Psicoterapia, questo mistero.

Quando si arriva a comprendere che una psicoterapia è fallita?
Come si capisce che ormai non c'è più nulla da dire nel setting terapeutico, se non ansie e paure che prima di inziare non esistevano?
Quali sono i tempi per cui è ragionevole credere che è arrivata l'ora di interrompere un percorso che non ha risolto alcun conflitto?
Chi dei due decide?
Quali sono le avvisaglie per rendersi conto che l'obiettivo prefissato inizialmente, al momento si è trasformato in qualcosa che non si riconosce?
Migliorare la propria autostima e la fiducia negli altri e nella vita, perseguire i propri sogni/obiettivi, rientrano ragionevolmente in un percorso di psicoterapia?
[#1]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Gentile Utente,

le sue domande sono davvero troppo generiche perchè le si possa dare una risposta sensata, dal momento che non è possibile parlare in senso generale di argomenti così ampi

Ci vuole esporre un caso specifico?
Immagino che i suoi quesiti la riguardino in prima persona: ci vuole raccontare la sua esperienza?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

[#2]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Gentile Utente,
dovrebbe parlare con la sua terapeuta delle sue perplessità.
La proposta di interrompere il trattamento terapeutico dovrebbe essere espressa dal terapeuta qualora ravvisasse le condizioni per farlo o dal paziente stesso per gli stessi motivi (in particolare la terapia non sta portando benefici/procedendo verso gli obiettivi condivisi ) .
Un'ultima seduta prima dell'interruzione definitiva del trattamento è opportuna per dare un senso compiuto al lavoro svolto.

Gìà in precedenza qui esponeva dubbi e perplessità sul suo percorso terapeutico, direi che se lei ha perso la fiducia nella sua curante e nel percorso sarebbe il caso di esporlo direttamente lla sua terapeuta i per poi prendere una decisione sensata.

Prima di parlare di obiettivi quale diagnosi avrebbe ricevuto?
Le consiglio la rilettura di questi articoli
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html

Cordialità

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#3]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

ben ritrovata! Lei esprimeva perplessità in merito alla terapia anche nel post dello scorso anno. Come mai non ne ha parlato apertamente e soprattutto non ha ancora cambiato terapeuta?

E' vero che la terapia può servire ad alcuni pz. anche soltanto a diventare più consapevoli (ad es. del loro sintomo), ma se Lei è così insoddisfatta, che cosa La trattiene ancora?

Entrambi possono decidere di interrompere, sia il pz. in qualunque momento, sia il terapeuta per determinate ragioni che deve comunicare in forma scritta al proprio pz.

La terapeuta di che parere è?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#4]
dopo
Utente
Utente
Salve,
sono trascorsi un bel po' di giorni dall'apertura di questo consulto. Il problema è che proprio non so da dove cominciare.

Giustamente mi viene chiesto per quale ragione io non abbia cambiato ancora psicoterapeuta, credo che la risposta sia riconducibile al fatto che mi sono affidata all'attuale terapeuta in modo incondizionato, con grande sforzo da parte mia, e rivalutare la mia decisione iniziale non è stato facile. Purtroppo la mia vicenda è ben più complessa e mi rendo conto che raccontare tutti i particolari che mi hanno spinta a intraprendere il percorso psicoterapeutico con lei (consigliatami da una guida spirituale che tenevo molto in considerazione) risulta complesso ed artificioso. Credo comunque che la ragione dell'inizio di una psicoterapia fosse riferibile al ritrovamento di una figura materna di riferimento, che mi sostenesse e mi aiutasse.
Con la PNL avevo compreso quali fossero i miei obiettivi ed aspirazioni: avevo bisogno di costruire la mia dignità di persona, ritrovare la stima e la fiducia in me stessa, nelle mie capacità, formare la mia identità e soprattutto di liberarmi dai sensi di colpa (che la frequentazione di un ambiente religioso aveva fatto esplodere in me). Desideravo andare via di casa, dal mio ambiente familiare, e intraprendere un piano di studi universitario ma non avevo (e non ho) né i mezzi economici, né la struttura interiore sufficientemente forte per avviare una decisione così impegnativa.
Infatti anche nel consulto dello scorso anno, riporto chiaramente che nel momento in cui ho intrapreso il percorso psicoterapeutico capivo cosa volevo, vedevo i miei disagi, vedevo le probabili soluzioni, ma non avevo la forza interiore per attualizzarle. I problemi fisici riscontrati durante la pnl in effetti non erano sorti con la pnl stessa ma in conseguenza di un percorso religioso/spirituale.
Ero piena di risentimento, rancori e sensi di colpa, alla ricerca di un ambiente valorizzante per me ed accogliente. Ma tutto strideva con la spinta interiore della realizzazione del mio sé interiore (credo siano questi i termini corretti).

