Depressione, tutte le psicoterapie sono efficaci

s.pozzi
Dr. Stefano Pozzi Psicologo, Psicoterapeuta

Scegliere una psicoterapia piuttosto che un’altra per curare i Disturbi dell’Umore ha importanza sul piano dei risultati?
Una recente meta-analisi rivela che in realtà non si tratta di una scelta importante, dal momento che tutti i trattamenti psicologici danno esiti positivi di per sé, in assenza di terapia farmacologica e rispetto alla situazione clinica dei depressi non ancora in cura, ma in attesa di iniziarla. 

Analizzando i risultati di 198 studi scientifici sull’argomento, riguardanti 15.118 pazienti, i ricercatori hanno concluso che i diversi tipi di terapia psicologica disponibili danno benefici comparabili e che per questo le persone che necessitano di un intervento terapeutico perchè depresse possono scegliere liberamente quale psicoterapia intraprendere.
Nella meta-analisi, molto ampia e complessa dal punto di vista delle procedure statistiche impiegate, sono stati confrontati gli effetti di 7 diversi interventi terapeutici: psicoterapia interpersonale, terapia cognitivo-comportamentale, psicoterapia psicodinamica, psicoterapia cognitiva, psicoterapia comportamentale, social skills training e counselling psicologico supportivo. Non sono state quindi prese in considerazione tutte le psicoterapie, ma un buona selezione rappresentativa dei vari interventi clinici possibili.
Come detto, per verificare l’impatto della terapia attuata il gruppo di controllo in questi studi era composto da depressi non ancora in terapia e quindi dal gruppo dei soggetti con sintomatologia identica alle persone in cura: confrontando il quadro sintomatologico dei soggetti in terapia e non in terapia è emersa chiaramente la differenza e gli effetti della psicoterapia sono stati sempre presenti con entità classificata “da moderata a molto significativa”.

Le ricerche esaminate, come accade in questi casi, si concentrano sul quadro sintomatologico e valutano i successi terapeutici in base alla remissione dei sintomi nel breve periodo e dopo un lasso di tempo (follow-up), perché questo tipo di dato si presta all’analisi statistica mentre un maggiore livello di approfondimento, che non valuti solo i sintomi ma anche le cause più profonde di un disturbo, è più difficilmente analizzabile nell’ambito delle ricerche quantitative.
Dal punto di vista psicodinamico la guarigione non coincide con la remissione del sintomo e, paradossalmente, il sintomo può costituire l’elemento con minore importanza ed essere l’ultimo a modificarsi, poichè deriva da una sottostante struttura di personalità patologica e/o da conflitti inconsci e rappresenta quindi solo una conseguenza di dinamiche inconsce che agiscono al di sotto della soglia di consapevolezza.
Nel corso di una psicoterapia psicodinamica i conflitti inconsci sono portati a consapevolezza e risolti per garantire che il sintomo scompaia e che non si ripresenti in seguito, alimentato da fattori causali sui quali non si è intervenuti perché concentrati unicamente sulla manifestazione più esteriore del conflitto e non sulla sua essenza. 

Fonte: "Comparative Efficacy of Seven Psychotherapeutic Interventions for Patients with Depression: A Network Meta-Analysis”

Data pubblicazione: 01 ottobre 2013

Autore

s.pozzi
Dr. Stefano Pozzi Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 2003 presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Lombardia tesserino n° 8667.

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28 commenti

#1
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Terapie tutte efficaci, ma non tutte allo stesso modo.

Dalle conclusioni dell'articolo:

>>> [...] the robustness of the evidence varies considerably between different psychotherapeutic treatments.
>>>

Cioè: "la robustezza delle evidenze varia considerevolmente a seconda dei differenti trattamenti psicoterapeutici."

In particolare:

>>> Stepwise restriction of analyses by sample size showed robust effects for cognitive-behavioural therapy, interpersonal therapy, and problem-solving therapy (all d>0.46) compared to waitlist.
>>>

Cioè: "La restrizione graduale dell'analisi per dimensione del campione ha mostrato effetti robusti per la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia interpersonale e la terapia problem-solving (tutti con d > 0.46) in confronto alla lista d'attesa."

