Continuare o abbandonare la terapia?

Non soffro di nessun disturbo psicologico (ansia, depressione, etcc...), almeno conclamato. Ho invece dei disturbi "organici", apparato gastro-intestinale (problemi digestivi e diarrea), problemi dermatologici (prurito e acne sullo scalpo) e astenia. Tutti di tipo cronico o quasi.
I vari specialisti che mi hanno visitato hanno tutti trovato una "malattia" (colite microscopica linfocitaria, follicolite, etc...) e le cure sono sempre state anitibotici e cortisocini, con ottimi risultati fino alla loro sospensione. Le cose vanno avanti più o meno da 5 anni ed i sintomi sono comparsi man mano, non tutti insieme.

La psicoterepia è iniziata quasi casualmente, "consigliato" dal mio medico di base. Sono sempre stato molto incuriosito (in via generale) sulla materia e non ho mai escluso che i miei problemi potessero essere di tipo psicosomatico, ma cmq scettico...
Sono in terapia ormai da oltre 10 mesi (una seduta di 45-60 minuti a settimana) con una giovane psicoterapeuta di orientamento junghiano (James Hillman, credo più precisamente).

Ho iniziato la terapia pieno di buoni propositi, con mentalità aperta e (ovviamente) con buone aspettative di miglioramento. Nel contempo ho cercato di fare una vita più sana, praticare diversi sport e addirittura un corso di yoga.

L'inizio è stato positivo: esperienza nuova, buone sensazioni, un posto e una persona che ti ascolta e con cui puoi esternerare la frustrazione dei tuoi disagi dovuti ai sintomi, ma anche alle incomprensioni e ai malesseri sociali.
Purtroppo pian piano tutto è andato svanendo. Il senso di non essere compreso ha cominciato sempre più a prendere piede.

Spinto dalla mia terapeuta ho cominciato ad abbandonare le atività che avevo iniziato (sport e corsi) poco prima della terapia.

Negli utlimi mesi, ho cominciato ad avere la spiacevole sensazione che la terapia fossero tante, troppe parole e frasi, messe tanto per fare numero. Simbolismi e associazioni che fondamentalmente dovvessero trovare, a prescindere, qualcosa che non andasse nei miei comportamenti.

La mia mentalità aperta di inizio terapia è ormai svanita. Visto la mia attuale situazione fisica, sono tornato alla mia quasi certezza di non avere alcun male psicologico che "inscirve" i sintomi sul mio corpo.
Ho cercato di esternare tutte queste nuove sensazioni, ma il tutto si è tradotto con degli scontri e attriti con la terapeuta, che mi hanno portato ad un sesono di "disagio" mentale, un fastidioso rimuginare dopo ogni seduta, per le risposte ed il comportamento della dottoressa.

Consapevole di essermi dilungato e dell'impossibilità di fare una seduta online, e ringraziandovi anticipatamente per il tempo dedicatomi, vi chiedo:

Come capire se questa terapia possa avere uno sbocco?!
Come e su cosa valutare la possibilità di interrompere la terapia?

Grazie...
[#1]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Utente,
Psiche e soma vanno insieme è veramente difficile curare l' uno, senza l' altro.
Si trova bene con la sua terapeuta?
Ha la sensazione di avere messo a fuoco il significato della sintomatologia?

Dovrebbe discuterne con la sua dottoressa, ogni perplessità , dubbio, rallentamento della terapia, potrebbe rappresentare una risorsa alla terapia, se ben elaborata

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie dottoressa per la veloce risposta.

"Psiche e soma vanno insieme" non sa quante volte me lo sono sentito ripetere, e nessuno lo mette in dubbio...ma speravo in qualche (avviso) di miglioramento a 10 mesi.

>Ha la sensazione di avere messo a fuoco il significato della sintomatologia?
...no, magari! ...come le dicevo sono tornato ad essere meno aperto all'ipotesi disturbi psicosomatici, a differenza di come avevo iniziato la terapia.

Ovviamente tutto quanto scritto sopra è stato discusso com la mia terapeuta...il tutto ha portato a degli attriti verbali o in delle risposte tipo:

"Questo peggioramento è perchè stai entrando in contatto con te stesso..."
"...i primi benefici di una terapia, solitamente si avvertono dopo 1 anno"

Per quanto riguarda gli scontri verbali: la persona alla quale mi sono affidato, sostiene che il permettermi di arrabbiarmi è segno di un evoluzione positiva del rapporto paziente-psicoterapeuta che mi permette di esternare...ma questa "ricamata" e "positiva" analasi dell'accaduto avveniva solo e sempre la seduta successiva e dietro mie scuse per la seduta precedente o sollecitazioni...mentre durante gli attriti, percevivo chiusura e distacco.

E non ci vedrei niente di male visto che siamo tutti esseri umani...ma proprio questo volta faccia a distanza di una settimana mi trasmette un senso di falso e non professionalità, che mi rende difficile arrabbiarmi, aprirmi o confidarmi.

Il fatto è che potrei anche sbagliarmi e le argomentazioni della vostra collega essere valide e io di parte, o aver travisato i suoi comportamenti...ma "Qui e ora" la mia sfiducia verso la terapia, è certa.

Grazie, ancora!
[#3]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Provi a chiedere un altro consulto, a volte può capitare che il clinico e l' orientamento terapeutico non siano consoni alle esigenze del paziente.
Trattasi di una coppia. A lavoro e come tutte le coppie, non sempre si trova il partner giusto la prima volta....
Cari auguri
[#4]
dopo
Utente
Utente
Mi suggerisce di andare in cerca di un'altro terapeuta, magari di un altro orientamento?

Reiniziare da capo un nuovo rapporto, reinstaurare la fiducia paziente-terapeuta e il tempo che ciò comporta. Aspettare altri 10 mesi... nella speranza che sia quello giusto?

Razionalmente e logicamente sono perfettamente d'accordo con il suo consglio...ma a essere sincero, mi risulta difficile trovare voglia, forza, soldi e tempo per metterlo in pratica.

Grazie x il consiglio e buona serata...
[#5]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

sinceramente sono un po' perplessa...
Le terapie che i medici impostano sembrano funzionare fino a quando non interrompe il cortisone... i medici che cosa pensano a riguardo?
Glielo hanno spiegato? Quale diagnosi hanno formulato?

Buttare tutto dentro un disturbo psicosomatico a me pare azzardato.
E' sempre opportuna una valutazione da parte del medico PRIMA di qualunque psicoterapia che potrebbe non portare da nessuna parte.

Credo dovrebbe sentire un dermatologo e un gastroenterologo per escludere diagnosi organiche.

