Un "boost" per il rendimento accademico

Gentili medici e specialisti,
sono uno studente della Magistrale in Matematica pura. Come è noto, l'impegno e lo sforzo mentali richiesti a studenti di facoltà scientifiche "pure" è non banale, soprattutto in prossimità delle sessioni d'esame (nella fattispecie quelle estive). Mi è ben chiaro che non esistono metodi "chimici" miracolosi per incrementare il rendimento nello studio - o almeno non ne esistono che non abbiano poi sinistre ripercussioni sul proprio benessere psicofisico -, e che probabilmente v'è poco di meglio della combinazione tra un'alimentazione sana, una regolare attività fisica, il giusto risposo e un piano di studio ragionevole. Quello che domando è: ne esistono (di metodi "chimici") di non miracolosi? Voglio dire, gli "integratori" alimentari/vitaminici/nootropici (?) che vengono liberamente distribuiti con i nomi di DMAE (dimetilaminoetanolo), Acutil Fosforo etc... si basano essenzialmente sull'effetto placebo, oppure esistono delle (anche minime) evidenze sperimentali che attestino i benefici della loro assunzione da parte di soggetti (mentalmente) stressati?

Ringrazio in anticipo.
[#1]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile ragazzo,
Essendo Lei uno studente "iper", che ama la ricerca pura penso che la Sua domanda rappresenti bene il Suo desiderio di conoscenza.
"Purtroppo" noi psicologi clinici non abbiamo per scelta la Sua tensione alla ricerca.
Ma non credo possa mancare a Lei il desiderio di ricercare con accuratezza sui siti internet le proprieta' e gli effetti collaterali delle sostanze che Le interessano.
Puo' usare dei testi di farmacologia se vuole!
Buon divertimento!

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#2]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve, se intende conoscere gli effetti degli integratori alimentari dovrebbe forse più rivolgersi a neurologi, dietologi o tecnici alimentari legati al mondo dello sport ad esempio. Condivido con la dottoressa Esposito la proposta di cimentarsi in una ricerca personale, sicuri che troverà alcune risposte.

Leggendo il suo consulto, mi sento di aggiungere alcune riflessioni.
Mi ha colpito la centratura sulla prestazione. Mi permetto di dirglielo, nonostante non sia questa la sua domanda. Poiché tuttavia ha scelto di postare il suo consulto in area psicologica, mi sento di darle una personale suggestione.
In particolar modo quando dice: "'V'è poco di meglio della combinazione tra un'alimentazione sana, una regolare attività fisica, il giusto risposo e un piano di studio ragionevole", mancano alcuni aspetti che a mio parere sono cruciali come "boost" per il rendimento accademico.

Ad esempio la passione e il valore di un nostro progetto, in cui crediamo. Oppure anche la qualità della propria vita in generale, ad esempio avere relazioni umane significative, cosa che può sensibilmente influenzare il nostro stato d'animo e di conseguenza anche il nostro rendimento accademico o lavorativo.
Sento quindi importante poterci soffermare sulla sua richiesta anche da un altro punto di vista: "I soggetti (mentalmente) stressati possono beneficiare dell'assunzione" di integratori, ma forse possono ancor più beneficiare se comprendono il senso del loro essere "stressati". Mi sono quindi chiesto: forse è importante "aprire" questo discorso e non "chiuderlo" tramite l'assunzione degli integratori?

Un inciso legato alla mia esperienza, quando chiede se ci sono evidenze sperimentali sui benefici degli integratori. Ci sono molti punti di vista in proposito, anche opposti. Le ricerche a volte si contraddicono e bisogna navigare a vista, facendosi un'idea personale.
Anche questo mi sembra un punto su cui riflettere, che potrebbe riguardarci. Come vive cioè, nella sua esperienza di vita, l'organizzazione della sua razionalità e il caos della sua emotività?

La ringrazio per la sua pazienza, considerando che non ho soddisfatto la sua richiesta come forse avrebbe voluto, sperando ugualmente di averle dato un punto di vista su cui riflettere.