Ovviamente con l'ambiente religioso ho chiuso da circa un anno e durante la psicoterapia sono stata davvero molto male. Delle crisi profondissime di rabbia incontrollata, cose di cui mi meravigliavo io stessa. Odio verso la psicoterapeuta perché percepivo che si comportava esattamente come mia madre: dura e insensibile alla mia sofferenza, al mio disagio, ai miei desideri, ai miei bisogni, alle ingiustizie subite; al contempo la mia frustrazione cresceva perché non vedevo realizzato alcuno dei miei obiettivi principali (studi, identità, autostima).
Forse pretendevo troppo da lei??
Nel frattempo, il tempo passava...
L'odio verso l'ambiente circostante e verso me stessa mi aveva portata alla riduzione delle relazioni sociali pari a zero. Eppure bastava semplicemente che qualcuno si accorgesse del mio dolore per spegnere tutto. "Abbassarsi" verso di me, "Esserci" quando ne avevo bisogno. Ecco, io credo che a quel punto la psicoterapeuta avrebbe dovuto ammettere la sua incapacità a trovare una Reale empatia nei miei confronti. Forse ogni tanto bisognerebbe farsi un bagno di umiltà e non dare sempre la colpa alle resistenze del paziente. Forse tanto dipende dal vissuto del terapeuta stesso, dalla sua storia personale, dai suoi vissuti, dalle difficoltà che ha dovuto affrontare e dal modo in cui le ha affrontate, al di là della sua formazione professionale (di formazione junghiana).

A tutto ciò ci sono arrivata da sola ma soltanto nel momento in cui mi sono sentita veramente accolta ed ho percepito un interesse reale nel volermi aiutare (un altro terapeuta, giunto per caso e non ricercato).
Ovviamente non si è voluto inserire all'interno del percorso, e lo comprendo.

Durante l'ultimo colloquio, essendoci ancora "scontri" tra di noi, mi ha detto che è inutile continuare sulla base del mio stare male. Perché continuare ad andare da lei se sto male, non mi sento aiutata, etc.?
Questa è stata la sua domanda. Poi mi ha detto che se avessi avuto degli obiettivi su cui voler lavorare, richieste precise, bastava telefonarle per prendere un appuntamento.
Onestamente non so che pesci prendere. La consapevolezza che tutto il dolore di questi anni non sia servito a niente mi sotterra e al tempo stesso mi lascia ancorata nel posto dove sono e nel pensiero che qualcosa lei abbia fatto oppure che ho bisogno di lei.

So di aver scritto tanto, ma forse non sono mai stata lucida come in questo momento.. spero qualcuno abbia la pazienza di leggere tutto. grazie.
[#5]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

è stata molto chiara, ma la mia domanda, che poi coincide con la domanda della Sua terapeuta è: come mai non prende la decisione di cambiare terapeuta?
Lei stessa ha intercettato alcuni errori del terapeuta: ad es. essere trattata come la Sua stessa mamma (o gli altri in genere) La trattavano è un errore, in quanto non Le permette di sperimentare in terapia un altra modalità relazionale.
Piuttosto che la Sua obiezione sulle resistenze del pz, che io condivido.
Anche gli psicoterapeuti sbagliano.
Talvolta sono errori di tecnica...

