Tentato suicidio per sensazione di malessere psicologico generale
Innanzitutto, partiamo dai fatti.
Lunedì scorso, dopo un periodo di sofferenza che ormai si protrae da quasi metà novembre, ho tentato il suicidio.
Non so se avevo la consapevolezza che questo potesse accadere veramente, ma nella mia testa è questo quello che avevo pensato e sperato.
Ciò è avvenuto ingerendo un mix di sostanze assieme, senza alcun danno.
Infatti, ho fatto accesso al PS senza bisogno di alcuna terapia specifica dal punto di vista fisico, nonostante avessi manifestato sintomi evidentemente non poi così gravi.
Ho avuto molta difficoltà nell’essere onesto riguardo quanto successo, infatti inizialmente ho celato l'atto.
Questo mi ha dato la sensazione che non abbiano preso con completa serietà la situazione, infatti mi è stata solo consigliata una consulenza psichiatrica ma niente di più.
Dopo questo avvenimento, tanta ansia e preoccupazione sono gli stati d’animo che ho provato.
Paradossalmente, ora che sono ancora qua, ho paura di quello che può accadermi.
Se doveva succedere di morire, pensavo di riuscire a farlo senza rendermene conto.
Ora ho paura di come portare avanti la mia vita in generale, e ancora di più se dovessi aver bisogno di cure psichiatriche che richiedano ricovero o allontanamento.
Temo una simile prospettiva perchè, purtroppo, non è la prima volta che cado in una situazione simile.
Meno di tre anni fa, infatti, per motivi diversi ma con una base simile, ho sofferto già di un periodo di depressione che nel periodo di terapia si è risolto anche in un caso di autolesionismo ingerendo una sovradose di gocce calmanti (non riesco a ricordare il nome).
Nonostante questo, non ho mai ricevuto alcuna diagnosi anche perchè mai realizzato un consulto psichiatrico.
In ogni caso, ho paura di perdere amici, famigliari e le abitudini e le passioni che ho avuto, perchè anche se le ho disconosciute mediante un atto del genere non saprei come reagirei al non poterlo fare, o al solo rendermi conto che non potrei più farlo.
Anche se, rispetto a questo, penso che questi facciano allo stesso tempo parte di una continua reiterazione di uno schema comportamentale evidentemente errato, che a me sembra essere quello dell’incapacità decisionale, la paura ingiustificata nei confronti dell’ignoto e delle difficoltà, l’isolamento sociale e il rifiuto specialmente nelle situazioni di disagio.
Oggi sono a casa con i miei, incapace di riempire le mie giornate, non sapendo da dove ripartire tra le tante cose lasciate indietro (università, progetti e relazioni interpersonali) e incapace di decidere alcunché.
La mia storia personale parla di tanti successi, di tanto impegno profuso nella formazione e nelle attività di interesse personale, ma è come se dal lato relazionale, nonostante al momento mi ritrovi al momento di una relazione sentimentale e abbia pochi ma sinceri amici, qualcosa non funzionasse.
Mi sento spesso e volentieri succube del giudizio altrui e mi sembra di aver quasi sempre agito per compiacere qualcuno o dimostrare qualcosa.
Lunedì scorso, dopo un periodo di sofferenza che ormai si protrae da quasi metà novembre, ho tentato il suicidio.
Non so se avevo la consapevolezza che questo potesse accadere veramente, ma nella mia testa è questo quello che avevo pensato e sperato.
Ciò è avvenuto ingerendo un mix di sostanze assieme, senza alcun danno.
Infatti, ho fatto accesso al PS senza bisogno di alcuna terapia specifica dal punto di vista fisico, nonostante avessi manifestato sintomi evidentemente non poi così gravi.
Ho avuto molta difficoltà nell’essere onesto riguardo quanto successo, infatti inizialmente ho celato l'atto.
Questo mi ha dato la sensazione che non abbiano preso con completa serietà la situazione, infatti mi è stata solo consigliata una consulenza psichiatrica ma niente di più.
Dopo questo avvenimento, tanta ansia e preoccupazione sono gli stati d’animo che ho provato.
Paradossalmente, ora che sono ancora qua, ho paura di quello che può accadermi.
Se doveva succedere di morire, pensavo di riuscire a farlo senza rendermene conto.
Ora ho paura di come portare avanti la mia vita in generale, e ancora di più se dovessi aver bisogno di cure psichiatriche che richiedano ricovero o allontanamento.