Entrando invece nel merito della psicoterapia, bisogna precisare tante cose:

- "Negli utlimi mesi, ho cominciato ad avere la spiacevole sensazione che la terapia fossero tante, troppe parole e frasi, messe tanto per fare numero. Simbolismi e associazioni che fondamentalmente dovvessero trovare, a prescindere, qualcosa che non andasse nei miei comportamenti."
Questa NON è psicoterapia!
La psicoterapia serve per curare una psicopatologia.
Qual è la diagnosi?

- "Ho cercato di esternare tutte queste nuove sensazioni, ma il tutto si è tradotto con degli scontri e attriti con la terapeuta"
La psicoterapia è un lavoro che si fa in due, COOPERANDO e camminando fianco a fianco i cui risultati appertengono esclusivamente al pz. E' chiaro che il terapeuta ha più potere (non sulle opinioni del pz!) sulla sofferenza del pz e sa cosa bisogna fare e comprende molte cose prima del pz, ma è anche corretto lasciare i tempi del pz e il focus è sul pz.
Detto questo non è necessario arrivare allo scontro, ma bisogna concentrarsi sulle SOLUZIONI al problema.
Io ho come l'impressione che qui il problema non sia stato messo a fuoco, dico bene?

-"Questo peggioramento è perchè stai entrando in contatto con te stesso..."
"...i primi benefici di una terapia, solitamente si avvertono dopo 1 anno"
A questo proposito bisogna anche riconoscere che non tutte le psicoterapie sono uguali, e io posso esprimere il mio punto di vista in qualità di specialista in terapia cognitivo-comportamentale: in realtà i cambiamenti si vedono dall'inizio della terapia e i cambiamenti maggiori avvengono nei primi mesi, perdiodo durante il quale il pz ha cominciato a capire come funziona e a padroneggiare meglio il proprio modo di funzionare, modificando -con l'aiuto del terapeuta- comportamenti, pensieri e modalità disfunzionali.
Comprendere meglio se stessi non genera di solito un peggioramento, ma un cambiamento che talvolta deve essere poi calibrato e tarato meglio, ma il pz. comincia a stare bene perchè in prima battuta si libera del disagio per il quale è arrivato in terapia.

- infine se questa rabbia è positiva (e sono d'accordo) non capisco perchè Lei abbia sentito la necessità di scusarsi per aver condiviso con la terapeuta uno stato emotivo e non ho capito bene in che senso la terapeuta Le pareva chiusa e distaccata mentre Lei condivideva la rabbia. Per che cosa è arrabbiato? Con chi?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#6]
dopo
Utente
Utente
Le diagnosi organiche sono state diverse a seconda dello specialista consultato, anche differenti per specialisti della stessa area:

Dermatologi: follicolite, dermatite seborroica, etc...
Gastroenterologi: Colite linfocitaria microscopica, intolleranza al glutine (con dieta annessa), etc...

Purtroppo la medicina non sembra essere questa scienza esatta, almeno nel mio caso. Le cure sono state orientate al sintomo e non alla causa (ignota), vedi cortisonici e antibiotici. Una volta esaurito il loro effetto sul sintomo, tutto si ripresenta.

Quello sul quale sembrano tutti d'accordo i medici, dato che io ho sollevato il problema psicosomatico, è di non imputarlo ad un problema psicologico.

Frasi del tipo:

"Lascia perdere gli psicologici, che entri un tunnel senza fine..."
"io con credo in quelle cose..."

Il fatto, almeno nella mia esperienza, è che i dottori non siano "multi-compartimentali"...e poco propensi alla frase già riportata "Psiche e soma sono una cosa sola".

La mia psicoterapeuta, mi ha detto dopo numerose "lotte" e incomprensioni che il lato organico non deve essere trascurato, ma ha anche detto che "i dottori prima o poi qualcosa ti trovano"...e che cmq, TUTTE le malattie hanno una loro parte psicologica.

Da questo forse si possono capire tutte i miei dubbi e le mie perplessità...insomma se non ero depresso prima, potrei esserlo adesso.

>Questa NON è psicoterapia!
In realtà da quello che mi è dato sapere, l'orientamento della mia terapeuta si basa su simbolismi, archetipi e similari.
Cose un po' distanti dal mio comune modo di pensare, più pragmatico e razionale. Ma non sono un terapeuta, io mi sono "affidato"...

>La psicoterapia serve per curare una psicopatologia.
>Qual è la diagnosi?
Diagnosi? della psicoterapeuta? Ce ne dovrebbe essere una? Non credo che la scuola junghiana ne preveda.

>Io ho come l'impressione che qui il problema non sia stato messo a fuoco, dico bene?

Purtroppo io non l'ho presente al momento. Spesso stento a capire i concetti, che chi mi segue, cerca di trasmettermi.
Ma se si fosse messo a fuoco il problema, vorrebbe dire che si sta lavorando per trovarne la soluzione(?). Ogni settimana si analizza il "qui ed ora", ogni volta una situazione diversa e un conseguente mio "errore" nell'interpretare e affrontare quel contesto. Forse sono collegati, ma stento a trovare un filo logico tra tutti e anche ricordarmeli (sono sempre 10 mesi!).

Alle SOLUZIONI al problema, credo che debba arrivarci da solo, magari indirizzato, ma io non riesco a vederle. Si è capito che sono un po' confuso...?

>in realtà i cambiamenti si vedono dall'inizio della terapia e i cambiamenti maggiori avvengono nei primi mesi[...]

purtroppo, non nel mio caso...

Per la questione della rabbia, credo sia più complicato riuscire a descrivere il "set e setting" della situazione specifica in un consulto online.

Posso soltanto riportare la mia sensazione, che come di consueto ho trasmesso alla mia terapeuta che me l'ha smentita...

La rabbia deriva dalla (mia) idea che le confidenze (debolezze) che esterno, vengano riutilizzate "contro di me" (forse per spronarmi?!) e che si abbiano pesi e misure differenti per valutare situazioni e contesti simili a seconda della convenienza (ovviamente tutto ciò è stato già riportato alla mia terapeuta).

Il problema è che come lei ben evidenzia, il rapporto paziente terapeuta è nettamente sbilanciato a favore di quest'ultimo...ed è per questo che forse cerco una comprensione e delicatezza maggiore, per me necessarie vista la mia maggiore "esposizione".

Come sempre vi ringrazio per i preziosi consigli.
Per me utili a capire se e come continuare il percorso...
[#7]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

comprendo la Sua confusione e mi pare del tutto sensata.

