Trattamento mediante scleroembolizzazione del varicocele pelvico femminile

raffaeleprudenzano
Dr. Raffaele Prudenzano Radiologo interventista, Radiologo, Angiologo

Il varicocele pelvico (o sindrome da congestione pelvica) è abbastanza e una percentuale ralativamente alta (fino al 15%) delle donne fra i 18 e i 50 anni ne è affetta...

Introduzione: varicocele pelvico e sindrome da congestione pelvica

Il varicocele pelvico (o sindrome da congestione pelvica) è più frequente di quanto si immagini e fino al 15% delle donne fra i 18 e i 50 anni ne è affetta.
E’ dimostrato inoltre che nella stragrande maggioranza dei casi, le algie pelviche croniche sono associate a congestione pelvica venosa, che altro non è che il varicocele pelvico.

Qualora la diagnosi differenziale abbia escluso altre patologie (endometriosi, PID, ecc), la paziente con congestione pelvica venosa presenta la cosiddetta Pelvic congestion syndrome (PCS), cioè una patologia associata ad incompetenza valvolare della vena ovarica.
La PCS generalmente dimostra un dolore pelvico di intensità variabile, che incrementa con il flusso mestruale, con la posizione eretta, con l’affaticamento e, ovviamente, con il coitus.

L’incompetenza venosa colpisce, nella maggioranza dei casi, la vena ovarica sinistra, per motivi anatomici, ma non mancano casi di bilateralità per la presenza di ampie anastomosi venose ovo-ovariche.

Sintomi

Le pazienti riferiscono al ginecologo un dolore pelvico mono o bilaterale, cronico e fastidioso, associato o meno a algie a localizzazione peri ovarica, senso di peso addominale, irritabilità vescicale e gonfiore al basso ventre.

Il dolore pelvico cronico che si associa al varicocele pelvico femminile o alla PCS è solitamente un fastidio noioso e doloroso, si genera a livello del basso addome e si riflette a livello lombo-sacrale, con aumento dell’intensità nel periodo intermestruale o mestruale, dopo eccessiva stazione eretta, in seguito a sforzi fisici, a fine giornata, nel corso della gravidanza o durante o alla fine dei rapporti sessuali.

Altri sintomi potenzialmente presenti in questa patologia includono l’AUB (abnormal menstrual bleeding), le perdite vaginali atipiche, le varicosità venose vulvari, perineali o peri-anali, motivo per cui molte delle pazienti affette da PCS sono spesso ansiose e facilmente irritabili.
La patologia spesso si associa a varici (anche recidive) degli arti inferiori.

Diagnostica

E' sempre la sommatoria di due parametri: il dato sintomatologico tipico e il dato morfologico, derivante da un’immagine di vene ovariche incompetenti o dilatate, associate a congestione venosa pelvica.

Importantissimo è l' eco-color-doppler transvaginale che è l’esame principe, per facilità di esecuzione e riproducibilità, che fornisce con alta attendibilità diagnostica un quadro completo dell’anatomia delle vene pelviche e delle loro anastomosi con le vene addominali e degli arti inferiori.

Altro esame che conferma tale sospetto patologico è la flebografia renale e selettiva ovarica.
Tale indagine un tempo “gord standard” è oggi ritenuta obsoleta e completamente soppiantata dalla angio-RM ad elevato campo-gradiente e dall’ ecocolordoppler
Anche la TC (tomografia computerizzata) con mezzo di contrasto iodato è attualmente superata.

La RM (meglio angio-RM) è attualmente l’esame di II° istanza di riferimento per quanto riguarda lo studio del varicocele pelvico e dell’apparato genitale femminile in genere. L’utilizzo di sonde dedicate endocavitarie ne ha ulteriormente ampliato i confini diagnostici.

Trattamento del varicocele: correzione “classica”

Scopo del trattamento cruento è l’interruzione del flusso venoso a carico della vena ovarica.
Si rende quindi necessario accesso laparotomico al fianco, in anestesia generale, con successiva legatura diretta della vena ovarica.

Tale intervento è stato poi sostituito da quello laparoscopico; infatti alcuni Autori hanno riportato la loro esperienza laparoscopica, mediante applicazione di clips sulle vene ovariche, dissecate laparoscopicamente dalle omologhe arterie o mediante coagulazione e sezione delle vene con pinze elettrocoagulanti e forbici.
La sclerosi laparoscopica del varicocele pelvico è una procedura che richiede attualmente circa 3 giorni di ricovero.

Trattamento mini-invasivo imaging guidato (sclero-embolizzazione retrograda)

Dal punto di vista terminologico, il trattamento percutaneo del varicocele pelvico femminile viene definito come: “Non-surgical procedure for painful ovarian varicose veins”.
La scleroembolizzazione retrograda appartiene a questo gruppo di procedure “non surgical”, altrimenti dette “mini-invasive”, eseguite senza alcun accesso chirurgico, solo sotto guida fluoroscopica a raggi X.

