Cancro della prostata poco aggressivo: la cosa migliore da fare è sorvegliarlo

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Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

 

Questa conclusione viene indicata, come una delle ultime novità scientifiche proposte in questi giorni a Milano alla Terza ConferenzaActive surveillance for low risk prostate cancer”, un Convegno Internazionale promosso dall'European School of Oncology con il supporto della Società italiana di urologia oncologica (SIUrO).

 

 

"Nel nostro Paese ancora troppi uomini con un carcinoma prostatico ricevono cure che possono avere severi effetti collaterali a carico della sfera sessuale, urinaria e rettale - ha ribadito Riccardo Valdagni, presidente della SIUrO - La sorveglianza attiva rappresenta una nuova opportunità e modifica l'approccio tradizionale che prevede quasi sempre un trattamento radicale dopo la diagnosi del tumore. In alternativa, invece di essere sottoposto a una delle terapie radicali come chirurgia, radioterapia o brachiterapia, il paziente con tumore indolente può essere sottoposto a esami e controlli periodici. Questo vale per tutta la vita o fino a quando la malattia non modifica le sue caratteristiche iniziali. Se la patologia cambia siamo in grado di interrompere il percorso osservazionale, intervenire tempestivamente e indirizzare il paziente al trattamento".

Il carcinoma prostatico è il tumore più diffuso tra gli uomini, in Italia l’anno scorso sono state segnalate 35.000 nuove diagnosi per questo tumore e quattro pazienti su dieci, come dimostrato anche da diverse ricerche internazionali, possono essere seguiti e monitorati solo attraverso una sorveglianza attiva che non riduce le possibilità di una futura guarigione e soprattutto non abbassa la qualità di vita del maschio, colpito da tale neoplasia.

Come ha giustamente affermato anche Giario Conti, segretario della SIUrO: ”Per molti pazienti è difficile da accettare l'idea che non si intervenga subito per rimuovere il tumore e quindi diventare invece un 'sorvegliato speciale'. Tuttavia, solo meno del 2% degli uomini monitorati abbandona il protocollo proposto e questo soprattutto per motivi legati all'ansia.” 

Per entrare in un protocollo di vigilanza attiva – ci dice ancora Valdagni - i pazienti devono presentare comunque caratteristiche cliniche ben precise, cioè il carcinoma deve avere piccole dimensioni, una bassa aggressività biologica e i pazienti devono essere disposti a seguire scrupolosamente tutti gli esami e le visite di follow-up proposti per monitorare la patologia”.

 

 

A questo proposito ora risulteranno utili tutte le indicazioni capaci di perfezionare i protocolli proposti, di arrivare ad una selezione più accurata dei pazienti, di impostare la creazione di un database internazionale, utile per confrontare i risultati e quindi individuare i metodi di follow-up alternativi meno invasivi rispetto alla tradizionale biopsia prostatica. Sempre a questo proposito sarà molto importante riuscire a potenziare le alleanze, già per altro attuali, tra patologi, radiologi ed urologi per arrivare ad avere diagnosi sempre più precise e mirate.

 

Altre informazioni:

https://www.medicitalia.it/minforma/urologia/200-le-malattie-della-prostata-stili-di-vita-prevenzione-e-nuove-indagini-diagnostiche.html

https://www.medicitalia.it/salute/urologia/7-prostata.html.

 

Data pubblicazione: 15 febbraio 2016

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

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4 commenti

#1
Dr. Riccardo Ferrero Leone
Dr. Riccardo Ferrero Leone

Questo nuovo atteggiamento di sorveglianza attiva nei confronti del carcinoma prostatico poco aggressivo rappresenta una delle occasioni in cui il paziente oncologico può seguire norme comportamentali, alimentari e terapeutiche integrate al fine di controllare l'evoluzione della massa tumorale;
mi riferisco in particolare alla fitoterapia, agli antiossidanti e alla nutraceutica nel suo complesso che presentano un effetto terapeutico degno di nota.

#2
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Caro Riccardo,
la tua è una osservazione acuta ed utile; in questo anche l'urologo potrebbe avere la sua parte decisiva, soprattutto nel dare corrette informazioni riguardo norme comportamentali ed alimentari.

#3
Utente 392XXX
Utente 392XXX

Sono stato operato di prostatectomia radicale nel marzo 1998. Compirò 73 anni a luglio 2016. Nel 2008 è cominciato un leggero rialzo del PSA da 0,15 fino all'attuale 0,53 (misurato in gennaio 2016.
Mi è stata consigliata una cura ormonale per ridurre il testosterone. Mi risulta da ultime pubblicazioni scientifiche che la riduzione del testosterone non sia la soluzione per il mio problema. Gradirei se possibile un vostro parere.Grazie per la vostra attenzione e cordiali saluti!!!@

#4
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Gentile lettore,
invitando a fare domande così specifiche nel forum dedicato del sito, qui le posso comunque dire che le sue osservazioni, su diverse e recenti pubblicazioni scientifiche, confermano parzialmente le sue affermazione e che, a tutt'oggi, quando si affrontano situazioni cliniche specifiche bisogna sempre studiare i problemi, che si presentano, caso per caso e quindi, da questa postazione, possiamo e dobbiamo dirle di continuare a seguire attentamente tutte le indicazioni ricevute dal suo urologo od oncologo, indicazioni che sono sempre dettate, si spera, da una osservazione diretta e specifica del suo problema clinico particolare e specifico.

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