Problemi psicologici infantili?

Salve!
Sono una ragazza di 25 anni in cura a un terapeuta da 6 mesi: la mia storia è troppo lunga per essere raccontata in 3000 caratteri, magari alla prima risposta potrò dilungarmi meglio nel commento.
Comunque sia sin da piccola ho avuto vari problemi che mi hanno portata ad una prima terapia di 2 anni per ansia ed attacchi di panico, e a quella attuale nella quale ho scoperto di soffrire di alessitimia, autolesionismo e di avere tratti marcati di personalità borderline.
In questi mesi ho davvero toccato il fondo: mi sono tagliata con lamette e graffette sia il braccio che la gamba del lato sinistro (anche con alcuni fattori di ossessione difatti i tagli devono essere almeno 3, non uno in più e non uno in meno, altrimenti devo farne altri 3 e della misura simile, altrimenti devo renderli uguali), mi sono abbuffata di tutto ed ho cominciato una dieta “seria” dopo aver perso 7 chili praticando il calcolo delle calorie e il semi-digiuno, ho fumato tutto quello che mi capitava sotto mano (anche camomilla e rosmarino, per dirvi…), ho avuto spesso episodi di derealizzazione ed attacchi di ansia non riuscendo neppure a riconoscere la mia faccia allo specchio, ed ho praticato del sesso forte, soprattutto con l’asfissia autoerotica. Per ultimo, la scorsa settimana, ho tentato di soffocarmi per allontanarmi un po’ dal mondo, per tentare di staccarmi e rientrare: non c’era intento suicidio, non volevo morire, solo dormire un po’, perdere il contatto e andare. Ovviamente, però, il mio fidanzato e il mio terapeuta si sono spaventati e abbiamo iniziato a parlare di antipsicotici o ansiolitici. Nonché della necessità di rendere mia madre partecipe alla mia sofferenza, portandola una volta in seduta con me in modo che lui possa spiegargli bene tutto dato che, quando mi ha costretta a dirle dell’autolesionismo, lei ha fatto orecchie di mercante. Il punto è che sono terrorizzata dalle medicine, sono cose pericolose e “pesanti” ed ho letto che servono per curare patologie molto gravi.
Da piccola ero molto iperattiva, avevo un amico invisibile, avevo scatti di rabbia e sono stata controllata da uno psichiatra che, però, mi rimandò a casa senza preoccupazioni.
Qualche giorno fa mia madre molto tranquillamente ha raccontato che da piccola urlavo contro le bambole e le picchiavo perché lei faceva lo stesso con me, quindi era l'unica cosa che conoscevo e la imitavo. Questo, unito a quanto raccontato sulla mia infanzia e poi sui miei disturbi mi porta alla domanda che vorrei porvi: è possibile che sin da piccola avessi dei problemi psicologici o dei traumi nascosti che siano poi esplosi in quanto vivo per adesso? Il mio terapeuta è in ferie e mi sto "ossessionando" con questa storia della bambola. Grazie.
[#1]
Attivo dal 2012 al 2016
Psicologo
Gentile Utente,

la possibilità che vi siano stati problemi in passato c'è ma non è possibile determinarlo via web e senza conoscere la Sua intera vicenda.

Il fatto di voler <<allontanarmi un po’ dal mondo>>, nei vari modi che ha descritto, fa pensare a una Sua esigenza di fuggire da qualche pensiero o sentimento spiacevole.

In ogni caso è opportuno che riferisca al terapeuta che La segue ogni Sua perplessità, senza farsi influenzare da notizie frammentarie che trova qua e là e che potrebbero confonderLa inutilmente.
[#2]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

se la Sua domanda cela l'ossessività, allora per il Suo bene è meglio non cercare ale risposta, anche perchè la priorità adesso è cercare e attuare quelle strategie che Le permetteranno di stare meglio, a differenza di quelle che Lei ha scelto (tagliarsi, addormentarsi, drogarsi, ecc...).
Posso chiedere quale tipo di psicoterapia ha fatto?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#3]
dopo
Utente
Utente
Spero che adesso possa inserire la mia intera storia, mi sembra corretto lasciarvi un quadro generale. Ovviamente parlerò con il mio terapeuta al suo rientro, ma devo dire che sono rimasta molto scossa da questo racconto della bambola.

