Non raggiungo più obiettivi

Non riesco più a raggiungere obiettivi...

Un tempo ero molto determinata, rasentando il perfezionismo.

Da circa 5 anni sono diventata una completa nullità. Non riesco più a concludere nulla. Ho cominciato con una serie di dubbi e col non sapere esattamente più chi ero e cosa fare. Ho continuato "decidendo" di terminare comunque la mia laurea specialistica...per togliermi il peso e potermi dedicare poi a qualunque altra cosa.

Sono iniziati anni di “prese in giro, di continue illusione e frustrazioni.” Tra un rigo e l'altro della tesi che devo concludere, ci sono abbuffate, bevute e soprattutto lunghe dormite. Le ho pensate tutte...
probabilmente non mi piace più quello che faccio
forse sono vittima del classico timore di ciò che accadrà dopo...

Non lo so...ciò di cui sono certa è che non mi sento capace di fare nulla, sebbene all'apparenza dia l'impressione di essere forte. Non mi sento assolutamente all'altezza dei miei coetanei sia intellettualmente che nelle abilità pratiche. Sono ormai fallita.

Per un periodo mi sono sentita in colpa nei confronti della mia famiglia per aver anteposto i miei interessi personali alle attenzioni che dovevo avere nei loro confronti. é possibile che continui ad autosabotarmi in funzione di questo senso di colpa?


Da due anni assumo psicofarmaci ma non mi pare di star meglio. Al momento sto aiutando il mio partner nel lavoro fingendo di non pensare a quello che non sono riuscita a realizzare nella mia vita.
Mi sveglio piangendo ogni mattina..
a lavoro ho la continua tentazione di bere e mangiare.
e proprio ieri ho detto al mio compagno che non sono più felice insieme a lui, anche se non sono del tutto convinta che sia vero.

Distruggo tutto ciò che tocco.. e non so più come contrastare e convivere con quest'ombra nera sulla mia testa.

Che devo fare?

[#1]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
<Da due anni assumo psicofarmaci ma non mi pare di star meglio>
Gentile Utente,
quale specialista (non il nome) le ha prescritto gli psicofarmaci? Ha ricevuto una diagnosi?

Cosa è successo in particolare cinque anni fa?
Da cosa secondo lei hanno avuto origine i suoi dubbi?
Come ha scelto il percorso universitario e quali eventuali problemi ha incontrato?
Quali attenzioni doveva avere nei confronti dei suoi?
Che tipo di rapporto ha con loro?

Da quanto riferisce la sua vita appare bloccata, la percezione che ha di sé contribuisce a trattenerla nel malessere. Abbuffate, alcol modalità disfunzionali per colmare vuoti, ottundere la coscienza, continuare a non affrontare nel modo dovuto i suoi problemi. Altro non fanno che alimentare e peggiorare i suoi disagi e la cattiva immagine che ha di sé.

A quali specialisti si è rivolta finora?
Ha mai pensato di incontrare un nostro collega direttamente?

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile dottoressa,
La ringrazio per la sua risposta e cerco di rispondere a tutte le domande che mi ha posto.

-Ovviamente sono seguita da uno psichiatra nell'assunzione dei farmaci, avrei il terrore di gestire una tal cosa da sola.
- 5 anni fa ho concluso la laurea triennale e mia madre e morta. non ho incontrato nessun tipo di problema nel percorso universitario, anzi, l'ho seguito con piacere e l'ho concluso con successo.
Forse i dubbi sono nati con la consapevolezza che il percorso da me scelto non mi avrebbe dato la possibilità di trovare un lavoro.

- Il rapporto con i miei ora è inesistente perché come le dicevo mia madre è ormai deceduta da tempo e con mio padre non ho nessun tipo di rapporto.


Ho ià seguito delle psicoterapie in passato per via dei miei disturbi alimentari. neli ultimi anni sono giunta alla psichiatria, ma visto gli scarsi successi gli psichiatri stessi mi hanno consigliato una psicoterapia.

solo che, nel posto in cui sono ora per lavoro (3 mesi), mi è impossibile farmi seguire fisicamente da qualcuno. Tuttavia l'idea di affrontare così tutta la stagione mi nausea...e l'idea di dover passare addirittura tutta la vita così mi pietrifica.
[#3]
Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia Psicologo, Psicoterapeuta 739 20 3
Gentile Utente,
Lei scrive: ' 5 anni fa ho concluso la laurea triennale e mia madre e' morta'. Il suo disagio e' conseguente alla morte di sua madre o antecedente? Si è' data la possibilità e il tempo di elaborare questa perdita? L'ha colta di sorpresa? E , soprattutto, che rapporto aveva con sua madre? Scusi le domande, ma la mia ipotesi e' che questo suo stato di disagio possa avere qualcosa a che fare con un lutto non del tutto elaborato. Ovviamente, e' solo una ipotesi e potrei sbagliare, per questo, se vuole, la invito a riflettere su questo aspetto e a darci delle ulteriori informazioni. Inoltre, quando ha fatto in passato delle psicoterapie per i suoi disturbi alimentari ( bulimia, forse?), ne aveva tratto un qualche giovamento?
Un cordiale saluto

Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia
Psicologa. Psicoterapeuta. Analista Transazionale

[#4]
dopo
Utente
Utente
Buongiorno dottoressa.

