Vulnerabilità dopo aver conosciuto una ragazza
Da piccola ho costruito una torre, un muro che mi proteggeva da tutto quello che mi faceva male, dai sentimenti, dalle persone.
Non è che non li volessi, ma l’esterno, l’interazione con gli altri, mi faceva soffrire, e così mi sono costruita questa prigione invisibile.
Anche nelle relazioni che ho avuto, erano gli altri ad avvicinarsi, ma sempre ai confini della mia torre, senza mai riuscire a entrare davvero.
Mi sentivo sempre al sicuro, ma anche sola.
Una persona è entrata una volta, ma non è finita come volevo.
Qualche mese fa ho conosciuto una persona.
Per la prima volta, ho cercato un attimo di uscire dalla mia torre, di avvicinarmi veramente, ma mi sono accorta che avevo paura dei miei stessi sentimenti.
Vi giuro, l’unica cosa che usciva era il mio lato vulnerabile, ho sbagliato tutto, ma mi sono sentita confusa, incapace di capire cosa fare. Una sorta di paura.
Non ero più la persona che conosco, quella sempre sotto controllo, quella che si è sempre mostrata come bella e dannata ai miei amici (loro mi chiamano così). E adesso, dopo aver provato a scriverle e aver ricevuto un silenzio e un attacco, mi chiedo se ho sbagliato tutto.
Mi sento in colpa, come se avessi invaso uno spazio che non mi apparteneva, io che ho problemi con l’invasione da sempre ed è come se chiedessi sempre il permesso. Con lei non ho manco bussato, ma non volevo davvero farlo.
Mi chiedo perché ho avuto paura di questi sentimenti, perché ho avuto paura di sentire di più. Non ho mai vissuto niente del genere, e adesso non so più come gestirlo. La torre che avevo costruito, che mi ha protetta per anni, ora sembra solo una prigione da cui non so più come uscire. Ormai è andata, so di non interessarle e va bene così.
Ma perché tutto questo mio meccanismo con lei? Perché mi sento così stupida e non riesco a capire? Io analitica, che va oltre, che non contatta mai, non si mostra mai, boh
Lei stessa descrive accuratamente il suo meccanismo difensivo e si dà la risposta alle proprie domande, solo che non le vede.
Le faccio da specchio.
Lei si era richiusa in una torre, cioè si era applicata una corazza difensiva per non soffrire, "..un muro che mi proteggeva da tutto quello che mi faceva male, dai sentimenti, dalle persone."
Ad un certo punto della sua vita un sentimento più forte della paura la ha spinta a uscire dalla torre, a togliersi la corazza: nuda, indifesa; spaventata dalla sua nudità.
Ha esposto, per la prima volta nella sua vita, la sua nudità psichica all'altra persona,
e ne ha ricevuto un rifiuto.
Di conseguenza ora si interroga se era giusto uscire dalla torre, se era giusto mostrarsi nuda, ...
Ma il pericolo più importante che io riscontro ora è di rientrare immediatamente nella torre; anche se ritengo che una volta sperimentata la libertà del corpo senza corazza è difficile tornare indietro.
Ci si trova però in quella fase di mezzo in cui manca la solidità precedente dovuta al meccanismo difensivo (torre), e ancora non si intravede come poter governare la nuova vulnerabilità.
IMPORTANTE:
In anagrafica dichiara di avere 29 anni, ma nel consulto precedente scrive di averne solo 20.
Può comprendere Lei stessa che la problematica che presenta oggi ha un rilievo ben differente nelle due età! L'una è una età evolutiva, l'altra è ormai adulta. Ciò non ci permette di fornire ulteriori indicazioni.
Per questo raccomandiamo che i dati personali siano esatti.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Ciò che non comprendo è come può una persona, relativamente conosciuta da poco, muovere la mia vulnerabilità così? Io non credo a queste cose, sono abbastanza cinica. Perché sono uscita un attimo dalla torre? Ma io non volevo, è andato in automatico quando ho incontrato questa persona e ho ricevuto un rifiuto. Non ho problemi con i rifiuti, non è mica la prima volta, ma adesso boh
Ho 29 anni, il vecchio consulto non è mio, anche per il fatto che sono mediamente adulta dovrebbe essere tutto più logico (almeno si spera). E vi giuro, non ho idealizzato niente.
Evidentemente l'autopercezione dichiarata non corrisponde alla realtà di quella che Lei realmente è.