Un saluto,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#3]
dopo
Attivo dal 2015 al 2016
Ex utente
Gentili,
innanzitutto vi ringrazio per le preste risposte.

Sulla ricerca personale: ci ho provato ed è stato fallimentare. Internet è un mare magnum di informazioni, spesso imprecise e fornite da persone non titolate a farlo. Certo ci sono le biblioteche, ma al momento vorrei evitare di impegnarmi in una ricerca di questo tipo. E il farmacista sì, ma il farmacista è anche un commerciante e in taluni casi i suggerimenti potrebbero essere tendeziosi. Queste le motivazioni sostanziali per cui ho domandato qui. Mi riservo di domandare a qualche specialista più "chimico".

Il Dr. de Sanctis solleva poi delle questioni interessanti: non è forse tanto una questione di motivazioni (sorvolo per ora sulle relazioni interpersonali) quanto una sorta di "frustrazione" che ogni studente affetto da quella "malattia del doloroso bramare" prova ogniqualvolta si confronti con certi pilastri del pensiero conscio che, per motivazioni legate all'intrinseca struttura della sua psiche, potrà essere solo un manovale della disciplina a cui si dedica, e niente di più. Certo con delle caramelle questo problema non si risolve; è anche vero però che se servissero quantomeno ad evitare la sonnolenza del pomeriggio o a mantenere alta la concentrazione uno potrebbe evitare di rimproverarsi di non aver fatto abbastanza (a questo proposito potrebbe essere di interesse psicologico e/o psicanalitico il caso dell'eccentrico matematico ungherese Pál Erdős, universalmente considerata una delle più grandi menti del Novecento, che sembra facesse regolare uso di anfetamine per lavorare meglio. Ma qui si aprono questioni non strettamente pertinenti con l'OP).

Ringrazio ancora tutti i contribuenti.
[#4]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Non so se si accorge di quante suggestioni è pieno il suo racconto.
Non dia per scontato che tutti siamo uguali, i suoi pensieri e i suoi sentimenti fanno parte di lei e possono avere una qualità soggettiva.

Lei stesso, d'altronde, mi sembra parlare di una "struttura intrinseca della sua psiche", forse intendendo anche questo aspetto che mi preme suggerirle. Quando scrive "sua psiche" mi sembra cioè lei per primo voler soggettivare la sua psiche in particolare.

Tra le suggestioni che mi ha evocato ce n'è una, ad esempio, che riguarda il confronto con "certi pilastri" che genera "frustrazione... doloroso bramare", e mi sono chiesto se in qualche modo è come se si sentisse minus?
Allora sarebbe importante, qualora lei volesse farlo, porsi due domande per certi versi antitetiche: può chiedersi perché non dovrebbe riuscire nel suo campo? E ugualmente, può chiedersi se in lei vive l'ambizione, anzi la "sua" soggettiva ambizione di diventare una figura che spicca tra le altre?

Ora mi rendo conto che questa seconda domanda potrebbe sembrare retorica, chi d'altronde non vorrebbe dare un contributo significativo, chi non vorrebbe essere riconosciuto dagli altri nella propria originalità e genialità? A tutti fa piacere ricevere un applauso, nessuno ne è esente.

Tuttavia, è anche fondamentale non dipendere dall'approvazione degli altri, e mi domando se questo discorso c'entra con le nostre riflessioni. In altri termini, quanto certe ambizioni riflettono il fatto che non sentiamo in noi stessi un valore e dobbiamo conquistarlo attraverso una performance, che alla fine però rischia di diventare per noi una trappola, una maschera?

A volte capita di non sentirci valorizzati e di non riconoscere in noi stessi un valore, che continuamente cerchiamo all'esterno, tentando di trovare quei canali utili per darci un'identità possibile.
Penso che possa essere importante aprire questo discorso in relazione alle sue esperienze e alla sua storia. E credo che approfondire quella parentesi, in cui "sorvola" sulle relazioni, possa essere un buono spunto tra gli altri.