Temo una simile prospettiva perchè, purtroppo, non è la prima volta che cado in una situazione simile.
Meno di tre anni fa, infatti, per motivi diversi ma con una base simile, ho sofferto già di un periodo di depressione che nel periodo di terapia si è risolto anche in un caso di autolesionismo ingerendo una sovradose di gocce calmanti (non riesco a ricordare il nome).
Nonostante questo, non ho mai ricevuto alcuna diagnosi anche perchè mai realizzato un consulto psichiatrico.
In ogni caso, ho paura di perdere amici, famigliari e le abitudini e le passioni che ho avuto, perchè anche se le ho disconosciute mediante un atto del genere non saprei come reagirei al non poterlo fare, o al solo rendermi conto che non potrei più farlo.
Anche se, rispetto a questo, penso che questi facciano allo stesso tempo parte di una continua reiterazione di uno schema comportamentale evidentemente errato, che a me sembra essere quello dell’incapacità decisionale, la paura ingiustificata nei confronti dell’ignoto e delle difficoltà, l’isolamento sociale e il rifiuto specialmente nelle situazioni di disagio.
Oggi sono a casa con i miei, incapace di riempire le mie giornate, non sapendo da dove ripartire tra le tante cose lasciate indietro (università, progetti e relazioni interpersonali) e incapace di decidere alcunché.
La mia storia personale parla di tanti successi, di tanto impegno profuso nella formazione e nelle attività di interesse personale, ma è come se dal lato relazionale, nonostante al momento mi ritrovi al momento di una relazione sentimentale e abbia pochi ma sinceri amici, qualcosa non funzionasse.
Mi sento spesso e volentieri succube del giudizio altrui e mi sembra di aver quasi sempre agito per compiacere qualcuno o dimostrare qualcosa.
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Dunque, non ho ben capito se poi i medici hanno saputo che era un gesto volontario o se l'assunzione di sostanze varie è stato classificato in altro modo (mi parrebbe strano che uno vada dicendo di aver ingerito tot compresse di farmaci diversi e la cosa passi come accidentale).
Comunque, se da una parte dice che avrebbero sottovalutato (quindi non ricoverato) dall'altra Lei stesso pare agire in modo da evitare interventi di quel tipo, perché dice anche di temerli.
Se ciò vuol dire che vorrebbe essere visitato e curato, ma possibilmente non tramite un ricovero, la cosa non credo sia impossibile, anche perché un conto è un ricovero in urgenza, altro è dopo che poi la cosa si è risolta e persistono dei sintomi di partenza.
Quindi procederei con la visita psichiatrica.
Comunque, se da una parte dice che avrebbero sottovalutato (quindi non ricoverato) dall'altra Lei stesso pare agire in modo da evitare interventi di quel tipo, perché dice anche di temerli.
Se ciò vuol dire che vorrebbe essere visitato e curato, ma possibilmente non tramite un ricovero, la cosa non credo sia impossibile, anche perché un conto è un ricovero in urgenza, altro è dopo che poi la cosa si è risolta e persistono dei sintomi di partenza.
Quindi procederei con la visita psichiatrica.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Pensa di rivolgersi a professionisti della salute mentale nel breve termine?
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#3]

Utente
Non si trattava di medicinali, ma di altri metodi ricercati con cura: noce moscata in quantità superiori a quelle consigliate, gas butano e 1 tachipirina 500mg. Io quando sono arrivato in PS avevo giramenti di testa e formicolii agli arti e generale malessere e questo è quanto ho comunicato in fase di accettazione. Poi, spaventato, prima di farmi dare i calmanti ho ammesso quanto avevo provato a fare. Oltre ad esami ematologici e TAC non hanno fatto niente altro. Mi hanno appunto consigliato visita psichiatrica, ma col fatto che vivo ancora con i miei genitori, loro stanno cercando di evitare il più possibile questa cosa. La psicoterapeuta con cui sono in cura da un mese mi ha consigliato di recarmi dal medico di base per farmi prescrivere degli ansiolitici. Io però allo stesso tempo, probabilmente influenzato anche dai miei, temo tantissimo l'uso degli psicofarmaci. Ho paura di estraniarmi ancora di più da quel briciolo di socialità e presa con la realtà che ho.
Forse la causa dei miei mali è il rapporto con i miei genitori, da cui non ho mai acquisito una vera autonomia, anche e soprattutto dal punto di vista relazionale.
