Sono in terapia con emdr, è normale stare male e vedere un peggioramento ?

Buongiorno,
Sono in terapia da un anno e da due mesi abbiamo introdotto l’emdr.
È normale che poi durante le giornate sto male perché vedo un’esasperazione delle mie convinzioni negative nella mia relazione di coppia?

Mi spiego meglio ho vissuto vari traumi nella mia vita, ho vissuto con figure disfunzionali il mio sviluppo, sono cresciuta con la convinzione di non meritare amore, di non essere degna di essere considerata o di essere importante, e ora ogni giorno vedo la conferma di tutto questo, vorrei andarmene, interrompere la relazione ma so che probabilmente sono io la causa del mio dolore e che anche se scappo, le mie problematiche scapperanno con me, perciò mi sento come senza vie d’uscita.
Durante le sedute ho visto da dove originano queste convinzioni e che ho scelto un partner che richiama i comportamenti di mio padre con cui io simulo nuovamente quella ricerca di attenzioni che non arriva.

Ma è normale stare così male?
Non so cosa devo fare nel frattempo.

Grazie a chi vorrà darmi un consiglio
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
premetto che idee e sentimenti generati o accentuati dalla terapia vanno discussi col terapeuta; questo è parte essenziale della cura.
Le risponderò per esteso perché la sua lettera è emblematica e potrebbe essere utile a molti altri.
Una terapia efficace ha proprio l'effetto che lei descrive: accentua la sofferenza portando alla luce quello che non volevamo vedere, ci permette di capire cosa ci fa stare male e di cercare gli opportuni rimedi.
Però il dover cambiare le nostre idee, le nostre relazioni, le nostre abitudini è destabilizzante. Il paziente resiste, sia perché cambiare provoca fatica e dolore, sia perché gli si spalanca davanti un abisso di esagerate dimensioni (vedremo in che senso), sia perché trasferisce sul terapeuta le "resistenze" del bambino ferito che grida ancora dentro di lui.
Il desiderio del paziente è quello di continuare a lamentarsi dei torti subiti e di essere consolato con qualche frase e qualche carezza, come il bimbo inerme nella culla. Ma questo non lo guarisce, anzi lo tiene fermo alla condizione di chi non è stato amato e può essere solo compatito.
Si tratta invece di un adulto che ha fatto delle scelte e si è assunto la responsabilità di iniziare una terapia. Ha diritto a molto più che un sostegno che non cambia nulla.
Deve capire e cambiare quello che ha costruito in base al suo pensiero e ai suoi sentimenti feriti, quindi inidonei a procurargli il meglio della vita.
Veniamo alla sua lettera, che ho definito emblematica: la perfetta rappresentazione di ciò che avviene quando una terapia manifesta la sua efficacia.
Dopo le sedute EMDR lei non sperimenta il colpo di bacchetta magica auspicato da tutti i pazienti, la pillola della felicità che li rende di colpo felici senza però cambiare nulla.
Al contrario "durante le giornate sto male perché vedo un’esasperazione delle mie convinzioni negative nella mia relazione di coppia".
Perfetto, uno dei vermi che corrodeva la mela è venuto allo scoperto. Il partner/rifugio è emerso come partner/carnefice. Finalmente la verità? Solo in parte. Il partner non è più idealizzato; lei ha scoperto che molte sue sofferenze sono causate dai limiti di lui.
Il colpo è forte, il gigante caduto va ridotto in frantumi.
Questo è l'abisso di esagerate dimensioni di cui parlavo sopra: da essere perfetto che non può essere messo in discussione, il partner si trasforma in un mostro (come è la mamma per molti adolescenti).
Di seguito, dal settimo rigo al nono, lei espone (tra l'altro con ammirevoli capacità espressive: complimenti) la gamma dei pensieri di chi è stato ferito in una fase essenziale della vita. Un timido cenno alle "figure disfunzionali" che hanno danneggiato il suo sviluppo, e subito l'accusa a sé stessa: ogni giorno ha la conferma del suo non essere degna d'amore, e poi lei stessa è la causa del suo dolore, al punto che non ha scampo nemmeno nella fuga.
