L'intimità impossibile: donne vergini adulte e matrimoni bianchi

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo

Le donne “vergini adulte”, sono molto più frequenti di quanto si possa immaginare. Nonostante viviamo in un momento storico di sovraesposizione a stimoli sessuali, caratterizzato da un eroticità facile e precoce, esiste una disfunzione sessuale detta vaginismo, silente e soprattutto invalidante.

Il vaginismo, recentemente sparito dal DSM V ed omologato alla vulvodinia, è caratterizzato da uno “spasmo involontario” della muscolatura del terzo esterno della vagina, il quale ostacola ed impedisce ogni forma di penetrazione, dal dito, allo speculum del ginecologo, fino ad arrivare al partner. La psico-sessuologia prosegue nelle ricerche e negli studi e soprattutto nella cura di questa disfunzione sessuale.
Un recente lavoro presentato a Milano al congresso dell’AISPA, (associazione italiana sessuologia applicata), il cui fondatore e referente scientifico è il Prof. Pasini, analizza le nuove classificazioni diagnostiche correlate a questa disfunzione.
I gradi del vaginismo sono cinque, valutabili in funzione dei muscoli coinvolti nello spasmo. (Dr.Bernorio).
Il quinto grado del vaginismo è sicuramente il più grave perché corrisponde ad uno spasmo generalizzato che investe “tutto” il corpo della donna, facendola transitare ad una condizione di rigidità corporea e psichica generalizzata.
Trattasi solitamente di donne che soffrono di vaginismo da sempre e la presenza di un’educazione rigida e sessuofobica, associata all’assenza di un fidanzato “affidabile e matrimoniabile”, contribuisce a cronicizzare il quadro clinico. Il sottofondo psichico che accompagna la donna durante questa disavventura dell’intimità, è sicuramente l’ansia e la paura.
Paura del dolore, paura di poter perdere il controllo e soprattutto un paura anticipatoria della paura stessa. In clinica bisogna però effettuare una scrupolosa diagnosi del vaginismo e differenziarlo da quella condizione più comunemente detta “matrimonio bianco”.
Il primo appartiene spesso solo alla donna, portato poi in “dote” alla coppia, il secondo è una condizione clinica molto più complessa e comprende la “compresenza” di un partner disfunzionale, cioè portatore di un deficit erettivo.
I due partners si scelgono in funzione delle loro disfunzioni, come se una sorta di radar inconscio li guidasse nella scelta dell’altro/a.
L’elemento centrale della loro “scelta d’amore/non amore” è la collusione, un potente meccanismo psichico che li rende alleati, complici ed indissolubili, nel mantenere le loro disfunzioni sessuali in vita.
Per il vaginismo, così come per tutte le altre disfunzioni sessuali, dobbiamo sempre analizzare: i fattori predisponenti, fattori precipitanti ed i fattori mantenenti , più la “storia del disturbo”.
L’intersezione di questi ambiti, necessita un ascolto attento e competente, per poter tracciare poi la “rotta terapeutica” da seguire al fine di restituire alla donna ed alla coppia la salute sessuale smarrita e la possibilità di diventare madre naturalmente.
Il vaginismo è sicuramente curabile, la sua cura però è imprescindibile dall’aspetto diagnostico e soprattutto dalla formazione dei clinici che se ne occuperanno. Ginecologo ed andrologo, nel caso di matrimonio bianco, diventano i referenti per la risoluzione di un quadro clinico così complesso, dove psiche/soma e coppia si intersecano con modalità indissolubili.

Suggerisco, per ulteriori approfondimenti, la lettura di questo canale salute: https://www.medicitalia.it/salute/psicologia/110-vaginismo.html

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Data pubblicazione: 21 novembre 2013

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