Quasi 40 anni e una vita che non decolla....rabbia verso la famiglia

Ho quasi 40 anni e la situazione é che non posso andarmene da casa perché non ho soldi a sufficienza,nonostante io lavori molto.La famiglia é disagiata e non può aiutarmi.Il mio lavoro mi fa schifo.É la conseguenza dell'indirizzo di studi scelto da mio padre,poco prima che morì,ma che io di mio non avrei mai scelto.Mio padre stava per morire,le prospettive economiche erano nere.É iniziato alle scuole superiori il mio declino.In una scuola di periferia,circondato da poco di buono che non avevano voglia di studiare.Ero costantemente svogliato e depresso.Il ragazzo brillante e solare di pochi anni prima era scomparso.Alle medie ero circondato da ragazzi volenterosi,che manifestavano i loro talenti.Io non ero da meno.Alla fine dei tre anni,quando si trattò di scegliere l'indirizzo di studi,i professori mi consigliarono chi lo scientifico,chi il classico,chi la musica,chi l'arte.Tutti mi avrebbero visto bene nei rispettivi campi,ma tutti erano unanimi sul fatto che io dovessi fare il liceo.Eppure niente.I soldi per l'università non c'erano.La professoressa di ginnastica pensava che sarei diventato un giocatore professionista di pallavolo.Ed invece per andare ad allenarsi serviva il motorino o qualcuno che ti accompagnasse, soluzioni entrambi impraticabili a quanto pare. Finisco l'istituto tecnico e mi butto traballante nel mondo del lavoro, anche se io volevo solo studiare.
Passano così gli anni. Il lavoro fino ai 30 anni non l'ho vissuto con grosso interesse, né impegno. Anche perche non mi piaceva. E la mia strategia di pensiero era pensare che un giorno sarebbe arrivata la svolta della vita: una vita migliore in un paese straniero, un contratto con una casa discografica.Ovviamente nulla di tutto questo.Nel frattempo presi per una laurea di 3 anni, anche qui con persone (di quasi 10 anni più piccole) che di voglia di studiare non ne avevano.
A 30 anni decisi di allontanare ogni velleità elettiva, e di provare a dedicarmi seriamente al lavoro (convenzionale ed imposto). Anche perché ho pensato che avevo un bisogno disperato di soldi per andare a vivere fuori di casa, e fare carriera era un modo per mettere qualcosa da parte. Il risultato di questo impegno incondizionato: é completo burnout, depressione da un anno, fobia di ogni responsabilità ed ogni incarico, sindrome dell'impostore (convinzione di incapacità, insufficienza ed ineguatezza). E oltre al danno la beffa. Sono ancora a casa del genitore rimasto, oramai anziano.spesso penso alla morte. Ho rabbia verso la mia famiglia. Perché la ragione di questa condizione é essenzialmente la loro povertà. I miei amici hanno avuto case, studi ecc. pagati dalla famiglia. Io niente. Lavoro molto più di loro, in ruoli stressanti e per niente affini ai miei interessi, per guadagnare due soldi, che alla fine non bastano mai. Non posso mai andare in ferie. Mentre loro hanno 5/8 settimane di ferie all'anno. Sono stufo di questa vita così dura. Qual'è il senso?
[#1]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66

Gentile utente,

la Sua rabbia si sente, eccome.

Eppure, con chi prendersela?
La famiglia non la si sceglie, uno se la trova.
Anche i Suoi genitori avranno sofferto a causa della propria povertà, nonchè morte prematura..

Ogni figlio, partendo dalla propria base di origine
costruisce per sè la vita migliore
che può,
che desidera,
che gli riesce.

Lei in fondo un lavoro ce l'ha.
Non sarà per Lei gratificante, ma Le permetterebbe
- forse -
di vivere per conto proprio,
di avere un amore.

Purtroppo nel frattempo, però,
può accadere di rimanere intrappolati in situazioni prodotte dall'invecchiamento genitoriale.
Ma è assai triste pensare magari che si sarà liberi solo quando ambedue non ci saranno più.

Oltre alle pesantezze di cui ci parla,
di cosa si occupa?
Ha interessi?
Sogni sopravvissuti alla tristezza, rannicchiati in fondo all'armadio?
Un gruppo di svago/impegno/politica?
Uno sport?
Un amore?

Per il "..burnout, depressione da un anno, fobia di ogni responsabilità ed ogni incarico, sindrome dell'impostore.." è attualmente in cura
sia psicologica che, eventualmente, farmacologica?





Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
Buonasera
Grazie della risposta. Sono in cura da 8 mesi. La psicologa non parla di depressione, ma io sono sicuro di esserlo. La psicologa lavora sui pensieri. controbatte quello che dico, offrendo nuovi punti di vista e modi di ragionare. In otto mesi mi ha aiutato un po', soprattutto noto un benessere immediato dopo la seduta. Ma nulla di definitivo. Mi sembra di anestetizzare solo un po' la superficie. Soprattutto discutiamo delle contingenze lavorative. Anche perché sono le cose che in acuto mi uccidono e mi paralizzano nella vita. Ma gli stimoli stressori al lavoro sono tanto e continui. Che hanno sempre la meglio. Per quanto io mi sforzi a pensare diversamente.
Per il resto, sono single. E in questa condizione non mi sente all'altezza di nessuno.
Vorrei solo licenziarmi e farla finita con questa sofferenza. Cercarmi un lavoro con meno responsabilità e meno impegnativo, che almeno risolva quell'aspetto problematico della mia vita. Tanto tutta questa sofferenza, stress e responsabilità non mi hanno portato all'indipendenza, che é il motivo per cui ho accettato certi ruoli di responsabilità.
Coltivo ancora un paio di hobby, ma con poca convinzione è traendone poca soddisfazione. Faccio solo qualcosina quando sto un po' meglio (ormai di rado).
[#3]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Bene che sia già in terapia
(la Sua psicologa è anche psicoterapeuta, sì? Solo così è autorizzata a curare).

