Come posso trovare la mia strada?

Quando frequentavo l'Università ero visto da tutti come un ragazzo sveglio e determinato (e lo ero probabilmente), mi ero posto degli obiettivi ed erano la mia bussola. I risultati con gli esami erano ottimi e cambiavo spesso lavori, passando ogni volta a qualcosa di migliore. Tutto ero perfetto. Finiti gli esami poi qualcosa è cambiato. La parentesi "erasmus" fatto dieci anni fa mi ha scombussolato e ancora oggi non sarei in grado di scegliere un posto dove voler immaginare la mia vita e mettere qualche punto fermo. Oggi ho quasi 34 anni e non sento di avere una forte identità professionale. Ho difficoltà a capire dove voglio andare e come. Non ho un sogno nel cassetto e quella fiammella interna che mi faceva appassionare alle cose, fa fatica a restare accesa. Oggi mi ritrovo senza lavoro e senza un lavoro desiderato, forse ho perso la mia bussola e questo mi tormenta. Ho provato a lasciarmi trascinare dagli eventi, ma nulla accade. Probabilmente la mia ambizione, che non mi fa godere del "minimo sindacale" può essere un limite. Alla luce delle molte esperienze lavorative fatte, oggi non desidero il "posto" da dipendente, seppur non lo escluda in toto. Mi piacerebbe avviare qualcosa di mio, autogestirmi la vita, ma non so da dove iniziare, come fare e cosa. Sono in difficoltà e vorrei trovare una via di uscita, anzi una via di inizio. Come posso uscire da questo impasse?
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Utente,
dato l'attuale disorientamento, un punto concreto da cui partire potrebbe essere quello di rivolgersi ad uno psicologo del lavoro per effettuare un bilancio di competenze.
Può informarsi se tale opportunità le viene offerta dallo Sportello Informagiovani del suo Comune, o dal Centro per l'Impiego, o ancora in un'Agenzia per l'Orientamento al Lavoro e alla Formazione.
In questo modo, un po' per esclusione e un po' basandosi sulle sue capacità e la sua formazione, potrà pian piano delineare una linea progettuale per il suo futuro ed imboccare finalmente la strada di un nuovo inizio.
Auguri!

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
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dopo
Utente
Utente
Gent.ssma Dr.ssa Scalco,
grazie per il riscontro. In effetti le strade da lei suggerite avevo già provato a percorrerle; il punto è che a volte la realtà dei fatti si scontra con la teoria e non sempre coincidono. I Centri per l'Impiego, soprattutto al Sud, sono una realtà surreale e ogni qual volta mi sono recato sono stato gentilmente accolto da personale non qualificato, non aggiornato, non competente (e il database non riconosceva il mio titolo di studio, tanto per dirne una). Le Agenzie per il Lavoro ormai sono un altro paradosso, vengo accolto da stagisti che non riescono giustamente ad andare oltre l'aspetto burocratico per il cui espletamento sono stati ingaggiati, mentre chi di ruolo non può fare altro che rispondermi di tenermi presente per future opportunità in linea con il mio profilo e invitarmi a consultare ogni giorno le offerte di lavoro (che non ci sono!). Infine lo sportello Informagiovani a cui si riferiva, venne anche il momento in cui provai a rivolgermi a questi giovani ragazzi che cercano con buona volontà e pro-attività di portare avanti iniziative, quello poche che esistono, ma rigorosamente rivolte a persone fino a 29 anni. Credo molto nel bilancio di competenze e nell'acquisizione di maggiore consapevolezza di sé ed è per questo che cerco sempre di approcciarmi con questo spirito alle esperienze che mi capitano o che vado a ricercarmi. Ad oggi credo di avere una buona consapevolezza, sicuramente superiore alla media della maggior parte dei miei coetanei, forse grazie proprio alla moltitudine di lavori cambiati (sono quasi a 20), esperienze di vita vissute. Mi capita di sentirmi dire frasi del tipo: "come facevi a sapere che sarebbe andata a finire così"?
Vorrei avvicinarmi a quello che ancora non conosco, buttarmi in qualcosa di nuovo e soprattutto investire tempo ed energie su me stesso e non su "me dipendente" ed è a questo che mi riferivo quando nel primo post scrivevo che non sono alla ricerca del "posto". Anche in questo caso, mi sono relazionato con tante persone che hanno avviato attività in proprio, piccoli imprenditori, liberi professionisti. La verità è che non ho mai incontrato persone serene, che mi dicessero che il famoso gioco vale la candela (fatta eccezione da chi ha ereditato situazioni già in corso e già in successo). E tutto questo probabilmente dipende anche dal Bel Paese che spesso pone tanti ostacoli e ci si accorge che la buona volontà e la competenza non sono sufficienti. Ma insomma per trovare pace è veramente necessario andare via da qui? Che poi potrebbe anche piacermi l'idea, ma a 33 anni senza un'ottima conoscenza della lingua e soprattutto senza agganci, quale potrebbe essere l'aspettativa? Anche in questo caso sono le esperienze personali (due tentativi di espatrio passati) e quelle delle persone che mi raccontano dei loro cambiamenti che mi aprono gli occhi e poi in fin dei conti sarebbe da ingenui continuare a credere che l'estero, questa dimensione altra, sia la terra promessa che sta aspettando noi. Ed ecco di nuovo l'impasse... continuerei a scrivere fiumi di parole, ma il senso del mio disorientamento, così come giustamente l'ha definito, spero si sia capito. Una volta mi trovai in un incontro tra counselor, ero ascoltatore e partecipai ad un esercizio in aula dove buttai fuori tutto il mio "disorientamento", ne approfittai per cercare una sorta di traccia da seguire, a proposito di trovare la mia strada; il risultato fu che mi misi a nudo e fu riconosciuto il mio coraggio in questo, mentre il mio disorientamento contagiò tutti gli studenti partecipanti e venne fuori che la causa era il "sistema", ma che l'efficacia dell'incontro trovava dimostrazione nella presa di consapevolezza dello stato di disorientamento in cui mi trovavo. E siamo d'accordo, ma poi?
Non so se queste parole troveranno riscontro, in ogni caso grazie per l'attenzione.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Nel suo primo post affermava: "Probabilmente la mia ambizione, che non mi fa godere del "minimo sindacale" può essere un limite."
Se l'alternativa è l'inerzia, certo che tale stile di pensiero dicotomico diventa limitante, perché bisogna pur vivere e -a meno che non ci siano altre risorse- per farlo qualcosa bisogna guadagnare. Dunque, l'ambizione va coltivata, ma bisogna potersela permettere...
Cosa potrebbe essere per Lei incentivo per cercare di oltrepassare questo limite?
Il lavoro ideale sarebbe un lavoro in proprio, ma in che ambito?
Come potrebbe avvicinarvisi per capire se davvero fa per Lei?
Conosce il paradosso filosofico dell'asino di Buridano? Il rischio è di fare la sua fine...
In aggiunta a quanto suggerito più su (e restando valido il suggerimento di rivolgersi ad uno psicologo del lavoro per cercare di chiarirsi le idee nel concreto), la inviterei anche ad una consulenza con uno psicoterapeuta: almeno qualche colloquio che l'aiuti ad individuare se ci siano schemi disfunzionali di pensiero che la tengono bloccata in tale condizione.

