La mia carriera scolastica

Spettabili medici,
vi espongo un problema.
Sin dall'adolescenza soffro di disturbi d'ansia che hanno accompagnato e condizionato tutta la mia carriera scolastica. Se nella scuola superiore ciò ha comportato una limitazione al mio rendimento (nonostante le capacità riconosciute dai docenti), nell'università ha determinato un notevolissimo ritardo nel conseguimento del titolo di laurea. Nonostante le mie attitudini e il mio interesse nel campo dello studio intrapreso (Ingegneria), una sorta di fobia nell'affrontare gli esami ne determinava spesso un non dovuto rinvio. Ho avuto un periodo di controllo su questo problema grazie ad un momentaneo cambiamento di vita con l'esperienza del militare durante il quale ho acquistato un'insperata fiducia in me stesso, che mi ha permesso di riprendere gli studi con grande entusiasmo. Il sopraggiungere di un grave lutto familiare, preceduto da diversi anni di sofferenze, mi ha però lentamente riportato nella situazione di prima: periodi di allontanamento dallo studio a cui seguiva, motivato dall'idea di dover conseguire un qualcosa che mi realizzava, uno sblocco e una ripresa dello studio, spesso con ottimi risultati. Qualche hanno fa si è aggiunta anche la depressione ed allora ho cominciato con uno specialista dei trattamenti, anche se discontinui, più appropriati (non il solo ansiolitico da prendere al bisogno).
In queste condizioni, e dopo parecchi anni, sono finalmente arrivato alla tesi di laurea; in concomitanza si sono accentuati notevolmente i sintomi (fobia sociale); con le cure appropriate e con molto impegno sono comunque riscito a raggiungere l'obiettivo con risultati molto soddisfacenti che mi hanno dato la possibilità di constatare la sussistenza delle mie capacità e la validità della decisione di non abbandonare gli studi nonostante le difficoltà legate al mio problema.

Dopo quasi un anno dalla laurea è arrivata la prima convocazione per il lavoro. Il colloquio è andato bene e a breve dovrei iniziare a lavorare. A qusto punto mi ritrovo ad affrontare lo stesso problema: ansia, insonnia, insicurezza, paura di non riuscire ad esprimermi come dovrei nel lavoro.

Ora non sto seguendo alcuna terapia, a parte un ansiolitico al bisogno e a dosaggio minimo.

Vorrei gentilmente chiedervi: al di là delle cause che hanno determinato questa situazione (credo anche delle persistenti problematiche legate a dei componenti familiari), esiste per me una possibilità di tipo farmacologico per affrontare il problema, senza che ciò influisca negativamente sulla performance intellettiva?

Ringrazio anticipatamente quanti risponderanno.
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,
Lei scrive che qualche anno fa ha "comminciato con uno specialista dei trattamenti, anche se discontinui, più appropriati (non il solo ansiolitico da prendere al bisogno)." Di quali trattamenti si trattava? Le hanno aiutato? Si è trattato di farmacoterapia o di psicoterapia?

Dr. Alex Aleksey Gukov

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dopo
Attivo dal 2007 al 2021
Ex utente
Sono stati trattamenti farmacologici somministrati nei periodi più criticiche cambiavano di volta in volta: seropram, cipralex, daparox, cymbalta. Sono stati di aiuto per quei momenti, e mi venivano sospesi sospesi subito dopo. In questo modo mi trovo continuamente a dover ripercorrere tutta la fase iniziale del trattamento che porta sempre a dei peggioramenti iniziali dello stato ansioso e depressivo oltre agli effetti di rimbalzo alla loro sospensione. Solo che la situazione attuale è diversa dalle precedenti: dovendo intraprendere un'attività lavorativa, non posso permettermi di avere problemi sul rendimento legati agli effetti collaterali.
La mia domanda è quindi se le attuali terapie, consentono di apportare un aiuto anche nelle situazioni come la mia snza interferire sul rendimento intellettivo, pur mettendo in conto un iniziale stato di peggioramento.
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Egregio utente,