Inoltre lo studio non sembra aver preso in considerazione la variabile di EFFICIENZA. Anche se due trattamenti sono entrambi EFFICACI, le cose cambiano molto se ad esempio uno è durato 5 anni e un altro un solo anno.


#2
Dr. Stefano Pozzi
Dr. Stefano Pozzi

Gli Autori concludono questo:

"When comparing the therapies with each other, the researchers saw small or no differences, meaning that none of them really stood out as much better or much worse than the others. They also found that the treatments worked equally well for different patient groups with depression (younger or older patients, or mothers who had depression after having given birth)",

cioè:

"Quando hanno confrontato fra loro le terapie, i ricercatori hanno trovato scarse o nulle differenze e hanno cioè scoperto che nessuna di loro si è distinta significativamente in meglio o in peggio rispetto alle altre.
Hanno anche scoperto che i trattamenti funzionavano bene allo stesso modo per diversi gruppi di pazienti depressi (giovani, anziani, donne con depressione post partum)"

e hanno specificato che:

"The scientific support for being beneficial was stronger for some therapies, mostly because they had been tested more often and in larger studies"

cioè:

"Le evidenze scientifiche a sostegno dei benefici derivanti da alcune terapie sono maggiori soprattutto perché si tratta di terapie testate più spesso e in studi più ampi".

#4
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Sì, Stefano, ottimo articolo!
Il pz. depresso fa molta fatica a chiedere aiuto e quindi arriva in terapia dopo parecchio tempo e molto sofferente, proprio perchè il suo funzionamento psichico è tale. Quindi ritengo sia importante che possa cominciare un trattamento non solo farmacologico ma soprattutto psicoterapico, anche perchè, come ho descritto qui https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1583-depressione-patologia-o-poca-forza-di-volonta.html il farmaco non intercetta quella sequenza critica che invece la psicoterapia si occupa di rendere consapevole e poi di modificare e ha anche poco senso, per le depressioni, lavorare sul sintomo, se il pz. non ha ben chiari i temi relativi alla perdita e al non accudimento (e di conseguenza l'iperaccudimento che agisce, il ritiro, ecc...).
Complimenti ancora!

#5
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

contrariamente ai disturbi di ansia dove apprendimenti disfunzionali, autoinganni e condizionamenti fanno da padrona nella depressione, spesso, il dato relazionale (oltre al ben sperimentato concetto di impotenza appresa), l'interpretazione negativa degli eventi, la perdita di significati delle proprie esperienze trovano giovamento in ogni forma di intervento. Nuovi significati in psicodinamica, visione alternativa negli interventi comportamentali e cognitivi, una rilettura esistenziale con quelle di stampo umanistico. Il dato concorda con le revisioni precedenti e con l'aspetto logico della questione.
Altro discorso è chi ci arriva prima (ma questa è un'altra storia):-)

#6
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> "Le evidenze scientifiche a sostegno dei benefici derivanti da alcune terapie sono maggiori soprattutto perché si tratta di terapie testate più spesso e in studi più ampi".
>>>

Sì, ma si tratterebbe comunque di effetti modesti:

>>> Small study effects affect the results of randomized controlled trials of psychotherapeutic interventions [...] However, effect differences between these six psychotherapeutic interventions were rather small.”
>>>

Cioè: “Gli effetti dovuti alla piccola dimensione degli studi influenzano i risultati degli studi controllati d’intervento psicoterapeutico [...] Tuttavia, le differenze di effetti fra questi sei orientamenti psicoterapeutici si sono rivelate piuttosto piccole.”

Fatto salvo ciò che dice Armando De Vincentiis, che condivido, questi risultati a me sembrano eccessivamente onnicomprensivi, troppo sbilanciati a favore di un lodo di Dodo allargato:

>>> they saw no big differences when comparing [...] person-to-person with internet-based interactions between therapist and patient
>>>

Cioè: "non hanno riscontrato grosse differenze confrontando [...] terapia faccia a faccia con interazioni fra terapeuta e paziente via internet."

Che vuol dire? Dovremmo prendere tale affermazione così com'è oppure andrebbe esplicitata un po' meglio e sottoposta a critica?