Tutte le psicoterapie servono o dovrebbero servire per curare le psicopatologie e quindi si parte da una diagnosi che, se non è descrittiva, è pur sempre esplicativa di un disagio/disturbo.
E' chiaro che la teoria di base delle varie psicoterapie è profondamente diversa e che la metodologia e le tecniche sono diverse e quindi si possono raggiungere risultati diversi in modi diversi.
Ma tutte le psicoterapie dovrebbero aumentare il benessere della persona e pertanto la mia affermazione si riferisce al fatto che la psicoterapia non è affatto tante parole messe insieme per fare numero, ma con una logica e degli obiettivi.

Poi ci sono delle terapie diverse che, accanto alle parole e alla comprensione, prevedono che il pz faccia anche delle cose.
Non rientra tra queste la terapia junghiana.

Anche la terapia junghiana deve però aiutarLa a raggiungere il benessere.
Anche la terapia junghiana dovrebbe avere degli obiettivi e partire da una diagnosi e dall'aver messo a fuoco insieme, pz e terapeuta, il problema.

Un problema che Lei riporta e che francamente mi lascia perplessa è che un'emozione o qualunque cosa il pz possa riportare venga smentito dal terapeuta: il terapeuta può facilitare, mostrare, suggerire, ma non disconfermare un'emozione che il pz ha comunque provato (es la Sua rabbia).

Tuttavia suggerirLe da qui di cambiare terapeuta mi è impossibile, anche perchè non so che cosa accade in terapia. Sarebbe utile per Lei discutere con la Sua terapeuta di queste perplessità, compresa l'idea di cambiare eventualmente terapeuta o di interrompere la terapia e fare insieme il punto della situazione, descrivendo i Suoi bisogni.

Sono certa che la Collega saprà, qualora non fosse in grado di aiutarLa, indirizzarLa ad un altro collega o ad un altro tipo di trattamento.

Un chiarimento, infine: ho detto, e lo ribadisco, che il terapeuta ha più potere del pz, ma non in termini assoluti! Ha potere davanti alla sofferenza e non sarebbe d'altronde sensato lavorare con un terapeuta impotente di fronte al problema portato dal paziente. Ma non è autorizzato a prendere decisioni per il pz. E' invece una guida che percorre la strada insieme al pz e che, essendo più esperta, può mostrare come fare e non spaventarsi di fronte alle difficoltà.
Pertanto il focus deve essere sul pz: il terapeuta resta sullo sfondo anche nelle terapie più "attive", nel senso che, in quei casi, è il pz ad essere attivo.
Se Lei percepisce il terapeuta poco cooperativo nel raggiungimento del benessere, sarebbe opportuno parlarne immediatamente e decidere quale decisione sia opportuno prendere.

Mi aggiorni.
Un cordiale saluto,
[#8]
dopo
Utente
Utente
x Dr. Valeria Randone
>Trattasi di una coppia. A lavoro e come tutte le coppie, non sempre si trova il partner giusto la prima volta....
Mi conforta sentirle dire queste parole, pensi che ho avanzato la stessa ipotesi alla mia terapeuta. In quel caso le chiedevo, dopo tutto quel tempo, se credeva ancora di potere aiutarmi...o se potesse essere un problema di affinità/compatibilità pz-terapeuta, pz-terapia.

Proverò a chiedere nella prossima seduta la mia diagnosi...ma rimarrei sorpreso ce ne fosse una.

Se non ho completamente travisato 10 mesi, le terepie si posso esemplificare in:
- Io porto qualcosa (eventi delle settimana) o sogni
- Si "analizza", se ne trova il significato a partire dalle mie sensazioni (anche se non ve ne sono, questo secondo me)...e la cosa si conclude con: "dalla seduta di oggi è emerso..."

E nel frattempo continuo cronicamente (come di consueto) ad avere i mei disturbi apparentemente psicosomatici.

Per quel che riguarda la rabbia, c'è stato un fraintendimento...era il sentimento di rabbia, chiusura e freddezza che avevo percepito nella mi terapeuta ad essere stato sconfessato. Dicendomi in realtà che era dispiaciuta, ma che non poteva far altro che chiedermi "come stai?" (frase di inizio di ogni nostra seduta) e aiutarmi su ciò che le portavo.

>Sono certa che la Collega saprà, qualora non fosse in grado di aiutarLa, indirizzarLa ad un altro collega o ad un altro tipo di trattamento.

il problema sta proprio li, ho chiesto direttamente la cosa...ma quando metto in "discussione" la terapia l'ottimismo sui progressi e le prospettivie è dilagante.
Ad essere sincero io lo vivo come un conflitto di interessi...

Grazie delle sue spiegazioni...cercherò ancora una volta di risollevare le mie perplessità in seduta
[#9]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Credo sia la cosa migliore chiarire tutto ciò che sta dicendo qui direttamente con la Collega.

Faccia anche notare che il Suo desiderio sarebbe quello di incidere sui sintomi; in questo caso ci sono terapie più attive che si focalizzano maggiormente sui sintomi e ad ogni modo la terapia così come l'ha descritta Lei rischia di andare avanti per anni, anzichè risolvere il problema...

Buona giornata,
[#10]
dopo
Utente
Utente
(non c'è alcuna diagnosi...come immagginavo)

Ho riportato (di nuovo) tutti i miei dubbi e problemi alla mia psciterpaeuta.

Le ho detto che volevo lasciare la psicoterapia, spiegandole che era stata una decisione maturata in più di un mese.
Che avevo parlato con una mia amica psicologa e anche fatto un consulto online (voi).

Mi è stato detto che ero confuso, una persona molto critica che trova difetti in tutto e che in terapia non ero mai stato me stesso...

Ora a me sembra di aver fatto tutto il possibile per spiegareMi e cercare di capire la mia psicoterapeuta...ma nonostante tutto sto un vero schifo.

Empatia e comprensione, dove cavolo sono ?!

Il fatto di aver passato 10 mesi con una persona, confidando e condividendo emozioni e pensieri che mai mi ero permesso di dire a nessun'altro, e sentirsi ferire (almeno a me fa questo effetto) in quel modo è una vera "porcata" (vorrei usare altre parole!).

Al momento sono in uno stato di perenne ruminazione/rimuginazione...qualche consiglio?

...a parte questo vi faccio due domande più specifiche:
1. Ho preso appuntamento dallo Psichiatra (ASL).
La mia idea (anche esposta alla mia ex. psicoterapeuta) è quella di tentare con la farmacologia. Nel caso in cui avessi una remissione importante e stabile dei miei sintomi (psico)somatici per un tempo adeguato, a quel punto, riprendere in considerazione una psicoterapia. Ha senso? Gli junghiani (come chi mi seguiva) sono fortemente contrari agli psicofarmaci (ovviamente).

2. Come posso orientarmi nella scelta di un nuovo psicoterapeuta in caso? Per l'orientamento ho le idee abbastanza chiare, ma come faccio a trovare i "migliori" (magari non troppo costosi) nella mia zona?

