Non capisco cosa stia succedendo

Chiedo scusa in anticipo, so che questa "frittata" è già stata rigirata in un milione di modi ma per quanto legga post altrui non mi ci ritrovo al 100%.
La mi storia è piuttosto comune anche se sono i piccoli particolari a renderla diversa ed a spegnere la luce al fondo del tunnel.
Ho 27 anni...mi han sempre detto di chiedere aiuto in caso ne avessi avuto bisogno ed io ho promesso sempre di farlo...ma non è mai andata così, mi sono sempre tenuto tutto dentro scherzandoci sopra in presenza d'altri e morendo dentro quando riuscivo a rimanere da solo.
Cercherò di riassumere il più possibile: da quando sono nato al primo anno di università le cose sono andate relativamente bene: non ero nè il più bello nè il più intelligente ma mi sono sempre trovato leggermente "sopra la media" e questo mi ha sempre aiutato a sentirmi accettato, ho sempre avuto amici, ragazze, passatempo...sono cresciuto insomma con la convinzione che avrei combinato qualcosa, che sarei stato felice.
All'università prendevo voti migliori che alle superiori (dove mi preoccupavo solo di prendere 6 e di non avere nessuna materia sotto a fine anno) siccome studiavo qualcosa che mi interessava e provavo piacere ad eccellere. Poi è iniziato il declino.
Ho un fratello più grande e una sorella più piccola. I miei genitori si sono separati nel 2009 e già prima non navigavamo nell'oro. Si sono separati quando io partivo per il primo Erasmus, quando sono tornato ho trovato una casa vuota, roba andata a male in frigo, eccetera....e mi sono detto "Ok, una nuova sfida" ma col passare del tempo mi sono reso conto che se prima riuscivo a fare così tante cose era perchè avevo il supporto economico, seppur blando, della mia famiglia alle spalle. Mi trovai da solo (economicamente, a livello umano i miei genitori sono ancora presenti ora nel 2015) e quindi iniziando a lavorare impiegai altri 2 anni e mezzo a finire la triennale (dicembre 2012). Ad agosto 2013 ricevetti una proposta di Stage che ancora oggi identifico come "archetipo" delle mie sofferenze. lo stage non andò bene e non era nemmeno così in linea con gli studi da me effettuati. Mi ritrovai con un'esperienza scollegata dalla mia laurea e con una laurea triennale ottenuto in 4 anni e mezzo. Le opportunità di lavoro si chiusero davanti a me. Caddi ( o forse ci sono ancora) in una sorta di depressione ed il tempo inizò a passare.
Imparai il mestiere del pizzaiolo nel 2011 e mi sono sempre arrangiato con quello ed ora mi ritrovo SOLO CON QUELLO. Qual'è il problema? Beh aver sprecato 18 anni della mia vita a studiare per fare un lavoro che ho imparato in 2 giorni.
Quest'anno ho pensato di iscrivermi alla specialistica, si ma...e i soldi? Lavorare e studiare prolungherebbe gli anni da 2 a 4 e non ho intenzione di laurearmi a 31, 32 anni...per cosa poi? Per essere troppo vecchio.
Da un lato mi piacerebbe viaggiare (parlo 3 lingue) ma dovrei investire i pochi soldi che ho senza certezze e per fare un lavoro "umile".
Ho finito i caratteri.
Grazie
ND
[#1]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve, questa non è una "frittata qualunque rigirata in un milione di modi", questa è la sua storia, di cui generosamente ci rende partecipi.

Si è spenta la luce al fondo del tunnel, e si è sempre tenuto tutto dentro. Chissà se a partire da questo momento le cose potrebbero cambiare a poco a poco.

È stato in gamba ad adattarsi a una situazione imprevista e difficile, si è dato da fare nonostante la delusione di una casa vuota e vivendo, immagino, un senso di solitudine.

Penso che lavorare e studiare sia molto faticoso, mi piacerebbe che potesse riconoscere a se stesso una sua grande responsabilità, non così scontata.
Con questo non voglio sottovalutare il fatto che sia stato costretto e ci sta male, ma non è tutto perduto, anzi. Il tempo è passato, ma non è finito, anche se è tutto buio.

Personalmente cercherei di capire dentro di me che direzione vorrei prendere. E poi cercherei di progettare quello che è possibile fare in questo momento.
Detta così sembra relativamente semplice. Perché questo avvenga, proverei a capire una cosa in particolare, interiormente: se cioè sente di non essere adeguato perché ci sono delle tappe che non è riuscito perfettamente a svolgere nei tempi previsti. Come se questo rappresentasse un deficit per lei, un biglietto da visita mancato per essere accettato dagli altri.
Non ci conosciamo, la mia è solo una suggestione, voglio dire che una situazione di questo tipo potrebbe farla cadere "in una sorta di depressione". Oggi ha l'occasione di chiedersi: quali erano e quali possono essere oggi i miei obiettivi? E io cosa penso di me, mi accetto per quello che sono o, se non dimostro altro, mi sento un minus, come se non fossi degno di considerazione, come se fossi "sotto la media"?

