Citalopram e paternità
Buongiorno Dottori,
vi riassumo la mia situazione: un paio d’anni fa ho attraversato un periodo di forte stress che mi ha portato a sviluppare attacchi di panico e insonnia.
Ho iniziato ad assumere Xanax (15 20 gocce), che mi aiutava a dormire, ma i problemi si ripresentavano appena ne riducevo il dosaggio.
Successivamente, uno psichiatra mi ha prescritto una terapia con Citalopram (una compressa al giorno per un mese, poi una compressa e mezza per altri cinque mesi), affiancando una graduale sospensione dello Xanax nell’arco di circa un mese.
Dopo circa due mesi il Citalopram ha iniziato a fare effetto: ho ripreso a dormire bene e l’ansia è scomparsa.
In seguito, una volta stabilizzata la situazione, ho sospeso gradualmente anche il Citalopram.
Per i mesi e gli anni successivi sono stato bene, senza ricomparsa di insonnia o ansia, nemmeno durante periodi di stress legati alle inevitabili incombenze della vita quotidiana.
Oggi mi trovo in una situazione bellissima, poiché a febbraio, se tutto andrà bene, diventerò papà.
A questa gioia, però, si affianca anche uno stato d’ansia legato alla grande novità.
Da qualche settimana, infatti, è ricomparsa l’insonnia, che si manifesta in modo altalenante, passando da episodi lievi ad altri molto più intensi.
Al momento (da circa dieci giorni) sto tamponando la situazione assumendo Xanax solo al bisogno, ma so bene che si tratta di una soluzione temporanea, che non affronta il problema alla radice.
Mi chiedo quindi se possa essere una scelta sensata ricominciare la terapia con Citalopram, come in passato, dato che aveva già funzionato positivamente.
Il mio timore è che, considerando che nei primi mesi di paternità il sonno sarà comunque molto interrotto per motivi fisiologici legati al neonato, un sonno forzatamente frammentato possa mal conciliarsi con l’effetto del Citalopram, che invece tende ad agire in senso opposto.
Chiedo un vostro parere e vi ringrazio in anticipo per il tempo che mi dedicherete.
vi riassumo la mia situazione: un paio d’anni fa ho attraversato un periodo di forte stress che mi ha portato a sviluppare attacchi di panico e insonnia.
Ho iniziato ad assumere Xanax (15 20 gocce), che mi aiutava a dormire, ma i problemi si ripresentavano appena ne riducevo il dosaggio.
Successivamente, uno psichiatra mi ha prescritto una terapia con Citalopram (una compressa al giorno per un mese, poi una compressa e mezza per altri cinque mesi), affiancando una graduale sospensione dello Xanax nell’arco di circa un mese.
Dopo circa due mesi il Citalopram ha iniziato a fare effetto: ho ripreso a dormire bene e l’ansia è scomparsa.
In seguito, una volta stabilizzata la situazione, ho sospeso gradualmente anche il Citalopram.
Per i mesi e gli anni successivi sono stato bene, senza ricomparsa di insonnia o ansia, nemmeno durante periodi di stress legati alle inevitabili incombenze della vita quotidiana.
Oggi mi trovo in una situazione bellissima, poiché a febbraio, se tutto andrà bene, diventerò papà.
A questa gioia, però, si affianca anche uno stato d’ansia legato alla grande novità.
Da qualche settimana, infatti, è ricomparsa l’insonnia, che si manifesta in modo altalenante, passando da episodi lievi ad altri molto più intensi.
Al momento (da circa dieci giorni) sto tamponando la situazione assumendo Xanax solo al bisogno, ma so bene che si tratta di una soluzione temporanea, che non affronta il problema alla radice.
Mi chiedo quindi se possa essere una scelta sensata ricominciare la terapia con Citalopram, come in passato, dato che aveva già funzionato positivamente.
Il mio timore è che, considerando che nei primi mesi di paternità il sonno sarà comunque molto interrotto per motivi fisiologici legati al neonato, un sonno forzatamente frammentato possa mal conciliarsi con l’effetto del Citalopram, che invece tende ad agire in senso opposto.
