Ddai o noia?

Salve,
mio figlio ha quasi dodici anni e stamattina la scuola media ci ha telefonato per fissare un colloquio urgente: motivo il comportamento del ragazzo.
Ci hanno preannunciato che il problema è dato da alcuni aspetti: il ragazzino è spesso distratto, sembra pensare ad altro, si applica poco e scrive malvolentieri, quindi rimane indietro, racconta bugie per nascondere le dimenicanze o i brutti voti.
Ora, tutto ciò, purtroppo non è una novità, almeno in parte.
Già all'epoca della 2a elementare, il bambino era stato visto - su mia iniziativa - dal servizio di neuropsichiatria infantile della zona, perché aveva manifestazioni molto infantili in classe(si metteva a giocare per terra o scarabocchiava il quaderno anziché seguire la lezione) ed era spesso disattento e siccome le insegnanti me l'avevano riferito, io per prima avevo voluto sondare, anche perché nel frattempo io avevo avuto un parto gemellare: il risultato fu che il bambino non era nè iperattivo nè sofferente di DDAI, pur avendo una capacità di concentrazione limitata, ma nei limiti di norma, e un QI decisamente sopra ai limiti per la sua età. Lo specialista che ci aveva seguito - 2 incontri - disse che il bimbo non aveva nulla che non andava, il suo problema semmai era l'opposto: un cervello simile a una Ferrari, erano state le sue parole e mi disse anche che non sarebbe stato facile da gestire, ma con delle solide basi, nel tempo, le cose sarebbero migliorate.
Le elementari sono proseguite, sempre a fatica - voti bassi rispetto alle reali capacità, dimenticanze, spesso disattenzione.
Arriviamo alle medie: il primo anno è sofferto - media del 6/7 con un impegno scostante e poco spontaneo, disattenzione in classe - guarda fuori dalla finestra e pensa ai fatti suoi - i compiti a casa fatti o troppo velocemente o fatti a metà, dimenticanze(libri, quaderni, materiale vario), tuttavia gli insegnanti dicono che il ragazzino è estremamente intelligente, che con poco sforzo in più potrebbe essere il più bravo della classe.
Ora siamo in seconda, e dopo neanche un mese dall'inizio della scuola, ci contattano gli insegnanti per gli stessi problemi.
Sinceramente, sono un po' frustrata e preoccupata. Abbiamo già tentato altre strade col ragazzino (punizioni varie, ritiro di giochi, ecc) ma hanno sortito ben pochi effetti. Da quest'anno mio figlio è entrato in una squadra di calcio amatoriale per aiutarlo anche ad aprirsi un po' - tende a stare chiuso in se stesso e a socializzare poco perché dice di essere timido - e speravo che questa cosa lo spronasse anche nel resto... evidentemente non è così.
Ora il mio dubbio è: c'è un problema di fondo importante per cui vale la pena di farlo rivalutare, o potrebbe essere un'accentuata immaturità - forse acuita dall'arrivo dei fratellini, nonostante i diversi tentativi per limitare tutto ciò! - coadiuvata dalla sua brillante intelligenza che, stavolta, peggiora la situazione?
Grazie per l'attenzione.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile signora,

sulla rivalutazione da parte del neuropsichiatra infantile ci penserei dal momento che la situazione sembra invariata e che il problema c'è comunque. Un secondo parere e a distanza di tempo potrebbe sciogliere qualunque dubbio.

Mi permetta però un'altra domanda: com'è il clima in casa?
Questa potrebbe essere la chiave per spiegare alcuni aspetti della situazione che descrive e del disagio di Suo figlio.

