Psicoterapia: ritentare?

Gentili Dottori,

Ho 28 anni (quasi 29 a dire il vero).

Il mio primo incontro con il fantastico mondo degli psicoterapeuti risale al lontano 2010. Decisi di andare perché il mio senso di inadeguatezza e la difficoltà nei rapporti con l'altro sesso erano diventati pervasivi, portandomi a sviluppare quelli che poi scoprii essere sintomi ossessivi e depressivi (peraltro secondo me presenti, in forma più o meno latente e ricorrente, da sempre nella mia vita).

Dopo una breve ricerca, mi affidai a un cognitivo-costruttivista: per i primi 3 mesi sentivo di migliorare, poi ci fu un crollo di fiducia e cominciai a percepire il tutto come più vago, amorfo, inconcludente. Nonostante questo mi diedi tempo e stetti un anno circa con lui.

Mi rivolsi quindi a un terapista strategico con cui mi trovai male, abbandonando dopo due mesi, indi a un altro strategico con cui trascorsi poco più di un anno (da Aprile 2011 a Settembre 2012 circa).

Risultati? Ben pochi, se devo essere sincero: una maggiore speranza nel futuro, forse quella sì, una minore ossessività, ma i rapporti con gli altri e con le donne praticamente uguali a prima. Non c'era stata una sterzata decisa.

In autunno del 2012 decido di andare all'estero e passo due mesi in UK, l'esperienza mi distrae e mi arricchisce. Torno in Italia a ridosso di natale e poco dopo conosco una ragazza verso la quale ho una forte infatuazione. Sembrava arrivato il momento della mia fatidica "prima volta" (a quasi 26 anni suonati) ma la tensione mi gioca un brutto scherzo e tutto finisce con una defaillance (siamo a Febbraio del 2013).

Da lì il crollo. L'episodio mi scatena una terribile crisi: tutte le ossessioni che la psicoterapia mi aveva più o meno aiutato a contenere ritornano prepotentemente con la distruttività di un fiume in piena. Nel giro di poco finisco nello studio di un bravo psichiatra (Marzo 2013) che mi tira fuori dal gorgo.

Due anni di antidepressivi mi rimettono letteralmente in piedi: non mi sveglio più la mattina con l'ansia, l'angoscia non pervade più la mia vita, riesco a fare cose (master, sport, lavori vari).

Nel frattempo (Gennaio 2014), su precedente consiglio dello psichiatra, decido di frequentare delle professioniste per sbloccarmi un po' sessualmente.

Da Aprile dello stesso anno frequento per un po' una ragazza, con cui c'è un tentativo di rapporto sessuale: sono molto meno teso della famosa prima, riesco a godermi i preliminari ma non la penetrazione. Le circostanze ci hanno poi portato ad allontanarci senza ulteriori tentativi. Peccato, perché sono convinto che con un po' di pazienza ce l'avrei fatta.

Recentemente c'è stata un'altra breve frequentazione, ma stavolta nessun tentativo per resistenze sue.

Ad ogni modo, qualche tempo fa un amico alle prese con problemi personali mi parla di un terapeuta dal quale sta andando, tessendomene le lodi. Sono rimasto incuriosito e sono andato a parlargli...

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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Se fosse riuscito ad avere un rapporto sessuale sarebbe per lei la dimostrazione del cambiamento avvenuto?
La psicoterapia non è finalizzata a "contenere" il disagio ma ad avviare un processo di empowermwent attraverso il quale la persona sia in grado di utilizzare il potere personale per ascoltare i propri bisogni affettivi.
La sessualità mercenaria non a nulla a che fare con questo, sono le emozioni gli unici afrodisiaci potenti ed efficaci, ma non si possono comprare...

La scelta dello psicoterapeuta è personale non dovrebbe essere influenzata dagli altri l'importante è che si senta accettato, compreso empaticamente e non giudicato dallo specialista, tutto il resto verrà in seguito.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
... Continuo il mio post. Scusatemi ma il testo era troppo lungo per essere inserito in un'unico.

Come dicevo, incoraggiato dalle parole del mio amico, mi sono recato da questo professionista. Siamo rimasti d'accordo che ci si rivedrà a breve per concludere l'esposizione del problema e stabilire un'eventuale prosecuzione.

Ora, come immaginerete non è facile - dopo tempo e soldi spesi in qualcosa che mi ha portato a ben poco - decidere di ri-affidarsi alla spicoterapia.

Citando la Dott.ssa Camplone, che ringrazio: "La psicoterapia non è finalizzata a "contenere" il disagio ma ad avviare un processo di empowermwent attraverso il quale la persona sia in grado di utilizzare il potere personale per ascoltare i propri bisogni affettivi."