i farmaci a Lei prescritti in precedenza sono stati tutti con prevalente azione basata sui sistemi della serotonina e della noradrenalina. E' possibile che Lei sia particolarmente sensibile a loro effetti collaterali. Ciò spesso capita nei disturbi d'ansia. Purtroppo praticamente tutti i farmaci antidepressivi efficaci coinvolgono in qualche misura questi sistemi, per cui, sempre se si pensa di ricorrere ad una soluzione farmacologica, bisogna iniziare dalle dosi molto basse per poi incrementarle molto gradualmente. Inoltre, assumere questi farmaci solo nei periodi "critici" non serve, ci vogliono almeno dei mesi per permetterli a "lavorare" dentro di noi, anche quando non ci sono più i sintomi di disagio, per consolidare il miglioramento. Altrimenti, la sospensione prematura può portare al ritorno dei sintomi talvolta anche più vivaci di prima, e questo Lei già conosce dalla propria esperienza.

Possono esserci varie soluzioni:

ricorrere di nuovo a uno dei farmaci della stessa classe, ma, ripeto, a dosaggio iniziale più basso di prima, evitando in tal modo effetti collaterali;

ricorrere ad un farmaco antidepressivo "meno" serotoninergico, ad esempio: la Sertralina che ha un bilancio più "paritario" fra i sistemi della serotonina e della dopamina, oppure al Trazodone che a bassi dosi ha addirittura un'azione anti-serotonina e ansiolitico-sedativa; oppure l'Amisulpiride che ha soprattutto un'azione sulla dopamina. In tutti questi casi vale comunque e sempre la regola di iniziare dalle dosi basse, aumentarle molto piano e assumere la terapia a lungo;

ovviamente la mia risposta non è una prescrizione; bisogna rivolgersi di nuovo allo specialista psichiatra ed esaminare tutte queste possibilità; non andare dal medico solo per farsi prescrivere quello che Le ho scritto, perché anche quegli altri farmaci hanno loro effetti collaterali, perché gli effetti degli psicofarmaci sono sempre individuali e devono essere monitorati con una certa regolarità, e soprattutto, per iniziare ad assumere un farmaco il medico deve riuscire a visitarLa ed avere chiaro di che disturbo soffre ora (e ciò è possibile solo in parte via internet);

un'altra possibilità è non ricorrere agli psicofarmaci, visto che ne è così sensibile e forse avrà difficoltà a seguire la terapia con essi con continuità e per un periodo sufficientemente lungo. Inoltre, il tipo della sua problematica potrebbe rispondere bene più alla Psicoterapia mirata ai Suoi sintomi (di tipo cognitivo-comportamentale).
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dopo
Attivo dal 2007 al 2021
Ex utente
Dopo il consulto, mi è stato prescritto: cymbalta 30 mg la mattina, prazene 20mg 1/2 compressa sempre la mattina. La terapia dovrà durare giusto il periodo di inserimento nel lavoro, poi potrò nuovamente sospendere.
Sin dalla prima assunzione sento un aumento dell'ansia soprattutto la mattina al risveglio; durante la giornata non riesco a prendere alcuna iniziativa e persino i cibi li consumo a letto. Dalle esperienze precedenti le cose dovrebbero migliorare dopo una o due settimane.
Io mi fido dello specialista che fra l'altro mi segue da diversi anni e ad ogni consulto mi sottopone ad un approfondito colloquio in cui mi dà delle indicazioni su come veicolare i miei pensieri, anche se non so se si può definere psicoterapia. Mi chiedo però come mai il suo approccio farmacologico sia così diverso da quelle che sono le linee guida in questa materia e che prevedono trattamenti prolungati e a dosaggi pieni? Ci può essere un qualche caso particolare in cui ciò sia previsto?
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Ci può essere un qualche caso particolare in cui ciò sia previsto?

