Psicofarmaci e funzioni cognitive

Gentili Dottori,
sono un uomo di 36 anni, da sempre ansioso. Non ho mai fumato, usato droghe, mai fatto uso di alcolici (che "assaggio" raramente).
Circa 16 anni, ad inizio università, iniziarono a manifestarsi sintomi riconducibili alla depressione (in particolare tristezza e svogliatezza uniti ad atteggiamenti evitativi nei rapporti con gli altri). Passati 5-6 anni, durante i quali il mio stato psicologico peggiorò, iniziarono a manifestarsi gli attacchi di panico, a volte molto forti. Mi rivolsi ad uno psichiatra che mi prescrisse il sereupin (non ricordo il dosaggio); assunsi la paroxetina per un anno e mezzo (mi pare), con buoni risultati. Dopo quella terapia, per un lungo periodo (5-6 anni), sono stato "meglio", anche se in me permaneva una certa tristezza e uno strano malessere che non saprei descrivere. Qualche anno fa (nel 2012, mi pare) dopo una piccola discussione con la mia ragazza, su incomprensioni che però mi pesavano molto, (ragazza con cui non avevo un rapporto sereno) ebbi una sorta di attacco di pianto a cui seguì una specie di paralisi muscolare (ero seduto), fui "soccorso" e messo su un letto; l'irrigidimento durò 5 min. Nei mesi successivi mi resi conto di non star bene e mi rivolsi nuovamente ad uno psichiatra (diverso dal primo). Da allora sono in terapia. Terapia che è stata molte volte modificata sia a livello di molecola sia livello di dosaggio. I farmaci presi negli ultimi 3 anni sono (cronologicamente e variamente associati fra loro) En, zoloft, citalopram, trittico, trilafon, fevarin, zyprexa, abilify, escitalopram, anafranil, wellbutrin e noritren. Dallo scorso ottobre la mia terapia è: wellbutrin 300mg 1cpr mattina, noritren 10mg 2cpr mattina 2cpr sera.
Sono ancora uno studente universitario fuorisede (ormai alla fine), la mia "carriera" accademica ha ovviamente risentito del malessere e delle terapie fatte.
Posso dire di non soffrire più di ansia, però mi sento atarassico, mentalmente stanco e rallentato. Oggi sono deluso del mio passato (ultimi 15 anni), frustrato dal mio presente e angosciato dal mio futuro... Da qualche mese faccio psicoterapia (con incontri molto distanti fra loro) e forse sta avendo qualche effetto (forse). Molto spesso, specie nell'anno passato, ho pensato al suicidio, ma non l'ho messo in pratica, e non lo farò, per "premura" verso i miei genitori (a cui ho nascosto tutto); se non ci fossero loro penso che, molto razionalmente, chiuderei tutto...
Oltre a chiedere un parere sulla mia storia terapeutica, vorrei chiedere se vi sono studi sugli effetti degli psicofarmaci nel lungo periodo, in particolare nei confronti delle attività cognitive. Chiedo questo perchè, come detto, mi sento "spento", credo di avere difficoltà a memorizzare, a concentrarmi; a volte mi sembra di ragionare più lentamente, con maggiore difficoltà (nello studio). Mi inquieta il possibile deperimento cognitivo (che un po' "sento").
Una terapia farmacologica come la mia può "ostacolare" una terapia psicologica?
Grazie
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41k 1k 63
Le terapie farmacologiche hanno funzione di preservare lo stato cognitivo.

Piuttosto sembra lamentare una serie di sintomi che potrebbero non ricevere giovamento dalla terapia attuale.

Una terapia farmacologica non ostacola MAI una terapia psicologica e può essere coadiuvante.

Incontri sporadici con un terapeuta non possono essere considerati una psicoterapia che richiede degli incontri ravvicinati nel tempo.

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