Frustrazioni

Buonasera gentili dottori/ colleghi.
Scrivo per condividere una riflessione, che può costituire lo spunto per un gradevole dialogo.
Sono un medico veterinario ed esercito da 9 anni circa.
Ho 35 anni.
Senza perdermi in inutili dettagli, voglio precisare da subito che penso di avere una buona autostima: ritengo di essere un buon professionista e di avere una preparazione adeguata allo svolgimento della mia attività professionale.
Nella vita privata, come in quella professionale, ho un buon equilibrio Interiore.

Scrivo per un motivo preciso: il fallimento professionale.
Volevo chiederVi se potevate consigliarmi una strategia mentale per accettare l'errore professionale senza cadere sistematicamente nello sconforto e nell'angoscia, o peggio nella frustrazione del fallimento.
È un tema molto interessante secondo me, perché la consapevolezza di aver commesso un errore, indipendentemente dai motivi che lo hanno determinato, finisce sempre per influenzare negativamente la propria serenità, gettando un'ombra sulla propria vita privata fino a stravolgere i propri equilibri più profondi. Come affrontare i vostri errori? Mi rendo conto che troppo spesso, per quello che mi riguarda, mi capita di cadere nello sconforto persino per una cannula non messa "al primo colpo".
In alcuni casi mi accorgo di essere eccessivamente severo con me stesso, in altri, invece, mi sento disperatamente "colpevole".
A volte capisco di essere stato "frettoloso", in altri casi addirittura inavvertitamente "insipiente".
So bene che non si può sapere tutto di tutto e che c'è sempre qualcosa che avrei dovuto o potuto leggere e che non ho letto.
Eppure la certezza di non averlo fatto finisce sempre per condizionarmi negativamente, spesso offuscando la mia felicità per giorni.
Il fatto è che vivo molto male tutto questo e dopo 10 anni mi chiedo se sia normale.
Potrei vedere il bicchiere mezzo pieno ed essere felice per tutti i numerosi successi che ottengo, eppure basta un errore per farmi "cadere nel vuoto".

Come posso porre rimedio a tutto ciò?
Grazie per l'attenzione.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Gentile dottore, il suo quesito giustamente è stato spostato sul versante della psicologia, perché nel tentativo di attenuare il disagio che le provoca la sua intolleranza agli errori lei vorrebbe generalizzarlo... ma in questi termini non risolverebbe il problema, e tra l'altro non sarebbe nemmeno materia per la nostra rubrica, che si occupa specificamente di casi individuali.
Ciò detto, lei sa che la professione medica comporta degli stati d'animo fuori dalla norma, visti i poteri di vita o di morte e le aspettative dell'utenza che sembrano attribuire un valore quasi soprannaturale alla competenza e alla prassi del medico.
Questa visione più magica che realistica spesso viene inconsciamente interiorizzata dallo studente, poi giovane medico, che ne è lusingato ma anche spaventato, specialmente se si osserva molto ed è abituato -cosa che avviene quando è molto bravo- ad avere continui successi.
Anche in campi lontani dalla medicina, per esempio in campo scolastico, una serie ininterrotta di successi provoca il paradosso di generare ansia da prestazione. In campo medico, dove tutti incessantemente ripetono frasi irrazionali come "un medico non DEVE sbagliare", finisce per generare uno stato di continua tensione.
Lei avrà notato che sono i meno competenti, in tutti i campi, a prendere con più leggerezza i propri compiti. Addirittura i più sicuri di poter agire sempre per il meglio sono quelli che non agiscono affatto: i più saccenti nel dare pareri sono, non a caso, quelli che non hanno nemmeno studiato, per il noto effetto Dunning-Kruger.
Chi al contrario studia e si documenta si sente sempre insufficiente rispetto alla vastità dei compiti. Il tipo di disagio che lei avverte colpisce proprio i più preparati e scrupolosi; pare che recentemente abbia avuto un effetto tragico su un professionista noto.
In altri casi, una crescente sensazione di inadeguatezza di fronte alla mole immensa del compito colpisce molti operatori sanitari, provocando il burnout.
Come sempre, individuare il problema finché è all'inizio permette di affrontarlo al meglio. "Come posso porre rimedio a tutto ciò?" lei chiede. Confutando le idee disturbanti con l'aiuto di un terapeuta cognitivo/comportamentale.
Complimenti e auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com