La trappola del pensiero puro: il disturbo ossessivo-compulsivo e la ricerca dell'impossibile
Il disturbo ossessivo-compulsivo come ormai ho avuto modo di ribadire in tutte le sezioni precedenti (Ossessioni un problema di forma parte II) è una condizione che affonda le sue radici nella struttura stessa del pensiero. Una delle sue caratteristiche più insidiose è la presenza di pensieri intrusivi, spesso percepiti come strani, bizzarri, illeciti o persino pericolosi. Tuttavia, ciò che distingue chi soffre di DOC non è la natura di questi pensieri che, in realtà, sono comuni a tutti gli esseri umani, ma la reazione che essi suscitano.
Nessuno ha pensieri puri
Per il "docher", ossia il portatore di DOC, questi pensieri rappresentano una minaccia alla propria integrità morale o mentale. La loro presenza viene interpretata come un segnale di qualcosa di profondamente sbagliato, un'indicazione che il pensiero stesso potrebbe essere una manifestazione di desideri latenti o inconsci. Questo porta a una lotta incessante per raggiungere una sorta di "purezza mentale", un ideale irraggiungibile in cui ogni pensiero dovrebbe essere immacolato, privo di qualsiasi dinamica illecita, perversa o aggressiva.
Ma qui sta il paradosso: il pensiero puro, in senso assoluto, non esiste. La mente umana è un flusso continuo di idee, immagini e ipotesi, molte delle quali non hanno alcun significato reale o intenzionale. La pretesa di eliminare completamente i pensieri indesiderati non solo è irrealistica, ma alimenta il ciclo ossessivo, rafforzando l'ansia e il senso di colpa. E soprattutto la logorante rimuginazione che è la vera essenza del DOC.
Accettiamo l'imperfezione
Accettare l'imperfezione del pensiero umano è il primo passo verso la liberazione dalla trappola del DOC. Riconoscere che tutti, senza eccezioni, sperimentano pensieri intrusivi può aiutare a ridurre il peso emotivo associato a essi. Invece di cercare di controllare o eliminare questi pensieri, il focus dovrebbe spostarsi sull'accettazione della loro presenza come parte naturale dell'esperienza umana.
In definitiva, la lotta del "docher" non è contro i pensieri stessi, ma contro un ideale irrealistico di purezza mentale. E forse, il vero atto di coraggio sta nel riconoscere che la mente, con tutte le sue complessità e contraddizioni, è già perfetta nella sua imperfezione.
Inoltre, la società stessa può contribuire a rafforzare queste dinamiche. Viviamo in un'epoca che spesso celebra la perfezione e la purezza in molte sfere della vita, che si tratti del corpo, della morale o persino del pensiero. Questo può rendere ancora più difficile per chi soffre di DOC accettare la propria imperfezione, poiché teme il giudizio o l'emarginazione.
Il viaggio verso l'accettazione mentale è una sfida, ma anche un'opportunità per riscoprire la bellezza della complessità e dell'imperfezione della mente. Dopo tutto, forse è proprio nell'accettazione della nostra umanità che risiede la vera libertà. Per i docher la vera libertà è rappresentata dall'accettazione dei propri pensieri "perversi" o "aggressivi" con la consapevolezza che sono solo ipotesi universali che ogni essere umano fa, per quanto possano essere grottesche, poichè partono in automatico al di fuori della nostra volontà e controllo.
E ancora una volta l'accettazione è il primo passo verso la guarigione. Un concetto che, nella pratica clinica, viene sempre confutato con argomenti del tipo: "ma come faccio ad accettare cose così brutte che mi passano per la mente?" La risposta è semplice: se non le accetti continuerai quella lotta estenuante contro la natura umana del tuo cervello senza mai vincere.
Qui un esempio di come smettere di lottare: Risolvere la rimuginazione ossessiva