Sono una donna di 35 anni e sono alla 22^ settimana di gravidanza

Inizio ringraziando per l'attenzione.
Prima di esporre il mio dubbio mi presento: sono una donna di 35 anni e sono alla 22^ settimana di gravidanza. Prima di questa gravidanza ne ho avuto altre 3, tutte interrotte spontaneamente entro le 12 settimane. Dopo il primo aborto ho iniziato un percorso di terapia sistemica con uno psicologo di fiducia, terapia che ho deciso di interrompere dopo 1 anno perché mi sentivo bene e volevo tornare a camminare da sola. Poco dopo questa scelta ho scoperto di essere di nuovo incinta. Ho affrontato il primo trimestre con un po' di ansia e una buona dose di fatalismo, convinta che superato il primo trimestre sarei stata felice ed entusiasta... Invece anche ora che il mio piccolo si muove io non riesco a pensare a quando ci sarà. Chi ho intorno ( futuro papà, nonni, zii e amici) parlano come se lui già fosse tra noi e programmano tutto (la camera, la gestione della vita nuova, addirittura accessori e vestiti da acquistare...) mentre io non riesco a pensare a lui. Faccio di tutto per salvaguardare la sua salute ma non riesco a pensare a quando nascerà. È normale o dovrei sentirmi più coinvolta?
Chiariamo... Non è che non sia contenta del bimbo... Ma ho paura di vivere già un futuro che non è certo. Se poi qualcosa va storto? Ha senso avere già mille ricordi da superare, vestiti da mettere via e accessori che sarebbero serviti solo per lui?
Grazie a chiunque vorrà darmi proprio parere.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
" È normale o dovrei sentirmi più coinvolta?
Chiariamo... Non è che non sia contenta del bimbo... "

Gentile signora,

ciò che Lei vorrebbe definire "normale" in realtà dipende (per tutti quanti) dalla storia di vita, da come leggiamo gli eventi che ci accadono, da come riusciamo ad attribuire significati, ecc...

Avere avuto delle gravidanze non andate bene in passato con buona probabilità La frena un po'...
E' così?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 123
Gentile signora viva esattamente in base al suo stato d'animo senza farsi troppi problemi, Probabilmente il suo rifiuto di non pensare al futuro del piccolo è solo una difesa onde evitare delusioni. Non deve necessariamente sforzarsi a farlo. Viste le sue esperienze ha deciso di vivere con i piedi per terra e con una certa razionalità. a mio avviso non dovrebbe preoccuparsi di nulla tranne della sua salute (che si ripercuoterà positivamente sul piccolo) non si imponga cosa pensare. è normale chiede? si tranquilla.
saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Probabilmente si sente un po' infastidita e influenzata dai familiari che attorno a lei parlano dell'evento come fosse già avvenuto, restano solo da organizzare i dettagli. Forse nei confronti della sua famiglia si sta sentendo un accessorio più o meno incidentale rispetto al piccolo che invece sta catalizzando l'attenzione degli altri.

Un'altra chiave di lettura potrebbe essere un'ansia di sottofondo, che le sta facendo credere ci sia da preoccuparsi anche quando non c'è nulla di cui preoccuparsi.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#4]
dopo
Utente
Utente
Grazie per le rapide e numerose risposte. Sebbene le improvvise premure dei miei genitori mi infastidiscano, non ritengo che questo sia frutto di un senso di esclusione a vantaggio del piccolo, semplicemente non tollero le costanti attenzioni che sfociano in invadenza (è difficile far accettare a mia mamma che sarà "solo" la nonna e a decidere tutto saremo io e il futuro papà). Le cure e gli atteggiamenti dolci del mio compagno, che guarda la pancia con occhi innamorati, sono invece ben accette, ma un po' mi fanno sentire in colpa nei confronti del piccolo perché io non riesco ad accarezzare la pancia e chiamarlo per nome.
Sono sicura che le esperienze passate influiscano e so che non ho motivo di temere il peggio.. Ma non lo avevo neanche le scorse 3 volte eppure non sono andate bene. Che sia una difesa o un desiderio di razionalizzare tutto, il risultato è che non riesco a manifestare amore per un bimbo che ancora non è nato. Vedendo che gli altri ci riescono mi sento in difetto ma non so come cambiare il mio modo di reagire a questa esperienza. Non sono triste né sono tesa, solo non riesco a pensare a come sarà quando nascerà e preferisco aspettare di averlo in braccio per pensare a lui. La mia paura è: riuscirò a superare questo blocco quando sarà nato? Pensavo che i primi movimenti mi avrebbero sciolto e non è successo. Saprò amarlo come merita di essere amato, senza che le mie difese pesino a lui?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> (è difficile far accettare a mia mamma che sarà "solo" la nonna e a decidere tutto saremo io e il futuro papà)
>>>