A me fin'ora mi pare che l'unico empowerment che mi ha permesso di tirarmi fuori dalla fossa me l'abbiano dato i farmaci...Tutto il resto, temo siano soltanto belle parole che posso dire a me stesso nel tentativo di autoconvincermi di non aver buttato via quattrini e tempo andando una volta a settimana dai professionisti della parola.

Ho fatto parecchie ipotesi:

Forse non ero pronto, forse i terapeuti non erano bravi (tutti e tre? mi pare difficile), forse io non sono suscettibile a questo tipo di intervento, o forse i farmaci sarebbero dovuti essere il PRIMO step da intraprendere, per poi - a mente più serena - dedicarsi a un lavoro sui rapporti personali.

Insomma, io mi reputo una persona di mente aperta e possibilista: ora devo decidere se darmi un'altra possibilità in questo senso. Chissà, magari dopo più di tre anni - dopo una terapia farmacologica che mi ha strappato alla sofferenza - potrei essere più ricettivo, lavorare con più serenità.

Scrivo quindi per chiedervi uno spunto: alla luce di tutto questo, come mi consigliate di muovermi per fare chiarezza?

Gradirei consigli pratici.

P.s. @Dott.ssa Camplone:

"Se fosse riuscito ad avere un rapporto sessuale sarebbe per lei la dimostrazione del cambiamento avvenuto?"

Si riferisce all'episodio del 2013? Senz'altro le posso dire che la mia reazione conseguente a quell'episodio (che poi mi ha portato dallo psichiatra) mi fece capire che il cambiamento NON c'era stato o che - se c'era stato - era stato superficiale e temporaneo.
[#3]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Intanto approfondirei con il nuovo psicoterapeuta cosa si aspetta oggi dal percorso e cosa identifica come cambiamento.
I farmaci possono "silenziare" temporaneamente la sofferenza e aiutarla a riprendersi, ma questo processo va integrato sperimentando nella relazione terapeutica modalità relazionali funzionali non solo alla possibilità di avere un rapporto sessuale ma alla possibilità di vivere una sua vita affettiva ricca e gratificante.
Consiglio pratico: iniziare ad ascoltarsi anziché schivare le sensazioni spiacevoli.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Caro ragazzo,
Talvolta, per fortuna solo talvolta, le terapie psichiatriche farmacologiche per disturbi come il Suo "tentano" di abbinare all'effetto chimico vero e proprio una "desensibilizzazione" emozionale dei rapporti sessuali consigliando il ricorso a "professioniste".

Dal punto di vista psicologico e soprattutto psicodinamico cio' oltre che inutile e' dannoso.
Perche' "scinde" completamente la sfera affettiva da quella sessuale e fisiologica.
Per l'approccio psicodinamico la sessualita' e' la piu' importante forma di relazione umana, perche' coinvolge il corpo e la mente. E solo cosi' può esser umana.
Se tale "umanita' crea problemi bisogna lavorare sulle cause di tali problemi. E non certo sugli effetti.
Spero di averle fornito degli spunti di riflessione importanti e utili.
I miei auguri.

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#5]
dopo
Utente
Utente
Gentili Dottoresse,

Anzitutto grazie per le vostre opinioni, entrambe avete detto cose condivisibili.

@Dott.ssa Camplone: "iniziare ad ascoltarsi anziché schivare le sensazioni spiacevoli."

A che sensazioni spiacevoli si riferisce?

Ad ogni modo, è utile darsi un tempo limite ragionevole entro cui valutare se la terapia sta dando dei cambiamenti?

E con questa domanda mi riallaccio al mio racconto: feci bene ad aspettare un anno all'epoca o si tratta di un lasso di tempo troppo lungo?
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Iniziare ad ascoltarsi anziché schivare le sensazioni spiacevoli significa concedersi la possibilità di rimettersi in contatto con la propria esperienza così viene percepita anche quando questo significa uscire dalla propria zona di comfort.
In psicoterapia quando si crea un impasse non si tratta di aspettare ma di affrontarla esplicitamente con lo psicoterapeuta, il tempo da solo non sistema le cose come ha potuto constatare.
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dopo
Utente
Utente
"In psicoterapia quando si crea un impasse non si tratta di aspettare ma di affrontarla esplicitamente con lo psicoterapeuta"

Gentile Dottoressa, forse potrebbe essere stato questo il problema, almeno con il primo terapeuta.

La ringrazio per lo spunto.

Oggi rivedrò il nuovo specialista per il secondo incontro, cercherò di esternargli tutti questi dubbi nella maniera più sincera possibile.