Io comunque ho la sensazione che chiunque stia sottovalutando la gravità della situazione, che per me incomincia a farsi insostenibile dopo quasi due mesi di depressione.
Tutte le parole di supporto e gli aiuti che mi vengono offerti sembrano cadere nel vuoto. Reputo di essere una persona capace di intendere, ma non più di volere.
Forse la causa dei miei mali è il rapporto con i miei genitori, da cui non ho mai acquisito una vera autonomia, anche e soprattutto dal punto di vista relazionale.
Io comunque ho la sensazione che chiunque stia sottovalutando la gravità della situazione, che per me incomincia a farsi insostenibile dopo quasi due mesi di depressione.
Tutte le parole di supporto e gli aiuti che mi vengono offerti sembrano cadere nel vuoto. Reputo di essere una persona capace di intendere, ma non più di volere.
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Utente
Mi sto già rivolgendo alla stessa psicoterapeuta a cui mi ero affidato nel caso precedente, due anni fa. Ho voluto ricontattarla perchè pensavo fosse più semplice ricominciare una terapia dato che conosceva già il mio background, e comunque posso dire di essermi trovato bene dato che avevo ritrovato serenità dopo il lavoro svolto assieme. E' anche vero che in quell'occasione avevo fatto comunque molta fatica, tra l'altro senza l'assunzione di nessun farmaco se non gli ansiolitici di cui poi avevo abusato. Ed è anche vero che, in quell'occasione, non avevo sperimentato nessuna situazione di anedonia: avevo continuato a frequentare l'università, a fare sport e volontariato, ad iniziare un corso di lingua per prepararmi al mio imminente Erasmus. Oggi, invece, è proprio il contrario: ho gradualmente abbandonato quello che avevo, anche dovuto al fatto che ho vissuto un trasferimento ad altra città abbastanza infelice. Un continuo andirivieni tra là e casa, sia per incontrare affetti sia per portare avanti impegni che ancora avevo in essere a casa. Nonostante questo, anche il poco costruito fuorisede (la frequentazione attiva dei corsi universitari di magistrale, una minima frequentazione dei compagni di corso anche fuori dall'uni e l'impegno sportivo continuativo con un gruppo universitario di running) l'ho distrutto quando ha iniziato ad insorgere questo dolore, al punto di abbandonare tutto ad inizio dicembre e passare quasi tre settimane da solo in casa, ad eccezione dei weekend quando tornavo al paese per evitare di stare da solo.
[#5]

Utente
Inoltre, mi sto isolando anche per il fatto che ho paura di raccontare tutto questo a chi mi sta attorno, amici e conoscenti in particolare.
Non so da dove ricominciare anche per questo motivo, non saprei come giustificare il mio rientro stabile a casa e soprattutto non so come celare questo mio stato d'animo che è evidente e riconosciuto almeno dalla mia fidanzata e dagli amici più stretti. Anche perché il rischio ora è quello che l'unica cosa di cui sono in grado di parlare è il mio malessere e niente altro. Mi spaventano le domande frontali tipo: "come stai?" o "cosa sta succedendo? cosa c'è che non va?". Su questa faccenda non mi sono aperto con nessuno se non con i miei, e non so nemmeno dire ben il perché nonostante abbia, seppur pochi, amici con cui potermi confidare. Ho solo raccontato che fuorisede non sta andando troppo bene, e che l'università non mi sta piacendo granché. Oggi, come faccio a raccontare dal nulla che è da dicembre che mi sono generalmente isolato e che ho tentato di farmi del male con un preciso scopo?
E' come se ritenessi che questo problema debba risolvermelo da solo, e in un certo senso è così perché è solo e solamente la mia volontà che può permettermi di uscire da qui, allo stesso tempo però necessitando l'aiuto esterno di qualcuno.
Non so da dove ricominciare anche per questo motivo, non saprei come giustificare il mio rientro stabile a casa e soprattutto non so come celare questo mio stato d'animo che è evidente e riconosciuto almeno dalla mia fidanzata e dagli amici più stretti. Anche perché il rischio ora è quello che l'unica cosa di cui sono in grado di parlare è il mio malessere e niente altro. Mi spaventano le domande frontali tipo: "come stai?" o "cosa sta succedendo? cosa c'è che non va?". Su questa faccenda non mi sono aperto con nessuno se non con i miei, e non so nemmeno dire ben il perché nonostante abbia, seppur pochi, amici con cui potermi confidare. Ho solo raccontato che fuorisede non sta andando troppo bene, e che l'università non mi sta piacendo granché. Oggi, come faccio a raccontare dal nulla che è da dicembre che mi sono generalmente isolato e che ho tentato di farmi del male con un preciso scopo?