3. Ho scoperto solo adesso che la mi ex. psicoterapeuta è registrata all'albo solo come psicologa e sulle fatture c'è la dicitura "consulto psicologico", è evidente che si facesse psicoterapia, l'argomento è stato toccato più volte.
Dato che il tutto avveniva in una scuola di specializzazione di psicoterapia, suppongo che la dott.ssa poteva effettuare psicoterapia perchè seguita da un tutor. Corretto?!
Perdonate la brutalità...ma in questo caso io faccio da cavia ad una "studentessa" che sta imparando il mestiere?

Grazie come sempre...

conclusione: dopo 10 mesi di psicoterapia, adesso, oltre a i miei disturbi fisici sono anche deluso e depresso e con tanti soldi in meno...


[#11]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

"empatia" e "comprensione" non significa che nella coppia (pz e terapeuta) si possa sempre andare d'accordo su tutto.
Il problema non è quello di avere le stesse idee e d'altra parte nessuno potrà mai dire che l'opinione del terapeuta pesa di più di quella dei propri pz.
Semmai il terapeuta ha solo più potere sulla sofferenza patologica, non sulle persone.
Detto questo mi pare che Lei sia infastidito dalla replica della terapeuta: secondo Lei c'è verità in ciò che ha risposto il terapeuta? Oppure si tratta di qualcosa che non ha nulla a che vedere con Lei?

Presso l'ASL perchè non prova a chiedere anche un colloquio psicologico clinico? Magari può chiedere anche un parere allo psichiatra per questa ragione. Per quanto riguarda il farmaco dipende solo dallo psichiatra; lo psicologo non deve esprimere il proprio parere perchè non ne ha le competenze.

Per quanto riguarda un nuovo terapeuta, ha già pensato all'orientamento? Magari può contattare privatamente qualche professionista di questo sito e domandare specificamente il suggerimento di un Collega nella Sua zona. Pubblicamente non possiamo farlo perchè vietato dalle Linee Guida del sito.

Uno psicologo può esercitare la professione di psicologo e NON di psicoterapeuta. Se questa Collega NON faceva terapia, ciò che ha fatto è corretto.
Che cosa ha risposto la Collega quando Lei ha sollevato la questione?
[#12]
dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Pileci, la ringrazio molto di una risposta dopo tanto tempo.

>"empatia" e "comprensione" non significa che nella coppia (pz e terapeuta) si possa sempre andare d'accordo su tutto.

Sono perfettametne d'accordo con lei. Se dovessi pensare di pagare una persona per farmi dire "Si" su ogni cosa, sarebbe piuttosto inutile non crede.
Il problema è che non c'è accordo su nulla...a me passa la sensazione che si dicesse sempre il contrario.

Non parlo solo di cose negative...ma anche quando io vedevo una cosa negativamente la mia psicoterapeuta me la rigirava positivamente. Il fatto di dover vedere la cosa da un altro punto di vista era stremante, perchè sempre l'opposto al mio. Non sono mai riuscito ad imboccare una strada...erano tutte sbagliate.

>secondo Lei c'è verità in ciò che ha risposto il terapeuta? Oppure si tratta di qualcosa che non ha nulla a che vedere con Lei?

Sulla confusione sono certo della mia scelta...non come la morte o le tasse, ma ho preso una decisione dandomi molto tempo per evitare una decisione impulsiva e consultando anche un altra psicologa e anche voi.

Si, sono una persona critica (voglio capire le cose) e uso delle maschere in pubblico. Ma sono cose che ho dichiarato e ribatito sin dalla prima seduta e di cui sono sempre stato consapevole.
Il fatto che mi venga detto SOLO dopo più di 40 sedute che sono stato critico e finto, e SOLO dopo che voglio lasciare la terapia, a me non sembra corretto. Se vedeva il reiterarsi dei miei comportamenti, avrebbe dovuto affrontare il problema con me, non aspettare 10 mesi, non crede?

Cmq ribadisco, che a mio avviso sono stato molto aperto e il più "vero" possibile.

>Per quanto riguarda il farmaco dipende solo dallo psichiatra; lo psicologo non deve esprimere il proprio parere perchè non ne ha le competenze.

ok, lei mi ha detto che era contraria...ma io più che altro ero interessato ad una sorta di dignosi per "indirizzare" lo psichiatra...probabilmente non si opera in questo modo.

>Per quanto riguarda un nuovo terapeuta, ha già pensato all'orientamento? Magari può contattare privatamente qualche professionista di questo sito e domandare specificamente il suggerimento di un Collega nella Sua zona.

Si, se la cura farmacologica evidenziera che i miei disutrbi sono di origine psicologica ero orientato verso una TCC.
Dovrei contattare uno psicoterapeuta di quell'orientamento nella mia zona? O potrei chiedere (privatamente) anche a lei se ne conosce qualcuno dalle mie parti?

>Uno psicologo può esercitare la professione di psicologo e NON di psicoterapeuta. Se questa Collega NON faceva terapia, ciò che ha fatto è corretto.
Che cosa ha risposto la Collega quando Lei ha sollevato la questione?

La (sua) collega praticava psicoterapia. Oltre ad essere più volte emersa la parola stessa in seduta, si è parlato spesso di studio analitico, simbolismi, sincronicità, etc...e si è fatta spesso interpretazione dei sogni. Non credo ci possano essere dubbi, mi sbaglio?

Purtroppo ormai ho chiuso la mia terapia, ed ho scoperto soltanto adesso consultando l'albo online e le fatture ("consulto psicologico") che non era una psicoterapeuta.

Ma in questo post, leggo che attraverso un tutor in una scuola di specializzazione anche un semplice psicologo può fare psicoterapia: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/247550-iscrizione-all-albo-e-abilitazione-alla-psicoterapia.html (numero 11)

Si può fare o non si può fare? In caso si possa fare, non mi sembra correttissimo insegnare a fare psicoterapia su un soggetto (me) inconsapevole...
[#13]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

Le confermo che dal terz'anno uno specializzando può effettuare colloqui di psicoterapia sotto la supervisione di uno psicoterapeuta esperto.
Non si tratta di insegnare a fare psicoterapia su di Lei, anche perchè il professionista che La seguiva fino a poco tempo fa è già una psicologa abilitata che sa condurre colloqui di sostegno, sa fare diagnosi, sa somministrare test, ecc... e si sta specializzando in psicoterapia.
Inoltre tenga presente che gli specializzandi lavorano tantissimo sui trascritti delle sedute (qualora il pz voglia prestare il consenso), sono sottoposti a training piuttosto intensi e supervisioni, quindi non possiamo generalizzare e affermare che quando è uno specializzando a prendere in cura il pz, egli non è in buone mani. Semmai si ritrova un professionista decisamente più zelante, che porterà il caso in supervisione e farà il possibile per prendersene cura.

