Reflusso vescico-ureterale (vur) secondario nell'adulto e nefrostomia

Gentilissimi,
Vi scrivo per conto di mio padre, 79 anni.

A sèguito di numerose TURBT, mio padre si è sottoposto a due cicli di BCG che hanno determinato la regressione tumorale, man anche una riduzione di volume della vescica, con una conseguente riduzione di capacità (con aumento di frequenza di minzione) e con una risalita delle urine verso i reni.
A causa di ciò, nel tempo, si è registrata un'idrofrenosi renale, con attuale perdita totale della funzionalità del rene sinistro e ridotta funzionalità del rene destro al 18%.

Al fine di evitare la dialisi, circa quattro anni fa è stato proposto a mio padre un intervento di rimozione vescicale, ma Tenuto conto dell'età e della buona vita sociale di mio padre, i vari medici hanno ritenuto di poter monitorare la situazione, sino ad un peggioramento "allarmante", con controlli ravvicinati della creatinemia.

Per agevolare il deflusso delle urine, mio padre si sottopone ciclicamente ad un intervento di posizionamento di stent ureterali (che, fino all'ultimo di gennaio 2025) hanno dato buoni risultati: con una frequenza di minzione gestibile, ridotte perdite urinarie e valori di creatinemia etc in limiti ragionevoli.

Per un'ostruzione del meato ureterale sinistro e per la perdita della funzionalità del rene sinistro, mio padre si sottopone alla sola sostituzione dello stent destro.

Da gennaio 2025 (ultimo intervento per stent), mio padre ha iniziato ad accusare dolori generali e lombari, stanchezza, sanguinamenti all'atto della minzione (più dolorosa) e - a volte - la minzione è diventata sempre più ricorrente (anche ogni 5/10 minuti), con impossibilità di trattenere le urine; inoltre, gli esami hanno dato esiti con valori di cretinemia aumentati.

Ultimamente è stato proposto a mio padre un intervento di nefrostomia per far "scaricare" il rene.

Solo a gennaio 2025 viene riportato il posizionamento di uno stent uretale con mono j 7 k in luogo dei precedenti (probabilmente a doppio jj).

Le cause della "risalita" delle urine verso i reni sono state individuate nella ridotta capacità della vescica (ma avrei immaginato solo un aumento di frequenza della minzione) e nella "perdita di tenuta" di ciò che normalmente impedisce il "ritorno" delle urine verso i reni.

A richiesta sulla possibilità di ripristinare la "tenuta" ed evitare il deflusso verso i reni, è stato risposto che tali interventi si fanno ai pazienti pediatrici (perchè non agli adulti?).

Vi chiedo un'indicazione circa l'opportunità dell'intervento di nefrostomia consigliato (la preoccupazione riguarda sia le ricadute sulla vita quotidiana sia per ciò che concerne le infezioni che - a dire di altri - diventerebbero ricorrenti ed aggressive) nonchè se sia possibile intervenire per interrompere la risalita delle urine dalla vescica verso i reni.

Mi scuso in anticipo per esser stata prolissa e per aver utilizzato termini non appropriati e ringrazio sin da ora chi Vorrà fornirmi qualche utile consiglio.
Dr. Paolo Piana Urologo 49.7k 2k
Lo stent ureterale facilita il passaggio dell'urina, ma purtroppo in entrambi i sensi. Pertanto, se è facilitato lo scarico verso la vescica, è anche inevitable il reflusso verso il rene. La quantità di urina che refluisce non è molta, ma se lo stent viene mantenuto molto a lungo si viene a mantenere un certo grado di dilatazione. Inoltre, se le urine in vescica sono infette, si ha una più facile della migrazione dell'infezione verso il rene. In base a queste considerazioni, lo stent a permanenza, seppure sostituito periodicamente è da considerare più un compromesso che una soluzione definitiva.
Per venire alla situazione di suo padre, senz'altro a lungo temine la soluzione migliore è la derivazione esterna dell'urina, con confezionamento chirurgico di una uro-stomia trans-intestinale secondo una delle tecniche consuete (es. uretero-ileo-cutaneo-stomia sec. Bricker). Questo ovviamente se le condizioni generali lo consentono. Se non vi è il sospetto di neoformazioni ancora presenti, l'asportazione della vescica potrebbe non essere necessaria, questo ridurrebbe paracchio l'invasività dell'intervento. L'inserimento di una nefrostomia è da considerare una soluzione a breve termine, ma di assai difficile da mantenere per lunghi periodi.

Paolo Piana
Medico Chirurgo - Specialista in Urologia
Trattamento integrato della Calcolosi Urinaria
https://paolopianaurologo.it/

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Utente
Utente
Gentile dott. Piana, innanzitutto La ringrazio per la celerità e la chiarezza della risposta.
Mi permetto solo di chiederLe se a Suo parere si possa intervenire in un modo meno invasivo per regolare il flusso delle urine e bloccare il ritorno verso il rene. Le chiedo questo perchè - ad oggi - mio padre riesce ad avere una buona qualità della vita, seppur con una minzione frequente e con l'uso di assorbenti per incontinenza. Gli interventi ad oggi consigliati sono tutti a scopo preventivo e per evitare il collasso del rene parzialmente funzionamente e tutte le relative conseguenze. Purtroppo, però, le varie "stomie" portano complicanze ed incidenze sulla qualità della vita del paziente e dei familiari (già viste in altri pazienti). La mia domanda è se si possa intervenire regolando il reflusso delle urine verso i reni (non so se eliminando definitivamente lo stent), "alleggerire" il rene attualmente gonfio di urine, in modo da poter proseguire come negli ultimi 4 anni: monitorando la situazione ed in particolare i valori di creatinemia. Mi scuso sin da ora se le mie richieste possano apparire insistenti, ma ho davvero apprezzato la Sua chiarezza. Ancora grazie.
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Dr. Paolo Piana Urologo 49.7k 2k
In accordo con il parere dei nostri Colleghi, confermiamo che non è pensabile confezionare una plastica anti-reflusso dell’uretere (di fatto un re-impianto) su una parete vescicale degradata e sclerotica. Sarebbe infatti quasi certo lo sviluppo di una ostruzione secondaria, altrettanto dannosa per il rene del reflusso, che imporrebbe comunque l'inserimento di uno stent. In sintesi, un intervento inutile.
In queste condizioni, la funzione renale è destinata a ridursi progressivamente in tempi non definibili, fino al manifestarsi di un quadro di insufficienza renale grave, emendabile solo con la dialisi. Elevato è anche il rischio di sviluppare infezione (pielo-nefrite).

Paolo Piana
Medico Chirurgo - Specialista in Urologia
Trattamento integrato della Calcolosi Urinaria
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Utente
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La ringrazio infinitamente per la disponibilità e per la chiarezza della risposta.
Le auguro buon lavoro
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