La psicoterapia non mi aiuta più

Sono una donna di 44 anni con un passato difficile.
Ho fatto psicoterapia per anni, con diversi terapeuti causa di cabiamenti di residenza.
Con due di essi il rapporto terapeutico è durato due e tre anni.
La psicoterapia ha fatto cadere il velo davanti ai miei occhi, mi ha permesso di capire quanto fosse disfunzionale la mia famiglia di origine e quanto gli schemi appresi nell' infanzia continuassero ad agire dentro di me condizionando pesantemente ogni atto della mia vita.
Ora vedo con molta chiarezza perché mi comporto in determinati modi e che certi schemi sono solo nella mia testa e mi fanno solo male.
Alla chiarezza, però, non è seguita l'abilità di costruire qualcosa di nuovo.
L'ultima volta che sono tornata dalla terapeuta (quella che ho visto per tre anni) ho sentito una pesantezza enorme nel sentirmi chiedere, per la milionesima volta, del mio passato, di cosa mi ricordasse quella sensazione o situazione, così le ho detto che volevo interrompere le sedute.
Non ne posso più di rimestare nel passato.
Voglio andare avanti, pensare al futuro, imparare a ricucire i rapporti invece di tagliare non appena si manifesta un comportamento che non mi piace.
Vorrei non sentirmi sempre sbagliata e indegna.
Ma questo nessuno me l'ha insegnato.
Sono molto lucida, so benissimo dove vengono queste sensazioni, ma non so come imparare a conviverci o superarle.
La tristezza e il senso di inadeguatezza mi perseguitano.
Vivo come un automa, rimuginando su fatti del passato e dandomi della stupida per ogni parola o azione passata o presente che non soddisfi i miei requisiti autoimposti.
Mi sento molto sola e senza progetti, in un limbo in cui la vita scorre e io rimango ferma.
La terapeuta continuava a dirmi che dovevo accettare la mia vita per poterla cambiare, ma io non capisco cosa significhi questa frase.
Mi è sempre suonata come rassegnazione, anche se lei diceva che non era cosi.
Sento che sto invecchiando e la vita mi scivola via mentre io sono qui, ogni giorno più vecchia e più sola.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
farò quattro ipotesi: 1) può aver intrapreso o continuato troppo a lungo un genere di terapia non adatta a lei (le sue richieste sembrano adeguate alla terapia cognitivo-comportamentale); 2) può aver incontrato terapeuti con cui non si è creata la relazione idonea al proficuo processo di cambiamento; 3) può avere sue particolari "resistenze" a tale processo, infatti dichiara di considerare rinunciataria la frase: "devi accettare la tua vita per poterla cambiare", che è la radice del realismo da cui parte ogni cambiamento, e che sicuramente la terapeuta le ha spiegato per esteso più volte; 4) infine, forse ha maturato, attraverso le sue esperienze di vita e la terapia, una vera volontà di cambiamento.
Oggi lei scrive molto chiaramente: "Non ne posso più di rimestare nel passato. Voglio andare avanti, pensare al futuro, imparare a ricucire i rapporti invece di tagliare non appena si manifesta un comportamento che non mi piace. Vorrei non sentirmi sempre sbagliata e indegna. Ma questo nessuno me l'ha insegnato. Sono molto lucida, so benissimo dove vengono queste sensazioni, ma non so come imparare a conviverci o superarle".
Ad uno psicologo sembra una presa in giro leggere che una paziente effettivamente così lucida e determinata non si sia sentita dare le risposte pratiche, funzionali, vitali che chiede.
Starei per dirle di comprare il manuale di autoterapia razional-emotiva di Albert Ellis (scientificamente corretto e utile, ma un po' noioso), oppure il manuale Autostima di Maria Cristina Strocchi, dal significativo sottotitolo: "Se non ami te stesso, chi ti amerà"?
Questi o altri strumenti, purché scritti da professionisti, se da lei letti, e applicando gli esercizi che propongono, dovrebbero portarla fuori dal tunnel. Se poi ritiene più utile farsi seguire da un professionista, si presenti subito con la sua frase che ho riportato sopra. Si rivolga ad un cognitivo-comportamentale.
Auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com