Depersonalizzazione e derealizzazione

Salve ai gentili dottori. Come sapete già soffro di attacchi di panico e ansia somatizzata; purtroppo da giovedì sera tutto questo è sfociato in una pesante forma di depersonalizzazione e soprattutto di derealizzazione. Mi era già successo nel 2004 per tre mesi, ma senza altri sintomi, e io ora ho una terribile paura di diventare pazza, di stare per impazzire, e soprattutto paura di non guarire più.
Mi sento malissimo, piango di continuo. Sto facendo psicoterapia, ma la dottoressa come cura per questi sintomi mi ha detto solo "sopporta e non pensarci". Mi sento impotente e questo peggiora notevolmente il disturbo perché passo le giornate a guardarmi intorno preoccupata per vedere come percepisco gli oggetti.
Farmaci prendo alprazolam, 3, a volte da 0.25 e 0.50, e gocce da 0.75 al bisogno, da tre a cinque. Vi prego aiutatemi sto malissimo!!!!!
[#1]
Dr. Manlio Converti Psichiatra, Psicoterapeuta 799 17 20
Ma cos'altro fa nell'arco della giornata a parte maltrattarsi e pensare solo a farmaci e problematiche psichiatriche=?
Chi le ha dato gli psicofarmaci?
Parli dal vivo con uno psichiatra del Centro di Salute Mentale

Dr. Manlio Converti

[#2]
dopo
Utente
Utente
Caro dottor Converti, io lavoro se proprio lo vuole sapere. Ma mi risulta quantomeno difficile non pensare ai sintomi che mi si presentano, soprattutto quelli di cui sopra e quelli degli attacchi di panico, anche sul lavoro.
I farmaci mi sono stati prescritti regolarmente da uno psichiatra e dal mio medico di base. Quanto al Centro di salute mentale, ci sono già stata con esiti non particolarmente degni di nota (confermarono la terapia psicologica e i farmaci dati).
Le chiedo dunque, se lei sa come fare in modo che non pensi al mio disturbo, per favore me lo dica...!! Cordialità.
[#3]
Dr. Manlio Converti Psichiatra, Psicoterapeuta 799 17 20
Lei ha mischiato nella sua auto-diagnosi diversi termini, che sono già diagnosi, invece dei sintomi, cioè della descrizione del suo disagio a parole sue. E' quindi difficile esserle di conforto più di quanto riceva già dai professionisti dal vivo, ai quali può sollecitare maggiore attenzione, spiegando sempre anche a loro a parole sue il disagio, invece che partire da diagnosi di cui magari non sa esattamente il significato.
Sicuramente creare delle strategie per distrarsi, degli interessi e dei piccoli piaceri per tollerare questa esistenza, che è stata definita "una valle di lacrime" ma anche "la nausea" è opportuno e saggio.