora concordata con i suoi genitori, il peso dell'ansia dei suoi genitori di cui si fa carico e tutta la tensione che perdura fino al giorno dopo per un qualsivoglia ritardo.
Oltretutto come ci ha chiaramente espresso anche la sua vita sociale ne risente perchè questa situazione rimbalza pericolosamente su di essa (tanto è vero che alle volte rinuncia a delle uscite perchè non potrebbe far coincidere i tempi).
C'è anche un pericolo oggettivo che talora non viene considerato. Potrebbe capitare che pur di non sobbarcarsi di questa tensione e di non tardare, un figlio che vive una situazione analoga alla sua in preda al panico corra in macchina divenendo anche un pericolo per sè e per gli altri.
Diventare adulti significa anche saper contrattare, saper far valere le proprie ragioni e motivarle con i propri genitori e non accettare passivamente regole imposte. Si domandi come mai finora lei ha voluto assecondare i suoi genitori eccezion fatta per qualche labile tentativo di contrattazione che non è stato considerato da loro. Quanta paura fa un figlio che diventa adulto? Quanta voglia di "controllo" nell'imporre orari e nel non lasciare che lei possa aprire la porta con le sue chiavi ?
Come lei afferma in modo sensato e plausibile farsi carico di queste ansie alla lunga potrebbe divenire dannoso per la sua salute psichica. Scrivere su questo forum secondo me è già un piccolo passo verso un cambiamente che sta avvenendo in lei e che la sta portando a riconsiderare alcune situazioni e a ricomprendersi all'interno di esse.

In bocca al lupo per questo percorso e ci tenga aggiornata se lo desidera,

Cordialmente.


Dott. Mauro Bruzzese,
Psicologo clinico presso il Newham University Hospital di Londra, Fondatore e CEO di PsicologON.
www.psicologon.com

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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Carissimo,

dovrebbe riflettere su quello che dice di sé:

"sono un giovane studente di 24 anni; un giovane tranquillo che non ha frequentazioni "pericolose", non fumatore, non bevitore, insomma una normalissima persona della sua età"

per comprendere quanto l'apprensione dei suoi genitori sia ingiustificata e fuori luogo.
Direi perfino offensiva, se lei non ha "idee strane" per la testa e non ha mai dato problemi, dimostrandosi più che degno della loro fiducia.

Spetta a lei far presente prima di tutto a sé stesso con maggior forza che l'apprensione da parte dei suoi genitori è eccessiva e che le regole che pongono sono insensate "vista l'età e la maturità della persona alla quale tali "dettami" vengono applicati".

Ne conseguirà una maggior convinzione nell'iniziare ad imporre ai suoi genitori una negoziazione più adeguata di queste regole o, a mali estremi, direttamente le regole che lei ritiene adeguate e che mi sembra siano ragionevoli.
Visto che dice che "è impossibile rincasare ogni notte alle 5 del mattino" non ha certo in mente di passare tutte le notti fuori, ma solo di rivendicare il diritto a divertirsi come i suoi amici, che giudica persone normali e tranquille.

E figlio unico?
Ci sono altre regole ferree che si sente imporre?
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dopo
Utente
Utente
Ringrazio i gentilissimi dottori per le risposte celeri e professionali che mi hanno fornito. Rispondo solo adesso, poichè sono stato fuori per un periodo di vacanza.
Volevo rispondere alla dott.ssa Massaro confermandole che sono figlio unico, e che non ci sono delle altre particolari regole ferree che mi vengono imposte, però forse col passare degli anni e quindi con la mia crescita sento un "peso" di condizionamento sulla mia persona maggiore dettato anche dal fatto che la laurea imminente e la ricerca del lavoro infondono delle incosce paure nei miei genitori che temono un imminente allontanamento da casa. Si parlava infatti qualche giorno addietro di questo ed essi pensavano di potersi trasferire nell'eventuale città ove avessi trovato in futuro un posto di lavoro e hanno letto la mia non accettazione felice di questa proposta come un segno di ingratitudine nei loro confronti. Ecco, è questa l'apprensione eccessiva di cui parlo, che sfocia a volte in un tentativo di condizionamento delle mie scelte, a volte anche le più banali. Spero di essere stato chiaro.
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Gentile Ragazzo,
è stato chiarissimo, in effeti suoi genitori sembra fatichino a lasciarla andare, a lasciare che persegua una vita autonoma e a svincolarsi da loro.

Sta a lei a questo punto, cercare di affermarsi maggiormente, non è necessario scontrarsi con i suoi genitori, ma diventare maggiormente assertivo e soprattutto svincolarsi emotivamente,venendo a patti con i probabili sensi di colpa che i suoi genitori con il loro atteggiamento potrebbero suscitarle nel perseguire i suoi progetti e conquistare gli spazi di autonomia consoni alla sua età.

Cari auguri

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it