Con questo voglio dire che la specializzazione non è semplicemente una formalità, ma un percorso formativo importante con un monte ore notevole e a moltissimi Colleghi (soprattutto di formazione analitica come la Sua) viene richiesta anche un'analisi personale e/o didattica.

Qui, con i limiti del consulto on line, mi pare di capire che il problema non sia uno o più errori da parte dello psicoterapeuta, o non solo.
Capita anche a terapeuti molto esperti di sbagliare, ma un errore lo si riprende nella seduta successiva...
Qui invece mi pare non si sia instaurato quel clima cooperativo che è il punto cruciale della relazione terapeutica: pz e terapeuta devono inevitabilmente lavorare fianco a fianco e non uno contro l'altro e mi pare di capire che quella competizione presente in questi dialoghi che Lei riferisce non sia stata utile (anche se talvolta si può dosare una piccola dose di competizione, ma anche di accudimento verso il pz) o che sia stata fraintesa.

Le faccio un esempio per spiegarmi meglio.
Se un pz venisse da me a riferirmi che intende lasciare il lavoro, la prima domanda che mi verrebbe in mente da porgli è: "Ritiene di potersi mantenere senza lavorare?" oppure: "Ha pensato a come mantenersi quando darà le dimissioni?".
Questo NON significa che sto giudicando il pz o che voglio in qualche nodo andare contro, ma che lo sto aiutando a ragionare sugli scenari futuri e a ponderare una scelta.
Ma se queste domande dovessero risuonare nel pz come giudicanti, allora è bene che il pz venga a dirmelo (se la relazione è buona e serve proprio per promuovere un cambiamento).

" Se vedeva il reiterarsi dei miei comportamenti, avrebbe dovuto affrontare il problema con me, non aspettare 10 mesi, non crede?"
Certamente. Ma dipende dal tipo di terapia. Alcune terapie prevedono un terapeuta più attivo e che interviene più spesso e altre in cui il terapeuta resta maggiormente sullo sfondo (come quella junghiana).
Che dire? Mi dispiace che sia sia trovato male in generale, ma credo non vi siate trovati nè come metodo, nè come persone.
Ogni terapeuta ha il proprio stile, ma non solo.
Ricordo una ricerca effettuata diversi anni fa presso la mia scuola di specializzazione sulle caratteristiche personologiche del terapeuta e sugli stili relazionali.
Evidentemente con Lei questo tipo di terapeuta non va bene.

Direi però di NON concentrarsi su ciò che non ha funzionato, come d'altra parte Lei sta già facendo.
E' un'ottima idea aver chiesto aiuto ad uno psichiatra e voltare pagina. Questa volta potrà valutare più velocemente se il terapeuta fa al caso Suo oppure no. Non si faccia scoraggiare. A volte può capitare (con qualunque professionista) di dover cambiare perchè non ci troviamo bene.

Io Le suggerisco comunque di chiarire col nuovo terapeuta da subito:
- la diagnosi
- gli obiettivi terapeutici (che possono anche modificarsi durante il percorso)
- la metodologia (come fare per risolvere il problema?)


Sulla TCC può cercare qui:

www.aiamc.it

Le auguro di cuore di trovare un terapeuta che cammini accanto a Lei contro la Sua sofferenza e di stare bene quanto prima.

Un cordiale saluto,
[#14]
dopo
Utente
Utente
Grazie infinite Dottoressa!
Per tutte le (esaurienti) risposte, la pazienza e il tempo dedicatomi.

Sono certo che nella mia prossima terapia sarò più "consapevole" di cosa ci si dovrebbe aspettare e di come ci si dovrebbe sentire, anche a breve termine...

Aggiungo altre considerazioni e opinioni personali, ma ciò non significa che debba darmi ulteriori risposte. Sono molto soddisfatto del consulto (anche con i limiti del mezzo di comunicazione) che mi ha dato.

I problemi con la mia ex. terapeuta erano emersi dai primi mesi.
Ero però convinto che un percorso di terapia prevedesse ostacoli, incomprensioni e molte difficoltà, ed un necessario "adattamento" o "taratura" del paziente e del terapeuta l'uno verso l'altro...l'importante era esternare tutto senza nascondersi.

Evidentemente nella mia prossima esperienza non attenderò 10 mesi per capire che "Questa terapia non s'ha da fare...". Che poi è l'emozione (delusione e dispiacere) più grande che mi rimane...l'aver perso così tanto tempo.

> "Ritiene di potersi mantenere senza lavorare?" oppure: "Ha pensato a come mantenersi quando darà le dimissioni?"

Nel mio caso la risposta sarebbe che se quel tipo di lavoro mi porta a star male e sentirmi ferito ogni volta, preferisco trovarmi un altro lavoro che mi realizzi e mi dia soddisfazioni. E se non dovessi trovarlo, a questo punto meglio stare in salute e sensa soldi che il contrario...
Ho anche provato a "non lavorare" (fare terapia) per 2 settimane prima della mia decisione di lasciare, e ogni giorno stavo un po' meglio...

>Che dire? Mi dispiace che sia sia trovato male in generale, ma credo non vi siate trovati nè come metodo, nè come persone.
Ogni terapeuta ha il proprio stile, ma non solo.

Grazie!
...penso anch'io la stessa cosa.
Proverò con nuova speranza, curiosità e un pochino di paura la psichiatria...speriamo che questa "estate" inizi presto.

>Con questo voglio dire che la specializzazione non è semplicemente una formalità[...]

Premessa: quanto scrivo può ricondurlo al mio "senso critico", a cui si faceva riferimento nei precedenti post.

Sono d'accordo, pensare che per diventare psicoterapeuta è necessaria (se tutto va bene) una formazione di almeno 9 anni è spaventosamete esagerato.
Le mia critica risiede nel fatto che sarebbe stato corretto a mio avviso, anche per motivi di trasparenza, essere informato sulla condizione di specializzazione della mia terapeuta...e cosa ciò significava.

Nel mio dominio di competenza (l'informatica), da qui si può anche capire il mio pragmatismo, ma credo anche in qualsiasi altro settore (compresa la psicoterapia), ti spiegano che per padroneggiare una materia/competenza bisogna suddividere la formazione in tre fasi.

Che si esemplificano con il gioco degli scacchi:
- Studiare la teoria (le regole del gioco degli scacchi)
- Imparare i pattern e gli schemi ricorrenti (aperture, mosse inventate da altri grandi giocatori)
- Fare pratica (giocare a scacchi!!)

