(ri)trovare la voglia di vivere

Salve e un augurio di buon Natale a tutti.
Scrivo proprio la sera di Natale,non perché mi aspetti un miracolo, ma perché questo periodo,lo si voglia o no,ti costringe a guardarti intorno,e quindi a guardarti dentro.La mia storia è lunga 28 anni e confusionaria.Tanto vale cominciare dalla fine:non ho più voglia di vivere.
Sin da bambino sono sempre stato timido,introverso e tendente alla malinconia.Ciò ha fatto si che,nel misero paesino di provincia in cui sono cresciuto,io sia stato,ad un certo punto,preso di mira con offese gratuite e pesanti.Il mio essere un bel ragazzo si è sempre scontrato con la mia terribile timidezza e con la rigidissima educazione borghese inculcata dai miei genitori.Da adolescente,terribilmente inquieto,ho assunto la maschera del "cattivo ragazzo" come protezione,entrando in un vortice di autodistruzione.Ho avuto la grande crisi a 20 anni,non so dire cosa mi sia successo.Ero solo e la testa era sempre più pesante,il sonno sempre meno; l'umore oscillava vertiginosamente,finché un giorno scoppiai a piangere e non smisi più,per mesi.Per cinque anni ho assunto,in dosi minime,ansiolitici e antidepressivi su ricetta di uno psichiatra,finché un giorno ebbi la netta sensazione che mi facessero star male e smisi,piano piano.Con enorme fatica sono riuscito a laurearmi in tempo,pur senza convinzione,lavorando allo stesso tempo con ottimi risultati.Lavoro cui ho dedicato tutta la mia passione,sognando una promozione che,dopo tante promesse,non è mai arrivata.Ho fatto le valigie e sono partito in cerca di non so cosa.Vivo attualmente "in esilio" in nord Europa,dove ho lavorato negli ultimi due anni facendomi apprezzare a lavoro.Un lavoro che,sfortunatamente,non mi interessava minimamente:l'ho lasciato.Le mie interazioni umane sono minime,da anni.Dopo lavoro,in cui sono apparentemente socievole,torno a casa e non vedo nessuno,né nessuno mi cerca.Ho paura delle persone e,senza neanche accorgermene,le respingo.Ho sempre l'impressione di fingere con gli altri e ciò mi provoca sensi di colpa,anche in quelle rare occasioni in cui mi diverto.Non ho mai vissuto una vera storia d'amore,se non attraverso la mia immaginazione.Di tanto in tanto,rapporti occasionali.Verso i miei genitori è come se non provassi affetto,ma una rabbia che non mi so spiegare.Ho scacciato via dalla mia vita,senza capirne il motivo,persone importanti.Sognavo il successo lavorativo come una sorta d rivalsa verso il mondo,ma ora non mi importa più.Anche le mie grandi passioni,in primis la scrittura,sono morte o ristagnano.Non ho più sogni,né amore;non so chi sono e sono tanto stanco.A volte vorrei morire.Ho notato che quando fumo Marjuana (rarissimamente)sto bene e mi sembra di avere 17 anni. Ma mi spaventa.Non riesco a parlarne:so bene che nessuno vuole stare a sentire le paranoie di un depresso e lo trovo più che giusto.Ecco perché fingo.Fingo di vivere e per anni ho finto di sorridere.Ora, però, non posso più.Consapevole che non c'è molto da fare,GRAZIE a chi leggerà
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Fingere è il peggior torto che puoi farti sia perché si tratta di una strategia disfunzionale sia perché non ti permette di avere relazioni autentiche o di farti conoscere per chi sei davvero. Come pensi di poter venire a capo del problema se fingi di stare bene o di essere diverso da come sei?
Come mai hai deciso di scrivere qui a degli psicologi? Saresti propenso a sentire il parere diretto di uno psicologo di persona?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Utente
Utente
Gentile Dottoressa, grazie per la risposta. Fingo perchè non so neanch'io chi sono. Fingo perché se no non esisterei. Fingo perché sono cresciuto in un ambiente in cui l'apparenza è tutto. Soprattutto, fingo perché non riesco ad accettare di aver sprecato la mia vita.
Non credo di essere disposto a vedere uno psicologo in persona. Ho avuto un'esperienza non positiva, sentendomi infine "tradito" e non preso nella dovuta considerazione dalla persona che avrebbe dovuto aiutarmi.
Scrivo, forse, per trovare un piccolo sfogo, per il bisogno di autocommiserarmi, di sputare un po' di dolore in faccia a qualcuno che, almeno, leggerà. So soltanto che sono solo contro qualcosa più forte di me, e non saprei neanche da dove cominciare per risalire. Un cordiale saluto.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Ok lo sfogo, ma lo sfogo NON è terapeutico e alla fine non cambierà nulla nella vita. Quindi, comprendo il momento difficile che attraversi ma ritengo importante iniziare a chiarire e modificare alcuni aspetti, soprattutto perché già ne sei in parte consapevole.

Intanto non partirei col pensare di aver sprecato la vita: non ci sono regole precise o tappe che per forza devono essere raggiunte entro certi tempi. Non so per quale ragione tu stia sentendo di essere un po' indietro, ma se forse rileggessi la tua vita alla luce di eventuali paure o momentanee difficoltà, ecc... potresti usare maggiore benevolenza con te stesso. Ciò non deve spingere all'autocommiserazione, che non porta da nessuna parte, quanto al modificare da oggi in poi il tuo comportamento per fare qualcosa di diverso.

