Ictus emorragico con formazione edema

A seguito di un ictus emorragico trattato mediante asportazione di una parte della calotta cranica e drenaggio della vasta perdita di sangue che ha interessato il cervello, mia cognato ha passato un mese in terapia intensiva e dopo l'uscita dal coma è stato trasferito prima per circa un mese nel reparto di neurochirurgia e poi per altri quaranta giorni in un centro di riabilitazione. Qui dopo le prime settimane di degenza ha cominciato ad assumere dimensioni sempre più ragguardevoli l'edema (gonfiore) localizzato sulla testa nel punto in cui è stato asportato l'osso. I medici del centro di riabilitazione, in contatto con i neurochirurghi dell'ospedale che ha trattato l'ictus, ci tranquillizzavano, parlando di un problema non di natura neurologica ma di un semplice accumulo di liquor causato dall'iperattività del paziente che muoveva in continuazione gli arti del lato destro (il lato sinistro dal momento del risveglio avvenuto più di due mesi fa è rimasto paralizzato). La comparsa della febbre e problemi a livello toracico (eccessiva produzione di muchi e difficoltà respiratorie) hanno bloccato la riabilitazione fisiatrica e costretto il paziente a letto. Durante una TAC si è anche verificata una crisi epilettica e la crisi respiratoria verificatasi durante l'ultima notte di degenza presso il centro di riabilitazione ne ha consigliato il trasferimento d'urgenza presso l'ospedale. Qui ventiquattro ore dopo l'arrivo è stato sottoposto a intervento chirurgico per asportare il liquido che si era accumulato nella zona del cranio senza osso. Il dottore che ha effettuato l'intervento ha parlato di una situazione mai vista prima, infatti il liquido accumulatosi non era liquor ma una notevolissima quantità di pus che dove possibile è stato drenato. Una parte del pus risulta infatti adeso alla "dura madre" e non può essere asportato perché l'eventuale asportazione provocherebbe abbondante sanguinamento.
La prima cosa che vorrei chiedere e se l'infezione della "dura madre" può tecnicamente definirsi una meningite? Se si tratta di meningite, può risultare contagiosa per i parenti che si recano in ospedale? La prossima settimana era previsto l'arrivo dell'opercolo e successivamente l'intervento di cranioplastica e il trasferimento presso il centro di riabilitazione. I programmi risultano adesso stravolti: la cranioplastica si farà tra un anno per evitare che l'opercolo s'infetti e il paziente farà una lunga terapia antibiotica, che dovrà continuare anche presso il centro di riabilitazione.
Cosa conviene fare adesso per limitare i già ingenti danni prodotti da una gestione non ottimale del caso? Grazie.
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Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo 6.6k 358
Egregio Utente,
Ovviamente lei ha descritto quel che le è stato riferito e che tuttavia appare alquanto poco chiaro. Una cosa è comunque certa che si tratta di un’infezione sopravvenuta dopo l’intervento (complicanza sempre possibile) e che è cosa diversa dalla meningite contagiosa. Sembra di capire che sia extra-durale e quindi (essendo stato rimosso il lembo osseo) è un’ascesso sottocutaneo. Se invece fosse stato al di sotto della dura, sarebbe stato un empiema sub-durale, condizione molto più severa della prima.
Cordialmente

Dott. Mauro Colangelo, Neurochirurgo/Neurologo
maurocolang@gmail.com
www.colangeloneurologo.it

