Condroprotezione e terapia infiltrativa nel dolore artrosico

Revisione Scientifica:

tiziano.villa

L'artrosi storicamente veniva definita come una affezione cronica, degenerativa, progressiva e non infiammatoria delle articolazioni e questa definizione viene ancora spesso riportata in molti testi, finanche in letteratura.

La Condroprotezione

L'artrosi storicamente veniva definita come una affezione cronica, degenerativa, progressiva e non infiammatoria delle articolazioni e questa definizione viene ancora spesso riportata in molti testi, finanche in letteratura.

L'artrosi non è una semplice malattia degenerativa delle cartilagini articolari, ma una risposta complessa a una serie di fattori tra loro interdipendenti. Nella medicina moderna è principio assodato che la patologia artrosica debba essere valutata attraverso la ricerca, coniugazione ed integrazione delle conoscenze morfo-funzionali, ultrastrutturali, biochimiche e immunologiche del microambiente articolare nel contesto della patologia globale dell’articolazione in una visione unitaria che identifica l’artrosi non più come un puro processo degenerativo bensì come l’espressione patologica dell’usura, della flogosi e dello squilibrio immunologico articolare (1).

Le strutture che compongono l’ambiente articolare - cartilagine articolare, membrana sinoviale, liquido sinoviale, osso sottocondrale - godono infatti di una anatomica complementarietà meccanico-funzionale sia a livello macroscopico che microscopico e molecolare. Quest’ultimo livello di integrazione funzionale prende il nome di microambiente articolare (2).

 

Il microambiente articolare

Il microambiente articolare è dato, infatti, dall’insieme delle interazioni fra cartilagine articolare, membrana sinoviale e liquido sinoviale che condizionano il trofismo e il mantenimento delle superfici cartilaginee ma, in condizioni patologiche, il suo squilibrio consente la formazione del danno articolare ponendo le basi necessarie all' insorgenza, sviluppo e progressione dei fenomeni artrosici.

Il condrone, descritto da Benninghoff nel lontano 1925, è l’unità morfo-funzionale elementare della cartilagine nella quale, intorno al condrocita, gli elementi strutturali e ultrastrutturali conferiscono la plasticità e flessibilità necessari a sopportare le modificazioni micro-biomeccaniche indotte dalle sollecitazioni di carico e al condrocita la possibilità di mantenere il valore di posizione ottimale richiesto per contrastare efficacemente il carico esercitato sulla struttura cartilaginea stessa. La flogosi nell’artrosi va interpretata come mancato riconoscimento dei prodotti catabolici di disfacimento della matrice cartilaginea - evento legato all' usura indotta dal lavoro e dall'invecchiamento tissutale - da parte dei macrofagi e dei linfociti, cellule dell'immunità, fungendo pertanto da “stimolo antigenico" in grado di innescare una risposta sinoviale di tipo autoimmune. (3)

La Scienza Medica ha dimostrato la possibilità di riparazione del danno articolare attraverso l’espansione in vitro di condrociti autologhi con successivo autotrapianto, ma si è ancora ben lontani dalla rigenerazione completa della cartilagine ialina nella sua organizzazione condronica. Assume perciò grande rilevanza la condroprotezione articolare. (Prof Emerito F.Pipino)

 

La protezione articolare come trattamento non chirurgico

Il concetto di protezione articolare, inizialmente limitato a una serie di procedure fisioterapico-riabilitative di ottimizzazione del gesto e della funzionalità articolare, è stato rivoluzionato dalla scoperta, da parte dell'industria Farmaceutica, di alcune sostanze dotate di proprietà modulative sull'evoluzione dei processi artrosici.

È importante ricordare come la terapia medica di protezione articolare e la chinesiterapia mirata debbano essere utilizzate in combinazione per un risultato sinergico e duraturo. Infatti, la corretta attivazione muscolare permette all’articolazione una corretta cinematica con conseguente ridotto traumatismo articolare. Il medico, infatti, non deve limitarsi al trattamento della singola articolazione affetta da patologia degenerativa ma contribuire fattivamente, attraverso un approccio combinato in equipe, alla ricostruzione e al ripristino degli schemi motori alterati, espressione di alterata funzione motoria da risposta compensatoria antalgica.

