Trauma cranico nel bambino: quali conseguenze?

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Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo

E’ esperienza comune che i due terzi dei traumi cranici (TC) di tipo commotivo tendono a verificarsi nell’infanzia e nell’adolescenza, anche se in circa l’80% dei casi si tratta generalmente di un trauma cranico lieve. Per maggiori dettagli sulla classificazione e sull’incidenza del TC si può consultare il mio articolo “Tutto sui traumi cranici” negli Speciali Salute di questo sito. In questi soggetti, la maggior parte dei sintomi tende a regredire nel giro di due settimane, mentre in un terzo, approssimativamente, si manifesta una prolungata sindrome post-commotiva (PSP-C). Sinora non si disponeva di test obbiettivi e di facile somministrazione che consentissero di formulare un giudizio predittivo sul decorso del TC, allo scopo di poter precocemente identificare i soggetti di questa fascia di età a rischio di PSP-C.

Sulla scorta di una precedente ricerca che aveva rilevato nel liquor cefalo-rachidiano di 60 bambini, entro 24 ore dal trauma cerebrale, un livello alterato di sei di quelle molecole epigenetiche note come microRNA (miRNA), Jeremiah J. Johnson e Collaboratori del Dipartimento di Pediatria al Penn State College of Medicine, Hershey, Pennsylvania, (USA), hanno condotto un originale studio prospettico il cui goal è stato di verificare se il miRNA salivare può essere utilizzato in bambini ed adolescenti come fattore prognostico del rischio di PSP-C.

Fa d’uopo, a questo punto, riportare un breve cenno di biologia molecolare. Quando la cellula deve sintetizzare una particolare proteina, da un preciso tratto di DNA viene ricopiata o codificata la sequenza nucleotidica su RNA-messaggero (mRNA), che agisce come una sorta di stampante. Questa attività “trascrizionale” è regolata negativamente, ossia è degradata o soppressa, da un gruppo di piccoli RNA non codificanti, i miRNA. Finora ne sono stati scoperti circa 2000, identificati con un numero ed inseriti in un miRNA database. Poiché i miRNA sono implicati in numerose funzioni fisiologiche (quali la risposta allo stress o la fisiologia dell’esercizio fisico) e sono parimenti coinvolti in molte malattie, potendo essere reperiti in molti fluidi biologici (plasma, saliva, urine, liquor, etc.) si è cominciato ad utilizzarli come marcatori diagnostici.

Johnson e Coll. in una coorte di 52 pazienti di età compresa fra 7 e 21 anni, che avevano riportato un trauma cranico commotivo (42% per attività sportiva e 15% per collisione di veicoli), ed i cui sintomi più frequenti erano amnesia (48%) e perdita dello stato di coscienza (27%), hanno misurato i livelli salivari di miRNA entro le prime due settimane e successivamente dopo 4 ed 8 settimane. Sono stati valutati 15 miRNA tra i quali 5 (miR-320c-1, miR-133a-5p, miR-769-5p, let-7a-3p, and miR-1307-3p) sono risultati aumentati ed associati in 42 su 50 soggetti, ossia con un’accuratezza superiore all’85%, a disturbi specifici del cosiddetto stato post-commotivo. In particolare, il miR-320c-1 all’amnesia, il miR-629 alla cefalea ed il 1et-7b-5p al senso di astenia. Questi biomarkers risultano tutti funzionalmente associati ad attività neuronali (migrazione e riparazione neuronale e regolazione della trasmissione sinaptica).

Il significato di questa ricerca, anche se al presente alquanto limitato, visto in prospettiva è di certo promettente, in quanto la facilità di acquisizione di questi marcatori nella popolazione pediatrica, potrà fornire la possibilità di una precoce identificazione dell’evoluzione di un trauma cranico commotivo, così da consentire l’adozione di adeguate e tempestive misure assistenziali, quali indagini di follow-up, terapie di sostegno e lo stesso reintegro nell’attività scolastica.

 

Data pubblicazione: 19 febbraio 2018

6 commenti

#1
Specialista deceduto
Dr. Giovanni Migliaccio

Caro Mauro, sempre interessanti e di qualità le tue ricerche e studi bibliografici, importanti per stimolare negli specialisti del settore (e soprattutto nei medici di famiglia) l'acquisizione di informazioni utili anche nella pratica clinica quotidiana. .

Lo studio è senz'altro importante, ma allo stato attuale, non riesco a comprendere l' utilità pratica, come del resto anticipi tu.

Una volta, cioè, che il traumatizzato cranico presenta cefalea e si è evidenziato nella saliva il miR-629, cosa si fa?
Credo che una TC encefalo vada eseguita a prescindere se il test sia positivo o no..
E ugualmente (sempre a seguito di trauma cranico) in caso di amnesia, astenia che perdurano nel tempo, non è più indicato e urgente un riscontro radiologico (TC,RM) ?
Ma nella perdita di coscienza che valore avrebbe il test con i marcatori quando la clinica impone di intervenire (chirurgicamente o con terapie intensive) ?

Anche come diagnostica differenziale nelle cefalee o in disturbi della memoria può essere sufficiente escludere tali sintomi come post traumatici solo con i marcatori?
E se per esempio nella cefalea il test dovesse risultare negativo, ci si può fidare a non eseguire ulteriori indagini?
E ancora, tali test hanno valore solo per la diagnosi nei sintomi post traumatici (da incidente) o anche a seguito di interventi neurochirurgici che necessariamente producono traumatismi all'encefalo operato?

Ricordo uno studio (molti anni fa) sull'aumento della cupremia nei traumi cranici il cui interesse, però, è scemato in breve tempo.