[#2]
Utente
Utente
La ringrazio innanzitutto per il chiarimento. Devo purtroppo dirle che quando ho chiesto in ospedale se era in corso una meningite hanno detto di sì, invece in base alle Sue parole si tratta di un ascesso sottocutaneo.
In base a quanto abbiamo appreso parlando con i vari dottori incontrati in ospedale e presso il centro di riabilitazione, il posizionamento dell'opercolo, come da iniziali programmi, questa settimana o la prossima, oltre a stabilizzare e proteggere il cervello, avrebbe facilitato il recupero motorio degli arti del lato sinistro rimasti paralizzati.
Lei parla di infezione sopravvenuta dopo l'intervento sempre possibile. In realtà l'intervento risale a metà maggio e già durante l'ultimo periodo di degenza in ospedale - fine giugno inizio di luglio - e poi soprattutto durante la permanenza presso il centro di riabilitazione, almeno fino a metà luglio, il paziente stava dando importanti segnali di recupero.
Aver sottovalutato sia da parte del centro di riabilitazione, sia da parte dell'ospedale il vistoso edema e la febbre comparsa poco meno di un mese fa, col blocco della riabilitazione fisiatrica, ha comportato il trasferimento d'urgenza in ospedale e l'intervento per l'asportazione del liquido accumulatosi che - solo durante l'intervento - si è scoperto essere pus. Mi chiedo: tutte gli accertamenti e le TAC fatte durante la permanenza presso il centro di riabilitazione a cosa sono servite se non hanno rilevato l'accumulo di pus?
A tutto questo si aggiunga che, tre giorni prima il trasferimento d'urgenza in ospedale, un neurochirurgo dello stesso ospedale ha fatto una consulenza privata su mio cognato presso il centro di riabilitazione, concludendo che nonostante il vistoso edema, la febbre, la crisi epilettica e le difficoltà respiratorie non c'erano grossi problemi.
Secondo Lei c'è stata o no leggerezza nel valutare la situazione clinica? Il fatto che per l'intervento di cranioplastica bisognerà attendere un anno al fine di debellare l'infezione inciderà negativamente sul recupero cerebrale in generale e in particolare sul recupero del lato paralizzato? Di nuovo grazie.
[#3]
Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo 6.6k 358
Egregio Signore,
Lei mi pone dei quesiti che implicano risposte che esulano dalle strette finalità dei consulti di Medicitalia, che obbediscono a precise regole editoriali. Per chiedermi un parere a carattere medico-legale dovrebbe consultarmi in privato.
Cordialmente
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Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.7k 398
Egr. signore,
rimango alquanto allibito leggendo quanto afferma.
Il neurochirurgo Le ha detto che non ha mai visto un ascesso cerebrale?
E nei controlli post operatori soprattutto in concomitanza con comparsa di febbre e crisi epilettiche e un paio di giorni prima che Suo cognato venisse rioperato ha sostenuto che non c'erano problemi ?
Voglio sperare che Lei, caro signore, non abbia ben compreso perché se così non fosse, quel neurochirurgo è bene che si limiti a compilare solo le cartelle cliniche e limitatamente alla raccolta del nome e cognome del paziente.

La cranioplastica, dopo una infezione, va effettuata dopo 6-8 mesi, ma il recupero dell'emiplegia sinistra non dipende dalla presenza o meno dell'osso.
La copertura della lacuna cranica è comunque necessaria per evitare possibili lacerazioni della corteccia cerebrale contro i bordi della craniotomia facilitate dalle escursioni respiratorie.

Cordiali saluti e auguri.
[#5]
Utente
Utente
Grazie ancora per i pareri forniti, entrambi a loro modo utilissimi. Riporto due pareri raccolti negli ultimi giorni dai medici e faccio un'ultima domanda. Secondo il neurochirurgo che ha fatto la consulenza privata, l'accumulo di pus se è generato nei due/tre giorni successivi alla sua consulenza privata - giorni che hanno preceduto l'intervento d'urgenza per il drenaggio - ed è stato prodotto attraverso il sangue dall'infezione a livello respiratorio. Si tratta di una tesi credibile?
Durante l'unica apparizione in reparto del primario ho chiesto a lui un parere: mi ha detto che appena ha visionato i risultati dei test effettuati al rientro in ospedale di mio cognato ha subito disposto l'intervento per il drenaggio del pus. Quando gli ho fatto presente tutti i precedenti e soprattutto che c'era stata una consulenza privata da parte di un medico del reparto, mi ha detto di condividere le mie perplessità senza aggiungere altro. Infine la domanda: vorrei sapere se e quanto un ascesso cerebrale incide sul recupero delle funzioni cognitive e motorie del paziente? Grazie.
[#6]
Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo 6.6k 358
Egregio Signore,
cominciamo col dire che dalla descrizione che lei ha fatto antecedentemente è deducibile che non si sia trattato di un ascesso cerebrale bensì di una raccolta sottocutanea di pus a sede extra-durale. Si tratta di due condizioni molto diverse per dinamiche patologiche e per gravità e la cui prognosi è ovviamente totalmente diversa.
Il recupero funzionale cui lei allude è condizionato, dando per attendibile quel che attraverso un consulto di questo tipo si può dedurre, dalla lesione iniziale, ossia l'ictus emorragico. La successiva complicanza, ancorché sia passibile di interferire in una certa misura sul decorso della malattia, è a mio avviso la meno implicata nel determinismo dello stato neuro-psichico attuale.
Concludendo, se vuole veramente avere le idee chiare su quanto è occorso al suo congiunto sento onestamente di consigliarle di consultare uno Specialista in Neurochirurgia al di fuori dell'ambiente, che possa ovviamente avere la possibilità di valutare clinicamente il paziente ed accedere a tutta la documentazione sanitaria (indagini espletate e cartelle cliniche).
Cordialmente
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Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.7k 398
Egr. signore,
come Le accennava il collega Colangelo, a distanza è difficile capire come siano andate le cose.
In effetti si potrebbe trattare di un ascesso sottocutaneo (più probabile, però, extradurale dato che mancava l'opercolo osseo), ma il pregresso ictus emorragico farebbe propendere per una raccolta ascessuale in quella sede (empiema).

In sintesi per fare chiarezza su tale iter clinico è necessaria la consultazione della cartella clinica.

Cordialmente e auguri
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