O che *una parte* di Lei è; una parte che ancora non conosce.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
grazie per aver condiviso qualcosa di così importante e personale. Quello che stai descrivendo è un’esperienza complessa, ma anche molto comune in chi, come te, ha costruito meccanismi di protezione per affrontare momenti difficili o esperienze dolorose.
La metafora della torre che hai usato è molto potente. Ti ha offerto sicurezza e controllo, proteggendoti dalle ferite e dalle delusioni che potevano venire dall’esterno. Tuttavia, come spesso accade con i meccanismi di difesa, ciò che ci protegge può anche isolarci. Questo isolamento non è una tua colpa: è stato un modo per sopravvivere, e in molti modi ti ha permesso di affrontare ciò che ti faceva male.
Quando parli della persona che hai incontrato, sembra che qualcosa in te abbia voluto uscire dalla torre, rompere quelle difese e sperimentare una nuova apertura. Questo è un passo enorme, anche se ora ti senti confusa o vulnerabile. Esporsi emotivamente, specialmente per chi è abituato a mantenere il controllo, può sembrare destabilizzante, come perdere un equilibrio che hai mantenuto a lungo.
È normale sentirsi spaesati quando ci si avvicina a un sentimento nuovo o intenso. La paura di non saper gestire la situazione o di fare troppo spesso deriva dall’incertezza e dalla poca familiarità con queste emozioni. La tua descrizione del senso di colpa e della sensazione di aver invaso uno spazio altrui riflette una tua sensibilità e un rispetto profondo per i confini, probabilmente radicato nella tua storia personale.
Quello che è successo con questa persona non è un errore, ma un’esperienza che può insegnarti molto su di te. Non si tratta di capire cosa hai sbagliato , ma piuttosto di comprendere come mai certe emozioni sono così difficili da accogliere e perché, in quel momento, hai reagito in quel modo. La tua paura di sentire di più, di essere vulnerabile, non è un difetto, ma una parte di te che può essere esplorata, capita e, col tempo, accettata.
La tua consapevolezza è il primo passo verso un cambiamento. Non sei sbagliata, né stupida. Stai semplicemente affrontando un passaggio importante nella tua vita emotiva, e questo richiede tempo e pazienza.
Ti invito a riflettere su alcune domande, magari anche con l’aiuto di un professionista:
Cosa rappresenta la torre per te oggi?
Cosa temi potrebbe accadere se lasciassi entrare gli altri più vicino?
Cosa ti ha spinto, questa volta, a voler uscire dalla torre?
Il tuo viaggio emotivo non è lineare, e ciò che stai vivendo ora può essere un punto di svolta per imparare a integrare il tuo lato vulnerabile senza dover rinunciare alla forza e alla protezione che hai costruito in passato.
Se senti di voler approfondire questi aspetti, potresti trovare utile intraprendere un percorso terapeutico, per esplorare con delicatezza le tue emozioni e i tuoi meccanismi di difesa. Non sei sola in questo cammino, e ogni passo verso una maggiore comprensione di te stessa è un passo importante.
Un caro saluto
Dr. Marco Grosso
Iscritto all'Associazione Italiana Psicologi (AIP)
Psicologi in Farmacia (ANPIF)
(Comunque riesco a parlare con consapevolezza del mio vissuto è perché ho molti anni di psicoterapia, dove abbiamo analizzato per bene il mio processo della torre/prigione)
1. Il cinismo come seconda torre
Il cinismo, come lo descrivi potrebbe essere un ulteriore meccanismo di protezione, una sorta di estensione della torre originale . Ti consente di tenere a distanza il rischio emotivo, giustificando l’idea che non valga la pena mostrarsi . Tuttavia, come hai intuito, anche questo cinismo potrebbe averti limitato nel momento in cui hai sentito il desiderio di lasciarti andare .
Questa tensionetra il voler proteggersi e il voler vivere a pieno può essere molto frustrante. È come se una parte di te volesse abbattere le mura, ma un’altra avesse paura di ciò che potrebbe accadere una volta fuori. Non è raro che, dopo un periodo di crescita e consapevolezza, emerga questo conflitto: il desiderio di cambiamento si scontra con vecchi automatismi didifesa.
2. L’idea di non avere niente da offrire
Questa convinzione merita particolare attenzione. È possibile che derivi da esperienze passate o da un’autocritica interna che si è rafforzata nel tempo. Dire non ho niente da offrire non è un fatto oggettivo, ma una percezione che spesso non corrisponde alla realtà. È importante chiederti:
Da dove nasce questa idea?
Quali esperienze l’hanno rafforzata?
Cosa succederebbe se la mettessi in discussione?