Credo che lo stesso tipo di approccio sia sovrapponibile anche alla formazione di uno psicologo/psicoterapeuta. E che uno psicoterapeuta con meno esperienza "sul campo", probabilmente sarò carente di alcune competenze pratiche, di sensibilità e metodologie di rapporto pz-terapeuta.

Anche perchè in caso di "errore" non c'è il proprio insegnante di scacchi che può correggerti ed evidenziarti gli errori a fine partita, ma nella setting terapeutico si è solo in due...con i limiti del tutor dello specializzando che non è nella stessa stanza con il paziente.

Ribadisco che questo è solo un confronto di opinioni, quello che mi viene spesso imputato come il mio "lato critico", ma che io vedo come (sana) curiosità e voglia di capire, anche dove il mio ragionamento sia sbagliato.

>Inoltre tenga presente che gli specializzandi lavorano tantissimo sui trascritti delle sedute (qualora il pz voglia prestare il consenso)
Non c'è mai stata nessuna richiesta e le sedute non venivano registrate...

>Le auguro di cuore di trovare un terapeuta che cammini accanto a Lei contro la Sua sofferenza e di stare bene quanto prima.

Grazie ancora! In bocca a lupo anche a Lei!

p.s. le scrivo una mail per quanto riguarda www.aiamc.it e la ricerca di un nuovo psicoterapeuta.
[#15]
dopo
Utente
Utente
Devo fare un aggiunta necessaria, dopo aver letto questo suo articolo:

Psicosomatico: che cosa vuol dire? (https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1743-psicosomatico-che-cosa-vuol-dire.html)

ehm...mi ci rivedo anche troppo nell'identikit. E' spaventoso quanto l'articolo mi descriva!
[#16]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Esistono vari tipi di psicoterapia, come adesso sa. Può trovarne alcuni descritti qui per sommi capi:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html-parte-II

Una suddivisione molto generale si può fare fra terapie focalizzate e non focalizzate.

Nelle prime, come ad esempio la comportamentale e la breve strategica, ci si concentra sul definire il problema prima di affrontarlo. E poi si lavora verificando di volta in volta quanto ci si sta avvicinando all'obiettivo e se sono necessarie manovre correttive. Si tratta di forme di terapia relativamente brevi.

Nelle terapie non focalizzate si cerca invece di fare un lavoro di scoperta. Di solito non vengono poste diagnosi, non si pretende che ci sia un problema specifico da definire e risolvere, non si danno compiti e ci si affida piuttosto all'interpretazione di quanto portato dal paziente, secondo i canoni previsti dal modello.

Da questa prima classificazione sembra abbastanza chiaro che il tipo di terapia che ha fatto lei per 10 mesi possa definirsi non focalizzata. Ha iniziato "tanto per provare", per vedere se per caso la psiche avesse qualcosa a che vedere con le sue somatizzazioni. E si è invece ritrovato a rimuginare più di prima.

Se fosse arrivato, per curiosità o per caso, come dice lei stesso, da un terapeuta ad approccio focalizzato e non foste stati in grado di definire un problema specifico insieme a lui, è possibile che la terapia non sarebbe nemmeno iniziata e che il terapeuta l'avrebbe congedata dopo pochissime sedute.

D'altra parte, è possibile che se lei ha dei tratti di perfezionismo e delle rigidità evidenti, un altro terapeuta se ne sarebbe magari accorto e avrebbe potuto suggerirle un lavoro specifico in tal senso.

Il punto è che, almeno in un'ottica strategica, ogni psicoterapia dovrebbe essere iniziata solo a fronte di una richiesta o una necessità precise. Fare i viaggi di scoperta alla ricerca di se stessi può a volte creare più pensieri di quanti se ne volessero chiarire, specie nelle persone predisposte alla preoccupazione e alla ruminazione.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#17]
dopo
Utente
Utente
Ho già letto entrambe le guide che mi ha postato...sto anche leggendo: http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__benessere_mente_per_negati.php

Non mi sembra affatto male...
Tutto questo per dire che sono tipo da informarsi parecchio, anche troppo alcuni sostengono.

Non posso che essere d'accordo con la sua analisi della mia situazione e dei miei trascorsi 10 mesi. A saperlo prima... :)

Spero che come lei dice

>...è possibile che la terapia non sarebbe nemmeno iniziata e che il terapeuta l'avrebbe congedata dopo pochissime sedute...

con altri terapeuti ciò avvenga...

Siamo però tutti uomini, con pregi, difetti e debolezze. Ed in una prestazione o nell'offerta di un servizio retribuito, può esserci una parte di conflitto di interessi da parte di colui che lo offre, almeno nel decidere di volerne sospendere l'erogazione. Non voglio generalizzare, dico che il mondo è vario...come le persone...e gli psicoterapeuti. (Ecco un altro esempio del mio lato critico)

Nella mia esperienza ciò non si è verificato:
Articolo 27
Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa.

>...un altro terapeuta se ne sarebbe magari accorto e avrebbe potuto suggerirle un lavoro specifico in tal senso...

Non serviva se ne accorgesse, ero conscio dei miei "difetti" e li avevo portati in prima persona durante la terapia svariate volte e sin dall'inizio.

>Fare i viaggi di scoperta alla ricerca di se stessi può a volte creare più pensieri di quanti se ne volessero chiarire, specie nelle persone predisposte alla preoccupazione e alla ruminazione.

E qui veniamo alla situazione attuale, che ha colto in pieno...vedremo (speriamo) che con il consulto psichiatrico si riesca risolvere qualcosa, e non continuare a peggiorare.

Grazie per le sue risposte, che hanno confermato le mie "dolorose" conclusioni.
[#18]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> in una prestazione o nell'offerta di un servizio retribuito, può esserci una parte di conflitto di interessi da parte di colui che lo offre, almeno nel decidere di volerne sospendere l'erogazione
>>>

Lo psicoterapeuta fa (dovrebbe fare) l'ingrato lavoro di rendersi inutile al paziente. Chi sceglie di esercitare una forma di terapia breve può essere forse più immune a tale conflitto d'interessi. Ma anche le terapie più lunghe hanno una loro utilità, in certi casi, ad esempio nei disturbi di personalità.