Addirittura gli autori hanno preso in considerazione la biblioterapia. E inoltre:

>>> recent meta-analysis found no difference between supportive counselling and other treatments
>>>

Cioè: "una recente meta-analisi non ha trovato differenze fra il counseling di sostegno e altri trattamenti."

Allora forse non c'è nemmeno bisogno del terapeuta. Diamo loro un buon libro da leggere o mandiamoli da Telefono Amico o dal counselor, tanto tutto funziona. Ma è credibile?

Comunque, a parità di tutto il resto, il valore dirimente secondo me resta il tempo. Gli autori non sembrano aver preso minimamente in considerazione questo aspetto, pertanto "tutte efficaci" non dice in quanto tempo, cioè se e quali forme di terapia siano eventualmente più efficienti di altre.

Del resto la mancanza di enfasi sull’efficienza è un punto debole di moltissimi studi sull’efficienza della psicoterapia.

Ma in un periodo di crisi come quello attuale, dove anche solo 100 € in più o in possono fare la differenza, sarebbe un aspetto da non trascurare assolutamente.



#7
Dr.ssa Paola Dei
Dr.ssa Paola Dei

trovo ottimo l'articolo e ottime le osservazioni di tutti i colleghi, devo tuttavia staccare un attimo la spina dal mentale e dal cognitivo per porre l'attenzione su quegli effetti magici che una riuscita empatia è capace di smuovere e sul rapporto terapeuta paziente, fondamentale al di là di tutte le teorie. Nessun approccio è infallibile se non supportato dalle persone che lo mettono in pratica e non esiste un solo terapeuta per tutti. Si creano sinergie, alchimie che potenziano gli effetti della Terapia e che non rientrano nell'ambito della pura astrazione ma che rendono la scienza carne. Così come i pazienti sono carne e ci mostrano quasi sempre quanto i disturbi assumano facce diverse pur essendo classificabili sotto una medesima patologia così i terapeuti, pur appartenendo ad approcci diversi mettono in atto sulla loro sensibilità e sulla loro persona quanto appreso con gli studi.
Una bella mente è senza dubbio ammirevole ma un essere completo fatto anche di umanità a mio avviso lo è molto di piu'. La magia dell'empatia, l'aver attraversato dolori, l'essersi discostati dalla grammatica per riuscire ad entrare nell'altro e nella pratica clinica dimenticandosi di noi stessi è quanto di piu' difficile si possa fare e non ce lo insegnano le teorie ma la vita.
Grazie

#8
Dr.ssa Paola Dei
Dr.ssa Paola Dei

Volevo aggiungere che diffido molto quanto leggo su un qualsiasi testo: "Questa terapia è piu' efficace di un'altra" amo molto invece quando leggo: "oltre a ciò che un terapeuta sa e conosce ci sono altre possibilità.."..tutto arricchisce e per noi l'aggiornamento e la conoscenza delle nuove ricerche sono la "conditio sine qua non" per poter lavorare ma troppo spesso si dimentica che tutto va calato sulla singola persona. Il narcisismo non risparmia nessuno, in nessuna professione, l'aspetto scolaresco neppure, la voglia di emergere non risparmia nessuno in nessuna professione, la voglia di mettere un piu' davanti a se stessi ed un meno davanti a chi ci fa scattare emozioni di mancanza non risparmia nessuno in nessuna professione, l'incapacità di essere empatici non risparmia nessuno in nessuna professione e questo è il training piu' difficile nelle professioni di aiuto. Sapere ciò che è e dopo, solo dopo unirlo alla conoscenza.
Questo il mio piccolo parere

#9
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(..)diffido molto quanto leggo su un qualsiasi testo: "Questa terapia è piu' efficace di un'altra (..)

dottoressa Dei, la politica del "siamo tutti uguali" può essere utile in contesti che nulla hanno a che fare con la scienza e la ricerca. Se è vero che ci sono fattori aspecifici "terapeutici" in ogni intervento NON è vero che sono tutti uguali. La revisione su riportata conferma ricerche precedenti provenienti dall'APA dagli studi di Roth e Fonagy che inquadrano l'efficacia di molte terapie (psicodinamica, interpersonale, cognitivo-comportamentale) nella cura della depressione. Ma questa non vale per altre patologie. I dati empirici, in ambito scientifico, non sono compatibili con quelli ideologici. Se il dato ideologico fa bene ai terapeuti non lo fa di certo al paziente che soffre.