Si esegue inizialmente una anestesia locale in sede inguinale destra, successivamente si incannula la vena femorale comune e si posiziona un introduttore venoso. Da tale introduttore si fa avanzare il catetere che incannulerà la vena renale sn e successivamente la vena ovarica.

Per eseguire il cateterismo superselettivo della vana ovarica puo’ essere di ausilio una guida angiografica idrofilica. Si esegue la flebografia ovarica con documentazione di tutto il distretto venoso patologico annessiale e di eventuali varianti anantomiche (vena ovarica doppia, tripla, anastomosi ovo-ovariche, anastomisi patologiche con rami della vena ipogastrica, delle vene sacrali o del distretto mesenterico).

Una volta raggiunto il distretto venoso patologico in sede annessiale e si inietta la sostanza sclerosante che determina occlusione e sclerosi immediata del circolo venoso patologico.
Successivamente si esegue sclerosi della vena ovarica fino a poco sotto l’origine dalla vena renale iniettando la schima dal catetere portante.

L’iniezione finale di mezzo di contrasto iodato dal catetere portante né visualizzerà il ristagno segno dell’avvenuta sclerosi. Si lascia in sede il catetere portante in occlusione per circa 5 min che poi verrà rimosso.

La paziente viene dimessa quindi dopo qualche ora dopo dalla procedura e consigliato riposo domiciliare per 2 giorni e successiva ripresa della vita normale, con astensione da attività sportive e fisiche importanti per 2 settimane.
La ripresa funzionale dell’ovaio colpito dal varicocele, grazie ai circoli collaterali, è generalmente immediata, non produce anomalie nella produzione ormonale e, solo in casi sporadici, sono stati riscontrati casi di mal funzionamento ovarico.

Note dosimetriche

L’esposizione radiologica degli operatori e della paziente è notevolmente ridotta grazie alla estrema velocità con cui si esegue la procedura vera e propria; difatti, gli operatori raggiungono la vena ovarica in breve tempo grazie anche ai nuovi materiali sempre più biocompatibili e flessibili e alle scopie “a basso dosaggio” ma alta risoluzione.

Il tempo medio di scopia, per singola paziente, è variabile da 50 secondi fino a 10 minuti nei casi più complessi, ma con una media di 3-4 minuti a paziente. In termini di paragone una TC addome o una urografia endovenosa richiedono una esposizione radiante espressa in millisievert da 3 fino a 10 volte superiore. La dose assorbita dalla paziente è quindi molto bassa.

Recidive e insuccessi

Vanno sempre messi “nel computo della procedura”.
Nel 7-10% dei casi, per la presenza di varianti anatomiche o vere e proprie anomalie vascolari, non è possibile entrare con il catetere nella vena ovarica e la paziente va trattata con metodiche chirurgiche alternative.
La visualizzazione preventiva della vena ovarica alla angio-RM può ridurre fino ad azzerare quindi gli insuccessi tecnici.
Le recidive ad un anno, dopo sclero-embolizzazione, sono alquanto rare, se non eccezionali.
La procedura è stata sviluppata infatti proprio come trattamento elettivo delle recidive post-operatorie e si è poi estesa al varicocele pelvico primitivo, per la sua ridottissima invasività anche in virtù dell’utilizzo dei nuovi materiali angiografici sempre più flessibili e biocompatibili.

Ciononostante, sono sempre possibili comparse di recidive, anche a distanza di 10-20 anni dal trattamento, ma avendo però superato il periodo fertile, le possibili recidive rivestono generalmente scarso significato clinico e la menopausa, di per sé riduce nettamente i sintomi da varicocele pelvico.

Cosa devo fare e a chi mi devo rivolgere?

Una volta diagnosticato il varicocele pelvico e avendone il vostro ginecologo richiesto la sua correzione, basta andare su www.varicocele.it per mettersi in contatto con un Centro Qualificato più vicino al vostro domicilio per richiedere una eventuale consulenza radiologico-interventistica. Ovviamente, sul nostro sito potrà accedere a tutte le informazioni on-line e chiedere un consulto ai nostri Radiologi Interventisti che si metteranno a disposizione.

Conclusioni

La scleroembolizzazione retrograda del varicocele rappresenta il trattamento di scelta per la ridotta invasività, l’assenza di scopertura chirurgica di strutture anatomiche e quindi di complicanze post-operatorie importanti.
La semplicità, l’essenzialità, l’assenza di qualsiasi problematica legata all’anestesia generale, nonchè l’elevato indice di gradimento da parte delle stesse pazienti, sta decretando obsoleta qualsiasi altra alternativa terapeutica cruenta del varicocele pelvico, incoronando vincitrice questa procedura che, in mano esperte, rappresenta oggi una dei tanti “traguardi” della medicina moderna.

Data pubblicazione: 05 giugno 2011

Autore

raffaeleprudenzano
Dr. Raffaele Prudenzano Radiologo interventista, Radiologo, Angiologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1992 presso Univesità di Perugia.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Lecce tesserino n° 5515.

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