Chiedo un vostro parere e vi ringrazio in anticipo per il tempo che mi dedicherete.
I ragionamenti che fa adesso derivano dal suo stato ansioso di adesso.
Il ragionamento finale però è incomprensibile: siccome ci sarà forse da svegliarsi di notte e dormire di meno nei primi mesi di vita del neonato, allora questo contrasta con il fatto che il citalopram induce un sonno regolare... ma che c'entra "agire in senso opposto" ? Non vedo dove sia l'opposizione. Uno è un bisogno dettato dalle circostanze, l'altro è un sintomo di uno stato mentale . E comunque non capisco cosa cambi.
Il ragionamento finale però è incomprensibile: siccome ci sarà forse da svegliarsi di notte e dormire di meno nei primi mesi di vita del neonato, allora questo contrasta con il fatto che il citalopram induce un sonno regolare... ma che c'entra "agire in senso opposto" ? Non vedo dove sia l'opposizione. Uno è un bisogno dettato dalle circostanze, l'altro è un sintomo di uno stato mentale . E comunque non capisco cosa cambi.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Utente
Infatti la domanda era se ha senso, essendo di nuovo in uno stato ansioso come anni fa, riprendere la terapia che si era dimostrata efficace. Evidentemente non l'ho posta in maniera chiara.
Pongo questa domanda in quanto ignorate in materia e chiedo consulto a chi in teoria dovrebbe avere più competenza in merito. La risposta poteva essere "certo, non vedo controindicazioni" oppure "no glielo sconsiglio per questo motivo".
Così ne so quanto prima.
Pongo questa domanda in quanto ignorate in materia e chiedo consulto a chi in teoria dovrebbe avere più competenza in merito. La risposta poteva essere "certo, non vedo controindicazioni" oppure "no glielo sconsiglio per questo motivo".
Così ne so quanto prima.
"La risposta poteva essere "certo, non vedo controindicazioni""
Se avesse chiesto questo si, ma ha chiesto qualcosa che non si capiva. Dovrò pur capire per poter rispondere. Cosa fare in senso pratico lo può sapere dal medico, qui non si danno indicazioni che materialmente indicano cosa assumere, se assumerlo o meno.
Tutto il discorso sulla paternità quindi potrebbe anche non esserci. Ma la domanda perché allora è se uno debba curarsi stando male ? Non capisco allora da cosa deriva questa domanda. Mi sembra un passo superfluo rispetto al rivolgersi direttamente al medico. Ora, se uno mi dicesse che si, lo chiede perché ha pensato ad un problema specifico, capirei l'origine della domanda, ma così è solo se ha senso fare una cura stando male (dopo averla già fatta e essendo stati bene dopo).
In ogni caso, la risposta ha senso che la dia un medico perché al di là della questione più o meno ovvia, potrebbero essere cambiate delle cose e quindi esservi una soluzione di cura diversa.
Se avesse chiesto questo si, ma ha chiesto qualcosa che non si capiva. Dovrò pur capire per poter rispondere. Cosa fare in senso pratico lo può sapere dal medico, qui non si danno indicazioni che materialmente indicano cosa assumere, se assumerlo o meno.
Tutto il discorso sulla paternità quindi potrebbe anche non esserci. Ma la domanda perché allora è se uno debba curarsi stando male ? Non capisco allora da cosa deriva questa domanda. Mi sembra un passo superfluo rispetto al rivolgersi direttamente al medico. Ora, se uno mi dicesse che si, lo chiede perché ha pensato ad un problema specifico, capirei l'origine della domanda, ma così è solo se ha senso fare una cura stando male (dopo averla già fatta e essendo stati bene dopo).
In ogni caso, la risposta ha senso che la dia un medico perché al di là della questione più o meno ovvia, potrebbero essere cambiate delle cose e quindi esservi una soluzione di cura diversa.
Dr.Matteo Pacini
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Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 207 visite dal 01/11/2025.
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