#10
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> Il narcisismo non risparmia nessuno, in nessuna professione
>>>

È vero, mentre umiltà e larghezza di vedute non sembrano altrettanto diffuse.

Se la psicoterapia aspira a definirsi SCIENTIFICA, deve avere l'umiltà dello scienziato: riconoscere quando qualcosa non funziona o funziona poco.

L'empatia ci vuole, ma non risolve tutto, è dimostrato.

Una volta in medicina c'erano le panacee, i rimedi buoni per tutti i mali. Allo stesso modo, certa psicoterapia ancora sembra avere difficoltà a capire che l'empatia da sola non basta.


#11
Dr.ssa Paola Dei
Dr.ssa Paola Dei

Cari colleghi apprezzo molto la solerzia con la quale mi rispondete dopo due mesi di mio silenzio, peccato che prima di leggere ció che ho scritto non abbiate indossato gli occhiali. Chiedo al collega De Vincentiis di trovarmi la frase dove affermo che "tutte le terapie sono uguali" perchè il punto fondamentale del mio intervento non era questo, ergo questa è una interpretazione che va nella tua direzione non nella mia e mi stupisco che tu possa pensare di conoscere ciò che intendo dire meglio di me... Il punto era che ogni teoria va calata nella realtà e nelle persone. Tutto qui! E non mi convincono ancora, nonostante i dati, gli articoli che indicano terapie più o meno efficaci perché, come tutti sappiamo, anche la scienza ha le sue mode che con nuove ricerche vengono confutate, modificate, migliorate anche con progressi diagnostici, etc, etc. Un buon terapeuta resta un buon terapeuta... Lungi da me sostenere che tutte le terapie sono uguali!
Non è questo il punto.
Al collega Santonocito chiedo invece dove ha letto nel mio intervento che io abbia sostenuto che basta l'empatia per essere un buon psicoterapeuta.. Ancora un'altra interpretazione? Evviva!....dal momento che io ho scritto che la "condizio sine qua non" per svolgere la nostra professione è la formazione e l'aggiornamento continuo ma che questi vanno accompagnati alla umanità ed alla passione per il proprio lavoro. Nessuno dovrebbe dimenticare che ogni giorno ci troviamo davanti ad un mosaico di vite mancate in cui specchiare il nostro lavoro, questo per evitare che errori che hanno segnato il passato vengano di nuovo commessi.
Non è il pennello costoso che fa il pittore così come l'avere un buon pianoforte in casa non fa un pianista! Mi stupisco che qualcuno lo pensi...
Lo stesso Mozart ebbe a dire che accanto a grandi sacrifici di studio occorrono grandi talenti per essere un buon pianista.
La conoscenza è conoscenza quando si dimentica ciò che abbiamo imparato e ció che sappiano diventa parte di noi.
Tutto qua!
Ciò che avete risposto mi conferma che non avete risposto a me ma ai vostri pensieri e interpretazioni su di me, non guardando o ascoltando me, ma quanto invece scrivono i libri.
La psicologia può anche spezzare un filo d'erba in quattro ma se poi non sa innaffiarlo, farlo crescere e farlo sviluppare in base alla sua natura rispettandola, rimane arida e troppo scolastica...
Credo che ognuno di noi abbia superato lo stadio del far vedere "che ce l'ha più lungo" come diceva Freud, e auspico che nel rispondere si pensi ai pazienti ed a portare contributi che li aiutino a stare meglio.
Continuo e continuerò a pensarla così! Anche se ce l'ho "più corto" perchè ho una sola stella e mezza...ma d'altronde sono femmina!

#12
Ex utente
Ex utente

Buona sera,

sono un paziente e sono/sono stato depresso quindi posso esprimere un parere dal lato dell'afflitto da depressione.