Sì, probabilmente proprio il Suo caso: nell'ambito del disagio psichico è giusto che l'approccio sia individuale.
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dopo
Attivo dal 2007 al 2021
Ex utente
La ringrazio per la risposta. Tuttavia la mia perplessità aumenta ne riscontrare in tutte le indicazioni sul farmaco, reperibili in rete, che il dosaggio minimo per cui esso è efficace è di 60mg/die. Mi sembra di aver letto anche che esso agisce selettivamente sui due recettori interessati, in maniera diversa, a seconda del dosaggio. Ciò può significare che a seconda della prevalenza dell'ansia o della depressione sia indicato un dosaggio diverso?
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,

la reazione agli psicofarmaci è molto individuale, le linee guida sono sempre solo indicative. Anche a dosaggio "basso", dal punto di vista "statistico", si può ottenere alcuni risultati; in linea di massima, il dosaggio deve essere aggiustato in ogni singolo caso in base agli attesi o riscontrati EFFETTI COLLATERALI (che a dosi più basse sono minori) e in base al RISULTATO RAGGIUNTO. Già dopo due settimane e spesso ancora prima si può sentire certi cambiamenti, i quali Lei, al momento, soggettivamente, può percepire come sufficienti; ed in più si sommano ai cambiamenti nelle circostanze esterne, ad una maggiore sicurezza che viene dal fatto stesso di intraprendere la terapia con dei chiari obbiettivi. Già a dosaggi bassi i farmaci di questo grupo tendono ad agire a livello dei recettori pre-sinaptici e ad aumentare il tono serotoninergico, inoltre agiscono sui recettori che non sono serotoninergici, ma anche quelli, ad esempio, dell'istamina (come antiistaminici), dando un certo senso di benessere. Tutto questo è un po' diverso dall'effetto antidepressivo pieno che si manifesta dopo più tempo rispetto alle due settimane e che dipende dameccanismi più complessi, e per il quale sono necessari tempi d'assunzione molto più lunghi; però mi sembra che Lei non è propenso ad assumere il farmaco per tempi lunghi, forse sperando che per questa volta passerà e va bene così.

Nel caso dei disturbi d'ansia spesso sono necessari dosaggi più alti rispetto ai disturbi di umore, ma è comunque individuale.

Dalla Sua descrizione presumo che il Suo specialista abbia tenuto in considerazione la Sua particolare sensibilità e forse anche il timore verso i farmaci, perché probabilmente, a dosi più alti e per tempi più lunghi Lei non sarebbe d'accordo ad assumere il farmaco.. Però anche qui Lei dubita, e, secondo me, i Suoi dubbi hanno a che fare con alcuni dubbi di base che forse ha: l'idea stessa che qualcuno o qualcosa possa aiutarLa, che Lei possa essere malato e avere bisogno di cure prolungate.. e, più a fondo, questi dubbi hanno a che fare anche con .. la fiducia. Nonostante Lei mi scrive di molta fiducia che ha nel Suo specialista, fa a me domande che potrebbe fare a lui.. però, penso, potrebbe non essere un problema con lui, ma con la fiducia in generale..

Non voglio essere da Lei frainteso negativamente, ma voglio essere franco: per quanto ligittimi, i Suoi dubbi potrebbero essere di per se una manifestazione morbosa e potrebbero non risolversi anche se io Le dessi spiegazioni di tipo razionale alla Sua domanda; oppure possono risolversi, ma potrebbero sempre nascere gli altri dubbi..

la cosa migliore è di chiedere al Suo specialista la spiegazione, sia perché è lui che ha prescritto tale terapia, sia perché tale spiegazione della terapia prescritta, nel Suo caso, secondo me, fa parte del processo terapeutico.
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dopo
Attivo dal 2007 al 2021
Ex utente
La ringrazio dottore delle risposte. Credo però di non essermi spiegato bene.
Parlando di una o due settimane, intendevo il tempo necessario, sulla base delle esperienze passate, perchè si attenuino i sintomi, che paradossalmente nella fase iniziale aumentano, e si manifestino i primi benefici. Della durata della terapia non ho invece fatto mensione perchè lo specialista mi ha dato la facoltà di interromperla quando riterrò di aver raggiunto gli obbiettivi.
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
.. lo specialista mi ha dato la facoltà di interromperla quando riterrò di aver raggiunto gli obbiettivi.

