Perché tanta rabbia se razionalmente ho capito tutto?

Salve a tutti, sono una ragazza di 35 anni e mi rivolgo a voi perché provo sentimenti contrastanti che non riesco a spiegarmi.
Sono stata lasciata un anno e mezzo fa circa, dopo 7 anni di relazione di cui gli ultimi 2 di convivenza: relazione intensa, ricca di progetti che stavamo realizzando (lavoro, casa), relazione serena fatta di pochi litigi, in cui io soprattutto mi sono fatta in 4 (dico questo perché nel corso degli anni è stato sempre lui ad avere "problemi" con il lavoro, di salute, con gli amici): Io ero il perno, il suo punto di riferimento, la persona in grado di calmare e dare saggi consigli.
Lato mio, io mi sono sempre "appoggiata" poco, sia perché caratterialmente molto autonoma e sia perché dall altra parte vedevo una persona non troppo empatica o paziente che comunque aveva già le sue cose.
Mi lascia a causa della routine, non sente più i brividi.
Sto malissimo.
Dopo un anno circa torna, mi dice che vuol riprovare, che dopo aver avuto una breve relazione con un'altra ha capito di voler me.
Accetta di iniziare un percorso di coppia (1 solo incontro fatto)
Il ritorno è durato circa 2 mesi, fino a che non è stato richiamato dall altra (ovviamente lui ha negato).
Oltre alla grandissima delusione, mi sento umiliata del fatto che lui ha scelto una persona molto diversa da me ("leggera", frivola, sciocchina, su cui non si può fare affidamento - parole di lui che poi ho verificato tramite terzi) e che sia principalmente il sesso a legarlo.
Mi sono sentita non importante in quanto dopo 6 mesi dalla rottura già stava con quest altra. Mi sono sentita un fantasma nella sua vita, come se non gli avessi laaciato nulla nonostante io mi sia spesa anima e corpo.
Nel periodo del riavvicinamento ho notato che anche lui era cambiato, diventato "frivolo" (abbastanza immaturo lo è sempre stato) però in nome del passato avevo deciso di riprovare.
Io non lo stimo più e non vorrei mai stare con una persona del genere... Ma allora perché sono tanto arrabbiata?
Perché l idea che lui la presenti alla sua famiglia, ai nostri amici, che facciano viaggi mi dà così fastidio??
?

Mi chiedo come faccia a preferire un rapporto di montagne russe a uno stabile... Come ha fatto a mancarmi così tanto di rispetto dopo tanti anni insieme tornando con tante belle parole per poi correre via come un cane al primo fischio del padrone?
Ai miei occhi lui non vale nulla ma perché allora non riesco a non augurargli tutto il male del mondo?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 185
Gentile utente,
sono consapevole dei suoi sentimenti dolorosi, ma vorrei invitarla a riflettere.
Scrive: "Mi sono sentita un fantasma nella sua vita, come se non gli avessi lasciato nulla nonostante io mi sia spesa anima e corpo".
Moltissime donne che "si fanno in quattro", "si spendono anima e corpo", sono "in grado di calmare e dare saggi consigli" senza mai chiedere appoggio per sé, vengono regolarmente lasciate specie se hanno scelto come partner, come avviene per una sorta di compenso, una persona fragile, dubbiosa, immatura.
Al loro posto viene scelta una donna frivola, leggera, instabile, che nell'ottica di certi uomini significa allegra, senza progetti impegnativi, priva di quella saggezza che è caratteristica del gufo, spumeggiante nella sfera sessuale e così inaffidabile da dover essere sempre riconquistata per non rischiare di perderla.
Il suo partner era ritornato, troppo insicuro per abbandonarsi alle "montagne russe". Ma guarda caso non ce l'ha fatta a riprendere la routine in cui troppo spesso era saggiamente "accudito". Non ce l'ha fatta ad andare oltre una singola seduta di terapia di coppia: troppo doloroso fare i conti con la propria insufficienza, di fronte alla "maturità" della partner.
Una partner "mamma" che forse lo ha sempre considerato un bambino da cullare, consolare, proteggere, che non lo ha lasciato crescere. E oggi non lo vuol considerare ancora autonomo, e non riesce a "non augurargli tutto il male del mondo".
Lei che ci scrive, per parte sua ha portato questa sua dolorosa esperienza in terapia? Sarebbe opportuno farlo, per capire, per superare, ma anche per non essere costretta a recitare altre volte lo stesso identico copione.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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dopo
Utente
Utente
Grazie per la sua risposta dottoressa...Lei ha centrato a pieno il tutto: la tipologia di donna che lui ha scelto è esattamente quella da lei descritta ed effettivamente spesso mi sono sentita la mamma e non la fidanzata del mio ex, ma è una "colpa" essere maturi? Lui mi chiedeva consigli o si lamentava di situazioni lavorative e io cercavo di "smorzare", quando era bloccato a letto per un problema serio l ho accudito perché vivevamo lontani dalle nostre famiglie d origine... Non è questo che dovrebbe fare una compagna? Credo che nei rapporti di coppia ci si debba divertire insieme ma anche sostenere a vicenda... Ma è una "colpa" riuscire a gestire le proprie cose in modo autonomo senza bisogno del partner? Più che sulla mia maturità avrei da ridire sulla sua immaturità visto che a 36 anni si è rifugiato in un rapporto fatto di sesso, droga e rock and roll.
Per quanto mi riguarda mi sono rivolta ad un suo collega per superare questo periodo però mi è stato detto di avere tutti gli strumenti necessari per farlo da sola e che non necessito di un percorso in questo senso..
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 185
Gentile utente,
mi dispiace leggere le parole: "mi sono rivolta ad un suo collega per superare questo periodo però mi è stato detto di avere tutti gli strumenti necessari per farlo da sola e che non necessito di un percorso in questo senso.."
Spero e voglio credere che il mio collega non intendesse negarle il suo aiuto, ma solo incoraggiarla a valutare che lei ha già molte risorse.
Come le dimostra il momento difficile che sta attraversando, la vita è in continuo movimento, in "sviluppo", diciamo noi psicologi: dal concepimento fino alla morte una persona muta, e al cambiamento contribuiscono le circostanze attorno a lei, non solo il naturale processo geneticamente determinato.
Ora lei si è scontrata con un dolore cocente: l'abbandono da parte di una persona amata, la fine di una relazione che probabilmente è stata la più importante della sua vita, in termini che lei avverte come offensivi e ingiusti.
Aiutarla a capire come si è prodotto questo, perché lei esca più presto dalla sofferenza, sarebbe già un valido obiettivo per un percorso terapeutico.
Inoltre le difficoltà e le amarezze che ci derivano dalle nostre relazioni acquistano un senso se possiamo fare di esse degli strumenti per orientare meglio il nostro futuro. Dalla sua narrazione emergono elementi che potrebbero metterla a rischio di replicare nuove scelte inidonee, nuove relazioni sbagliate.
Queste modalità possono cambiare solo con un'attenta analisi dei suoi valori, delle sue credenze, delle sue abitudini.
Perché rinunciare a fare di un male, un bene, ossia l'acquisizione di nuove consapevolezze?
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com