Vorrei però, come prima cosa, esprimere la frustrazione nel constatare che spesso gli psicologi non sono d'accordo tra di loro su come curare i pazienti e come ognuno si rifugi nel proprio approccio difendendolo col coltello tra i denti. Da paziente mi sento destabilizzato quando vedo che due professionisti discutono su come affrontare un disturbo della psiche e propongono due approcci uno l'opposto dell'altro! Andiamo ad analizzare il passato del paziente così lo guariamo, anzi no... se si analizzare il passato non fa che peggiorare le cose...oppure quell'approccio è superficiale perchè guarisce solo i sintomi mentre quell'altro va a fando ti rende consapevolissimo e magari ti guarisce ecc...
Ok, ora mi sono un po' sfogato e vengo alla questione della (mia) depressione. Sono arrivato alla conclusione che la (mia) depressione è curabile solo con i farmaci. E il motivo lo posso intuire: la depressione è una malattia della chimica del cervello!!! Tutto il resto sono corollari... Posso accettare che la psicoterapia possa aiutare, ma non si può continuare a dire che la psicoterapia può guarire un disturbo chimico, suvvia... Capisco che alcune evidenze possano mettere in discussione la propria efficacia professionale, ma cerchiamo di essere onesti. Sia chiaro: per l'esperienza che ho, la psicoterapia è utile, ma in altri ambiti. Forse qualche effetto positivo sulla depressione lo possono avere le terapie cognitivo-comportamentali o simili... ma ho molti dubbi che la psicoanalisi, ad esempio, possa risolvere un problema di grave depressione.

Non me ne vogliate: mi sforzo di essere schietto e amo il pensiero critico.

#13
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Caro Utente,

il suo disorientamento è comprensibile, ma in realtà le divergenze fra orientamenti nascono semplicemente dal fatto che vi sono diverse concettualizzazioni del disagio psicologico che danno vita a diverse tecniche terapeutiche, ognuna delle quali conduce al miglioramento del paziente (come dimostrato da molti studi scientifici).
Anche in Medicina del resto vi sono diverse scuole di pensiero e gli effetti di un approccio piuttosto che di un altro alla malattia sono solo statisticamente ipotizzabili prima di attuarli concretamente perchè l'uomo non è una macchina da riparare, ma un individuo unico che può rispondere o non rispondere a differenti sollecitazioni in differenti momenti della sua esistenza.

In questo senso ogni tipo di psicoterapia conta pazienti soddisfatti e pazienti insoddisfatti, come ne conta ogni tipo di intervento medico.

Venendo alla questione della cura della depressione, una serie di recenti studi dimostra che l’effetto placebo è una componente essenziale dell’efficacia degli antidepressivi SSRI, poiché oltre l’80% del loro effetto è dovuto a fattori psicologici (placebo):

“cosa hanno trovato Kirsch e i suoi collaboratori? Hanno trovato che il miglioramento dovuto al placebo aveva una dimensione pari all'82%, e quindi che solo il 18% della risposta positiva era dovuta all'SSRI, la rimanente tutta al placebo. Un altro modo di dire la stessa cosa è che solo il 10-20% dei pazienti depressi che migliorano sente l'effetto del farmaco (da cui ne consegue che l'80-90% sente solo l'effetto placebo)”
(da http://www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/ruoloter/rt112-09.htm)

Proprio perché il fattore psicologico è intrinseco e determinante quando parliamo di disagio psichico, chi è fermamente convinto che il proprio calo dell’umore sia un problema fisico ricaverà maggiori effetti positivi dall’assunzione di un farmaco.
Probabilmente questa è la sua strada non perché sia quella in assoluto più efficace, ma perché credere di avere un problema organico la predispone sicuramente a beneficiare di quell’alta percentuale di efficacia del farmaco dovuta all’effetto placebo che può consentirle di sconfiggere la sua depressione se si sottoporrà ad una cura di questo tipo.