Tuttavia, per il Suo bene, è importante non mollare e riprendere il lavoro terapeutico.

Cordiali saluti,
[#6]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"A tutto ciò ci sono arrivata da sola ma soltanto nel momento in cui mi sono sentita veramente accolta ed ho percepito un interesse reale nel volermi aiutare (un altro terapeuta, giunto per caso e non ricercato).
Ovviamente non si è voluto inserire all'interno del percorso, e lo comprendo."

Penso che questo incontro fortuito possa rappresentare un'ottima occasione per proseguire il suo percorso con una persona della quale ha un'immagine positiva e dalla quale si sente già compresa e accolta.
[#7]
dopo
Utente
Utente
<< come mai non prende la decisione di cambiare terapeuta? >>

Perché sono abituata ad essere trattata male, ad essere non vista, a non essere aiutata concretamente, a sopportare la frustrazione in silenzio, perché mi ritengo io sempre in dovere, perché non conosco altre forme di relazioni intime. L'importante è evitare la separazione per non restare sola.

<< Penso che questo incontro fortuito possa rappresentare un'ottima occasione per proseguire il suo percorso con una persona della quale ha un'immagine positiva e dalla quale si sente già compresa e accolta. >>

Sinceramente temo un transfert. Non so quanto riuscirei ad essere onesta. Il mio istinto mi spinge ad allontanarmene.

[#8]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"Perché sono abituata ad essere trattata male, ad essere non vista, a non essere aiutata concretamente, a sopportare la frustrazione in silenzio, perché mi ritengo io sempre in dovere, perché non conosco altre forme di relazioni intime. L'importante è evitare la separazione per non restare sola."

Gent. Utente,

ha spiegato molto bene il passaggio critico attraverso il quale si esprime la patologia, ma è su questo aspetto che è necessario lavorare.
Essere consapevole non basta, ma è un buon inizio.
Adesso deve esserci lo sforzo attivo da parte Sua di domandare aiuto ad un professionista con l'obiettivo congiunto (e anche dichiarato) di modificare questo meccanismo patologico che La spinge a farsi maltrattare.
Questo significa anche imparare a stare da sola e tollerare la frustrazione.

Cordiali saluti,
[#9]
dopo
Utente
Utente
<< ha spiegato molto bene il passaggio critico attraverso il quale si esprime la patologia, ma è su questo aspetto che è necessario lavorare.
Essere consapevole non basta, ma è un buon inizio.
Adesso deve esserci lo sforzo attivo da parte Sua di domandare aiuto ad un professionista con l'obiettivo congiunto (e anche dichiarato) di modificare questo meccanismo patologico che La spinge a farsi maltrattare.
Questo significa anche imparare a stare da sola e tollerare la frustrazione >>

Questo significa che il lavoro fatto in PNL non era abbastanza sceso in profondità o che avrei in ogni caso dovuto (all'epoca) continuare, nonostante non riuscissi concretamente a farlo?
Forse un percorso psicoterapeutico diverso mi avrebbe fatta perdere meno tempo?


Quindi, secondo lei, dovrei cambiare psicoterapeuta??


<< Questo significa anche imparare a stare da sola e tollerare la frustrazione. >>
Questa è la cosa che più non riesco a fare.


Vorrei chiederle un'altra cosa: il transfert è realmente utile in una terapia oppure ha delle controindicazioni?
[#10]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 122

gentile utente questa lettura potrà risultarle interessante
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4088-quando-il-paziente-si-allea-con-la-propria-malattia.html

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

[#11]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Ciò che le spinge a rimanere, e magari anche a ricercare inconsapevolmente un certo tipo di situazione, era detto da Freud "coazione a ripetere" e non è altro che la spinta inconscia a riproporre a sé stessi situazioni irrisolte dell'infanzia per avere una nuova occasione per risolverle.
E' perciò comprensibile che lei si senta paradossalmente più a sua agio con chi la maltratta e con una dottoressa che le ricorda sua madre, piuttosto che con un terapeuta che pensa avrebbe un diverso atteggiamento verso di lei.