La protezione articolare, in una visione più globale, deve essere considerata come un insieme di strategie finalizzate alla riduzione dello sforzo articolare, sia per ottimizzazione del gesto tecnico e prevenzione dei sovraccarichi funzionali, ma anche attraverso una revisione dello stile di vita e dell'alimentazione, prevenzione e cura delle patologie.

Non è ancora possibile stabilire un nesso causale tra l'insorgenza di manifestazioni degenerative del manto condrale o alterazioni del microambiente articolare (come ad esempio l'acidificazione del liquido sinoviale nelle diete iperproteiche) e l'alimentazione anche se si stanno sviluppando numerose teorie ed esistono molto probabili correlazioni tra l'alimentazione e fattori predisponenti lo sviluppo della patologia artrosica. Ne deriva pertanto l'importanza della terapia integrativa, attraverso la periodica assunzione per via orale di condroprotettori sistemici, per ottimizzare e garantire il giusto e bilanciato apporto dei microelementi necessari al mantenimento dell'omeostasi del microambiente articolare e dunque ridurre le probabilità che la patologia artrosica possa manifestarsi.

 

Fisiopatologia dell'artrosi - cenni

É oramai accettato che il primum movens della cascata artrosica e delle relative alterazioni tipicamente osservabili sia ascrivibile a una turba metabolica del condrocita o alla sua interazione con il microambiente (4-5), mentre le alterazioni dell' osso subcondrale siano un evento più tardivo. La cartilagine articolare è formata da una matrice extracellulare, prevalentemente composta da fibre di collagene ed elastina che sono immerse in un fluido viscoso di glicosaminoglicani e proteoglicani e una matrice cellulare. Contrariamente a quanto ipotizzabile, l'ambiente acellulare costituisce circa il 98% del volume totale della cartilagine articolare, mentre il rimanente 2% è limitato alla specifica cellularità. L'interazione tra il complesso tessuto acellulare e cellulare determina le proprietà biomeccaniche e reologiche della cartilagine che sono condizionate e vincolate necessariamente all'integrità di questa peculiare e sofisticata struttura e dall'armonica composizione delle matrici.

La distruzione enzimatica delle matrici extracellulari legata al divenire dei processi artrosico-degenerativi innesca, mantiene e sostiene le alterazioni regressive della cartilagine con conseguente riduzione della sintesi dei proteoglicani e del collageno che si traducono in una perdita di resistenza alle forze di compressione. L' alterata risposta biomeccanica tissutale come conseguenza della sovversione della formula compositiva del microambiente contribuisce efficacemente nel sostenere la regressione strutturale cartilaginea e dunque il danno articolare e l'evolutività dei processi patologici.

Le alterazioni funzionali della cartilagine per compromissione delle proprietà biomeccaniche e i processi flogistici indotti causano una risposta biologica dell'osso subcondrale; tendenzialmente questo processo è orientato verso una marcata proliferazione ossea che si manifesta con osteofitosi e osteo-sclerosi subcondrale, normalmente definita artrosi ipertrofica, o verso un deterioramento per alterazione strutturale dei capi articolari, con cedimenti, demineralizzazione, osteofitosi modesta o assente, scarsità o mancanza d’addensamento osseo reattivo, in un quadro meno frequente di artrosi atrofica.

Il tessuto cartilagineo articolare maturo è sprovvisto di vasi sanguigni e linfatici, di fibre nervose e di membrana basale e la sua nutrizione avviene prevalentemente per diffusione dal liquido sinoviale articolare e, solo in piccola parte, dai vasi ossei subcondrali; questo fa sì che il blocco del meccanismo di diffusione porti inevitabilmente alla compromissione del manto cartilagineo e articolare.

 

Il dolore artrosico

Il filo comune che spinge il paziente a sottoporsi a una valutazione Medica Specialistica è il Dolore, più che la limitazione funzionale. Questo sintomo può manifestarsi elettivamente in alcune condizioni specifiche, anche se non è infrequente osservare diverse combinazioni. Si identificano infatti forme algiche "da carico" in cui lo stimolo nocicettivo è legato prevalentemente a fattori meccanici oppure "da avvio" per aumentato attrito interno delle superfici condrali tali da determinare maggiore fatica all'inizio del movimento, anche se non è infrequente un dolore "osteocopo", tipicamente notturno in cui le manifestazioni dolorose sono prevalentemente connesse alla presenza di edemi ossei e da aumentata pressione endo-midollare secondaria all'alterata distribuzione dei carichi. Infine, il dolore che si manifesta anche "a riposo" è espressione di artrosi in fase florida con reazione flogistica articolare o periarticolare marcata. La discriminazione del dolore e della sua "anamnesi" è importante per il clinico al fine di valutare l'entità e la progressione del processo degenerativo.

