Forse sono un caso irrisolvibile

Mi ritrovo a scrivere qui dopo ca 4 anni sotto un differente identificativo utente. Ho 43 anni sono vergine e in terapia da ca. 15 anni. I primi 12 con una terapeuta analista transazionale e adesso dopo una pausa di ca 2 anni con una terapeuta cognitiva da novembre scorso. Ho un problema andrologico serio (La Peyronie) che mi sta tormentando e non riesco a risolvere. La terapia con l'attuale professionista va abbastanza bene ma, di fondo, dopo 20 sedute, posso dire che ancora una volta non mi sento capito. Cioè mi sembra che anche in questo caso, come in passato, la terapeuta non riesca a comprendere a fondo la mia angoscia per la vita che sto conducendo, la paura di rimanere solo per sempre e l'amarezza per come ho condotto la vita sino ad ora. A me sembra che la terapia ogni volta mi scivoli addosso: nemmeno la depressione di cui ho sofferto e soffro l'ho risolta con la terapia, visto che assumo fluoxetina da 25 anni ca. e senza la chimica ora forse mi sarei già suicidato o forse sarei un barbone che vive sotto i ponti. Non si sa nemmeno quanti libri di psicologia ho letto. A questo punto vi chiederete: che diamine pensi di ottenere scrivendo questo consulto? Come puoi pensare di risolvere i tuoi problemi online se già sei terapia e lo sei stato per 15 anni? Forse cerco solo conforto ma più di tutto cerco una risposta: sono un caso irrisolvibile?
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Buona sera,
nessun essere umano é un "caso" ne un caso clinico, ma una persona!

Detto ciò, forse l'approccio non era adatto a lei..
Forse il terapeuta non era la persona giusta.
Succede.

La problematica andrologica è, solitamente, operabile.

Come sta risolvendo?
Cosa ha fatto fino ad adesso per la sua salute sessuale?

Il wsto mi sembra strettamente correlato al disagio andrò-sessuologico

Nel mio sito, bella sessione salute sessuale maschile, troverà davvero tanto materiale da poter consultare.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Attivo dal 2016 al 2022
Psicologo
Buongiorno gentile utente,

Premetto di avere poche informazioni per dare una risposta soddisfacente, ci sarebbero molte cose di lei che mi piacerebbe approfondire per esempio se lei lavora, se vive da solo o con la sua famiglia, se ha una rete di amicizie.... il mio orientamento è sistemico quindi, avendo lei letto molti libri di psicologia, capirà forse il senso delle mie domande.
Il primo consiglio che mi sento di darle è di parlare con la sua terapeuta del fatto di non sentirsi capito, magari lo ha già fatto ma magari no. Credo sia fondamentale per una buona riuscita della terapia poter comunicare su tutto quello che sentiamo, anche sulle cose negative.
C'è poi una cosa che mi colpisce moltissimo, lei è rimasto in terapia per tutti quegli anni senza peró sentire un reale beneficio, dice anzi di aver superato la depressione più per merito dell'aiuto farmacologico, mi chiedevo insomma se in lei non ci fosse un po' un aspetto di accondiscendenza per cui a volte fa delle cose "più perché le deve fare" che perchè ne vede l'utilità. La mia sensazione é che lei faccia in un certo modo il compito di andare in terapia ma senza peró coinvolgersi fino in fondo a livello emotivo.
Per quanto riguarda la paura di essere un caso irrisolvibile o di finite sotto i ponti sono degli aspetti che io vedo ancora legati ad un suo lato depressivo.
Per quanto riguarda invece il suo problema fisico questo è purtroppo un dato oggettivo di malessere e per i dati oggettivi non si può purtroppo fare molto. Si affidi ad un bravo specialista!
Se vorrà darmi maggiori informazioni riguardo a sua storia saró felice di aiutarla di più!
Le auguro una buona giornata

Dr.ssa Vanessa Cazzulani
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dopo
Utente
Utente
Grazie delle risposte.

Per la d.ssa Randone: mi sto chiedendo quanto dipenda dalla terapeuta e quanto da me. Non posso escludere che, siccome sono molto convinto che con il problema fisico che ho non potrò intraprendere alcuna relazione, la terapia poi a quel punto non può funzionare. Vado in terapia perchè questa mia convinzione (problema fisico= nessuna possibile relazione con una donna) possa a mano a mano attenuarsi, ma non vedo progressi. Anzi, arrivo a pensare che la mia terapeuta sia pure lei convinta che non possa avere alcuna relazione visti i miei problemi fisici. Ho girato già diversi andrologi e le cure non sono servite a niente, mentre l'operazione me l'hanno vivamente sconsigliata tutti a meno di non mettere una protesi (cosa che non voglio proprio fare).

Per la d.ssa Cazzulani: sì lavoro, vivo da solo da quando ho 19 anni e ho iperinvestito nella professione tanto che ho raggiunto risultati più che buoni. Amici ne ho pochi, sono stato sempre un po' solitario e da quando ho questa situazione fisica menomata mi sono ancor più chiuso al mondo. Reputo di avere delle capacità relazionali abbastanza buone, nel senso che le persone con me si trovano bene, ma non ho molta fiducia nei rapporti in generale e quindi non mi va di costruire relazioni.

