Fatica nel lasciare andare un'esperienza significativa
Gentili dottori,
scrivo perché sto attraversando un momento di difficoltà emotiva che vorrei condividere.
Quest’anno ho svolto per la prima volta il ruolo di catechista presso l'oratorio del mio paese, e si è rivelata per me un’esperienza profondamente significativa, forse la più bella che abbia mai vissuto.
Ho costruito un forte legame affettivo con i bambini che ho seguito: ricordo che cercavano spesso la mia attenzione e la mia presenza, e mi sentivo apprezzato, coinvolto, parte di qualcosa di importante.
Ora, con la conclusione del percorso visto che questo è per loro l'ultimo anno e l’avvicinarsi della cresima, le cose sono cambiate.
I bambini sono cresciuti, sono entrati nella fase delle scuole medie e, come è naturale, stanno sviluppando una socialità tra pari.
Sono felice per loro, ma allo stesso tempo mi sento come lasciato indietro.
Continuo a vederli con gli occhi di quando li ho conosciuti, come piccoli che avevano bisogno di me, e questa distanza che si è creata mi fa sentire un forte nodo alla gola, come se non riuscissi ad accettare il cambiamento.
Inoltre, per volontà del parroco, il prossimo anno ripartirò con un nuovo gruppo di bambini più piccoli.
Ma l’idea di iniziare con altri bambini che non sono più i miei mi provoca un senso di straniamento e malinconia.
Mi sento bloccato in ciò che è stato, incapace di voltare pagina.
La considerazione che mi fa sorridere è che ho sempre criticato mio padre per questo suo attaccamento al passato incapace di andare avanti vivendo solo di ricordi, ora mi ritrovo nella stessa situazione e forse comprendo quali sensazioni avrà vissuto.
Grazie per l’ascolto.
scrivo perché sto attraversando un momento di difficoltà emotiva che vorrei condividere.
Quest’anno ho svolto per la prima volta il ruolo di catechista presso l'oratorio del mio paese, e si è rivelata per me un’esperienza profondamente significativa, forse la più bella che abbia mai vissuto.
Ho costruito un forte legame affettivo con i bambini che ho seguito: ricordo che cercavano spesso la mia attenzione e la mia presenza, e mi sentivo apprezzato, coinvolto, parte di qualcosa di importante.
Ora, con la conclusione del percorso visto che questo è per loro l'ultimo anno e l’avvicinarsi della cresima, le cose sono cambiate.
I bambini sono cresciuti, sono entrati nella fase delle scuole medie e, come è naturale, stanno sviluppando una socialità tra pari.
Sono felice per loro, ma allo stesso tempo mi sento come lasciato indietro.
Continuo a vederli con gli occhi di quando li ho conosciuti, come piccoli che avevano bisogno di me, e questa distanza che si è creata mi fa sentire un forte nodo alla gola, come se non riuscissi ad accettare il cambiamento.
Inoltre, per volontà del parroco, il prossimo anno ripartirò con un nuovo gruppo di bambini più piccoli.
Ma l’idea di iniziare con altri bambini che non sono più i miei mi provoca un senso di straniamento e malinconia.
Mi sento bloccato in ciò che è stato, incapace di voltare pagina.
La considerazione che mi fa sorridere è che ho sempre criticato mio padre per questo suo attaccamento al passato incapace di andare avanti vivendo solo di ricordi, ora mi ritrovo nella stessa situazione e forse comprendo quali sensazioni avrà vissuto.
Grazie per l’ascolto.
Buongiorno,
mi soffermerei sulle sue parole: "ricordo che cercavano spesso la mia attenzione e la mia presenza, mi sentivo apprezzato, coinvolto, parte di qualcosa di importante."
Poter stare in una situazione che faccia sentire parte di qualcosa di importante è certamente una motivazione grande e soddisfacente. Ma nel suo racconto c'è anche la parte in cui per la prima volta ha sentito di essere apprezzato e ricercato. Su questo la invito a fare un pensiero più profondo, affinché non affidi agli altri la sua percezione di valore e stima. Perché con i bimbi si ha gioco facile, ma poi rischia di avere bisogno di quelli che chiama "i miei" bambini, per colmare quel vuoto di attenzione.
Per non "essere lasciato indietro" la sua vita deve essere radicata tra i suoi pari; per i bambini del catechismo interpreta un ruolo, con tutto il corredo affettivo e piacevole che può avere il sentire di stare nel posto in cui vogliamo essere, e con tutta la tristezza che può portare con sè la separazione al termine di un percorso. Ma il senso di straniamento è segnale che c'è qualcosa di più.
Non so dirle cosa muova l'attaccamento al passato in suo padre, ma nelle sue parole spicca l'attaccamento non "al passato" ma a delle precise dinamiche relazionali.
mi soffermerei sulle sue parole: "ricordo che cercavano spesso la mia attenzione e la mia presenza, mi sentivo apprezzato, coinvolto, parte di qualcosa di importante."
Poter stare in una situazione che faccia sentire parte di qualcosa di importante è certamente una motivazione grande e soddisfacente. Ma nel suo racconto c'è anche la parte in cui per la prima volta ha sentito di essere apprezzato e ricercato. Su questo la invito a fare un pensiero più profondo, affinché non affidi agli altri la sua percezione di valore e stima. Perché con i bimbi si ha gioco facile, ma poi rischia di avere bisogno di quelli che chiama "i miei" bambini, per colmare quel vuoto di attenzione.
Per non "essere lasciato indietro" la sua vita deve essere radicata tra i suoi pari; per i bambini del catechismo interpreta un ruolo, con tutto il corredo affettivo e piacevole che può avere il sentire di stare nel posto in cui vogliamo essere, e con tutta la tristezza che può portare con sè la separazione al termine di un percorso. Ma il senso di straniamento è segnale che c'è qualcosa di più.
Non so dirle cosa muova l'attaccamento al passato in suo padre, ma nelle sue parole spicca l'attaccamento non "al passato" ma a delle precise dinamiche relazionali.
Dr.ssa Paola Cattelan
psicoterapeuta Torino
pg.cattelan@hotmail.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 220 visite dal 30/04/2025.
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