La non completa efficacia dei farmaci antinfiammatori non steroidei suggerisce l'esistenza di una sensibilizzazione nervosa centrale e periferica, oltre ad altri numerosi fattori legati alla formazione di edemi, congestione vascolare sinoviale e dell' osso sottocondrale, la produzione di osteofiti marginali, ma anche a cause extrarticolare riconducibili all'espansione dei processi flogistici e degenerativi delle strutture capsulo-ligamentose e tendinee, ma anche per l'affaticamento muscolare e comparsa di miocontratture antalgiche o di difesa, tipiche delle forme degenerative più avanzate. (6) Molti pazienti affetti da patologia artrosica presentano comorbidità come l'eccesso ponderale, il diabete mellito e vasculopatie che possono significativamente modificare e aggravare il naturale decorso della patologia ma anche agire negativamente sulla genesi del dolore. La sintomatologia lamentata trova inoltre correlazione ad una serie di ulteriori fattori socioeconomici e psicologici che devono essere accuratamente ponderati nel contesto valutativo della malattia nel paziente. (7)

 

Reversibilità limitata del rimaneggiamento artrosico

Il danno condrale, entro certi limiti, non è irreversibile e i fenomeni artrosici possono essere efficacemente modulati. La somministrazione prolungata di glucosamina e condroitinsolfato si è dimostrata in inizialmente in grado di ostacolare la degenerazione discale iniziale (8) e, grazie all'evoluzione tecnologica, capace di rendere i preparati più facilmente assimilabili e veicolabili all' interno dell' organismo; allo stato attuale tali preparati possono garantire un supporto fattivo nella modulazione del microambiente articolare anche nelle articolazioni, a livello sistemico. Le terapie farmacologiche a base di antinfiammatori non steroidei, anche a basso dosaggio riducono certamente la flogosi e dunque il dolore ma, inducendo danno d'organo, non possono essere cronicamente assunte senza comportare un concreto rischio per la salute del paziente anche in virtù delle probabili comorbidità che si possono riscontrare connesse con il fisiologico invecchiamento. Le condizioni pre-artrosiche da causa articolare o extraricolare possono essere corrette attraverso procedure medico-chirurgiche o riabilitative, ma il vero principale presidio largamente validato è da ricercarsi nell'infusione intrarticolare di acido ialuronico mediante terapie infiltrative la cui efficacia è largamente comprovata da numerosi studi internazionali da oltre 25 anni. (9)

 

Le terapie nelle condropatie iniziali

Esistono condizioni pre-artrosiche sicure, da patologia articolare, come osservabile facilmente nella pratica clinica ovvero nel trattamento degli esiti di fratture articolari con compromissione del piano osteocondrale, nelle malattie metaboliche come la condrocalcinosi, nell’osteo-necrosi, nelle lesioni delle strutture articolari o nei casi di instabilità capsulo-ligamentosa in cui la scarsa congruenza articolare sia in grado di generare microtraumatismi ripetuti anche in occasione dell'adempimento alle ordinarie attività. Non sono tuttavia da dimenticare le condizioni preartrosiche da cause extra-articolari come osservabile nei difetti degli assi meccanico-funzionali degli arti inferiori o nei mal-allineamenti dell’apparato estensore quadricipitale in cui il vizio funzionale si traduce in una mal distribuzione dei carichi tale da creare ipersollecitazione in alcune superfici osteocondrali e dunque usura precoce e degenerazione. L'obiettivo cardine dei condroprotettori è da ricercarsi nella modulazione in senso favorevole dei fattori microambientali che governano il processo artrosico nel medio termine ma nel contempo possono agire efficacemente sul controllo del dolore e dell'infiammazione per salvaguardare il trofismo articolare e dunque restituire all'articolazione la funzionalità necessaria all'espletamento delle attività quotidiane o lavorative sino alla restituzione di una certa mobilità allorché la funzione sia perduta (10), garantendo altresì un elevato profilo di sicurezza circa i profili di tossicità e possibilità di essere assunti per lunghi periodi o a somministrazioni ciclicamente scadenzate.

