I farmaci, la fertilità, la funzione sessuale

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Talvolta il medico e ancor più l’andrologo si trova difronte al problema di determinare la ragione di una disfunzione sessuale e/o di una disfertilità maschile, ma non riesce a focalizzare al meglio la ragione in quanto trascura un eventuale percorso terapeutico svolto dal paziente in un tempo relativamente recente o che sia ancora in corso, ritenendo il o i farmaci non influenti sulla funzione sessuale e/o sulla fertiltà, o in quanto il paziente non riferisce l’uso dei farmaci ritenendoli anch’egli non influenti.

Le schede tecniche ufficiali dei farmaci spesso non sono di aiuto ad identificare con chiarezza gli effetti negativi sulla funzione sessuale e/o sulla fertilità maschile (molto invece si trova in relazione a quella femminile, in particolare sulla gravidanza), anche in ragione del fatto che tali effetti vengono poco accertati e seguiti nel tempo.

Tali effetti frequentemente non sono propri del farmaco in sé, ma sono legati alla dose assunta e all’arco di tempo di assunzione; soprattutto l’arco di tempo può divenire importante quando il farmaco viene assunto per molti mesi o anni per quanto a dosi relativamente moderate o basse.

Un altro aspetto posto in evidenza è l’effetto della combinazione dei farmaci: a volte presi in sé non producono problemi ma quando sono associati i problemi nel medio e lungo periodo emergono.

Altrettanto possono accentuare e/o indurre un effetto negativo le disfunzioni coesistenti sessuali e spermatiche non evidenziate o le disfunzioni oggetto del trattamento farmacologico o lo stile di vita del paziente (nutrizione, stress, fumo, alcool, ecc.).

Infine possono emergere effetti negativi indiretti, quindi più difficili da valutare ed evidenziare, legati alle interferenze con gli assi neuro-endocrini.

Su tale tema è stato pubblicato nel numero di luglio 2017 di Andrology un imponente studio di revisione, svolto sulla letteratura scientifica disponibile sino al maggio 2016, che pone l’attenzione alle azioni negative sulla funzione sessuale e/o sulla fertilità maschile, per le maggiori e più diffuse categorie di farmaci, escludendo i farmaci citotossici i cui effetti negativi sono ben noti e ben considerati in quanto richiedono sempre la prevenzione della funzione spermatogenica.

L’aspetto positivo per la gran parte dei farmaci è che gli effetti negativi sono reversibili e si ha un utile recupero della funzione sessuale e della fertilità dopo un discreto arco di tempo, soprattutto per la spermiogenesi, ma che può divenire anche decisamente lungo.

 

 

Gli Autori forniscono, oltre alla analisi dei dati, anche dei tabulati che consentono di avere una buona sintesi dei dati esistenti relativi alle differenti categorie di farmaci: i tabulati possono fornire un aiuto consistente per la verifica degli effetti negativi dei diversi gruppi di farmaci e per i più importanti singoli farmaci, nonché per alzare l’attenzione su farmaci ritenuti a scarso o nullo impatto sulla funzione sessuale e/o sulla fertilità, in ragione delle considerazioni svolte sopra. 

Emerge che a volte l’effetto negativo non ha un grande supporto di ricerca per quanto riguarda l’uomo, nonostante questo sussista nell’animale da esperimento (tipicamente il topo), ma ciò non toglie valore all’informazione e anzi dovrebbe spingere ad avere maggiore considerazione. Gli Autori infatti invitano non solo alla maggiore considerazione dei possibili effetti negativi sulla funzione sessuale e sulla fertilità, ma anche a porre in essere una più ampia ricerca sia clinica che sperimentale così da avere a disposizione dati aggiornati e sempre più completi.

In conclusione vanno sempre prese in considerazione le terapie passate da un tempo relativamente breve o in corso al paziente che si presenta con una disfunzione sessuale/spermatogenica, nonché è bene considerare azioni di prevenzione (la crioconservazione) per coloro ai quali debba essere assegnata una terapia di medio-lungo termine con farmaci anche solo con un impatto potenziale sulla funzione sessuale/spermatogenica. Per tali terapie si deve sempre tenere presente che spesso il recupero alla funzione richiede tempi non inferiori ai sei mesi e, anche in ragione di disfunzioni o di squilibri coesistenti (non ultime le patologie in trattamento), che i tempi possono divenire molto lunghi.

Anche i pazienti devono prendere coscienza di questi aspetti delle terapie che svolgono o che hanno svolto negli anni precedenti.

 

 

Riferimento:

Andrology 2017;5:640-663; DOI: 10.1111/andr.12366

 

 

Data pubblicazione: 11 agosto 2017

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