Saluti.
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dopo
Utente
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Dr.ssa Scalco,
lei è davvero molto gentile a darmi riscontro. Mi rendo conto che l'interpretazione delle parole può essere sempre condizionata da una certa soggettività, è inevitabile. Tuttavia credo che il senso delle mie parole non sia stato completamente interpretato secondo le mie intenzioni. La mia ambizione, che viene fuori nella frase che ha postato in virgolette, non è causa di un rifiuto, ma di una insoddisfazione. Non è sinonimo di schizzinosità, ma di desiderio di prospettiva. Di certo una persona che ha cambiato una ventina di lavori (anche umili), non può essere una persona che preferisce l'inerzia o la nullafacenza, in questo caso, tra l'altro, non starei qui a scrivere, non sarei stato a fare i tentativi già elencati. Le pare?
Quanto alla necessità di guadagnare per vivere, o avere risorse sufficienti per poter vivere senza lavorare, è questo un concetto lapalissiano e anche in questo caso mi rendo conto che le interpretazioni sulla scelta di non lavorare può essere soggetta a molte interpretazioni. Nel mio caso specifico, pur non avendo mai detto "no" al lavoro, oggi sono alla ricerca di qualcosa che mi permetta una prospettiva e quello che c'è, quel poco che si trova, ragionando in termini di lavoro dipendente, sempre meno permette di crearsi una vita propria e diventa tutto ancora più difficile quando le attuali condizioni del mondo del lavoro riconoscono poco valore alla formazione Umanistica, non offrono posizioni scalabili, non offrono continuità, piani di carriera, stabilità (a proposito, mentre sto scrivendo questo messaggio ho ricevuto la notizia di esclusione da una selezione a cui stavo partecipando, dove nonostante le doti riconosciute e la pertinenza con il ruolo, la selezione continuava solo per chi dentro una certa fascia di età, fruibile di incentivi fiscali all'assunzione, sarà anche anticostituzionale ma questa è realtà). Non mi sento come l'Asino Buridiano, per il semplice motivo che non mi sento a un bivio, magari ci fosse avrei la fortuna di poter scegliere! Piuttosto potrei dire di essere alla ricerca di una stella che mi illumini il cammino, una strada appunto; perché esiste ne sono sicuro.
Terrò sicuramente in considerazione i suoi suggerimenti. Alla prima risposta mi ha invitato a rivolgermi a uno psicologo del lavoro, al secondo a uno psicoterapeuta, spero che alla terza eventuale risposta non mi voglia mandare da uno psichiatria. Finirei come un asino che non sa cosa scegliere di fare. Perdoni l'ironia.
Grazie ancora per il suo tempo e saluti.