Spesso, questa convinzione è radicata nella paura di deludere le aspettative altrui o nel timore di non essere sufficientemente perfetti . Ma ciò che rende una relazione significativa non è offrire qualcosa di perfetto , bensì la connessione autentica e reciproca.
3. Volevolasciarmi andare, ma non ho saputo farlo
Questo è un punto centrale del tuo messaggio. Lasciarsi andare non è un atto semplice, soprattutto per chi, come te, ha costruito muri per proteggersi. È naturale che il tentativo di abbattere quelle barriere possa risultare confuso o spaventoso, perché implica un’esposizione a emozioni nuove e a rischi che prima erano evitati.
È possibile che il tuo desiderio di aprirti sia stato più forte delle tue difese abituali, ma che queste ultime abbiano reagito nel momento in cui hai percepito vulnerabilità. Questo non significa che tu abbia fallito : significa semplicemente che sei in un processo di cambiamento, e i progressi non sono mai lineari.
4. Cosa puoi fare ora?
Dato il tuo percorso di consapevolezza, ci sono alcuni aspetti su cui potresti riflettere o lavorare ulteriormente:
Abbracciare la tua vulnerabilità: La vulnerabilità non è un segno di debolezza, ma di coraggio. Lasciarsi andare non significa essere completamente pronti , ma accettare di essere imperfetti e autentici.
Riconoscere i tuoi progressi: Anche se ti senti sfasata , hai già fatto passi importanti, come tentare di uscire dalla tua torre e metterti in gioco. Questo è un grande risultato, anche se ora ti senti incerta.
Rivedere le tue aspettative: Spesso, tendiamo a essere troppo critici con noi stessi quando le cose non vanno come avevamo sperato. Prova a chiederti: cosa mi aspettavo da questa apertura? E cosa posso imparare da ciò che è successo?
Accettare che il cambiamento richiede tempo: Non è necessario abbattere tutte le barriere in una volta. Puoi procedere gradualmente, rispettando i tuoi ritmi e i tuoi bisogni.
5. Il prossimo passo
Il fatto che tu stia già elaborando tutto questo dimostra che sei in grado di affrontare questa situazione con consapevolezza e crescita. Potresti continuare a esplorare questi temi in terapia, magari concentrandoti su come integrare il desiderio di connessione con le tue difese.
Se senti che c’è ancora qualcosa di irrisolto con questa persona, potrebbe essere utile chiederti:
Cosa mi ha fatto sentire sfasata ?
C’è qualcosa che desidero comunicare a questa persona, anche solo per chiudere questo capitolo in modo più chiaro per me stessa?
Infine, ricorda che è normale sentirsi confusi e in conflitto quando ci si mette in gioco emotivamente. È un segno che stai crescendo e cercando di vivere in modo più autentico.
Dr. Marco Grosso
Iscritto all'Associazione Italiana Psicologi (AIP)
Psicologi in Farmacia (ANPIF)
Mi preme, però, dirle che, sebbene il rifiuto di questa ragazza mi faccia male, lo accetto senza esitazioni. La sensazione che mi lascia però è quella di un’enorme colpa verso di lei, una colpa che non riesco a spiegare. Non comprendo il motivo per cui mi sento così, come se avessi fallito in qualche modo nei suoi confronti. Mi sembra che non ci sia nulla che possa fare per rimediare o per chiarire, e questo pensiero mi lascia con la sensazione di una sconfitta.
Questa situazione mi fa venire voglia di chiudermi ancora di più, di rinchiudermi completamente. È una reazione istintiva, non nuova, ma ora sembra più forte che mai. Anche se, come mi ha fatto notare, la mia difficoltà nel lasciarmi andare è parte di un meccanismo di protezione, questo non cambia il fatto che, a livello emotivo, mi senta ferita. Mi è difficile sentire che qualcuno, davvero, possa toccarmi in profondità. Il rifiuto, in questo caso, ha attivato qualcosa di più profondo, che non riguarda solo il rapporto con lei, ma una parte di me che non so come gestire.
Riconosco e confermo ciò che lei ha detto riguardo al fatto che non è l’offrire qualcosa di perfetto, ma di genuino che rende significativa una relazione. Ma ci sono anche aspetti del mio corpo e della mia esperienza che mi fanno sentire come se non avessi nulla da offrire, perché non posso aggiustarli, chi mi sta affianco può solo accettare tale cosa e non tutti lo fanno, perché giustamente vogliono una vita più appagante in determinati aspetti. Sono difficoltà che non sempre posso condividere apertamente, ma che mi rendono più complessa, e che, in fondo, sono alla base della persona che sono diventata, con le sue difese e le sue fragilità.