>>> Non serviva se ne accorgesse, ero conscio dei miei "difetti" e li avevo portati in prima persona durante la terapia svariate volte e sin dall'inizio.
>>>

Questo però non mi pare ce l'avesse ancora detto. Io ero rimasto alla prima riga della sua richiesta:

>>> Non soffro di nessun disturbo psicologico (ansia, depressione, etcc...), almeno conclamato
>>>

Difetto non necessariamente significa disturbo psicologico. E il compito di distinguere fra i due spetta al clinico.
[#19]
dopo
Utente
Utente
>Questo però non mi pare ce l'avesse ancora detto. Io ero rimasto alla prima riga della sua richiesta

Credevo che quando parlasse di "tratti di perfezionismo e delle rigidità evidenti" si riferisse ai disturbi o difetti (a questo punto non so) che mi sono stati riportati dalla psicoterapeuta nella seduta in cui le ho comunicato la mia decisione di concludere la terapia.
Parlo del mio essere critico e il non essere mai stato me stesso in terapia.

Erano questi i lati di me di cui sono consapevole e avevo riportato sin dalle prime sedute...ed il fatto che mi venissero riproposti, soltanto a fine terapia dopo 10 mesi, come i problemi che non hanno permesso una corretta terapia mi sembra scorretto.
Avrebbe dovuto prenderli in considerazione prima, comunicarmeli e prendere provvedimenti.

Ribadisco (e detto senza giri di parole) a me sembrano solo scuse di un fallimento evidente...di entrambi probabilmente.
Fare leva sui miei difetti di cui sono sempre stato consapevole, mi sembra poco professionale.

Per farmi capire con un esempio: è come fidanzarsi con una ragazza e confidarle di provare vergogna per il proprio naso grosso e lei non ne facesse mai un problema. Dopo un anno ci si lascia e il motivo della rottura risulta essere proprio il naso grosso. (spero non ci siano simbolismi in questo mio esempio...probabilmente in terapia mi verrebbe chiesto: "che significato ha per te il naso...")

bah...ma questo è probabilmente semplice rimugino, e sicuro anche deleterio.

Ogni giorno in più che passa dalla mia seduta, come è sempre avvenuto, io sto sempre un po' meglio. Mi riferisco alla sfera psicologica (delusione, aspettativa tradita, rimugino, etc...).
Per quella fisica, nonostante gli sforzi, continuo a non trovare nessun nesso o semplice causa-effetto.
[#20]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Quello che un paziente porta in una psicoterapia è la sofferenza o il disagio per un problema che non sta riuscendo a risolvere da solo.

Paziente = sofferente
Terapia = cura

Perciò, se all'inizio non c'è vera e propria sofferenza ma semplice curiosità, e se dopo 10 mesi di terapia si sta peggio, probabilmente è corretto affermare che la terapia non andava fatta in primo luogo, secondo il precetto "primum non nocere".

Il medico può certamente suggerire di vedere uno psicologo, ma poi è lo psicologo che, ascoltato il paziente, consiglia una psicoterapia, una consulenza psicologica, un sostegno psicologico oppure... niente.

>>> Ogni giorno in più che passa dalla mia seduta, come è sempre avvenuto, io sto sempre un po' meglio. Mi riferisco alla sfera psicologica (delusione, aspettativa tradita, rimugino, etc...).
>>>

Può decidere anche da solo d'interrompere. Una psicoterapia può presentare momenti faticosi e prevedere compiti un po' fastidiosi da eseguire, ma se diventa una costante il sentirsi male in o subito dopo la terapia, è evidente che qualcosa non sta funzionando.

Tutto questo ovviamente con i limiti di qualunque consulto online, dato che a distanza e per interposta persona non abbiamo modo di verificare né tantomeno giudicare l'operato della collega.
[#21]
dopo
Utente
Utente
Avere avuto tutte queste nozioni 10 mesi fa...o una psicoterapeuta che mi avesse spiegato queste cose quando le portavo i miei disagi...

Ormai è fatta...speriamo nella farmacologia (psichiatra), almeno per il momento mi sono scottato a sufficienza con la psicoterapia.

Fra qualche mese, se tutto porterà alla psicosomatica (gli psicofarmaci avranno causato una remissione dei sintomi fisici), spero di trovare un bravo psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale...ed "estirpare" il problema alla "radice".

>probabilmente è corretto affermare che la terapia non andava fatta in primo luogo, secondo il precetto "primum non nocere".

Questo, con i limiti del consulto online, vuol dire che pensa che non debba tentare altri orientamenti psicoterapeutici, neanche in futuro? Tentare con altre persone ed orientamenti? Psichiatra?

grazie
[#22]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Questo, con i limiti del consulto online, vuol dire che pensa che non debba tentare altri orientamenti psicoterapeutici, neanche in futuro? Tentare con altre persone ed orientamenti? Psichiatra?
>>>

Come ho detto sopra:
- se c'è sofferenza, ha senso tentare una terapia.
- se non c'è sofferenza, ha più senso lasciar stare.

È lei che deve decidere se ha ancora bisogno d'aiuto, basandosi sul suo livello di sofferenza. Lo specialista poi potrà confermare o disconfermare la sua richiesta, facendole presente se e quanto potrà esserle utile, per il problema presentato. Oppure le proporrà di fare un tentativo, e a quel punto dovrà essere lei a decidere.

Però, se sente di essere rimasto scottato dalla psicoterapia, che senso può avere chiedere a uno psicoterapeuta se può valer la pena tentare di nuovo? S'informi meglio la prossima volta, poi veda lei se le va di chiedere PARERI diversi a diversi specialisti. Che non vuol dire necessariamente iniziare cure.

>>> Fra qualche mese, se tutto porterà alla psicosomatica (gli psicofarmaci avranno causato una remissione dei sintomi fisici), spero di trovare un bravo psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale...ed "estirpare" il problema alla "radice".
>>>

Non è un ragionamento necessariamente corretto. Se gli psicofarmaci riuscissero a eliminare del tutto le somatizzazioni, non è detto che debba restare del lavoro psicoterapeutico da fare.

Non è che prima si cura il corpo e poi, "per estirpare alla radice il problema", si cura la mente. Non è per forza in questo modo che funziona. Non sempre più è meglio.

Non cada di nuovo nello stesso errore iniziale, di fare una cura solo per provare a farla. Le cure si fanno solo se strettamente necessarie, e possibilmente dopo aver sentito più pareri, di persona.
[#23]
dopo
Utente
Utente
....se gli psicofarmaci dovessero risolvere il problema senza altri interventi, tanto di guadagnato. Spero che, in ogni modo, possano essere utili a capire DEFINITIVAMENTE se è un problema psicologico!

>Però, se sente di essere rimasto scottato dalla psicoterapia, che senso può avere chiedere a uno psicoterapeuta se può valer la pena tentare di nuovo?

Perchè come detto dalle sue colleghe, e come riportatomi privatamente da altri utenti del sito, non sempre la coppia terapeuta/orientamento - paziente funzionano a primo colpo.

