Assuefazione, interazioni tra farmaci e predisposizione genetica ad alcuni disturbi psichici

Buongiorno,
vorrei richiedere un consulto, anche se online, in merito ad alcuni quesiti:

A) È noto ai più che le benzodiazepine tendano ad indurre assuefazione qualora vengano assunte quotidianamente ed ininterrottamente nel corso di alcune settimane, tuttavia vorrei sapere se anche la Paroxetina potrebbe prima o poi indurre assuefazione (magari entro un periodo più lungo, come qualche anno piuttosto che solamente nel giro di qualche settimana) e risultare di punto in bianco la sua assunzione incapace di continuare ad apportare al cervello (e quindi anche alla psiche) quei benefici per i quali questo farmaco potrebbe essere stato originariamente prescritto.


B) In secondo luogo vorrei cortesemente domandarvi se, nel caso in cui la risposta alla prima domanda fosse affermativa ed esistessero quindi delle concrete possibilità di sviluppare assuefazione e - di conseguenza - di non percepire più i benefici della Paroxetina, sarebbe vera un'ipotesi che ho sentito dire secondo cui esistano comunque dei farmaci alternativi ad essa, che presumibilmente agiscono in maniera molecolarmente differente permettendo tuttavia di ottenere i medesimi benefici.


C) Nel caso in cui un soggetto abbia già sviluppato un'assuefazione alle benzodiazepine (ad esempio al Lorazepam) e, per cui, sia diventato "insensibile ai loro benefici", ci sarebbe ugualmente la possibilità di regredire questo stato di assuefazione (qualora, ad esempio, si decidesse d'interrompere il farmaco gradualmente in modo da "ripulire" l'organismo dalla sua necessaria assunzione) e quindi, solo dopo aver "rieducato" l'organismo a fare a meno del farmaco, riprendere ad assumere le benzodiazepine come la prima volta percependone nuovamente tutti i benefici?


D) La Paroxetina e la Fluoxetina possono indurre differenti effetti collaterali (ad esempio la prima potrebbe favorire la sonnolenza, la seconda l'insonnia), tuttavia - siccome entrambe sembrerebbero indicate più o meno per la medesima "sfera di disturbi" - sarebbe da considerarsi controproducente proporre ad un soggetto assunzione contemporanea dell'una e dell'altra (ma la Paroxetina a dosi maggiori, come 40-60 mg, rispetto alla Fluoxetina a 20 mg) oppure è già una prassi medica?


E) È da considerarsi un "soggetto geneticamente a rischio di sviluppare forme invalidanti di disturbo mentale" (come la schizofrenia) una persona che abbia avuto/abbia più di un familiare (sia di parte di madre che di padre, ad esempio) che sia/sia stato affetto da disturbi quali schizofrenia, oppure depressione o ansia croniche e/o invalidanti?


Ringrazio in anticipo chiunque avrà disponibilità a chiarirmi questi dubbi, poiché informandomi attraverso Web, "sentito dire" (e persino domandando ad alcuni specialisti di persona) non ho mai ottenuto al riguardo risposte concrete, bensì sempre vaghe ed ambigue (come se sapessero ma non volessero dire esplicitamente, oppure non sapessero dire ma tentassero ugualmente di dire).
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Siamo alle solite.

Ha già ricevuto le risposte che vuole.

Ora si passa alla fase della risposta generica ed impersonale per simulare un interesse collettivo in modo da indurre qualcuno a rispondere.


Saluti


Dr. F. S. Ruggiero


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