#14
Ex utente
Ex utente

Gentile dottoressa, posso parlare solo della mia esperienza e, pur capendo la spiegazione sull'effettto placebo, non penso sia il mio caso. Ho provato vari farmaci ssri e mi sono trovato bene solo con tipo di farmaco. Se si fosse trattato di solo effetto placebo, anche gli altri farmaci avrebbero funzionato, dato che il mio eventuale e generale atteggiamento "ottimista" verso il farmaco avrebbe dovuto interessare tutte i farmaci. Io credo che il farmaco che prendo sia in grado di risolvere lo scompenso chimico che si è instaurato in me. Mi affido alla scienza e la chimica mi dà una spiegazione scientifica che ritengo quella giusta per me. L'effetto placebo esiste, per carità; anzi anche quella, in fondo è chimica autoprodotta... se vogliamo. Ma non mi sembra il mio caso. Una cosa a favore della spiegazione psicologica la posso però dire nel mio caso.La depressione che mi è venuta, frutto di tale problema chimico nel mio cervello, ha probabilmente avuto origine da traumi e vissuti negativi dell'adolescenza. Ora si potrebbe pensare di risolvere questi problemi del passato con la psicoterapia, proprio perchè hanno un'origine psichica. Forse sì, ma il problema poi diventa chimico e la chimica esiste anche per aiutarci (ci lavorano migliaia di ricercatori).

#15
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

"La depressione che mi è venuta, frutto di tale problema chimico nel mio cervello, ha probabilmente avuto origine da traumi e vissuti negativi dell'adolescenza"

Caro Utente,

se la sua depressione origina da cause che lei ben conosce, risalenti alla sua adolescenza, il lavoro psicoterapeutico dovrebbe essere agevolato da questa consapevolezza.

La reazione del cervello al trauma psicologico è sicuramente di natura biochimica, trattandosi di un organo del nostro corpo, ma agire su questo squilibrio significa rincorrere gli effetti e non occuparsi delle cause (indipendentemente dal livello di approfondimento che diversi tipi di psicoterapia propongono).
Questo non significa che non possa assumere per tutta la vita un farmaco che ristabilisce un equilibrio, ma che se si considera ancora un depresso nonostante sia sotto terapia farmacologica non è probabilmente davvero soddisfatto di questa soluzione.

I motivi per i quali la psicoterapia non ha avuto nel suo caso l'effetto sperato possono essere molteplici (terapia sbagliata o abbandonata troppo presto, terapeuta sbagliato per lei, momento sbagliato, motivazioni insufficienti nonostante il malessere, significato non decodificato del disturbo nel suo ambiente di vita ecc.) e potrebbe ripensare a questa strada, ma ha in ogni caso tutto il diritto di assumere per sempre il farmaco che la fa stare meglio, purchè lo faccia sotto controllo medico.