In questo caso può esserci una ragione in più del dosaggio basso: l'interruzione della farmacoterapia porta i rischi del ritorno dei sintomi trattati (la ricaduta), talvolta con maggiore intensità di prima (fenomeno rebound) ed i sintomi "da sospensione". Tali fenomeni possono essere PIU' CONTENUTI se la DOSE assunta è stata BASSA. In ogni modo, ho il dovere di consigliarLe di avvisare il Suo specialista quando penserà di interrompere la cura e, comunque, la cosa migliore sarebbe di non averne fretta e di deciderlo assieme con lui.

un saluto!
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dopo
Attivo dal 2007 al 2021
Ex utente
Ringrazio cordialmente il Dr. Gukov.
Vorrei gentilmente chiedere, a quanti possono aiutarmi in questa ricerca, di potermi indicare uno specialista della terapia cognitivo comportamentale, nel leccese, preferibilmente nella zona tra Maglie a S.M. di Leuca.
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,
secondo le norme etici e comportamentali di questo sito non si potrebbe indicare i nomi nella discussione pubblica (come questa); Le consiglierei di cercare lo specialista di Suo interesse nell'elenco degli psicoterapeuti iscritti a questo sito ed eventualmente chiedere indicazioni ad uno di loro.
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dopo
Attivo dal 2007 al 2021
Ex utente
Sono passate 2 settimane dall'inizio della terapia; mentre il mio stato di nervosismo e depressione(?) è migliorato, l'ansia continua a persistere. Al momento mi trovo in una situazione in cui non posso consultare il mio specialista "storico", in quanto mi sono trasferito per motivi di lavoro. Nell'ultimo incontro peraltro, come ho cercato di sintetizzare all'inizio di questo consulto, mi è stata fatta la prescrizione, con la rassicurazione che una volta superata la fase di adattamento alla nuova situazione, non ne avrei avuto più bisogno e quindi avrei potuto sospenderla; poi avremmo rivalutato la situazione più in là, alla prima possibilità d'incontro.
Prima quindi di rivolgermi ad un nuovo specialista, e ricominciare tutto daccapo, vorrei essere certo di non essere affrettato nelle conclusioni, e mi permetto di chiedere cortesemente dei pareri.
Ritengo utile sottolineare che nel mio disagio avverto due sintomatologie (probabilmente legate tra loro): una è un senso di intolleranza nei confronti di un componente familiare per delle situazioni conflittuali storiche (ma che si sono aggravate negli ultimi anni) che mi portano ad un nervosismo interiore persistente, con pensieri ossessivi, facendomi precipitare nella depressione; l'altra è legato alla fobia sociale che mi porta ad un'ansia esasperata in particolari situazioni. A seconda delle circostanze i due sintomi si manifestano con intensità diversa ed in maniera apparentemente indipendente.
Premesso ciò, ho potuto notare che precedenti trattamenti con elopram o paroxetina, mi portavano beneficio in un senso (controllo dell'ansia), ma risultavano poco efficaci sull'altra componente. Con la duloxetina sto invece avvertendo il contrario: riduzione dell'insofferenza e irritabilità, ma persistenza dell'ansia.
Ora la domanda che esplicitamente vorrei porre è se è ancora presto per una valutazione dell'efficacia della terapia e posso sperare (sulla base della Vostra esperienza nell'impiego di questo farmaco) di avere successivamente anche un beneficio per l'ansia; oppure sarebbe il caso di rivolgermi già da subito ad un nuovo specialista, vista l'impossibilità di contattare l'attuale, prima di un mese?
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,

scondo la mia esperienza la duloxetina può essere efficace anche sull'ansia, ma due settimane sono poche. Come ho scritto prima, assumere questi farmaci solo nei periodi "critici" ritengo scoretto. Alcuni effetti terapeutici si vedono presto, per gli altri ci vuole più pazienza. Se, oltre al dare il beneficio da Lei descritto, il farmaco non Le dà effetti collaterali, proseguirei il trattamento almeno fino alla prossima visita e secondo me anche dopo, ma che lo decida il Suo specialista.

Per avere un effetto sull'ansia bisogna controllare anche che la dose che Lei assume sia sufficiente, una dose bassa potrebbe non bastare. Visto però il Suo timore degli effetti collaterali (dei quali per ora Lei comunque non parla) andrei adagio, ed anche l'eventuale aumento del dosaggio concorderei alla prossima visita.