Essere Pál Erdős, "considerato una delle più grandi menti del Novecento", può essere straordinario. Ma altrettanto straordinario potrebbe rivelarsi essere se stesso, semplicemente, insieme agli altri. E potrebbe essere così straordinario da sorprenderla talmente tanto da non volerci più rinunciare.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#5]
dopo
Attivo dal 2015 al 2016
Ex utente
Credo di essere stato parzialmente frainteso (e me ne scuso, forse ho utilizzato un linguaggio troppo oscuro). Quando ho parlato di "struttura intrinseca della (mia) psiche" intendevo in realtà metterne in evidenza i limiti strutturali e fisici. La capacità di ragionare logico-deduttivamente si affina con l'esperienza, ma ci sono abilità che non credo si possano acquisire con l'esercizio; per esempio l'intuizione, o la capacità di cogliere analogie tra situazioni/oggetti matematici. In questi termini sono certamente un minus habens, se mi rapporto con i pilastri di cui sopra (ma con chi dovrei rapportarmi, sennò?); è un dato di fatto che molti di loro, alla mia età e con lo stesso monte ore di studio alle spalle, avessero già conseguito un Ph.D, o dei risultati notevoli. Alcuni di questi "piccoli pilastri" li ho conosciuti di persona, ed ho avuto modo di sperimentare per direttissima; alcuni dei miei stessi docenti, che pure si considerano molto umilmente dei manovali, hanno una capacità di visualizzare enti geometrici strabiliante (capacità che, per inciso, mi sono reso conto di non possedere -> limite strutturale).
In Matematica, ma credo nelle Scienze in generale, o si scolpisce il proprio nome nella storia (o forse nella Storia) o non si è nessuno; questa è un'opinione estrema, lo so, ma forse la realtà ci suggerisce che le cose vadano diversamente?
E non credo sia una questione di ambizione, lo dico sinceramente. L'ambizione è una cosa gretta e bassa, ed il voler essere riconosciuti grandi dagli altri è poca cosa. Quello che conta, almeno per me, sono le idee; se deposito un'idea originale nel forziere della Storia le mie spoglie deperiranno ed il mio nome con loro, ma l'idea permarrà. E sarà la prova che la mia esistenza non è stata inutile (come credo invece sia tuttora).

Le persone, in tutto ciò, mi sembra che giochino un ruolo "tampone". Quando ci si rende conto di essere inadatti al "transire suum pectus mundoque potiri" si ripiega su qualcosa di temporaneo, una relazione (di qualsivoglia natura) la cui importanza sia locale, cioè solo per gli individui che la vivono. Sono sicuro di non star rendendo onore al vero dicendo così, ma sinora non ho ancora trovato un "modello" soddisfacente che spieghi quello che vedo. Per quanto sia attratto dallo studio e dalla semplice osservazione delle relazioni interpersonali, non mi è stato dato di viverne molte di sincere e profonde (forse nemmeno una). Forse per sfortuna o forse perché, come direbbe Nanni Moretti, "sono fatto male".

Mi dispiace di essere andato OT, ma lo scambio è interessante, e non replicare mi sembrava villano.

Ringrazio!
[#6]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
I suoi pensieri mi sembra ci indichino da una parte alcune idee molto precise, dall'altra parte un interessante aspetto autocritico, quando dice ad esempio di essere "estremo" o sente che "non rende onore al vero" quando attribuisce un certo valore alle relazioni.

Questo mi porta a pensare che c'è una parte di lei che dubita, e intendo il dubbio come un elemento creativo che può rivoluzionare i nostri pensieri acquisiti.

Sento ancora il valore di quella parentesi entro cui comunica qualcosa su cui preferisce "sorvolare". Mi sembra spiegarci il motivo, quando afferma che non sente di vivere relazioni "sincere e profonde".
Non solo, sembra accusarsi di non averle perché, non so se posso dire così, non le meriterebbe, in quanto "è fatto male".