 

Terapia medica non farmacologica dell'artrosi

La somministrazione di glicosaminoglicani Solforati come il condroitinsolfato, la glucosamina o non solforati – Acido Jaluronico e la somministrazione di preparati omotossicologici- fitoterapici, si è dimostrata efficace nella modulazione dei fenomeni artrosici e nel contenimento dei sintomi legati alla degenerazione artrosica. (11-12-13-14-15). Il condroprotettore, per configurarsi come tale, deve contribuire fattivamente nella inibizione dei processi degenerativi della cartilagine, stimolando il trofismo e il metabolismo condrocitario, garantendo e favorendo il mantenimento della caratteristiche reologiche del liquido sinoviale, stimolando altresì la sintesi condrocitaria e sinoviocitaria di acido ialuronico, proteoglicani e collagene, necessari al mantenimento dell' omeostasi del microambiente articolare.

 

Terapia infiltrativa

La terapia iniettiva intra-articolare nell’artrosi consiste nell’iniezione intra-articolare di farmaci cortisonici eventualmente in associazione a preparati anestetici locali, preparati omotossicologici e l'acido ialuronico. Con riferimento specifico alla capacità di ridurre la manifestazione dolorosa l'infusione di un preparato corticosteroideo depo, specie se in associazione ad un anestetico locale, determina un miglioramento immediato del quadro clinico-sintomatologico, anche se la loro efficacia sulla capacità modulativa positiva della patologia non è stata ancora accettata. É da ricordare l'importante azione catabolica e litica del principio attivo, per questi motivi il loro utilizzo è sconsigliabile nell'artrosi atrofica, nell'artrosi erosiva, nell'artrosi dell'anca per il rischio di necrosi asettica e laddove siano presenti plurime formazioni geodiche in quanto potrebbero causare ulteriore danno articolare.

L'acido Ialuronico è un Glicosaminoglicano, formato da una lunga sequenza di acido glicuronico e N-acetilglucosamina, zuccheri semplici capaci di formare legami determinanti una molecola lineare, flessibile e polare per le loro proprietà elettrostatiche, tali da garantire una elevata idrofilia e dunque un alto livello di idratazione, necessario alla protezione dalle sollecitazioni meccanico-fuunzionali a cui sono sottoposte nel contesto articolare. L’acido ialuronico è il principale responsabile delle caratteristiche viscoelastiche del liquido sinoviale. Il peso molecolare e la concentrazione di acido ialuronico nel liquido sinoviale sono diminuiti nelle forme artrosiche in risposta al versamento endoarticolare che si viene a creare nelle fasi di recrudescenza, come conseguenza della degradazione dell' acido ialuronico nel liquido sinoviale e nella sua alterata sintesi.

L'incremento della concentrazione di acido ialuronico nel cavo articolare, ottenibile mediante infiltrazione diretta del preparato, contribuisce, con evidenza scientifica, a stabilizzare la funzione articolare, a formare una barriera meccanico-funzionale ovvero soppressione ai meccanismi di adesione e aggregazione neutrofila, a svolgere una azione antinfiammatoria e antidolorifica per interferenza con recettori algogeni, spegnimento delle metalloproteasi, enzimi coinvolti nella degenerazione del manto condrale e modulazione positiva dei mediatori coinvolti nel processo flogistico, oltre a una efficace modulazione positiva sull'attività sintetica dei sinoviociti e condrociti e inibizione dei meccanismi di apoptosi. É stato infatti dimostrato che lo ialuronato ottimizza lo stato di lubrificazione con conseguente transitorio recupero delle proprietà reologiche condrali per riduzione del coefficiente di attrito interno, particolarmente elevato nell’artrosi.

L'iniezione intra-articolare dell’acido ialuronico è spesso riferita come viscosupplementazione, per indicare la primaria intenzione di ovviare all'aumentato attrito articolare: tuttavia al farmaco spettano importanti azioni regolatorie ampiamente studiate e dimostrate (16-17).