Ti ringrazio

#2
Dr. Mauro Colangelo
Dr. Mauro Colangelo

Caro Gianni,
grazie del commento e dei quesiti come sempre estremamente pertinenti e stimolanti. Finalità dello studio di Johnson è stato quello di individuare una fonte facilmente accessibile di biomarcatori con valore prognostico sulla presumibile durata della sindrome post-commotiva (dando per assodato che le altre indagini -TAC, RM - siano prioritarie), essendo emerso da una ricerca precedente, però effettuata sul liquor, una correlazione ed una specificità per precise disfunzioni neurologiche. Johnson è un Pediatra e pertanto lo studio è diretto all'età evolutiva, per desumere la riammissibilità del giovane paziente sia a scuola che ad altre attività peculiari all'età a seguito dell'occorrenza di un trauma commotivo. Lo studio è preliminare ma potrebbe aprire prospettive, considerata la stringente specificità per definite manifestazioni sintomatologiche. Esattamente come dici, nella diagnostica differenziale (dove naturalmente il primo attore resta sempre la Clinica, sorretta dalle indagini classiche fondamentali).
Grazie della tua cortese attenzione.

#3
Utente 482XXX
Utente 482XXX

Buongiorno dottor Colangelo, sono una giovane maestra di scuola primaria alle prese con un alunno molto particolare, per il quale chiedo gentilmente un parere. Il bambino in questione ha 7 anni, genitori in divorzio, attualmente vive con il padre e i nonni. Un anno fa ha riportato trauma cranico lieve in zona occipitale, con due/tre punti di sutura. Bambino in sovrappeso. Il fatto che mi porta a chiederle un consiglio è questo: da mesi il bambino si attira l'antipatia dei compagni (più avanti potrebbe a mio avviso trasformarsi in bullismo vero e proprio) perché insiste nel distorcere la realtà, ammettendo con estrema convinzione frasi ed episodi impossibili da verificarsi. Esempio: trattiamo l'argomento mammiferi e lui ha un leone vero a casa; "l'inverno scorso, cioè il prossimo che è arrivato, andrò in Brasile"; oppure " sono tornato stamattina dal Brasile e sono venuto a scuola"; o ancora " maestra anche io ho pescato una balena vera nella barca di mio zio in America " oppure " in Cina ci sono stato e ho mangiato anch'io gli scorpioni fritti" ecc.. Ogni volta che un compagno fa qualcosa o racconta di un fatto anche lui deve aver fatto o farà o sa già fare quella cosa... È molto preoccupante. I bambini lo deridono, anche perché lui è veramente convinto di ciò che dice. Se un alunno è ipovedente lo è pure lui, se un compagno gioca a basket lo sta facendo anche lui è ha pure vinto la coppa italia (cosa non vera perché lui pratica il karate!)... La mamma afferma che anxhe lei da piccola era cosí e che il bambino ha solo tanta fantasia. Si ma intanto soffre perchè non viene (giustamente) creduto e viene isolato. Insomma il mio pensiero è quello di contattare uno specialista e prima di tutto il padre o i nonni, i quali si occupano principalmente del bambino e che non ho ancora conosciuto. Lei cosa ne pensa?

Grazie in anticipo.

#4
Dr. Mauro Colangelo
Dr. Mauro Colangelo

Gentile Maestra,
La ringrazio di aver letto il mio articolo e di avermi posto il Suo quesito sul comportamento del suo giovane alunno, che comprendo bene quanta perplessità Le stia ingenerando. Innanzitutto, tengo a precisare che le manifestazioni da Lei descritte non configurano in alcun modo un esito di un pregresso trauma cranico lieve. La sindrome post-commotiva (semmai il Suo bambino abbia in quella circostanza riportato una commotio cerebri) infatti si esaurisce entro un periodo abbastanza breve (1-2 mesi) ed è denotata da sintomi completamente diversi (cefalea, amnesia, astenia fisica). Dalla sua articolata descrizione ed in ragione della condizione familiare sussistente, a me parrebbe piuttosto che il bambino cerchi di rendersi protagonista per compensare una verosimile situazione carenziale, con l'evidente scopo di richiamare attenzione (e quindi affetto). E' fuor di dubbio che sia quanto mai opportuno un Suo colloquio con i genitori (o con chi ne ha la tutela) e potrebbe anche essere indicato suggerire una valutazione neurologica, nell'intento di avere una panoramica a 360° dello stato funzionale del bambino.
Cordialmente

#5
Utente 482XXX
Utente 482XXX

Grazie infinite per la Sua celere, nonché esauriente, risposta. Seguirò tale consiglio.
Buon lavoro e buona continuazione,
cordialmente.

#6
Specialista deceduto
Dr. Giovanni Migliaccio

Hai ragione, Mauro. Il bambino vive tragicamente la separazione dei e dai genitori. Inoltre ritengo che l'affidamento del bimbo al padre, contrariamente a quello che è usuale, alimenti ancora di più il disagio affettivo e psicologico del bambino, essendo, soprattutto in quella fascia di età, il legame più forte con la madre .
Ha senz'altro necessità di essere preso in cura da un neuropsichiatra infantile perché le sue non sono bugie semplici, ma un immedesimarsi nella fantasiosa bugia con un procedimento inconscio simile a quello che si osserva nel bugiardo patologico.
Quelle bugie di episodi "abnormi" gli servono per nascondere a se stesso, illudendosi di esser creduto, il senso di abbandono identificandosi con una "cosa" rifiutata da chi invece dovrebbe ricoprirlo di attenzioni di affetto e di comprensione.
Se quel bambino crescerà in tali condizioni, il suo futuro sarà facilmente tragico.

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