Ci tengo davvero a dirle quanto io creda centrale queste sue parole e sento dentro di me un senso di ingiustizia per il fatto che lei pensa questo di sé, cioè di "essere fatto male".

Allora quella parentesi potrebbe avere un valore importante perché ci parla di un suo sentimento rispetto a questo discorso. Mi sento di dire che riguarda vissuti delicati che potrebbero toccarla in profondità.
Per togliere quella parentesi c'è bisogno di tempo e fiducia. A questo proposito, se avesse voglia di dire, ha mai consultato uno psicoterapeuta oppure ha magari avuto idea di farlo in futuro?

Anche per me questo scambio è interessante, mi spiace solo di trovarci online e di non poterlo proseguire approfonditamente. Quando dice che ha utilizzato un "linguaggio troppo oscuro", questo non è vero. Il fatto di essere online, appunto, costituisce un limite in tal senso. Ognuno di noi interpreta le parole e i sentimenti degli altri, è nello scambio e nella disponibilità di chi ne ha intenzione e capacità che ci si chiarisce.

Ancora un inciso a proposito di strutture ed esperienza, vediamo se ora riusciamo a utilizzare insieme un linguaggio più condiviso.
Forse ha ragione a dire che esiste qualcosa di molto stabile, potremmo dire geneticamente determinato.
Vorrei però dire che, se questo è vero, è molto difficile affermare con certezza che l'esperienza non cambi queste strutture. Inoltre penso sia importante non fare una reductio ad unum, poiché esiste una complessità imprescindibile a mio modo di vedere.
Resta comunque un discorso senz'altro aperto, potremmo discuterne forse all'infinito.

Se comunque vogliamo pensare che certe strutture siano immutabili, credo sia giusto tuttavia parlare di peculiarità distintive, non necessariamente di limiti. Alcuni matematici hanno una "capacità di visualizzare enti geometrici strabiliante", altri avranno capacità differenti. L'importante è riuscire a vederle noi per primi e a poterle valorizzare.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#7]
dopo
Attivo dal 2015 al 2016
Ex utente
Utilizzo spesso il dubbio come contrappeso. Perché da un lato, come credo abbia intuito, possiedo molti punti fissi ideologici (alcuni - e di questo in realtà un po' ne vado fiero - pure di un cinismo disarmante) che si poggiano e sulle mie esperienze trascorse e sulla cultura che mi sono procurato e su deduzioni derivanti da un'attività che pratico con costanza, ovvero l'osservazione. D'altro canto riconosco appieno la mia natura umana (e quindi fallibile), e di certo non assumo in maniera "assiomatica" quelli che ho chiamato "punti fissi ideologici"; cerco di negarli, cerco smentite sperimentali ( - per inciso ne ho trovate, ma di deboli). La conoscenza, di sé e del mondo, procede anche per negazione; del resto il metodo scientifico, antiteticamente a quello religioso e/o dogmatico (sempre ammesso che di "metodo" si possa parlare), si basa sulla falsificabilità di una teoria (e quindi sulla possibilità di metterla in dubbio).

Ho pensato a più riprese di consultare uno psicoterapeuta (anche perché, più o meno ovviamente, questi dilemmi relazionali hanno avuto influenze anche su un'altra sfera della mia persona, ovvero quella sessuale), ma le motivazioni che mi spingono a desistere sono sostanzialmente due. La prima: non sono sicuro di voler "guarire" (e qui virgoletto con veemenza, perché ho anche la presunzione di continuare a credere che la mia drammatica diversità non sia una malattia); non voglio fare a meno della "forza creatrice" che deriva dalla sofferenza. Quando sono sereno e quieto sento di non aver più nulla da dire, di non essere più in grado di buttare per iscritto una riga sensata e sentita. L'ansia e la pressione psicologica, per esempio in ambito accademico, mi rendono più produttivo. La seconda: non ripongo troppa fiducia nella terapia psicologica e in chi la pratica. Mi dispiace parlarne in questi termini con lei che mi pare estremamente preparato e competente, ma i contatti informali che ho avuto con psicologi più o meno in erba (laureandi, ma anche educatori già rodati) sono stati disastrosi, per non parlare del fatto che in taluni casi c'è stata una grottesca inversione di ruoli, e sono passato dall'essere analizzato ad analizzante (da questi episodi non traggo che qualche spunto goliardico narrativo, è chiaro che nulla dicono su di un intero ordine di professionisti competenti, però...).