Se così è,
8 mesi non sono molti
per modificare schemi mentali e di comportamento che datano da qualche decennio...

Sta però a Lei utilizzare la terapia a Suo vantaggio il più possibile.

Non mi dice nulla di una eventuale terapia farmacologica in atto..
[#4]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
Non c'è nessuna terapia farmacologica in atto. Non é stata proposta. e io non so che fare. Ammetto che l'idea della pillola mi alletta, ma non so quanto faccia bene, dia fisicamente che psicologicamente ( per la dipendenza ad esempio).
Sì é terapeuta. Non so se abbia terminato la scuola, perché é giovane. Magari si.
[#5]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66

Se è attualmente in grossa difficoltà nonostante la psico (terapia?)
una visita psichiatrica,
con la valutazione di un eventuale appoggio farmacologico a termine,
sarebbe opportuna.
Questa è l'indicazione più avanzata:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6285-depressione-psicoterapia-e-piu-efficace-dei-soli-farmaci-nel-lungo-periodo.html

Il timore della dipendenza?
Quando la persona sta bene
dimentica addirittura di assumere il farmaco...
La dipendenza peggiore è quella da una cattiva qualità di vita.

Saluti cordiali.

[#6]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
Anche se non era questo il punto iniziale, posso approfittarne per chiederle come mai secondo lei la terapeuta non parla mai di depressione, né di farmaci? Nel contrattino con me si parlava di cura dell'ansia.
Quello che vorrei é che mi venisse diagnosticato, che non sia io a farlo ( nonostante ne sia convinto). Non capisco.
Ringrazio ancora.
Tra l'altro al colloquio di orientamento avevo risposto di essere favorevole ai farmaci.
[#7]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66

Di questi dubbi ne parli apertamente con la Sua terapeuta.
Solo così una psicoterapia può essere produttiva per l'utente-paziente.

E poi,
la diagnosi è importante,
ed altrettanto la ipotesi dei farmaci quando il malessere psichico impedisce
di vivere "sufficientemente bene" (Winnicott)
di lavorare bene in psicoterapia.

Ove Le risultasse più facile,
mostri alla Psy questo "carteggio".

Se ritiene,
ci tenga al corrente.



[#8]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
Buonasera.
La ringrazio. Ho avuto il consulto. Ma non sono riuscito a chiedere allo specialista se a suo parere fossi depresso.
Il fatto é che il mio curante é molto bravo a 'contraddire' i miei pensieri, mostrarmi altre letture. Alla fine, dopo 50 minuti di 'tesi smontate' mi sarei sentito stupido a fare la domanda, o introdurre l'argomento dei farmaci.
[#9]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Si riferisce alla sua terapeuta?

Peccato rimanere con domande inespresse, dopo i 50 fatidici minuti.
Ma ne avrà altri 50 la prossima settimana o poco oltre...

Faccia Lei un bilancio della Sua vita
e se la Sua rabbia supera la Sua auto-realizzazione
viaggi verso delle decisioni
da discutere assieme alla Sua terapeuta se possibile.
[#10]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
Buonasera
Grazie.
La prossima settimana proverò ad esternare i miei dubbi circa la depressione ed i farmaci.
In merito alla rabbia, dopo la seduta é diminuita. E anche grazie alle sue parole, dottoressa Brunialti. Rimane l'insoddisfazione dovuta alla non realizzazione. Ma ancora prima, c'è l'ansia per le circostanze di lavoro che penso (e anche il terapeuta) mi paralizza in acuto e non mi fa andare da nessuna parte. É questo l'ambito di intervento che é stato impostato. Io poi reagisco alla ansia buttandomi giù. Tendo di natura allo sconforto. Solo che questo sconforto si protrae da un anno. Per quello parlo di depressione. Spero di essermi spiegato.

Grazie.
[#11]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66


Se queso consulto ha rappresentato per Lei
- oltre che un secondo parere, sempre utile -
una seconda chance/possibilità di riflessione,

ne siamo contenti.

Abbia fiducia nelle proprie possibilità.

L'alleanza terapeutica con la Sua psicoterapeuta è importante,
sia esplicito con lei rispetto al Suo sentire.

Se ritiene,
ci tenga al corrente.

Saluti cari.



[#12]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
Grazie dottoressa. Mi sembra di abusare della sua disponibilità, messa a disposizione gratuitamente, però oggi é stato l'ennesima giornata d'inferno a lavoro. Non ce la faccio più. Che senso ha tutto questo? Questa sofferenza quotidiana? Vorrei sparire. Ogni giorno pressioni, i clienti, i colleghi, nuove richieste, nuove situazioni che mi richiedono ulteriore impegno, oltre gli straordinari giornalieri che già faccio. E nessuno a lavoro disposto a venirmi incontro. Lavoro a testa china almeno 10 ore al giorno. Cosa fare quando non ce la si fa più? Vorrei solo licenziarmi
[#13]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Gent. Sig.,

non si faccia prendere dallo scoraggiamento;
periodi e giorni proprio "giù" succedono,
tutti noi umani li conosciamo.

Occorre un giro di boa.
Non tanto licenziandosi
- la sicurezza economica è una ciambella di salvataggio per un certo verso -
quanto riprendendo il controllo dei percorsi terapeutici: psicoterapia + farmaci.

Auguro una serata tranquilla.
Ansia

Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.

Leggi tutto