Sofferenza per l'assenza di contatto fisico frequente e altre complicazioni

Gentili dottor3,
sono un ragazzo di 18 anni all'ultimo anno delle scuole superiori, e da diversi mesi percepisco un grave e intenso squilibrio nel mio stato mentale e nel mio umore. Sono diversi i fattori che caratterizzano questa mia condizione, tra cui: un ritmo sonno veglia abbastanza irregolare; un'alimentazione non regolata e che è un continuo susseguirsi di momenti di rifiuto del cibo, motivati dal desiderio viscerale di non voler vedere il mio corpo mutare e accumulare grasso, e abbuffate di snack e dolci per ridurre la percezione della noia, che accumulano in me senso di colpa e frustrazione; senso di insoddisfazione anche quando raggiungo dei traguardi elevati, con l'assenza del riconoscimento del valore reale dei miei successi da chi mi circonda; frequenti crisi d'ansia con acceleramento del battito cardiaco e affanno del respiro, soprattutto durante le interrogazioni a scuola, nonostante io sia sempre preparato e ottenga sempre voti eccellenti; attimi quotidiani duraturi di profonda tristezza, agonia e disperazione, in cui analizzo nel dettaglio tutti gli errori da me compiuti durante la giornata, riversando la colpa di ogni circostanza su di me, o identificandola negli altri e nutrendo verso di loro rabbia e rancore per poi, in entrambi i casi, viaggiare con il pensiero fino a quella che in quegli istanti vedo come l'unica possibile soluzione efficace; incapacità di sorridere spontaneamente, cosa che facevo costantemente fino a circa un anno fa o poco più; e guai per ogni minima iniziativa autonoma che prendo, anche se guidata da buone intenzioni - fortunatamente, molte persone mi sostengono e mi aiutano ad attutire le conseguenze negative di quello che faccio.


Tra tutti questi problemi - su cui riconosco di essere stato vago - vorrei che la vostra attenzione si concentrasse anche e in particolare su quello che vi sto ora per esporre (non considerando comunque ciò più rilevante del resto). Sento un forte senso di solitudine, nonostante io sia raramente realmente solo. Questo senso di solitudine si acuisce quando vedo il ragazzo di cui sono innamorato (intendendo questo termine nella sua definizione scientifica, e non come qualcosa di vago "che non si sa bene cos'è") essere abbracciato o toccato dal suo migliore amico (perché lui non fa mai il contrario), o in generale quando vedo dell3 giovan3 della mia età avere un contatto fisico tra loro. Non abbraccio qualcuno di esterno alla mia famiglia da anni, né do pacche sulla spalla o carezze, raramente strette di mano. Già prima ero restio al contatto fisico (cosa di cui oggi mi pento amaramente); la pandemia ha peggiorato la situazione. Quando mi trovo vicino ad altr3 sento come una calamita che mi attira, che mi spinge a tentare questo contatto di cui necessito molto, un abbraccio o una spinta amichevole, ma il fatto di non avere alcuna relazione sufficientemente intima a ciò mi frena in ogni occasione dal farlo.

Da dove posso iniziare per uscire da questo labirinto di problemi?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Dalla descrizione sembra che tu ti sia abituato nel tempo a negarti i piaceri del corpo (cibo, contatto fisico) ma che - per fortuna - la parte più sana di te ancora vuole. Sembrerebbe trattarsi cioè di un eccesso di tentativo di controllo, cioè di ossessività. Perciò per iniziare a uscire dal labirinto dovresti probabilmente iniziare a comportarti in modo contrario a quello che ora ti viene "spontaneo". Ciò significa iniziare a concederti dei piccoli piaceri fisici, anche controvoglia inizialmente.

Ovviamente la scelta migliore è rivolgerti a uno psicoterapeuta, che potrà indirizzarti e farti progredire più velocemente.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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