Per concludere il discorso, mi rimetto alle neuroscienze, che forse potranno illuminarci sulla questione. Sta di fatto che Sidis, Buckminster Fuller (inventore delle cupole che portano il suo nome e dei fullereni), Norbert Wiener (padre della cibernetica) entrarono ad Harvard a dodici anni; che Terence Tao ricevette il Ph.D a Princeton a ventuno; che Enrico Fermi dimostrò di padroneggiare, a soli diciassette anni, la teoria delle equazioni differenziali e l'analisi di Fourier; che Ramanujan fece scoperte sensazionali seppur privo di formazione accademica, semplicemente mettendo per iscritto quello che aveva nel cervello. E' innegabile la presenza di qualcosa "di più".

Di nuovo, ringrazio!
[#8]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Non solo gli stimoli sono tanti, ma aumentano a seguito della lettura delle sue parole. Purtroppo online, nostro malgrado, non è possibile affrontare nel modo adeguato tutti i temi e i vissuti che sento emergenti.

Voglio perciò salutarla con un mio ultimo pensiero. Se penso alla falsificazione di cui ci parla, potrei chiederle: se i ricercatori e gli studiosi delle neuroscienze sono stati precoci, allora questo vuol dire che non ce ne sono altri che non lo sono (stati)?

Io credo che ci sia un discorso centrale, che riguarda il valore di sé. Anche quando dice che l'essere umano è fallibile, questo vuol dire che non può essere perfetto né autosufficiente, lo sottoscrivo. Non vuol dire però, che non ha un valore di sé.

Allora continuo a pensare che ci sono alcune parentesi cruciali che bisogna togliere. Anche in questo suo ultimo commento ce n'è una particolarmente degna di nota, quando dice: "Ho pensato a più riprese di consultare uno psicoterapeuta (anche perché, più o meno ovviamente, questi dilemmi relazionali hanno avuto influenze anche su un'altra sfera della mia persona, ovvero quella sessuale)".
Anche questa parentesi, come l'altra, c'entra. Non possiamo prescindere da quello che siamo e che abbiamo vissuto. Questo può portarci a vedere noi stessi e il mondo in un modo specificamente soggettivo, il nostro.
Noi siamo fallibili, ma a volte la nostra percezione e i vissuti più profondi ci fanno credere di esserlo più del dovuto.

Un saluto, e la ringrazio sinceramente per il nostro scambio,
Enrico de Sanctis
[#9]
Dr. Salvo Catania Oncologo, Chirurgo generale, Senologo 33.3k 1.2k 61
Non entro nel merito degli ultimi post, ma soltanto sulla domanda iniziale, sulla quale ci sono molti esempi di falsa informazione sulla rete.
>>Quello che domando è: ne esistono (di metodi "chimici") di non miracolosi? Voglio dire, gli "integratori" alimentari/vitaminici/nootropici (?) che vengono liberamente distribuiti con i nomi di DMAE (dimetilaminoetanolo), Acutil Fosforo etc... si basano essenzialmente sull'effetto placebo, oppure esistono delle (anche minime) evidenze sperimentali che attestino i benefici della loro assunzione da parte di soggetti (mentalmente) stressati? >>

Ci vorrebbe almeno un volume per replicare : quello degli integratori o vitamine è uno dei mercati più sviluppati della nostra epoca e che produce enormi guadagni, generati daille suggestioni dei "boccaloni" (^__^), e mi scuso per la franchezza, che adocchiano sugli scaffali delle farmacie in bella vista i prodotti del marketing enfatizzato da scatole mooolto colorate, con immagini di famiglie felici, mamme in piena forma, maschi con i muscoli scolpiti e che lanciano il messaggio : basta una pillola per dimenticare stanchezza, stress e malattie. Sono gli integratori per tutti : lo sportivo, l'uomo , la donna ed il bambino.