Le sue parole mi hanno dato molti spunti di riflessione, e mi aiuteranno a continuare il mio percorso. La ringrazio ancora per la sua attenzione e per il supporto che, seppur a distanza, mi sta offrendo
grazie per il tuo messaggio così sincero e profondo. Mi colpisce quanto tu sia capace di esplorare ed esprimere con grande chiarezza e sensibilità ciò che stai vivendo. Sono contento che le mie parole ti abbiano offerto un momento di conforto, ma soprattutto che abbiano stimolato in te delle riflessioni utili per affrontare questa fase così complessa.
1. Il senso di colpa e la sensazione di fallimento
La sensazione di colpa che descrivi, come se avessi fallito nei confronti di questa ragazza, sembra riflettere non solo il tuo dispiacere per come sono andate le cose, ma anche una parte di te che tende a giudicarsi severamente. Forse, questo senso di colpa non è tanto legato a qualcosa che hai fatto o non fatto, ma alla paura più profonda di non essere abbastanza o di non aver potuto dare ciò che avresti voluto.
Ricorda, però, che le relazioni non sono un terreno di perfezione o di obblighi. L’apertura che hai mostrato, il tuo tentativo di uscire dalla torre , è stato già un gesto significativo. La reazione dell’altra persona non sminuisce il valore di ciò che hai fatto. A volte, il rifiuto non parla di noi, ma delle difficoltà o dei limiti dell’altro.
Ti invito a riflettere su questa domanda:
Se fosse qualcun altro a vivere questa esperienza, gli attribuiresti la stessa colpa o saresti più comprensiva?
2. La tentazione di chiuderti di nuovo
È naturale che, di fronte al dolore, emerga l’istinto di proteggerti tornando nella torre . Questo meccanismo ha funzionato per molto tempo, e non è facile lasciarlo andare, specialmente quando il rischio di essere vulnerabile sembra aver portato sofferenza. Tuttavia, riconosci già che questa reazione ti isola e potrebbe impedirti di vivere pienamente.
Prova a chiederti:
Come posso trovare un equilibrio tra protezione e apertura?
Cosa potrei fare, anche in piccolo, per mantenere un contatto con il mondo esterno senza rinunciare alla mia sicurezza?
Anche un passo piccolo, come confidarti con una persona fidata o dedicarti a qualcosa che ti fa sentire autentica, può aiutarti a non chiuderti completamente.
3. Le difficoltà personali e la percezione del proprio valore
Quando parli delle difficoltà che percepisci in te stessa, che vedi come irrisolvibili e potenzialmente limitanti per chi ti sta accanto, tocchi un punto molto delicato. È importante ricordare che nessuno è perfetto o privo di complessità, e che le relazioni autentiche nascono proprio dall’accettazione reciproca, non dalla perfezione.
Il timore che qualcuno non possa accettare alcune parti di te è comprensibile, mati invito a considerare che queste difficoltà fanno parte della tua unicità, e chi ti ama davvero troverà il modo di accoglierle. Non tutti potranno farlo, ma questo non significa che tu abbia meno valore o che non ci sia chi sarà pronto a camminare al tuo fianco, apprezzando tutto ciò che sei.
Prova a chiederti:
Come posso coltivare una relazione più compassionevole con me stessa, accettando anche le parti che mi sembrano più difficili da mostrare?
4. Continuare il percorso
Sono felice di sapere che queste riflessioni ti stanno aiutando nel tuo percorso. La tua consapevolezza e il desiderio di comprendere te stessa sono segnali di una grande forza interiore. Questo viaggio non è lineare, e i momenti di difficoltà fanno parte del processo di crescita.
Sesenti che queste emozioni continuano a pesare o che i tuoi meccanismi di difesa diventano troppo rigidi, un supporto continuativo con un professionista può offrirti uno spazio sicuro per esplorare queste dinamiche e trovare nuovi modi di relazionarti con te stessa e con gli altri.
Conclusione
Non sei sola in questo cammino Ogni passo che fai per comprendere e accogliere le tue emozioni ti avvicina di più alla libertà di essere te stessa, con tutte le tue sfumature. Prenditi il tempo che ti serve e continua a esplorare ciò che senti, senza giudicarti.
Un caro saluto
Dr. Marco Grosso
Iscritto all'Associazione Italiana Psicologi (AIP)
Psicologi in Farmacia (ANPIF)
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
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