Sono un depresso cronico e per questo devo assumere costantemente piscofarmaci; grazie ai farmaci ho ottenuto una buona efficienza a livello operativo: faccio le cose che devo fare tutti i giorni e il mio umore è stabile. Nessuna tecnica psicologica ha mai potuto fare niente per la mia depressione, dal momento che è un disturbo organico.
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Attivo dal 2016 al 2022
Psicologo
Buongiorno gentile utente,

Mi scusi per il ritardo nella risposta. Come le dicevo nel consulto precedente l'impressione è sempre la stessa, lei in qualche modo fa "il compitino" ma manca il coinvolgimento. Cerco di spiegarmi meglio. Ha delle buone capacità relazionali ma non le interessano le relazioni perchè non ne ha fiducia, va in terapia ma poi invece che parlare a fondo con la sua terapeuta dei problemi che vede nel vostro percorso cerca consigli con altri mezzi. Come se rimanesse sempre un po' ad un livello superficiale.
Mi chiedevo se lei potesse in qualche modo poter aver poco imparato, nella sua famiglia d'origine, a vivere in profondità i rapporti alla luce anche della sua giovane uscita di casa.
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dopo
Utente
Utente
Grazie d.ssa Cazzulani.
Il motivo per cui non riesca a creare relazioni veramente profonde non saprei dirlo. Forse è qualcosa che è accaduto nell'infanzia. A me sembra di essere stato poco amato quando ero piccolo e adolescente e soprattutto molto solo. Purtroppo non ho avuto altre figure che quelle genitoriali accanto a me, ma loro avevano dei limiti e ho sofferto per le loro incapacità affettive ed emotive e infatti ad un certo punto ho preferito andarmene e costruirmi la mia vita da solo. Tuttavia la terapia così lunga non ha scardinato più di tanto questo mio atteggiamento di sfiducia verso i rapporti. Con le donne in particolare non ho mai voluto andare molto oltre perchè il modello che ho ricevuto in famiglia era di genitori che, pur volendomi bene, tra di loro si odiavano e litigavano in continuazione e si svalutavano (soprattutto mia mamma ha svalutato di continuo mio padre, alla fine lo denigrava proprio). A volte avevo la sensazione che mia mamma vedesse in me, in piccolo, una riproduzione del marito che non sopportava e questo ha inciso di sicuro. E' chiaro che i miei problemi di salute (andrologici) non hanno fatto altro che acuire questa mia paura dei rapporti con le donne, l'inadeguatezza e di fatto mi hanno isolato ulteriormente e hanno anche minato la psicoterapia. Insomma un sacco di eventi che hanno remato contro (chissà se è un caso...) e a 43 anni sono arrivato così. A questo punto è chiaro che dalla psicoterapia non mi posso aspettare più di tanto ma purtroppo devo continuarla perchè sto soffrendo.
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Attivo dal 2016 al 2022
Psicologo
Buongiorno,

Da quello che lei racconta mi sembra di capire che essere figlio per lei non sia stato semplicissimo nella sua famiglia, sembra anzi che a volte sia stato un po' "tirato in mezzo" alle faccende dei suoi genitori. Forse tutto questo ha contribuito a creare un muro in lei di sfiducia, lei forse ha imparato, per difendersi e non rischiare di diventare come i suoi genitori, a stare in relazione con gli altri in una maniera superficiale, senza mettersi troppo in gioco.
Sa è vero, il suo problema fisico è un problema serissimo e un indubbio fattore di vulnerabilità, che le rende più difficile le cose diciamo. Peró io credo ci sia dell'altro, lei deve forse imparare a coinvolgersi di più. Provi a lavorare su questo, con delle piccole cose. Confidi i suoi problemi ad un amico, provi a coltivare un'amicizia più profonda di come fa solitamente. Provi a chiedere ad una donna di bere un caffè....insomma dopo tutti questi anni di "teorie psicologiche" deve passare alla pratica. Io sento in lei una paura a mostrare le sue debolezze agli altri, ma magari sbaglio.
Quando si sente un caso disperato pensi che la mente a volte ci fa dei brutti scherzi, ci fa venire cattivi pensieri che peró non sono reali, si tratta di un aspetto depressivo, di negatività.
La rimando alla sua terapeuta, spero di esserle stata utile in qualche modo.
Le auguro tanti cari auguri!
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dopo
Utente
Utente
Grazie dottoressa. Sì, è vero, ho molta paura a mostrare le mie debolezze e infatti non mi sono mai aperto completamente, nemmeno con i terapeuti. E' triste e grave, ma è così. Sono una persona eccessivamente sensibile e soffro molto le critiche, le svalutazioni in generale. Addirittura provo un dolore fisico anche quando vedo che qualcun altro viene umiliato e svalutato. Insomma, vivo le emozioni in modo eccessivo e quindi per evitare di soffrire preferisco non farmi coinvolgere e non vivere proprio le emozioni. La depressione me la porterò sempre dietro, le idee suicidarie non mi abbandoneranno e non escludo di dover andare in terapia fino alla fine dei miei giorni.