Il mio malessere nasce parecchi anni fa, quando ero piccolina ed ero iperattiva al massimo, difatti i miei genitori mi portarono da uno psichiatra o psicologo per farmi controllare anche perché io e il mio miglior amico invisibile eravamo inseparabili!
Ma nonostante tutto, dopo i controlli classici, si è capito che non avevo assolutamente nulla, semplice e pura iperattività che si spense, di colpo, una volta compiuti circa 8/9 anni rendendomi quella ragazzina solitaria, silenziosa, introversa e sola che sono ancora oggi. Durante la prima media, invece, ebbi il mio primo disturbo da conversione: un occhio gonfiò tantissimo e a nulla servirono le mille visite effettuate, tutto sparì solo dopo aver cambiato scuola.
Dopo qualche anno ebbi i miei primi attacchi di panico grazie ad un film horror visto con mio padre: a quel punto mia madre mi portò dal pediatra che chiamò l’episodio come classica goccia che fa traboccare il vaso e mi fece prendere una antidepressivo (tale Nervaxon) e un anoressizzante per i miei disturbi di peso, ovviamente ho scoperto tutto da poco frugando tra i documenti medici a mio nome, dato che comunque all’epoca non ne sapevo nulla.
Nel 2008/2009, dopo l’abbandono dell’università e una crisi depressiva grave con classico pigiama tutto il giorno, usare la camera come unico posto in cui vivere, agorafobia, mangiare schifezze e scambio del giorno e della notte (alzarsi alle 18 e andare a dormire alle 7), arrivò il primo enorme disturbo da conversione: sono rimasta un mese bloccata a letto, paralizzata dalla schiena in giù, con fortissimi dolori ed impossibilità ad alzarmi. Nonostante milioni di medicine prese, esami e contro-esami, nessuno sembrava aver idea di cosa mi stesse accadendo fin quando un’amica esperta di agopuntura (con lauree mediche, si intende!) non mi fece capire che era solo questione psicologica e riuscì a sbloccarmi.
Nel 2010 ebbi i primi attacchi di panico “importanti”, con relativa agorafobia, ansia sociale, disperazione e via discorrendo che stavano compromettendo seriamente la riuscita di un corso di formazione a cui tenevo tantissimo: il mio fidanzato (che stava con me da pochi mesi, anche lui vittima di ansia nel passato, fortunatamente non mi abbandonò! ) mi “costrinse”, allora, a intraprendere la mia prima terapia (dopo aver convinto i miei genitori, si intende) presso la ASL della mia città.
Mia madre, ovviamente, non era per nulla contenta e continuava a dirmi che se volevano darmi delle medicine dovevo scappare via, se mi dicevano che ero pazza dovevo andarmene e trovare altro e così via. Una terapia generalizzata, di massa, senza troppe attenzione che, molto spesso per colpa mia, non andava da nessuna parte: sono stata 2 anni in terapia, ma con poca frequenza, sedute in totale silenzio, giorni saltati senza avvisare e via discorrendo. Non mi trovavo molto bene con la terapeuta, mi sentivo giudicata e non a mio agio, ma non avevo alternative, per cui sono andata avanti (molto a rilento) ed ho vinto gli attacchi di panico e l’ansia tornando alla mia vuota ed inutile vita.
L’estate scorsa il mio fidanzato è ricaduto negli attacchi di panico e nell’ansia così abbiamo cercato un terapeuta privato con cui ha cominciato la sua terapia.
Dopo qualche mese (quindi febbraio 2014), però, il mio malessere torna a farsi sentire con le prime avvisaglie di ansia, di panico e di caos mentale.
A quel punto, conoscendomi e volendo arginare il tutto prima dell’implosione, chiedo ai miei genitori di “sovvenzionarmi” (sono disoccupata) una seconda terapia, ma non hanno reagito molto bene rifiutandosi di aiutarmi, dando la colpa del mio malessere al mio fidanzato e sbattendomi la porta in faccia.
Nonostante ciò, spinta dal mio fidanzato, ho contattato il suo terapeuta e gli ho chiesto aiuto e lui ha accettato di seguirmi. Lo avevo contattato per tre motivi precisi: un chiaro disturbo alimentare (Binge), un ricordo della mia infanzia che non riesco a evocare completamente ma che mi colpisce con flashback e forte paura a seconda di alcune caratteristiche dell’ambiente in cui mi trovo e un’ossessione per la droga (mai provata se escludiamo uno spinello), ma che era diventata l’unico pensiero fisso come via di fuga.
Ma si sa, quando la “discesa negli abissi” del malessere inizia la sua corsa è difficile arrestarla e dopo qualche seduta sono entrata nel caos, nella paura, nella disperazione e sono caduta, per la prima volta in vita mia, nell’autolesionismo.
Da qui scoppia la bomba, adesso sono in terapia da 6 mesi e mi è stata diagnosticata un po’ di roba: personalità con tratti marcati borderline e da qui autolesionismo e disturbo alimentare, poi alessitimia e ruminazione. A tutto questo aggiungiamo la sindrome dell'abbandono e un'ansia sociale che non mi permette di trovare un lavoro e di avere relazioni interpersonali. Un bel casino.
In questi mesi ho davvero toccato il fondo: mi sono tagliata con lamette e graffette sia il braccio che la gamba del lato sinistro (anche con alcuni fattori di ossessione difatti i tagli devono essere almeno 3, non uno in più e non uno in meno, altrimenti devo farne altri 3 e della misura simile, altrimenti devo renderli uguali), mi sono abbuffata di tutto ed ho cominciato una dieta “seria” dopo aver perso 7 chili praticando il calcolo delle calorie e il semi-digiuno, ho fumato tutto quello che mi capitava sotto mano (anche camomilla e rosmarino, per dirvi…), ho avuto spesso episodi di derealizzazione ed attacchi di ansia non riuscendo neppure a riconoscere la mia faccia allo specchio, ed ho praticato del sesso forte, soprattutto con l’asfissia autoerotica. Per ultimo, la scorsa settimana, ho tentato di soffocarmi per allontanarmi un po’ dal mondo, per tentare di staccarmi e rientrare: non c’era intento suicidio, non volevo morire, solo dormire un po’, perdere il contatto e andare. Ovviamente, però, il mio fidanzato e il mio terapeuta si sono spaventati e, proprio oggi in terapia, abbiamo iniziato a parlare di antipsicotici. Nonché della necessità di rendere mia madre partecipe alla mia sofferenza, portandola una volta in seduta con me in modo che lui possa spiegargli bene tutto dato che, quando mi ha costretta a dirle dell’autolesionismo, lei ha fatto orecchie di mercante. Il punto è che sono terrorizzata dalle medicine, sono cose pericolose e “pesanti” ed ho letto che servono per curare patologie molto gravi.
Ho mille domande che mi girano per la testa e a cui non so dare risposta: ho paura di “morire” dentro di me “rincoglionita” dalle medicine, degli effetti collaterali, di cambiare completamente, di perdermi la vita, di diventarne dipendete, degli effetti di bounce e così via. Inoltre mia madre li ha sempre demonizzati per esperienze passate con un patrigno schizofrenico e violento.