Anche se è chiaro a tutti che essere donna, uomo, bambino o anziano non sono malattie. L'integrazione ha senso solo quando per cause diverse e ben documentate (malnutrizione, convalescenza, altro...), il nostro organismo non trova sufficiente sostegno nutritivo dalle sostanze apportate dall'alimentazione quotidiana. In questo senso integrare ha un significato terapeutico (=prescrizione medica d'obbligo), altrimenti assumere vitamine o integratori NON SERVE A NULLA, anzi.... perchè, e rispondo alla sua domanda , non vi è nessuna prova scientifica (oltre l'effetto placebo) che l'integrazione immotivata migliori le performance psichiche o fisiche di una persona in buona salute (cosa dovrebbe migliorare ??)
Non solo . si è visto che nella pratica clinica il primo effetto negativo per la salute è psicologico : molti soggetti si "sentono protetti" dalla integrazione per permettersi stili di vita non salutari e/o non seguire più i calendari di prevenzione seconadaria.
Non solo : se l'integrazione NON SERVE A NULLA, quando si integra, si supera facilmente la soglia del sovradosaggio.

http://www.senosalvo.com/integratori_alimentari.htm

Tanti saluti
Salvo Catania

Salvo Catania, MD
Chirurgo oncologo-senologia chirurgica
www.senosalvo.com

[#10]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Caro ragazzo,
Diventa interessante lo scambio su questo tema.
Devo dirle per esperienza che quando si devono affrontare esami molto richiedenti "capacita' mnemoniche pure" purtroppo alcuni studenti ingenui (o "mica tanto) CEDONO al miraggio delle famigerate amfetamine (o forse tali farmaci psicostimolanti afferivano ai tempi antichi e oggi c'e di meglio!).
Cedono ingenuamente perche' nonostante la mia SCARSA cultura farmacologica (non sono un farmacologo) temo di dovere mettere in guardia questi studenti dall'uso disinvolto di prodotti che vengono "spacciati" per integratori. Ma che hanno il difetto statstcamente significativo di fare "decadere" la performance entro poche ore. Tanto che spesso gi studenti "psico-stimolati" temono che l'esame vada troppo oltre l'orario che assicura loro la performance adatta! O rischiano di venire bocciati miseramente.
Insomma, caro ragazzo! Non si cerchi guai con la complicita' di Medicitalia!
Siamo stati studenti tutti e le scorciatoie sarebbero piaciute a tutti.. ma non sarebbe il caso di sceglierle. Ok?
[#11]
dopo
Attivo dal 2015 al 2016
Ex utente
Ringrazio i nuovi intervenuti.

Al Dr. Catania: ineccepibile quanto dice, e la ringrazio. Purtroppo, e qui mi autocito, "internet è un mare magnum di informazioni, spesso imprecise e fornite da persone non titolate a farlo. Certo ci sono le biblioteche, ma al momento vorrei evitare di impegnarmi in una ricerca di questo tipo. E il farmacista sì, ma il farmacista è anche un commerciante e in taluni casi i suggerimenti potrebbero essere tendeziosi. Queste le motivazioni sostanziali per cui ho domandato qui."

Ringrazio anche la Dr.ssa Esposito a cui dico di non preoccuparsi, che non ho di certo intenzione di fare il baro. La mia era pura curiosità - e semmai avessi scoperto che le vitamine "funzionano" avrei usato quelle, non mi voglio ancora così male da voler iniziare con la droga :)
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