Il blocco di cui ho parlato risale appunto a 5 anni fa, ma i miei disagi sono di molto antecedenti.
Mi sono ammalata gravemente di anoressia a 13 anni per poi cambiare rotta verso la bulimia.
Ho fatto da piccola una terapia cognitivo-comportamentali, e poi una lunga terapia psicodinamica. Di sicuro ne ho tratto vantaggi, perché non sono più quella di allora....ma mi sembra abbastanza chiaro che non ho debellato del tutto il disturbo.

Con mia madre avevo un rapporto molto conflittuale, ed ho litigato con lei fino all'ultimo momento. Ho avvertito subito alla sua morte il profondo senso di colpa per non esserle stata vicino nel modo giusto.
ora, alla luce dei fatti e dopo tutti questi anni, non credo di aver ancora digerito la cosa. sono andata avanti con le pratiche e le incombenze familiari...ma mi sono bloccata in tutta la mia vita personale.

grazie per la vostra attenzione.
[#5]
Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia Psicologo, Psicoterapeuta 739 20 3
Comprendo. E comprendo anche che i motivi di lavoro le impediscano di affrontare un altro percorso di psicoterapia che sarebbe senz'altro consigliato. infatti, Il fatto che le terapie precedenti abbiano prodotto dei risultati e' un buon indice della loro validità. Vede, quando vi sono problematiche serie e radicate, e' consigliabile riprendere il percorso ed elaborare quei nodi che non sono state del tutto sviscerati precedentemente. D'altra parte, nel suo caso, il rapporto conflittuale con sua madre fino alla fine e il suo senso di colpa hanno riattivato qualche tema doloroso. Pensa di poter, quindi, riconsiderare la possibilità di rivolgersi a uno specialista, una volta sistemato il problema del lavoro? E, se si, ha un'idea di quale terapeuta e tipo di terapia le sia più congeniale?
[#6]
Dr. Nunzia Spiezio Psicologo 531 20 3
Cara ragazza,
tante volte le risposte ai nostri malesseri le abbiamo già dentro di noi.

"Con mia madre avevo un rapporto molto conflittuale, ed ho litigato con lei fino all'ultimo momento. Ho avvertito subito alla sua morte il profondo senso di colpa per non esserle stata vicino nel modo giusto"
Come vede saprebbe da dove partire se riprendesse la psicoterapia.
Merita pace e serenità. Se la prenda.

Dr.ssa Nunzia Spiezio
Psicologa
Avellino

[#7]
Dr.ssa Annalisa De Filippo Psicologo, Psicoterapeuta 113 4 18
Gentile ragazza,

alle preziose osservazioni delle Colleghe, aggiungo una riflessione in merito alle sue parole "non riesco più a concludere nulla" "non mi sento capace di fare nulla" "non mi sento assolutamente all'altezza" "sono ormai fallita" "quello che non sono riuscita a realizzare nella mia vita": emerge una scarsa percezione del suo valore che forse è legato anche al senso di colpa a cui accenna ("in colpa nei confronti della mia famiglia per aver anteposto i miei interessi personali alle attenzioni che dovevo avere nei loro confronti").
Una figlia che coltiva i suoi interessi e il suo progetto di vita, continua ad essere una figlia che merita di essere amata: pensare anche a sè non è una colpa ma un diritto! Come dice un proverbio "Ai figli bisogna dare le radici e le ali per volare".

Per spunti di riflessione sul concetto di autostima, le segnalo la seguente lettura:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/495-autostima-una-perla-preziosa.html

Un saluto.


Dr.ssa Annalisa De Filippo
Psicologa Psicoterapeuta
www.centropianetapsicologia.com
www.psicologasestosangiovanni.com

[#8]
dopo
Utente
Utente
Riprenderei volentieri una psicoterapia (soldi permettendo).
Lo psichiatra (che rivedrò ad ottobre) aveva fatto accenno ad una terapia interpersonale che potrebbe essere utile nel mio caso. Ma non so né di cosa si tratta né a chi rivolgermi.

Riguardo all'autostima so bene che è importante per il benessere di un individuo. ma il mio fallimento nello studio e la mia evidente incapacità nel lavoro che svolgo non mi permettono di accettarmi.
Sono sempre in bilico tra l'idea di finire la tesi e quella di non pensarci più e dedicarmi totalmente ad altro, alla fine non faccio né l'uno e nell'altro.

considerando anche questo,mi merito davvero quella pace e serenità di cui parla dottoressa Spiezio?


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