Cercherei di mantenersi in contatto piuttosto con il Suo specialista "storico". Un mese passa veloce. Consiglierei però di chiarire con lui se l'indicazione di sospendere il trattamento appena Lei sta meglio proviene dalla necessità di venire a patti con la posizione soggettiva Sua (forse la riluttanza di prendere il farmaco a lungo, il timore degli effetti collaterali,..) oppure è la valutazione oggettiva del Suo psichiatra libera dai compromessi.

Quando vedrà il Suo specialista, lo avviserei anche della Sua intenzione di intraprendere la psicoterapia cognitivo-comportamentale, e sentirei le sue opinione ed indicazioni a proposito.
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dopo
Attivo dal 2007 al 2021
Ex utente
Rinnovo i mie ringraziamenti al Dr. Gukov per le sue tempestive risposte.
Vorrei riassumere la situazione attuale con la convinzione che un eventuale parere mi sarebbe d'aiuto.
Da tre settimane seguo la seguente terapia: Duloxetina (30 mg al giorno), prazene 1/2 cp da 20mg al mattino e zolpidem 1/4-1/2 cp da 10mg la sera (entrambi al bisogno). L'ansia è diminuita, l'irritabilità è scomparsa, non sento alcun effetto collaterale. Però la situazione sembra stabilizzata, senza tuttavia il pieno raggiungimento di un umore stabile e "normale". Alle volte mi sento demoralizzato nelle mie mansioni, ma ho notato che basta una tazza di caffè per mettermi di buon umore. Inoltre continua a persistere (era già presente prima della terapia) l'ansia del sonno che mi porta ad addormentarmi con difficoltà e a svegliarmi prima del tempo. La settimana scorsa, preso dall'esasperazione di dormire poco (mi svegliavo dopo 3 ore nonostante zolpidem), ho preso 1/2 compressa di prazene alle 21:00 e successivamente 1/4 di cp da 10mg di zolpidem alle 23:30. Ho dormito continuamente per circa 6 ore e la mattina dopo ero di ottimo umore. Ho riferito ciò (per telefono) al mio specialista il quale mi ha detto che potevo continuare così per 15 gg, magari aumentando la dose di zolpidem 10mg fino ad 1 cp. Fra 15 gg dovrei ricontattarlo per riferire. Circa il dosaggio della Duloxetina invece dovrei continuare con 30 mg.
Al momento, per quanto riguarda lo Zolpidem, mi sto mantenendo ad 1/4 di cp perchè non vorrei che l'insieme di questo e del prazene, possano condizionare il mio rendimento lavorativo il giorno dopo; il sonno comunque non è del tutto soddisfacente.
La domanda che ora mi pongo è la seguente: la situazione attuale si è stabilizzata definitivamente, o la duloxetina continua ad apportare miglioramenti (dell'umore e, spererei, della qualità del sonno) nei lunghi periodi?


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dopo
Attivo dal 2007 al 2021
Ex utente
Vorrei precisare. Quando parlo di umore non buono, intendo "giù di morale", senso di inadeguatezza, mancanza di slanci ed iniziative.
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,

la situazione ora potrebbe essere "stabilizzata" dal punto di vista dell'effetto massimo che hanno potuto dare gli altri farmaci associati (prazepam, zolpidem), ma, per giudicare l'efficacia di un antidepressivo, le tre settimane sono poche. Vista la presenza di questi altri farmaci associati, è difficile ora, secondo me attribuire i miglioramenti raggiunti univocamente alla duloxetina. Nei lunghi periodi è possibile che il farmaco (duloxetina) migliori anche il sonno (dipende anche dalla dose), ma gli eventuali prossimi miglioramenti da attribuire al farmaco (duloxetina) aspetterei di vedere più nelle altre aree che non sono il sonno. La dose della duloxetina rimane, secondo me, un argomento da discutere col Suo curante alla prossima visita.

Fra i tre farmaci è il prazepam che può interferire eventualmente di più con il rendimento lavorativo di giorno.
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