Ok, ma questo allora non è un problema di nonna troppo "dura" a capire, è anche un problema suo di non essere capace a mettere gli opportuni paletti dove necessario.

>>> non riesco a manifestare amore per un bimbo che ancora non è nato. Vedendo che gli altri ci riescono mi sento in difetto ma non so come cambiare il mio modo di reagire a questa esperienza
>>>

Forse è proprio il voler forzare un sentimento che dovrebbe essere spontaneo, a metterle i bastoni fra le ruote. Vede gli altri che ci riescono e si chiede: "Perché io non riesco a sentire lo stesso?" In altre parole, potrebbe essere il suo essere contrariata rispetto a questo, paradossalmente, che le sta rendendo difficile comportarsi in modo più spontaneo.

>>> Saprò amarlo come merita di essere amato, senza che le mie difese pesino a lui?
>>>

Quindi riconosce di essere una persona un po' bloccata e difesa. In questo caso la gravidanza non c'entra, il problema sta a monte.

La difficoltà a limitare l'invadenza dei parenti e l'essere insicura, un po' rigida, renderebbero opportuno già indipendentemente dalla gravidanza far qualcosa. Ma a maggior ragione ora che è in gravidanza. Potrebbe rivolgersi a uno psicologo e parlargliene, chieda ai curanti che già la stanno seguendo, ad esempio al suo ginecologo.
[#6]
dopo
Utente
Utente
Grazie del consiglio. In realtà io non ho detto di non saper mettere i paletti né di subire l'invadenza altrui, ho solo detto che sono infastidita. Questo non mi impedisce di far rispettare i miei spazi. Ovviamente maggiore è l'invedenza maggiore è l'impegno richiesto per tenerla a bada e questo talvolta mi provoca fastidio. Tuttavia non essendo possibile cambiare il mondo intorno a me mi limito ad accettarlo pretendendo lo stesso spazio e rispetto che concedo. A volte è faticoso, tutto qui.
Confermo che la gravidanza mi provoca insicurezza e se vogliamo forse anche ansia, ma è patologico dato i miei precedenti? Quando la normale preoccupazione diventa qualcosa di cui parlare con un terapeuta? Chi ha avuto un bimbo con le convulsioni febbrili si preoccupa ogni volta che al figlio viene la febbre, pur non essendoci il più delle volte motivi medici per unessere in ansia. Chi ha subito un intervento per asportare una massa tumorale piccola e circoscritta magari di un tumore poco invasivo è in ansia ad ogni controllo medico pur avendo la stessa probabilità di riammalarsi della popolazione in generale. Chi ha avuto 3 aborti può essere insicura e far fatica a vivere la gravidanza con la spensieratezza di chi non ne ha mai avuti pur non avendo avuto risposte pessimistiche dai medici. Sono tutte persone che dovrebbero andare in terapia? Perché se è così.. Per un motivo o per un altro dovremmo andarci tutti a vita. Ammettiamo che io sia attualmente "bloccata", è così strano e grave? Come capire quando il normale diventa patologico?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Ammettiamo che io sia attualmente "bloccata", è così strano e grave?
>>>

Non è strano, ma solo lei può decidere se e quanto la sua condizione la sta limitando, cioè quanto è grave.

Finché non è l'interessato a chiedere aiuto, offrirlo spingendo dall'esterno è quasi sempre controproducente.