Il transfert è un fenomeno ineludibile perché qualunque paziente sviluppa un attaccamento verso il terapeuta: la sola differenza riguarda l'attenzione che i diversi orientamenti vi dedicano.
In psicoanalisi ad esempio il transfert è analizzato al pari di tutto ciò che il paziente porta e la relazione terapeutica è considerata strumento terapeutico.
Non penso però che lei abbia effettuato una psicoanalisi, dal momento che non è chiaro come mai una terapeuta che lei dice essere di formazione junghiana avrebbe usato la PNL invece di sottoporla a sedute secondo il metodo junghiano.

La PNL è uno strumento molto utile e a volte risolutivo, ma il suo disagio appare profondo e non credo che sarebbe risolvibile con questo metodo, ma solo con un percorso che le permetta di imparare a costruire un rapporto sano con un'altra persona.
Valuti più attentamente l'opportunità di farsi aiutare dall'altro terapeuta, anche se sente delle resistenze a farlo, perché potrebbe rappresentare davvero la strada per uscire da tutta questa sofferenza.
[#12]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
" il transfert è realmente utile in una terapia oppure ha delle controindicazioni?"

Mi scusi, ma che cosa pensa che sia il transfert?
In che senso potrebbe avere delle controindicazioni?
Sinceramente, leggendo la Sua richiesta, mi viene anche il dubbio che Lei non sia stata in cura da uno psicologo psicoterapeuta, ma forse da un counselor o da un coach (che più probabilmente utilizzano la PNL).

Ha verificato le credenziali del curante?

In ogni caso, ritengo che il Suo caso, per quanto complesso, è piuttosto frequente (non tanto fare la PNL quando c'entra poco, quanto il Suo problema che L'ha portata in terapia), mi pare sia stata generata una grande confusione a scapito purtroppo della Sua salute...
Quindi, per tornare al Suo quesito iniziale, un trattamento fallisce anche quando manca la chiarezza tra pz. e terapeuta. La condivisione di tecnicismi, quali il transfert, non serve al pz. ma serve il lavoro sulla relazione per permetterLe di uscire dal disagio.

Sul contratto terapeutico che ha sottoscritto è indicato il tipo di trattamento e la metodologia?

Cordiali saluti,
[#13]
dopo
Utente
Utente
Mi rendo conto che il post sia particolarmente lungo e che questo consulto sia strettamente collegato al precedente - quindi leggere tutto sia particolarmente faticoso - ma ho specificato più volte che la pnl o nlp (che dir si voglia, perché sono sostanzialmente la stessa cosa) è antecedente alla psicoterapia fatta.


<< Ciò che le spinge a rimanere, e magari anche a ricercare inconsapevolmente un certo tipo di situazione, era detto da Freud "coazione a ripetere" e non è altro che la spinta inconscia a riproporre a sé stessi situazioni irrisolte dell'infanzia per avere una nuova occasione per risolverle. >>

Infatti, questo è ciò che ho sempre cercato di spiegare alla psicoterapeuta: sperimentare (per modificarla) una relazione "intima" diversa, visto che il punto focale della terapia era incentrato prevalentemente ed essenzialmente sempre su mia madre. Volente o nolente, ogni volta, si andava a finire sempre sullo stesso punto.
Credo che riguardo a questo io mi trovassi con lei sempre in contrasto perché mentre io spingevo a trovare approvazione, considerazione dalla terapeuta, lei mi rimandava continuamente il punto che dovessi accettare mia madre per quella che è. Ok, su questo sono d'accordo, c'ero arrivata anche prima di fare psicoterapia, ma cosa c'entra con lo sperimentare una relazione diversa, affettivamente stimolante, che metta me al centro del mio mondo?!
Spero di essere stata chiara su questi punti.