E' come se ritenessi che questo problema debba risolvermelo da solo, e in un certo senso è così perché è solo e solamente la mia volontà che può permettermi di uscire da qui, allo stesso tempo però necessitando l'aiuto esterno di qualcuno.
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Utente
Ed è anche più complesso di così: mi sento pesare sulla mia famiglia ormai, sia dal punto di vista economico sia da quello organizzativo. E' evidente che dopo un periodo seppure breve di lontananza loro abbiano riorganizzato le loro vite senza di me. Solo che ora io comunque non posso fare a meno di loro, a patto di ritrovarmi completamente perso. Loro vorrebbero che io rientrassi ora definitivamente, io continuo a sperare di poter rimanere fuorisede. Il che è paradossale perché se rimanessi qui valuterei di iniziare a lavorare, ma senza voler fare la professione per cui ho studiato perché ritengo di non esserne in grado, o di non averne abbastanza interesse per poterlo fare (si tratta dell'architetto urbanista).
L'anno scorso, mentre scrivevo la mia tesi, avevo iniziato a sentirmi gratificato anche economicamente facendo un lavoro temporaneo che però mi faceva star bene. Ma se dovessi veramente decidere di ricominciare quello, so che non incontrerei il benestare dei miei e diverrebbe per me difficile raccontare di tale scelta. Non so più decidermi e continuo a cambiare idea.
L'anno scorso, mentre scrivevo la mia tesi, avevo iniziato a sentirmi gratificato anche economicamente facendo un lavoro temporaneo che però mi faceva star bene. Ma se dovessi veramente decidere di ricominciare quello, so che non incontrerei il benestare dei miei e diverrebbe per me difficile raccontare di tale scelta. Non so più decidermi e continuo a cambiare idea.
[#7]
Tutto questo, nell'anomalia della situazione, è normale. Il punto è curarsi. Se non è stata posta una diagnosi, partire anche da qui, perché le cure non si fondano sui singoli sintomi quasi mai.
" Oltre ad esami ematologici e TAC non hanno fatto niente altro." E che dovevano fare ?
"ma col fatto che vivo ancora con i miei genitori, loro stanno cercando di evitare il più possibile questa cosa. ": non ho capito, stanno cercando di evitare che Lei si curi... perché ?
"Forse la causa dei miei mali è il rapporto con i miei genitori, da cui non ho mai acquisito una vera autonomia, anche e soprattutto dal punto di vista relazionale."
Questi sono i pensieri che fa in questo momento, ci mancherebbe che siano delle guide per trovare una soluzione.
VIsita psichiatrica, la cosa più logica e semplice del mondo. Già consigliata peraltro. Il resto va assolutamente chiarito, perché non capisco il motivo per cui uno, a fronte di un gesto del genere e di un periodo del genere, dovrebbe "evitare". E' un comportamento paradossale. Chi è intorno alla persona, che già per sua natura potrebbe ritardare o evitare di farsi vedere, è bene che lo accompagni e lo supporti invece in questa direzione.
" Oltre ad esami ematologici e TAC non hanno fatto niente altro." E che dovevano fare ?
"ma col fatto che vivo ancora con i miei genitori, loro stanno cercando di evitare il più possibile questa cosa. ": non ho capito, stanno cercando di evitare che Lei si curi... perché ?
"Forse la causa dei miei mali è il rapporto con i miei genitori, da cui non ho mai acquisito una vera autonomia, anche e soprattutto dal punto di vista relazionale."
Questi sono i pensieri che fa in questo momento, ci mancherebbe che siano delle guide per trovare una soluzione.
VIsita psichiatrica, la cosa più logica e semplice del mondo. Già consigliata peraltro. Il resto va assolutamente chiarito, perché non capisco il motivo per cui uno, a fronte di un gesto del genere e di un periodo del genere, dovrebbe "evitare". E' un comportamento paradossale. Chi è intorno alla persona, che già per sua natura potrebbe ritardare o evitare di farsi vedere, è bene che lo accompagni e lo supporti invece in questa direzione.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 455 visite dal 30/01/2025.
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