Potrebbe ad esempio riflettere sul fatto che qualcosa l'ha spinta a scrivere a degli psicologi, salvo che quando le si suggerisce di vedere un collega di persona, sembra riluttante. Ma da qui non è possibile alcun aiuto reale, l'unico "consiglio" concreto che si può darle è di cercare aiuto di persona.

Certo che è possibile aspettarsi che dopo 3 aborti lei si senta così, ma questo non dovrebbe, di per sé, renderglielo più accettabile o meno fastidioso. Molti nostri utenti cadono nel paradosso di "volere l'aiuto dello psicologo facendo a meno dello psicologo". Legga qui:

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2109-ansia-depressione-problemi-sessuali-relazionali-c-posso-farcela-da-solo.html

>>> Perché se è così.. Per un motivo o per un altro dovremmo andarci tutti a vita.
>>>

No, solo chi ne ha bisogno. Però ha ragione a dire che molti che dovrebbero andarci non ci vanno.
[#8]
dopo
Utente
Utente
Ha ragione, sono riluttante a vedere di persona un suo collega. Il motivo è che se dovessi decidere di parlarne di persona con un terapeuta andrei da chi mi ha già seguito lo scorso anno.. E so che se iniziare non è facile, dire basta lo è ancora meno. È stata una bella esperienza e mi è servita molto, ma quel livello di confidenza mi provoca una sorta di dipendenza che faccio fatica a gestire. Ci sono voluti mesi per decidere di interrompere e riprendere mi spaventa un po'. Comunque ci penserò su.
Grazie ancora.j
[#9]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> E so che se iniziare non è facile, dire basta lo è ancora meno.
>>>

Questo è più vero in alcuni tipi di terapia che in altri.

Capisco che per lei sarebbe una scelta naturale rivolgersi al terapeuta che l'ha seguita l'anno scorso, ma tenga presente che esistono forme di terapia breve dove una delle preoccupazioni del terapeuta è l'efficienza, cioè fare solamente le sedute necessarie e non di più. In tal modo anche una persona più predisposta alla dipendenza può essere aiutata a focalizzarsi sul problema da risolvere.

Questo senza contare che a volte non è nemmeno necessaria una terapia, può bastare un intervento di consulenza psicologica, quindi ancor più breve e focalizzato.

La relazione con il terapeuta può essere intesa in più modi; alcuni approcci ritengono che vada approfondita molto, altri solo quel tanto che basta a mettere a suo agio il paziente e a consentire il lavoro terapeutico. Già leggendo le risposte che diamo qui potrà rendersi conto delle diversità di stile.

Legga quest'articolo e i link di rimando relativi, potrà farsi un'idea di alcune di queste diversità; se poi avesse altri dubbi chieda pure:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
[#10]
dopo
Utente
Utente
Scusi se non ho risposto nei giorni scorsi. Sono stata in vacanza e per scelta ho evitato internet ed e-mail.
Ho letto l'articolo e valutato i differenti tipi di psicoterapia. in realtà la terapia che avevo iniziato io più di un anno fa è una di quelle definite "brevi" con incontri ogni 15 giorni, ciò non mi ha impedito di creare un legame unico con il terapista.
In ogni caso al momento penso che le mie insicurezze siano piuttosto comuni dato il mio stato e i miei precedenti. Se dopo la nascita del bambino mi accorgerò di non sentirmi serena non esiterò a richiamare il mio terapista. Non voglio sottovalutare tutte le modifiche emotive che seguono il parto, ma non credo che al momento abbia senso indagare sul mio modo di affrontare la cosa. In fondo non sto trascurando né la mia salute né quella del piccolino che cresce in me e anche se non mi perdo a sognare il futuro ad occhi aperti questo non vuol dire che non saprò affrontare ciò che accadrà. Mi concedo un po' di tempo e di fiducia.

Grazie comunque per i consigli e per il supporto.
Un saluto a tutti.
Gravidanza

Gravidanza: test, esami, calcolo delle settimane, disturbi, rischi, alimentazione, cambiamenti del corpo. Tutto quello che bisogna sapere sui mesi di gestazione.

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