#16
Dr.ssa Paola Dei
Dr.ssa Paola Dei

Gentile utente lil suo contributo è prezioso pur tuttavia ci sono dei punti sui quali occorre fare il punto. Non so dove ha trovato la parola placebo nel mio intervento, fuori da ogni grazia di Dio rispetto a ciò che penso io. La psicoterapia è una scienza a tutti gli effetti non un placebo, occorrono anni e anni di studio e continuo aggiornamento, è nata per curare le nevrosi laddove spesso, con un pensiero folle frutto anche dei ritmi frenetici della società attuale, si ritiene di poter ovviare a mancanza di affetto, dolori emotivi, bassa autostima,con una pillola. Detto questo io sono la prima ad inviare i pazienti dagli psichiatri nei casi che esulano dalle nevrosi, anche se nei casi più gravi e sui quali la scienza non ha ancora risposte definite è consigliabile la collaborazione in Team. Gli psichiatri sono grossi punti di riferimento e questo nessuno lo nega ma qui stavamo parlando di psicoterapia.
Detto questo esistono depressioni e depressioni, ci sono quelle reattive ad eventi dolorosi, ci sono quelle più chimiche e soltanto una buona diagnosi può indirizzare più verso la psichiatria o la psicoterapia. Non si può prescindere dalla diagnosi che non risponde affatto ai principi del placebo ma a quelli dell scientificità.
Riguardo alla depressione per la quale lei indica efficace la psicoterapia comportamentale ho seri dubbi, persino la scienza indica la terapia cognitivo-comportamentale molto efficace in tutti quei disturbi che non necessitano di grandi elaborazioni e indagini, vale a dire nei disturbi di ansia, nelle fobie, etc, ma no di certo nella depressione dove un'indagine nel profondo è quanto di meglio, a mio avviso si possa fare.
Detto questo ribadisco il punto che nessuno mi pare intende leggere nel giusto modo e che poi è quello che sostiene la tesi del collega Pozzi che trovo utilissima e lttima. Mi sono inserita per sostenerlo e ampliare la sua Tesi. Visto che con parole semplicissime e chiare non mi si comprende, ci provo con una fiaba e mi fermo qui perchè dopo averlo detto con tutti i linguaggi devo pensare, come sosteneva mio padre, che c'è qualcosa che impedisce di comprendere e davanti alla quale mi devo fermare per non occupare tutta la mia giornata su Medicitalia. Io come paziente di altre specialità quando cerco uno specialista, desidero trovare una persona scientificamente preparata, onesta, aggiornata, e densa di umanità. Non mi basta il foglio della Laurea appeso al muro, ma ognuno è libero di fare ciò che vuole. Forse lei è un amico dei colleghi che sostengono altre tesi o si è trovato bene con i cognitivi-comportamentali..o è lei un cognitivo-comportamentale nelle vesti di paziente! .Ottimo, conferma quanto sto e stiamo di endo in molti e cioè che tutte le terapie sono efficaci se a farle è una persona di cui ci fidiamo e dotata di quella pietàs imprenscindibile nelle professioni di aiuto
Questa è una favola che mi dedicò una paziente molti anni fa, ed è scritta in due miei libri, è la storia del Principe Gallo
Un principe bellissimo si ammalò di uno strano disturbo e da quel momento iniziò a beccare anzichè mangiare come tutte le persone. Per la vergogna si rifugiò nella cantina del castello e i genitori preoccupati chiamarono i grandi saggi del Reame.
Essi senza scendere nella cantina fecero grandi diagnosi e supposizioni prescrivendo delle cure che però non ebbero alcun effetto. Fu consigliato ai genitori, il Re e la Regina, di scendere in cantina e di parlare con il figlio da fuori della porta. Iniziò il padre e tentò con il linguaggio del potere di farlo uscire ma non ci riuscì, provò la madre con l'effetto ma non riuscì, provò la sorella con il ricatto affettivo ma non riuscì, provò il fratello maggiore e dopo di lui gli amici ed altri parenti, ma nessuno ottenne l'effetto desiderato.
A quel punto il fratello minore disse: Siete rimasti tutti fuori dalla porta, io entrerò da lui e beccherò con lui facendo i chiudere dentro con lui che nasconderà la chiave per uscire anche involontariamente.
I genitori preoccupati di perdere anche il figlio minore lo esortavano a non andare ma lui li rassicurò dicendo: Ho sofferto anch'io in un periodo della vita ed ho beccato come lui, però grazie al dolore ho cercato il modo per smettere di beccare ed uscire dalla cantina..Dopo aver perduto la chiave ho trovato un passaggio segreto ed è da lì che farò uscire mio fratello. So come farlo smettere di beccare e so da dove uscire.
Bene, dopo essere entrato nelle profonità della cantina fu l'unico che portò fuori il fratello guarito.
Il fratello minore non era nè un grande saggio che aveva fatto la diagnosi dall'altro nè un cognitivo-comportamentale, nè uno psicoanalista, ma era tutto questo insieme ma soprattutto ciò che aveva in più degli altri era coraggio, umiltà e l'aver attraversato strade e dolori che gli fornivano un bagaglio di umanità che unito alla conoscenza di passaggi segreti lo rendevano insostituibile.
Potrei farla parlare con tantissime persone affette da disturbi curati da terapeuti cognitivo-comportamentali che dopo si sono rivolte alla psicoanalisi che dopo i sono rivolte alla psicoanalisi e di contro molte altre che ha no fatto il percorso inverso e le guerre fra "poveri" non mi sono mai piaciute. Ognuno di noi fa del suo meglio ma mettersi a dire "io c'è l'ho più lungo" non va bene affatto, così come eliminare la persona. La terapia è il terapeuta.
Credo che un tratto narcisistico non sia adatto per curare le depressioni di qualunque tipo siano, credo che occorra lavorare in Team senza sciocche dicotomie e ritengo tutte le psicoterapie efficaci, come sostiene il caro collega Pozzi, che dobbiamo ringraziare per l'opportunità di discutere ancora una volta di empatia. E grazie a lei che ci ha fornito una testimonianza preziosa.
Con mille auguri

