Ansia, disperazione

Buongiorno, ho 49 anni e vivo con miei genitori.
Dopo un breve esperienza di convivenza a 35 anni, ero ritornato dai miei.
In questi 14 anni, mi sono rinchiuso in me stesso con poca vita sociale.
Ho vissuto tranquillo finora, affidandomi alla spiritualità, buddismo in particolare che mi faceva accettare la realtà, mi dava sprazzi di serenità.
Da poco però è come scoppiata all'improvviso una profonda insoddisfazione per la mia vita.
Solo recentemente tento di uscire di più, anche se non so se basterà.
La mia asocialità è patologica? Ho il dubbio di essere diverso.
Inoltre ora sento una profonda umiliazione il fatto di vivere ancora con i miei. Soprattutto perché sul sito ho trovato parecchi commenti di donne che non uscirebbero mai con una persona della mia età che vive ancora con i suoi. Sintomo di totale immaturità.
Ho dolorosi rimpianti per i 15 persi: se fossi andato a vivere da solo forse sarebbe diverso ora: avrei già una compagna?
Ma in ogni caso, in questi 14 anni non ho mai avuto occasione di uscire con nessuna donna.
Ho iniziato a cercare casa: ma ciò mi dà ansia: avrò la forza necessaria per andarmene?
Spero che andando a vivere da solo avrò più possibilità di incontrare donne, ma il fatto è che non ho amici. Mi sforzo di essere positivo e aumenterò la mia vita sociale.
Andarmene ora è una mossa azzardata? Devo prima migliorare socialmente, come?
Se non mi sforzo di essere positivo, vedo sempre tutto negativo, mi preoccupo per nulla.
Grazie.
[#1]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

comprendo il Suo punto di vista e come si sente, ma il passato non possiamo cambiarlo: eventualmente potremmo capirlo, se serve, ma non cambiarlo.

Vale dunque la pena cercare di focalizzarsi sulle soluzioni che può implementare: cercare casa mi sembra una grande idea.
Che cosa La lascia perplesso sulle difficoltà di questa scelta? Perché teme di non farcela?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
dopo
Utente
Utente
È difficile dirlo. Mi crea molta ansia solo a pensarci.
Forse ho poca vita sociale e temo di sentirmi più solo. O di fare la scelta sbagliata.
Andare a vivere da solo a 50 anni è diverso che oa 30.
Ma adesso sono convinto quantomeno che è un passo che devo fare. Per anni non ho voluto pensarci.
Se rimango, il futuro lo vedo solo nero.
Ma mi capita dei giorni che mi dico: oramai è tardi, dovevi andartene prima, adesso non ti servirà a niente, troppo tardi.
Dovevi imparare a essere indipendente tempo fa.




[#3]
Dr.ssa Ilaria La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 282 8 9
Gentile Utente,

forse come dice lei è diverso andare a vivere per conto suo a 30 piuttosto che a 50 anni, ma ciò non significa che non debba farlo.

Nelle sue parole sento come se fosse combattutto: da una parte il desiderio di vivere per suo conto, ma subito si affaccia la paura di non farcela, dell' "inutilità" di questa scelta "ormai è troppo tardi" e di rassegnazione, è come se alternasse questi due vissuti e in questo modo lei non riesce a decidersi.

L'età, più che un "limite", sembra più un "alibi" (mi passi il termine) che invece sembra celare una grande paura di affrontare la vita al di fuori della casa dei suoi genitori. Forse perchè rimanendo dai suoi si sentirebbe più "giustificato" per la situazione attuale? Naturalmente è un'ipotesi.

"ho trovato parecchi commenti di donne che non uscirebbero mai con una persona della mia età che vive ancora con i suoi. Sintomo di totale immaturità"

Ma in una scelta del genere non deve essere questo l'unico motivo per cui farlo ossia "se me ne vado allora troverò una compagna e mi farò degli amici ... oppure le donne mi considereranno maturo, in gamba, ...", la capacità di relazionarsi con le persone, di creare legami di amicizia e di amore va aldilà del vivere da soli, perchè come dice bene anche lei la paura "è di sentirsi ancora più solo".

Quindi aldilà della scelta che prenderà, credo che sia importante capire ed affrontare anche con l'aiuto di un professionista questa sua difficoltà di relazionarsi agli altri e di come creare legami significativi.

Un cordiale saluto

Dott.ssa Ilaria La Manna
Psicologa Psicoterapeuta - Padova

[#4]
Dr. Monica Salvadore Psicoterapeuta, Psicologo 21
Gentile utente,

mi sembra che il suo desiderio di vivere da solo nasca dall'esigenza di poter condividere la propria vita e la sua quotidianità con una compagna.

Mi sembra che lei abbia fatto un'inferenza che potrebbe essere fuorviante: "se me ne vado troverò una compagna perchè le donne mi considererebbe maturo"
Provi a riflettere, è questo ciò che la spinge ad andare a vivere da solo?