Ad esempio, sarebbe interessante imparare a vivere senza fingere e togliere questo peso per sperimentare qualcosa di diverso e nuovo, ma se ora senti di voler solo uno sfogo e di autocommiserarti, come potresti cambiare?

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Dr.ssa Ilaria La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 282 8 9
Gentile Ragazzo,

mi colpisce da una parte i buoni risultati che a livello di studio e professionale ha raggiunto, anche se forse senza (ancora) quei riconoscimenti promozionali che si aspettava e, dall'altra, questo senso di "finzione", di solitudine, di mancanza di rapporti autentici con se stesso e con gli altri, in cui quando torna a casa si ritrova solo con se stesso e nessuno la cerca.

Parla di "paura delle persone", in che senso?
Potrebbe invece essere più paura di mostrare il suo vero essere e di non venire accettato, perché allora questo "bisogno" di essere "apparentemente socievole" ?


"Consapevole che non c'è molto da fare" credo che in questo lei abbia già deciso di "arrendersi" allo stato delle cose; detto questo, mi dispiace per l'esperienza non positiva che ha avuto con il professionista a cui si è rivolto, ma non credo che questo debba frenarla nel chiedere di nuovo aiuto, nel parlarne con qualcuno, nel darsi un'altra possibilità.

Dott.ssa Ilaria La Manna
Psicologa Psicoterapeuta - Padova

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dopo
Utente
Utente
Buongiorno Dottori, credo che il bisogno di fingere, o quantomeno di non aprirmi, nasca dal fatto che, purtroppo, non mi sono mai sentito veramente ascoltato e capito quando ho provato ad esternare il mio malessere. Molto spesso mi sono sentito preso in giro per il mio broncio, o per il mio essere di poche parole, e io stesso mi sono sempre odiato per questo. D'altro canto, nessuno ha mai incoraggiato le mie vere aspirazioni o talenti. Nell'estrema solitudine vissuta anni fa, ho provato, mi sono forzato a cambiare atteggiamento, evitando di parlare a chiunque del mio malessere, tranne a quelle pochissime persone che sporadicamente decidono comunque di entrare nel mio mondo (le stesse che, come dicevo, ho finito per buttare fuori dalla mia vita). In questo modo, quantomeno, sono riuscito a passare alcuni anni in una certa compagnia, intendo dire che avevo almeno alcune persone con cui uscire il fine settimana, sebbene non mi sia mai sentito veramente a mio agio.
In seguito alla crisi di cui vi parlavo, soltanto l' orgoglio e un desiderio di rivalsa hanno fatto si che non sprofondassi del tutto, e sono quindi riuscito ad andare avanti, sempre facendo quello che andava fatto.
Oggi mi trovo al punto in cui è come se non sapessi chi sono. Mi rendo conto che, se dovessi essere me stesso al 100%, non farei assolutamente niente e non avrei interazioni di alcun tipo, in quanto è come se nulla mi interessasse e non mi rispecchio, anzi odio la società moderna, con i suoi social network, la sua vanità e il degrado che dilagano. Vivo di fatto nel mio mondo, estraneo a tutto e a tutti. Se prima riuscivo ad evadere con l'immaginazione, oggi sembra che anche quella si sia inaridita.
Per la verità avevo pensato di tornare in terapia, ma mi rendo conto che sono diventato troppo diffidente. So bene, con tutto il rispetto, che anche il migliore degli psicologi non ha la risposta a tutto e credo che nel mio caso sarebbero necessari farmaci, che non intendo minimamente assumere. Cosa fare, quindi, non lo so. Come non so perché scriva qui. Il fatto di averlo fatto, tuttavia, mi sembra un minuscolo passo avanti, in quanto fino a poco tempo fa non avrei trovato la voglia.
E' brutto non avere il coraggio di vivere. Se potessi, tornerei dal me stesso di 10 anni fa e gli griderei di non essere tanto stupido, di non vendersi, perché va benissimo così com'è. E forse un giorno il sorriso sarebbe arrivato spontaneamente sul mio viso. Un caro saluto a tutti.
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Dr.ssa Ilaria La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 282 8 9
"non mi sono mai sentito veramente ascoltato e capito quando ho provato ad esternare il mio malessere"

credo che lei abbia toccato uno dei punti fondamentali su cui dovrebbe fondarsi una relazione e per poter poi successivamente avere fiducia nell'altro e a cui potersi aprire e affidare, sia che si tratti di un amico/a che anche per una relazione terapeutica con un professionista e lei non ha trovato tutto questo o almeno in parte, quando qualcuno "sporadicamente è entrato nel mio mondo" ma a cui sembra di capire ora lei ha chiuso ogni porta, ogni possibilità di entrare, perché?
Ha paura di essere ferito, di non essere appunto capito?

Mi sembra che il "suo mondo", quello di cui ci parla sia una sorta di "corazza", dura, forte, infrangibile, impermeabile (quasi) a tutto e tutti, ma non è indifferenza o mancanza di interessi o di vita, quanto forse una solida protezione?

E con malinconia e rimpianto guarda al passato, ma questo non le permette di cambiare.

Le lascio un pensiero su cui riflettere: cosa dovrebbero fare gli altri per capirla, per darle fiducia, per poter entrare nel suo mondo?

Un caro saluto