<< Valuti più attentamente l'opportunità di farsi aiutare dall'altro terapeuta, anche se sente delle resistenze a farlo, perché potrebbe rappresentare davvero la strada per uscire da tutta questa sofferenza. >>

La domanda sul transfert era proprio riferito a questo.
Molte cose le ho capite proprio grazie alle sue domande dirette, specifiche, che mi hanno resa protagonista, che hanno messo me stessa e ciò che stavo facendo in discussione.
Stavo sperimentando una relazione diversa e questo ha fatto nascere dei sentimenti. Ecco perché ho parlato di transfert e di timori.

<< ritengo che il Suo caso, per quanto complesso, è piuttosto frequente >>
E' la stessa cosa che mi ha detto la psicoterapeuta proprio all'inizio: che il mio caso non era nulla di particolarmente stimolante da un punto di vista "clinico" e che ci sono famiglie anche peggiori della mia :-/
Bah...! Sono cose da dire in un setting terapeutico?!
A meno che non volesse sdrammatizzare per tentare di approdare a qualcosa di rimosso.. ma anche in questo caso, non credo sia questo il modo. E comunque sono stanca di andare a scavare stando solo male e basta.
[#14]
dopo
Utente
Utente
<< gentile utente questa lettura potrà risultarle interessante
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4088-quando-il-paziente-si-allea-con-la-propria-malattia.html >>

Lei è lo stesso psico che nello scorso consulto, in due righe, portò l'attenzione sul fatto che dopo un anno senza risultati, forse era il caso di valutare un diverso approccio.
Ho letto l'articolo che mi ha linkato e l'ho trovato molto più illuminante rispetto alla volta scorsa. Forse due righe erano davvero troppo poche perché ci dessi particolare peso?
ma forse la risposta è nel piccolo stralcio che riporto di seguito, per completezza:
" si insiste nel continuare su interventi che non danno effetti. L’unico parametro di scelta che il paziente può utilizzare, purtroppo, è a posteriori, ossia dovrà necessariamente apprendere da se stesso e valutare se la sua sintomatologia sta subendo qualche cambiamento in positivo oppure no. "
[#15]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Questo aspetto mi era sfuggito anche perché lei tende a mettere assieme molte cose diverse.
Come mai si sta chiedendo se la PNL non è giunta ad un livello sufficientemente "profondo" se poi ha effettuato una psicoterapia e quindi ha già la risposta a questa domanda?
Se la PNL fosse stata sufficiente non avrebbe avuto bisogno di una psicoterapia e, a seguito dell'inefficacia di questa, non si troverebbe oggi nella situazione che riferisce.

Penso comunque che più che il tipo di orientamento terapeutico ciò che conta sia la relazione che instaura con chi si occupa di lei, dal momento che le difficoltà che lamenta sono essenzialmente di natura relazionale

Credo che tutto questo vagare fra considerazioni sul presente e sul passato delle sue terapie non la aiuti e che ci abbia già riflettuto abbastanza, arrivando a conclusioni che noi fra l'altro non siamo in grado di convalidare o smentire perché non la conosciamo.
L'unica cosa che penso possa essere utile aggiungere è che se ha cucito addosso all'ultima terapeuta un certo abito, stabilendo che è molto simile a sua madre, indipendentemente da quanto questo sia rispondente alla realtà tenderà a relazionarsi con lei proprio come se fosse sua madre e quindi a svalutare e attaccare tutto quello che da lei arriva.
Deve tenere presente che la percezione della realtà non è sempre oggettiva, soprattutto in questi contesti, e che il modo in cui tutti noi selezioniamo e interpretiamo gli stimoli esterni ci influenza profondamente e non consente di uscire dalla realtà che ci creiamo fino a quando non siamo disposti ad andare oltre la rabbia e la delusione.