La vita è un percorso accidentato, esattamente come lei ci narra in modo eloquente. Non è lineare come può sembrare, non è tutto prestabilito come i binari percorsi da un treno, che arriva in perfetto orario. Magari ci hanno insegnato così, ma la realtà poi non vi corrisponde. Questo è certamente doloroso.
Gli accidenti capitano, le luci si spengono, i treni tardano. Ma con la straordinaria forza che dimostra, io credo stia già percorrendo quel buio, alla ricerca di se stesso e di una libera e autentica progettualità di sé. E la richiesta di aiuto è un buon segno, indice che questo percorso si può fare, indipendentemente dall'età e insieme a qualcuno.

Un saluto sincero,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#2]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Caro ragazzo,
Concordo con il collega Dott. DeSanctis nell'elogiare la Sua "resilienza", la Sua capacita' di vincere gli ostacoli reali e anche la depressione. Non e' cosa da poco!
Ora pero' Le proporrei di fare un altro "piccolo sforzo" e recuperare quella progettualita' che purtroppo le circostanze l'hanno costretta ad "accantonare". Uso tale parola per rappresentare un concetto importante.
Lei pensa che sempre nella vita di tutti vada tutto perfettamente nei modi e nei tempi dovuti? E' proprio certo che una laurea "specialistica" a 32 o 33 anni sia "da buttare via"?
La invito a riflettere su questo.
Sarebbe una realizzazione esistenziale importante per Lei. Per Lei "persona" piu' che per Lei "studente".
Per i costi credo che l'iscrizione sia proporzionata al reddito e per i libri non credo sia necessario acquistarli tutti nuovi.

Insomma non vorrei che tutte le difficoltà pratiche che sta manifestando siano espressione di una "solitudine" che non Le permette di "permettersi" qualcosa di importante per Lei..
Che ne dice?
I migliori saluti

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#3]
dopo
Utente
Utente
Grazie per le risposte rapide.
Mi è chiaramente più facile spiegare (o cercare di farlo) "sintomi" o "cause" piuttosto che individuare obiettivi...
Io credo che, cercando di non vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto, il mio obiettivo principale era fare esperienze di vita, avere cose da raccontare e che mi rendessero fiero di me e posso dire in un certo qual modo di aver raggiunto questo obiettivo ( tenendo conto che è un obiettivo che si protrarrà sino alla morte in quanto le esperienze non finiscono mai ).
Ma quello era un obiettivo infantile, frutto della mia inesperienza nella vita. Sarò sincero, sono un ragazzo "belloccio" senza difetti fisici ma con qualche acciacco (ginocchio, inguine, schiena) dovuto a sport, urti, cadute ecc..e non ho mai avuto problemi a realzionarmi con la "sfera femminile" per così dire. Di conseguenza quando mi sento assalire dal "panico" mi sento pure in colpa perchè ovviamente mi viene da pensare che c'è chi sta mooolto peggio. E come potete immaginare la cosa non aiuta.
Mi sento sotto la media? Forse è quello il problema. Vorrei lavorare con la testa e non con le mani, è chairo. Mi sento apprezzato? in realtà si, a livello umano, dalle persone che conosco. Mi sento isolato dalla "società"? Si e non solo, mi sento anche sbeffeggiato, intralciato e deriso da un entità che non si può nemmeno definire tale. Cos'è la società? A mio avviso "l'insieme delle regole usi e costumi della società occidentale" (oppure orientale nel caso abitassi in Asia) e per tanto non è un essere senziente. Eppure la vedo come la mia Nemesi, come un ostacolo che da solo non posso superare. Sento di trovarmi in una situazione che non si sarebbe mai presentata nella preistoria. Nessun umano potrebbe provare il dolore e l'alienazione che provo io (ed altri credo) se vivessimo secondo i nostri ritmi naturali, se ci avessero educati ad essere felici prima di raggiungere obiettivi.