Cmq la fa troppo facile, come detto nel mio primo post, io mi sono rivolto sempre a specialisti, solo che per MIA esperienza ognuno tira l'acqua al suo mulino. E parlo dei Medici e degli Psicologi. (almeno fatta eccezione dei presenti)

Sono tutti convinti di poter risolvere il problema e che la soluzione rientri nella loro sfera di competenza.

La mia psicoterapeuta, tanto per portarle un esempio, nelle prime sedute mi disse: "Sono sicura che i tuoi problemi siano psicosomatici e che li risolveremo" ...almeno per la seconda possiamo essere sicuri che avesse torto.

Quello che lei dipinge, fatto di pareri, correttezza, trasparenza e codici deontologici...non sono ancora riuscito a trovarlo. Chi sa che mi dica c**o prima o poi ;)

>Non cada di nuovo nello stesso errore iniziale, di fare una cura solo per provare a farla. Le cure si fanno solo se strettamente necessarie, e possibilmente dopo aver sentito più pareri, di persona.

Io ormai vado avanti per esclusione, tra una delusione e l'altra...ma il dato oggettivo che ho problemi dermatologici e gastrointestinali è comprovato dalle mie visite specialistiche. Per l'astenia il discorso cambia.

Cmq, non sono stato io ad andare in psicoterapia di mia iniziativa, ma il mio medico curante a suggerirmelo.

Grazie del suo punto di vista e dei suoi consigli.
[#24]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Quello che lei dipinge, fatto di pareri, correttezza, trasparenza e codici deontologici...non sono ancora riuscito a trovarlo. Chi sa che mi dica c**o prima o poi ;)
>>>

Beh, ma se i pareri che sta ricevendo qui la stanno almeno in parte soddisfacendo, come mi pare di capire, ne può inferire che nel mondo reale esistono professionisti così. Dopotutto, ciascuno di noi ha uno studio reale e vede pazienti reali, nel mondo reale.

Se invece i pareri che ha ricevuto qui non la soddisfano, allora credo abbia poco senso continuare a discuterne. Altrimenti starebbe solo svalutando se stesso, discutendo con persone che non stima. Ma non mi pare questo il caso.

>>> Cmq la fa troppo facile, come detto nel mio primo post, io mi sono rivolto sempre a specialisti, solo che per MIA esperienza ognuno tira l'acqua al suo mulino. E parlo dei Medici e degli Psicologi. (almeno fatta eccezione dei presenti)
>>>

La faccio facile perché per me il rapporto con i pazienti è facile. Se ritengo di poter aiutare, offro il mio aiuto. Se ritengo di non poter essere d'aiuto, mi tiro indietro ed eventualmente invio ad altri.

Consideri poi che la durata media di una terapia in TBS sono all'incirca 10 sedute, e che ne bastano di solito anche meno per capire se può esserci stoffa per un risultato.

In ogni caso qualsiasi forma di terapia, psicologica, farmacologica, chirurgica o altro, non può mai dare la certezza del 100% del risultato.
Le somatizzazioni sono un'area particolarmente spinosa, oltretutto, dato che il legame fra ciò che si vede e ciò che dev'essere curato può essere ipotizzato con un margine di certezza relativamente ridotto. Si procede per tentativi. Proprio per questo, occorre la massima attenzione nel mantenere basse le aspettative.

Potrebbe anche darsi che il suo sia un problema irrisolvibile, almeno in parte. Purtroppo il terapeuta non è un taumaturgo.

>>> Sono tutti convinti di poter risolvere il problema e che la soluzione rientri nella loro sfera di competenza
>>>

Questa mi sembra una generalizzazione ingenerosa. Anche noi siamo a nostra volta pazienti e ognuno di noi sa che esistono specialisti tronfi e specialisti più alla mano.

Personalmente, quando uno specialista (o un meccanico o un idraulico, per lo stesso motivo) non mi soddisfa, lo cambio senza pensarci due volte.

Faccia lo stesso anche lei.
[#25]
dopo
Utente
Utente
>Se invece i pareri che ha ricevuto qui non la soddisfano, allora credo abbia poco senso continuare a discuterne. Altrimenti starebbe solo svalutando se stesso, discutendo con persone che non stima. Ma non mi pare questo il caso.

...ma sta scherzando, ho ringraziato e continuo a ringraziare Lei e tutti i suoi colleghi che sono intervenuti nel mio post (richiesta di aiuto). Condivido molte vostre opinioni ed altre mi hanno portato a riflettere ed a capire.

Non travisi le mie parole, ho specificato, che nella MIA esperienza, ho incontrato questo genere di specialisti...

> La faccio facile perché per me il rapporto con i pazienti è facile. Se ritengo di poter aiutare, offro il mio aiuto. Se ritengo di non poter essere d'aiuto, mi tiro indietro ed eventualmente invio ad altri.

Ciò le fa onore...e sono certo che ci sono molti suoi colleghi come lei.

...ma il luogo comune che in italia ci sia un problema di "mala sanità" non me lo sono certo inventato io.

>Potrebbe anche darsi che il suo sia un problema irrisolvibile, almeno in parte.

Io non volevo che il terapeuta mi risolvesse il problema, volevo che mi chiarisse se fosse psicosomatico o meno.
...e la mia psicoterapeuta continuava ad esserne convinta.

Il problema è che se si fosse sbagliata, continuando così...avrebbe presto avuto ragione.

> Sono tutti convinti di poter risolvere il problema e che la soluzione rientri nella loro sfera di competenza

C'è stata un'altra incomprensione, avrei dovuto scrivere "tutti quelli che mi hanno avuto in cura"...che poi in realtà la generalizzazione c'è stata, ma è stata dettata dallo sconforto del non aver mai trovato soluzione. Direi che per essere rigorosi, possiamo dire che un 70% di quelli che ho incontrato lungo il mio cammino.

>Personalmente, quando uno specialista (o un meccanico o un idraulico, per lo stesso motivo) non mi soddisfa, lo cambio senza pensarci due volte.

Il fatto è che, come ho già scritto, prima che lei e i suoi colleghi mi illuminaste sulle sensazioni che la psicoterapia doveva trasmettere sin dalle prime sedute, e viste le rassicurazioni della mia psicoterapeuta, io pensavo che le medicine (terapia) più sono cattive (vengono rigettate dalla mente) e più fanno bene.

...capire se un idraulico ha fatto il suo lavoro credo sia più facile, basta controllare che il rubinetto non perda più...e le dirò, alcune volte non basta neanche quello :)

Voglio ribadire la gratitudine che provo verso tutti voi che avete risposto al mio consulto...e continuo a ringraziavi per il tempo dedicatomi e le risposte che mi avete dato.
[#26]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Bene, sono contento che abbia trovato utili i nostri commenti.

Cordiali saluti