Cosa la tiene legato ai suoi genitori e non le permette di condurre la sua vita, lontano ed in autonomia?

Rimanendo a disposizione,

porgo cordiali saluti

Dott.ssa Monica Salvadore
Psicologa- Psicoterapeuta

[#5]
dopo
Utente
Utente
Vi sono immensamente grato per i vostri contributi.
”Cosa la tiene legato ai suoi genitori e non le permette di condurre la sua vita, lontano ed in autonomia?”
Risposta (che mi avete esplicitato e che sottoscrivo): La mia difficoltà di relazionarmi agli altri e di come creare legami significativi.
Soluzione: intraprendere un cammino di crescita personale?
A 50 anni è possibile? Da solo o con l’aiuto di un professionista?
In questa situazione è meglio aspettare ad andare a vivere da solo o in ogni caso è meglio farlo anche se la solitudine aumenterà di sicuro?
In questa mia situazione, instaurare una relazione sentimentale, come sto tentando, è destinata al fallimento o può essere anch’essa una occasione di crescita?
Grazie
[#6]
Dr. Monica Salvadore Psicoterapeuta, Psicologo 21
Gentile utente,

non ci sono limiti di età per poter intraprendere un cammino di crescita personale, siamo in continuo diventire e cambiamento e se la motivazione è forte e ci si affida ad un buon professionista, il cambiamento che si innesca può mettere in discussione precedenti certezze e aprirci a nuove prospettive.

Credo che andare a vivere da solo le permetta di mettersi in una situazione di cambiamento, ad ogni modo sarebbe utile approfondire quali sono i suoi desideri e le sue paure rispetto a questo cambiamento.
Non credo che una relazione sentimentale instaurata ora sia necessariamente destinata al fallimento. E' molto probabile che lo diventi se lei investe molto energie nel prefigurarsi scenari futuri fallimentari, credo che ci sia qui un'errata interpretazione degli eventi che può condurla con maggiore probabilità al fallimento, per questo le suggerisco di rivolgersi ad un professionista, per approfondire queste tematiche.

cordiali saluti
[#7]
dopo
Utente
Utente
Grazie. Un ultima cosa.
Ho messo l'accento sul trovare una compagna, perché in passato era l'altra persona che mi dava la forza di cambiare.
Diventare indipendente e migliore, per chi?
Adesso, anche se sento l'urgenza di cambiare, da solo trovo molte difficoltà.
L'unico modo che vedo è aumentare le possibilità di interazione sociale.
E valorizzare i successi e non sopravvalutare i fallimenti: ero stato in terapia 15 anni fa ed è ciò che mi aveva consigliato la terapeuta.
Il buddismo mi ha fatto accettare molte cose di me in passato, ma come dice una famosa preghiera: "Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscerne la differenza."
Accettare le cose di sé che possono essere cambiate è un errore.
Il buddismo può essere nocivo?
Forse portando la spiritualità nella discussione, complico solo le cose.
Cordiali saluti.




[#8]
Dr.ssa Ilaria La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 282 8 9
Può capitare che desiderio di cambiare e forza/voglia di farlo non coincidano come sembra nel suo caso, o meglio, sembra piuttosto che il desiderio debba essere "nutrito" da un'altra persona perché possa realizzarsi "nel passato era l'altra persona che mi dava la forza di cambiare" come se l'altro/a le desse l' "input" (mi passi il termine) per attivarsi nel fare qualcosa.

Come mai?

Si chiede "diventare indipendente e migliore per chi?", in quest'ottica la motivazione che lei sembra cercare è sempre fuori e non dentro di lei.

Cosa le dice di lei questo aspetto?

Sono domande per spunti di riflessione che spero avrà modo di affrontare ed approfondire in un percorso di psicoterapia.

Per quanto riguarda il buddismo, se le è tornato utile ben venga, tuttavia per le difficoltà che porta forse più che accettare sarebbe anche utile fare qualcosa perché non è che debba inesorabilmente arrendersi a questo stato di cose, la capacità di relazionarsi, di creare legami, di avere amici si può imparare con l'acquisizione di abilità sociali che forse lei non ha avuto modo di esercitare.

Un cordiale saluto
[#9]
dopo
Utente
Utente
"il desiderio debba essere "nutrito" da un'altra persona perché possa realizzarsi"
" la motivazione che lei sembra cercare è sempre fuori e non dentro di lei"

Ho riflettuto su queste parole: alle volte mi sento dipendente affettivamente.
Io esisto solo di riflesso agli altri.
Penso sempre all'amore come la soluzione ai miei problemi. Amore a cui penso di dedicarmi totalmente.
Nei miei rapporti passati non c'erano conflitti, li evitavo.
La solitudine, le mie difficoltà di relazionarsi agli altri e di come creare legami significativi, può anche derivare da tutto questo?
Perciò questa mia ansia a vivere da solo, forse nasconde molte cose. Troppe.
Grazie di tutto.
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