Lampi di consapevolezza: "ho scelto un partner che richiama i comportamenti di mio padre con cui io simulo nuovamente quella ricerca di attenzioni che non arriva" sono seguiti da quella indifferenza verso il suo dolore che le hanno insegnato fin da piccola: "Ma è normale stare così male?".
Io vedo in tutto questo una sua crescente conquista di verità, e un futuro benessere.
Anche chi ha scalato l'Everest l'ha fatto con dolore e fatica.
Alla domanda "Non so cosa devo fare nel frattempo" rispondo: osservarsi, guardare il suo dolore negli occhi, considerare che un partner non si butta necessariamente via perché abbiamo scoperto i suoi lati oscuri, ma si affronta con una diversa consapevolezza di quello che vogliamo e che possiamo chiedere.
Ma la cosa importante è portare tutto questo in terapia. Compresa la sua lettera.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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dopo
Utente
Utente
La ringrazio moltissimo dottoressa, lo farò !
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dopo
Utente
Utente
Buongiorno,
scrivo perché le cose nella mia relazione sono peggiorate. Da quando ho capito che forse non è solo sempre colpa mia di ogni cosa, lui sta facendo di tutto per farsi lasciare. Ormai mi ignora e non mi parla nemmeno. Così di sedute di emdr non ne abbiamo più fatte come se fossi troppo fragile ora, ma nel contempo il mio psicologo dice che non è il momento di andare via di casa perché la mia è una non scelta e non va bene. Come posso continuare una vita del genere?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
a distanza, non conoscendo né le persone né le circostanze, sarei propensa ad accogliere il suggerimento del suo terapeuta.
Lei ha scelto un legame d'amore quando era fragile; ora, più consapevole ma non guarita, vorrebbe fare un'altra scelta impulsiva.
Nella mia precedente risposta le dicevo che ridurre in frantumi il gigante caduto è la prassi, tuttavia è una scelta irrazionale quanto quella di metterlo sul piedistallo.
Non mi ero soffermata ad esplicitare come si sente il "gigante", mentre succede questo.
Chiunque sia vicino ad una persona che sta effettuando un cambiamento si sente tremare il terreno sotto i piedi, perde i punti di riferimento. Quando dall'altro arrivano degli attacchi, non ha ancora messo a punto una nuova strategia di comunicazione.
Il suo partner si cullava in certe abitudini. Ora probabilmente si sente attaccato, oltre che sbalestrato. La risposta è il mutismo, infantile, oltre che crudele; che però stia "facendo di tutto per farsi lasciare" è la sua interpretazione. Certi atteggiamenti possono essere anche ritorsioni che vorrebbero spingere l'altro a cambiare, a chiedere scusa, a tornare com'era prima.
Lei dirà che sono controproducenti, e siamo d'accordo. Dirà che la traduzione di questi modi in dichiarazioni esplicite suona invece: "Vattene! Non m'importa niente di te!"; ma la stessa virulenza di questi modi dovrebbe dimostrarle che possono essere autodifese dettate dalla paura dell'abbandono.
Nella mia precedente le avevo raccomandato di osservare sé stessa e di dialogare col partner con una diversa consapevolezza di quello che lei vuole e che può chiedere.
In queste due azioni (osservarsi e trovare le parole per chiedere ciò che vuole) c'è l'esercizio della crescita personale messa in moto dalla terapia.
In altre parole, al momento è bene che lei eserciti le sue facoltà per capire come è opportuno condurre un dialogo. Il partner diventa la sua palestra. Se interrompe adesso la relazione, in pratica fugge, col rischio di ricominciare negli stessi termini la prossima volta.
La ringrazio di averci aggiornati e spero che vorrà ancora tenerci al corrente.