Di conseguenza, secondo me, o lei riprende la terapia con la dottoressa, sforzandosi di concentrare l'attenzione su ciò che accomuna la percezione che ha di lei e la percezione che di sua madre, o le conviene non rimuginarci più e cercare un'altra soluzione.
[#16]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

io non mi sono riferita al fatto che il Suo caso (ricordiamo che questo è un consulto on line) sia poco stimolante da un punto di vista clinico!
Dico che di persone che hanno questo problema nelle relazioni il mondo è pieno ed è possibile trattare il problema bene attraverao la psicoterapia.

In ogni caso torniamo sempre al solito punto: se ritiene che questa affermazione sia offensiva o umiliante o altro, perchè non ha cambiato terapeuta? La relazione con lo psicoterapeuta è una relazione comunque di fiducia e se non c'è più questa fiducia è opportuno scegliere chi può darci fiducia e aiutarci.

Lei scrive: "cosa c'entra con lo sperimentare una relazione diversa, affettivamente stimolante, che metta me al centro del mio mondo?!"
C'entra perchè il pz. deve diventare consapevole in prima battuta del proprio modo di funzionare ed interagire, quindi forse il terapeuta Le sottolineava questi aspetti, presumo.
Quindi, comprendendo i Suoi timori, è importante che Lei possa esprimere al terapeuta, chiunque sceglierà, questi timori e riprendere in mano la Sua vita.

Infine mi scuso per la confusione generata sulla PNL, non me lo ricordavo :-)

Cordiali saluti,
[#17]
dopo
Utente
Utente
<< io non mi sono riferita al fatto che il Suo caso (ricordiamo che questo è un consulto on line) sia poco stimolante da un punto di vista clinico!
Dico che di persone che hanno questo problema nelle relazioni il mondo è pieno ed è possibile trattare il problema bene attraverao la psicoterapia >>

Poco stimolante perché frequente (a detta della mia psicoterapeuta).
Non mi sono sentita offesa dalla sua (Dr. Pileci) affermazione, non mi ha toccata affatto. La mia era solo una specifica in relazione alla mia psicoterapeuta (che invece mi ha ferita).
Forse avrei dovuto evitare i commenti.
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<< Lei scrive: "cosa c'entra con lo sperimentare una relazione diversa, affettivamente stimolante, che metta me al centro del mio mondo?!"
C'entra perchè il pz. deve diventare consapevole in prima battuta del proprio modo di funzionare ed interagire, quindi forse il terapeuta Le sottolineava questi aspetti, presumo. >>

Secondo me, ne ero già consapevole quando ho iniziato la psicoterapia, e girare quasi due anni e mezzo sullo stesso punto, per fare consapevolezza, mi pare un po’ eccessivo.
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<< Questo aspetto mi era sfuggito anche perché lei tende a mettere assieme molte cose diverse. >>

No, mi permetto di dissentire. I punti sono sempre gli stessi. Scrivo molto, questo è vero, ma i punti centrali sono sempre gli stessi: PNL interrotta perché stavo male fisicamente (questo si evince chiaramente dal consulto dell’anno scorso; nel presente viene accennato) anche se notavo dei risvolti positivi nelle relazioni. Successivamente, credo non meno di sei mesi, inizio la psicoterapia. Dopo un anno circa dall'inizio del percorso psicoterapico, comincio con le mie perplessità sull’efficacia del trattamento con la psicoterapeuta.
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<< Come mai si sta chiedendo se la PNL non è giunta ad un livello sufficientemente "profondo" se poi ha effettuato una psicoterapia e quindi ha già la risposta a questa domanda? >>