In sintesi, l'acido Ialuronico agisce efficacemente nell'aumentare in maniera fattiva la produzione endogena dei costituenti della matrice condrale, stimolando la funzione dei sinoviociti e condrociti prevenendo altresì la loro apoptosi, nella formazione di una barriera meccanica contro l’attivazione degli enzimi responsabili del degrado articolare e delle fibre coinvolte nella genesi del dolore e sui mediatori dell'infiammazione, ripristinando inoltre la viscosità del fluido sinoviale. Si comporta come immunomodulatore e inibisce, con effetto concentrazione dipendente, l’attività dei mediatori dell'infiammazione. Si configura pertanto come vero condroprotettore, se utilizzato precocemente. (18-19-20-21-22-23-24-25-26-27)

 

Ma non è meglio operare?

In passato, le lesioni degenerative del menisco venivano trattate mediante menisectomia radicale. L'evoluzione delle tecniche chirurgiche e degli studi di biomeccanica e molecolari hanno evidenziato come fosse meglio eseguire trattamenti mininvasivi di meniscectomia selettiva. Ma, allo stato attuale, le lesioni meniscali sono da trattare in artroscopia o mediante cure conservative? La letteratura è oramai concorde che nei pazienti over 60, con lesioni degenerative del menisco, senza evidenze radiografiche di osteoartrosi, i clinici dovrebbero valutare con più attenzione la possibilità di un trattamento conservativo con esercizi strutturati e supervisionati, in associazione alla terapia infiltrativa con acido ialuronico e condroprotettori sistemici, come alternativa all’intervento chirurgico. (28)

Il risultato è piuttosto sorprendente, visto che il ricorso all’artroscopia è oggi l’approccio più frequente. Tuttavia, già una recente metanalisi aveva rilevato un vantaggio modesto e di breve durata dell’artroscopia rispetto al trattamento non chirurgico e solo uno dei cinque studi randomizzati controllati inclusi avevano mostrato una più consistente riduzione del dolore a distanza di un anno. (29-30-31-32)

 

Il futuro: la medicina rigenerativa

La bioingegneria medica e ortopedica ha prodotto nuovi devices per il trattamento delle lesioni condrali in pazienti non responsivi alle ben citate terapie conservative validate, ma allo stesso tempo non candidabili a chirurgia sostitutiva, laddove il trattamento protesico articolare interno rappresenterebbe una forzatura nelle indicazioni terapeutiche della patologia specifica nel singolo paziente.

Nella pratica clinica moderna, per il trattamento di condropatie di grado medio-avanzato, l'infusione di cellule staminali prelevate da tessuto adiposo sembra essere l'ultima frontiera per la ristrutturazione del micro-macro ambiente articolare, sempre in associazione alle terapie infiltrative con acido ialuronico. Le cellule staminali dell'adulto sono infatti ubiquitarie. Grazie alla ricerca costante e metodica, si è scoperto che il sito di prelievo più accessibile non è rappresentato dal midollo osseo, bensì dal tessuto adiposo addominale. Da questa sede, le nicchie stromali possono essere facilmente prelevate mediante microliposuzione, facilmente processate e reinfuse nella cavità articolare da trattare, al fine di indurre il tessuto danneggiato a una rigenerazione. Contrariamente a quanto si possa ipotizzare, il tessuto adiposo è fisiologicamente presente nelle articolazioni e particolarmente rappresentato nel ginocchio e nell'anca e concorre in maniera cruciale nel mantenimento dell'omeostasi del microambiente articolare oltre a contribuire all'economia della cinematica articolare. Il tessuto adiposo articolare, specie nell' anca e nel ginocchio, manifesta una spiccata propensione nel trasformarsi in tessuto cartilagineo, sotto l'effetto di opportuni e complessi stimoli, che vengono amplificati con la procedura. Sono comunque necessari ulteriori studi clinici per valutare l'efficacia a medio-lungo termine del trattamento, anche se i risultati finora ottenuti sembrano essere molto promettenti. (33-34-35-36-37-38)

 

Bibliografia

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Data pubblicazione: 16 aprile 2018

Questo articolo fa parte dello Speciale Salute Benessere Osteoarticolare 

Autore

tiziano.villa
Dr. Tiziano Villa Ortopedico

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 2009 presso Università degli Studi di Milano Bicocca.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Monza-e-Brianza tesserino n° 3307.

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