#17
Dr.ssa Paola Dei
Dr.ssa Paola Dei

P.S.
Riguardo alla scientiicità della psicoterapia, sapeva che dopo una psicoterapia si possono verificare mutazioni visibili con la Risonanza Magnetica? E sapeva che l'emissione di sostanze chimiche è correlata con eventi e situazioni che accadono nella vita oltre allo stile di vita ed alla genetica? Scariche di adrenalina, cortisolo, insulina, acetilcolina sono sono alcuni esempi di queste sostanze, certo occorre sapere come fare, dove, come, quando, e non andare a caso, questo è ovvio....
Parlare di EMPATIA è ben altro che parlare di effetti placebo!
Concordo con molte delle cose che sostiene la collega Massaro così come con la collega Pileci e molti altri. Uniti per curare non per fare le gare...

#18
Ex utente
Ex utente

X la d.ssa Dei: ho fatto riferimento al placebo in risposta al commeno della d.ssa Massaro. Non ho mai scritto che la psicoterapia è placebo. Di sicuro però la psicoterapia non è una scienza in senso stretto. E' vero che ci vogliono anni e anni di studio per diventare psicoterapeuta, ma anche per diventare economista (io lo sono). Eppure sia l'economia sia la psicologia non sono scienze, come invece lo sono la chimica, la fisica ecc...
Detto questo, rispondo alla d.ssa Massaro.
Parlando sempre della mia epserienza, posso dire che è molto probabile che la mia depressione sia originata da traumi adolescenziali, episodi non ben vissuti ecc...
A questo punto che si fa per guarire? Io ho trovato la soluzione: il farmaco... e solo un tipo, solo una ben specifica sostanza. Sapere e rielaborare le probabili cause della mia depressione non mi ha aiutato e non mi aiuta a rimettere a posto la chimica del mio cervello. Sono passati tanti anni e inoltre il cervello stesso si è abituato ad avere una certa quantità di serotonina. E' una situazione cronica su cui la psicoterapia (ormai) non può nulla.
Saluti.

#19
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Gentile utente se lei è convinto che la psicoterapia non possa nulla, così sarà per lei ed è meglio continuare a prendere il farmaco.

Per quanto attiene la scientificità andrebbero, a mio avviso distinte la psicoterapia dalla psicologia: mentre la seconda è a tutti gli effetti considerata una scienza, per la prima la questione è molto più controversa.

Rispondo anche anche a qualche collega che insiste nel presentare come valido un unico modello di scienza, quello cioè che si rifà ad una prospettiva medico-psichiatrica che con la psicoterapia non ha nulla a che fare e che però, storicamente è stato largamente utilizzato negli studi sull'efficacia ed efficienza delle terapie cognitivo-comportamentali.

#20
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Sono d'accordo con Lei Dr. Raggi. Psicologia e psicoterapia vanno distinte. Soprattutto bisogna evitare di confondere malesseri psichici con entità nosologiche e trasporre arbitrariamente il linguaggio medico al campo della psicoterapia.

E sì, caro De Vincentiis, mi dispiace per te ma l'unico a fare ideologia sei tu con il tuo scientismo pretenzioso.

#23
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Io mi occupo di Lei.

#27
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

D.ssa Dei,
Tu hai scritto:

>>> devo tuttavia staccare un attimo la spina dal mentale e dal cognitivo per porre l'attenzione su quegli effetti magici che una riuscita empatia è capace di smuovere
>>>

Ribadisco: l'empatia non solo non risolve tutto, ma in alcuni casi può persino essere deleteria. Questo almeno da un punto di vista strategico.

L'empatia è uno strumento come altri, che il terapeuta può usare o dosare a seconda dei casi. L'essenziale è che il paziente CAPISCA e SENTA che il terapeuta ha capito il suo problema ed è capace d'intervenire, non che sia una persona "densa di umanità" a prescindere.

Alcune volte ai pazienti non interessa l'umanità, interessa guarire. Altre volte interessa l'umanità, ma dargliela non gli rende un buon servizio. Altre volte credono di non averne bisogno, e invece dandogliela li si aiuta.

Se anche tu intendevi pressappoco questo, allora avevo inteso male.


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