Sinceramente si a mio parere un laureato di 29 anni già non vale nulla in quanto ci saranno sempre laureati di 26 anni. E questo perchè non conosco nessuno che possa raccomandarmi visto che normalmente le persone che vengono assunte senza raccomandazioni sono persone che eccellono nel loro campo. Ed un ragazzo laureato in ritardo di certo non eccelle in nulla se non nella negligenza. In ogni caso si tratterebbe di tanto tempo (2 anni) per una persona con pensieri come i miei in testa...sicuramente senza nessuno a "condividere con me il mio cammino" mollerei ricadendo in uno stato peggiore di quello odierno. Da un lato so che questa scelta potrebbe farmi stare bene, ma tornare "indietro di 4 anni" mentre la gente attorno a me continua a proseguire non farebbe altro che aiumentare la mia alienazione.
Poi c'è il fattore economico che giustamente non ho espresso bene: per i libri non c'è mai stato problema e per l'iscrizione i soldi si trovano ma per una simpatica coincidenza burocratica io vengo calcolato come a spese di mio fratello e, senza dilungarmi, dovrei pagare una rata di fascia troppo superiore a quella in cui effettivamente galleggio da 27 anni. Ma non è comunque quello il problema: per 2 / 3 anni durante i quali raggiungerò i 30 anni con che soldi vivrò? Se lavoro, gli anni diventano 4, se non lavoro non mangio. Tutto questo contando che questa scelta mi priverebbe della "vita sociale"....e io non sono sicuro del risultato ultimo.

Di fondo il mio problema è quello: sono stanco di sparare alla cieca, vorrei solo vedere il bersaglio e conoscere la gittata del proiettile e poi scegliere. Perchè evidentemente il mio istinto sta giocando una partita contro di me
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Caro ragazzo,
Fino a quando non riuscira' a "vincere" o perlomeno a "elaborare con l'obiettivo di vincere" la certezza/istinto che "il destino stia giocando una partita contro di Lei" non si muoverà dalla posizione di stallo in cui si trova.
Temo che Lei non sia ancora uscito da quella "sorta" di depressione che la colpi' tempo fa.
La rinuncia e la mancanza di progettualita' fattiva sono le sue caratteristiche precipue. Intendo della depressione. Non Sue. Spero di no, almeno!
Le vorrei consigliare di pensare ad un aiuto psicoterapeutico che le permetta di mettere a confronto la Sua percezione "vincente" di se' con le defaillances reali che deve affrontare.
Uno psicoterapia dinamica Le potrebbe essere di aiuto o rischia di bloccarsi alla soglia dei tanti "vorrei ma non posso" che ora le si profilano davanti agli occhi.
I miei auguri!
Ci tenga informati!
[#5]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Ha ragione a dire che è più facile spiegare i sintomi e le cause che individuare obiettivi.
Sta vivendo una situazione che sta cercando di risolvere, è giusto procedere come sta facendo, ascoltando quello che prova e cercando di coglierne il senso.
Forse questo procedere ha in sé, in fondo, già uno specifico obiettivo, ma possiamo comunque dire che gli altri obiettivi verranno alla fine.

Mi fa riflettere la sua affermazione molto pregna, quando dice che bisognerebbe educare a "essere felici prima di raggiungere obiettivi". Mi fa venire in mente che bisogna sentire energia dentro di sé e con gli altri. Bisogna percepire un vissuto di pienezza e, sentendo appartenenza e non alienità, si potranno pianificare dei progetti e fare delle scelte.
Non so se interpreto bene la sua affermazione, ma quel vissuto prodigioso, potremmo dire, di essere tra le cose del mondo, di unione con gli altri, che lei definisce "felicità", è fondamentale.

Anche se non ci conosciamo, si lasci dire che definirsi negligente è un torto che non merita. Si è invece rimboccato le maniche in una situazione dura. Tanto di cappello.
Quando sostiene che a 29 anni è tutto finito, mi chiedo chi sta parlando. Voglio ipotizzare che quella parte di sé "felice" sappia che la dimensione del tempo non è semplicemente e riduttivamente cronologica, ma è relativa. Questa parte di sé bisogna coltivarla.
E considerando le sue acute riflessioni esistenziali condivido il suggerimento della dottoressa Esposito di valutare la possibilità di rivolgersi a uno psicoterapeuta psicoanalitico.

Ha ragione a dire che vive una partita dentro di lei. Una parte di sé sembra assoggettata alla necessità di essere perfetto e, se non corrisponde a un iter normativo socialmente riconosciuto, non sembra sentirsi adeguato e in ordine, ma ormai "troppo vecchio", potremmo dire difforme. Eppure un'altra parte di sé, sembra dirlo con chiarezza, non ci sta e vuole essere "felice" e, in questa dimensione, non ci sono se e non ci sono ma.

Se è una partita, allora facciamo il tifo per quella parte di lei che, accettando se stesso, può riconoscere il proprio valore e procedere per quella strada che sente sua.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis