Paure

Gentili dottori,
ho vent'anni. Vorrei riuscire a descrivervi come mi sento; è da tempo ormai che convivo con un senso di irrealtà: mi sembra che le azioni, mie o degli altri, siano del tutto prive di significato. Vado avanti perchè "devo": in realtà non desidero più fare nulla. Ho provato ad uscire da questo "circolo vizioso", a frequentare dei ragazzi, però nemmeno il contatto fisico è riuscito a suscitare una qualsiasi emozione; non provo più niente. Ho paura di essermi così tanto alienata dalla realtà da non riuscire più a star bene, ad essere serena.
In più da quando è finito il liceo, sento l'impellente bisogno di crescere, di imparare a badare a me stessa; ma non ne sono affatto capace. Ho bisogno costantemente di sentirmi protetta, come se fossi ancora una bambina e non dovessi preoccuparmi di niente. Probabilmente sono stata amata troppo da bambina, mi ero costruita una dimensione perfetta; la vita reale non è così: ho paura della solitudine, della morte.
Tutti questi pensieri generano uno stato d'ansia persistente. Non so davvero più come uscirne.
Sto studiando medicina... non voglio più sentirmi così. Vorrei sentirmi forte, sicura.
Credete sia possibile una terapia? o dovrò convivere per tutta la vita con questi pensieri?
Vi ringrazio in anticipo
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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicologo, Psicoterapeuta 615 14 22
Gentile ragazza,
certamente che è possibile lavorare sul malessere che porta! E non deve convivere con questi pensieri per sempre.

Lei ha fatto un'analisi della sua situazione abbastanza precisa, mostra una buona capacità di introspezione: è molto giovane, sta affrontando un processo di crescita che le fa sentire tutta la differenza con il mondo "ovattato" dell'infanzia.
Crescere è una esperienza che fa paura, ma che dà molte soddisfazioni.

Si rivolga ad uno psicoterapeuta per parlare e lavorare sui disturbi e sulle questioni che ci ha descritto.

La sicurezza in se stessa che cerca e a cui ha diritto, è un processo che può affrontare con il giusto aiuto, visto che l'ansia che sostiene di provare la mette in difficoltà.


Un caro saluto,

Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl

[#2]
Dr. Giuseppe Perfetto Psicologo, Psicoterapeuta 35 1
Mi sembra di capire che lei stia vivendo quella che si potrebbe chiamare una "crisi evolutiva": ovvero, un passaggio da un precedente ruolo ("amata troppo da bambina", liceale...) a un nuovo compito (l'età adulta). Frequentemente si tratta di momenti contrassegnati da un certo tipo di emozioni (ansie, tristezza, paure, incertezze...). Forse non è la "realtà fuori" che è così cambiata, bensì il suo Sé.
Come espresso dalla collega, concordo nel rilevare che lei dimostra una buona capacità di introspezione: il supporto di uno psicologo potrebbe esserle di aiuto per riflettere e comprendere questo momento di transizione e per costruire nuovi significati.
Un saluto cordiale.

Dr. Giuseppe Perfetto
(Psicologo-Psicoterapeuta, Milano)

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Probabilmente sono stata amata troppo da bambina
>>>

Gentile ragazza, probabilmente la realtà è che lei è stata iperprotetta. Ha avuto per così tanto tempo qualcuno a darle sicurezza, che ora che dovrebbe darsela da sola, sente di non farcela, per il semplice motivo che non è stata abituata a farlo. Lo stato depressivo che sembra averla presa potrebbe essere conseguente a questo stato di cose.
Una valutazione da parte di uno psicologo/psicoterapeuta potrebbe certamente dirle se un aiuto psicologico è indicato per lei.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#4]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

la psicoterapia è il trattamento elettivo per disagi come il Suo.
Da ciò che scrive è evidente che ha le risorse per affrontare un percorso di questo tipo. Davanti a una crisi la reazione fisiologica è quella che Lei ha descritto molto bene: ci si ferma per capire quale potrebbe essere la migliore strada percorribile. Il non provare più niente potrebbe essere uno stato di tristezza che Le permette in questo momento di non prendere decisioni su due piedi, ma di pensare con più calma, e permetterLe nello stesso momento di andare avanti e non mollare i Suoi impegni importanti, come gli studi ("Vado avanti perchè "devo": in realtà non desidero più fare nulla").

Saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#5]
dopo
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Vi ringrazio molto per le vostre risposte: mi sono state di conforto...seguirò i vostri consigli.
cordiali saluti