In questo secondo caso, sarebbe opportuno che Lei e Suo marito contattaste uno psicologo psicoterapeuta esperto nelle dinamiche famigliari (come ad es. psicoterapeuta sistemico-relazionale) per capire meglio le vostre relazioni a casa e dove potrebbe essere il problema.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gent.ma Dr.ssa Angela,
Innazitutto grazie.
in famiglia i clima è altalenante: avendo poco aiuto - sia economico che pratico - io e mio marito siamo sempre sul filo del rasoio e certamente a volte questo crea pressione, ma siamo una coppia collaudata da 20 anni e cerchiamo di aiutarci l'un l'altra, pur avendo i nostri momenti no, come tutti.
Tornando a mio figlio, ho come l'impressione che lui di fronte a tutto ciò che richiede un impegno - ma che non lo attrae a sufficienza - reagisca facendo il minimo indispensabile, forse anche in modo istintivo non necessariamente con malizia, e che eviti di porsi il problema del "cosa accadrà dopo". E' immaturità, o piuttosto un atteggiamento ribelle, di comodo, pur non essendo il ragazzo un ribelle?
Faccio un altro esempio. A scuola l'anno scorso avevano attivato un punto d'ascolto psicologico per tutti(genitori, studenti, prof) al quale lui si è presentato senza particolari problemi e ne era emerso, di nuovo, che ha un cervello nettamente superiore alla norma, che però è un po' chiuso; ci avevano quindi consigliato di fargli fare un'attività dove ci fosse più confronto con i coetanei. Perciò quest'anno lo abbiamo iscritto a calcio, dove frequenta tre allenamenti settimanali più una partita nel fine settimana.
Lui va volentieri, ma... non è che faccia i salti mortali per cercare di rimanere in pari coi compiti: piuttosto salta l'allenamento, passando poi il tempo a fare quello che gli va, non solo i compiti.
Ora, nè io nè mio marito potremmo fare i carabinieri, facendogli fare i compiti "a vista" per non perdere il controllo, perché, come detto in precedenza, non abbiamo molto aiuto, lavoriamo entrambi, e quando siamo a casa - spesso uno solo per volta - ci sono altri due bimbi da accudire, oltre alla casa da seguire... Insomma, piuttosto impegno anche per noi.
Ma se è questo che serve, se è il pugno di ferro che gli ci vuole - inteso nel senso del rigore, della disciplina - beh, troveremo il sistema di metterlo in atto.
Lei cosa ne dice? Vale la pena di tentare le maniere dure? Di metterlo alle strette togliendogli ogni possibile svago e di tenerlo a distanza di sicurezza mentre fa i compiti? Però poi a scuola noi non ci siamo...
Non so davvero cosa pensare.
Grazie.
[#3]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile signora,

in genere quando si ha un problema legato all'apprendimento o di tipo cognitivo (che è comunque già stato escluso, anche di recente, mi pare di capire), il bambino/ragazzino fa molta fatica a fare i compiti e ad apprendere.

Da quello che Lei sta scrivendo mi pare invece che la situazione sia diversa: Suo figlio fa il minimo indispensabile. Mi pare anche che abbia l'età per comprendere le conseguenze di tutto ciò, ma talvolta è opportuno ricordarlo (lo ricordano anche a noi adulti spesso, figurarsi ad un bambino!).

Sento però anche la Sua stanchezza, non solo fisica, ma anche emotiva, derivante da questa situazione.
Per cui il mio suggerimento è:

- eventuale rivalutazione neuropsichiatrica
- consulenza psicologica per Lei e Suo marito, per poter gestire meglio la problematica con il ragazzino e capire come fare per incoraggiarlo.

Direi che le maniere dure potrebbero fare in modo che Suo figlio sarà sempre più irrigidito su queste modalità, e consideri anche che è quasi un adolescente, quindi un po' di ribellione e ricerca di autonomia dobbiamo considerarle.
Non so dirle se i compiti sono lo strumento che il ragazzo ha scelto inconsapevolmente per attuare un distacco, in ogni caso è bene lasciarsi aiutare a gestire la situazione.

Cordiali saluti,
[#4]
dopo
Utente
Utente
Gent.ma Dr.ssa Angela,
sono sicuramente stanca, ma la forza si trova, quando si sa dove andare; è l'incertezza che spiazza e toglie energie.
Grazie per i consigli.

Saluti.
[#5]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Certamente, ma se il ragazzo è semplicemente pigro, allora capirei con l'aiuto di uno psicologo psicoterapeuta (meglio se di formazione sistemica-relazionale) come gestire e risolvere il problema.

Cordiali saluti,