Su questo sono d’accordo. Le mie domande contenevano già le risposte. Quindi, sì, le domande sulla pnl non avevano ragione d’esserci a quel punto (post n° 10 del presente consulto).
In realtà stavo solo riflettendo ulteriormente. Infatti, subito dopo si è inserito il dott. Vicentiis e direi che il suo intervento al momento calzasse a pennello.
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<< Credo che tutto questo vagare fra considerazioni sul presente e sul passato delle sue terapie non la aiuti e che ci abbia già riflettuto abbastanza, arrivando a conclusioni che noi fra l'altro non siamo in grado di convalidare o smentire perché non la conosciamo.
L'unica cosa che penso possa essere utile aggiungere è che se ha cucito addosso all'ultima terapeuta un certo abito, stabilendo che è molto simile a sua madre, indipendentemente da quanto questo sia rispondente alla realtà tenderà a relazionarsi con lei proprio come se fosse sua madre e quindi a svalutare e attaccare tutto quello che da lei arriva.
Deve tenere presente che la percezione della realtà non è sempre oggettiva, soprattutto in questi contesti, e che il modo in cui tutti noi selezioniamo e interpretiamo gli stimoli esterni ci influenza profondamente e non consente di uscire dalla realtà che ci creiamo fino a quando non siamo disposti ad andare oltre la rabbia e la delusione. >>

Comprendo quanto da lei scritto e credo anch’io che sia inutile battere e controbattere sui probabili errori della psicoterapeuta o delle mie verosimili resistenze o proiezioni. Resta comunque il fatto oggettivo – oggettivo - che da due anni e mezzo circa il mio problema si è consolidato. La psicoterapeuta stessa mi ha detto che andare avanti così non serve, che inizialmente ha commesso degli errori, etc. E’ per questo che ha lasciato a me la scelta di ritornarci o meno, con dei nuovi obiettivi, ma soprattutto credo l’abbia fatto per mostrarsi “comunque presente”.

Mentre io dei nuovi obiettivi non so davvero quali possano essere.
Nel post n°5 alla fine l’ho scritto: “”Onestamente non so che pesci prendere. La consapevolezza che tutto il dolore di questi anni non sia servito a niente mi sotterra e al tempo stesso mi lascia ancorata nel posto dove sono e nel pensiero che qualcosa lei abbia fatto oppure che ho bisogno di lei”".

Forse stare un po’ lontano da lei e dalla sua influenza riuscirà a darmi un po’ di serenità???
Ringrazio comunque tutti per la pazienza.
[#18]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

mi pare che più andiamo avanti a parlarne, più è alto il rischio di generare ulteriore confusione.
In una psicoterapia tutti questi tecnicismi non compaiono... e il pz non se ne cura, ma vi è un obiettivo congiunto (cioè la lotta contro la sofferenza del pz) tra pz. e terapeuta.
Mi rendo conto che probabilmente tutto ciò non c'è stato e che Lei sia sfinita, chiedendo come si fa a capire se un trattamento non funziona.
Credo che il pz. sia il primo e il solo a poter dire quando non funziona una psicoterapia.
Le auguro di poter risolvere presto i Suoi problemi con la terapia se deciderà di iniziarne una nuova.

Cordiali saluti,
[#19]
dopo
Utente
Utente
<< In una psicoterapia tutti questi tecnicismi non compaiono... e il pz non se ne cura, ma vi è un obiettivo congiunto (cioè la lotta contro la sofferenza del pz) tra pz. e terapeuta. >>

Non saprei se tanti tecnicismi io non finisca per non inserirli anche nel setting... Tendo a dare attenzione ad ogni minimo particolare e questo non sempre è un vantaggio.. In ogni caso, credo di aver riposto troppe aspettative nella psicoterapeuta ed è questa la motivazione per cui non riesco a fare al momento un passo indietro verso di lei, almeno per il momento.

Cmq grazie per la sua risposta. Chissà che io non riesca a trovare la strada giusta ed a rientrare nel flusso della vita.




[#20]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Prego.
Le auguro di trovare presto la Sua strada :-)
Cordiali saluti,