Lutto

Gentilissimi/e dottori/esse, un mese e 14 giorni fa è morto mio padre. Io e lui avevamo un rapporto speciale perché mi ha praticamente cresciuto lui dopo che mia mamma è morta quando avevo 11 anni. Mia madre è morta davanti a me, le immagini anche se un po' oscurate sono nel mio cervello. Mio padre era la mia ancora di salvezza, mi ha cresciuta con un carattere forte, è difficile che mi arrenda. Dopo una prima fase di ansia (in passato ne ho già sofferto) e sensi di colpa il mio cervello ha capito che evidentemente era arrivato il suo momento e che non è una situazione modificabile, lui non tornerà da me. Sono una studentessa universitaria e vorrei cercare di dare gli ultimi esami e laurearmi per dedicarmi a qualcosa di nuovo, ma appena mi alzo la mattina vorrei solo starmene a letto tutto il giorno e aspettare che la giornata finisca. Mi sento debole e stanca, senza stimoli. Prima piangevo e sognavo mio padre, ora mi sento solo vuota e sembra che nonostante mi dica che non è così, in alcuni giorni mi sembra che non succederà più niente di bello e ho paura a uscire di casa perché mi sento sempre così stanca anche se quando esco sto molto meglio. È normale che io mi senta così? Passerá o si tratta di depressione? Come posso superare la mattina? La mattina è lo scoglio più grande.
Prima mi seguiva una psicoterapeuta che adoravo solo che ora ho problemi di soldi e per almeno un mesetto non potrò andarci.
Grazie per l'attenzione.
Cordiali saluti.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Cara utente, condoglianze per il grave lutto che l'ha colpita. Sono certa che se vorrà parlarne alla sua psicoterapeuta troverete un modo per ridurre o differire il pagamento delle sedute, che in questo momento potrebbero essere necessarie. Quanto ad eventuali farmaci, lascerei la decisione alla terapeuta, ma non prima che sia trascorso il tempo opportuno per l'elaborazione del lutto. Ci chiede se la sua è depressione. I sintomi del lutto e quelli della depressione reattiva si sovrappongono, a volte, e comunque è troppo presto per immaginare altro che una situazione temporanea, destinata a mitigarsi, poi a sciogliersi. Lei stessa nota che se supera l'iniziale inerzia, una volta che è fuori di casa sta molto meglio. Provi a studiare in biblioteca e a porsi degli scopi che la costringano ad uscire fin dalla mattina. Non deve respingere però i ricordi, e nemmeno deve censurare i pensieri dolorosi, ma può essere utile limitarli ad un arco di tempo preciso della giornata, nel quale alcuni esercizi di Scrittura Espressiva potrebbero aiutarla, come una specie di appuntamento al quale rimandare la sofferenza e l'incontro emotivo con le persone che non ci sono più.
Lei non ci dice molto di sé; se ha fratelli, parenti, un fidanzato; se vive sola, se lavora, quale facoltà frequenta. Provi a scriverci di nuovo; rispondere a queste domande, ascoltarne la risonanza emotiva dentro di sé sarà il primo esercizio di Scrittura Espressiva. Noti che nelle precedenti lettere ha sempre ripetuto in parte la sua storia, collocando la morte di suo padre sempre ad un mese e mezzo fa. La prima cosa è prendere coscienza della data esatta; la sua terapeuta le spiegherà perché.
Ancora condoglianze, e abbia fiducia.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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dopo
Utente
Utente
Gentilissima dottoressa la ringrazio per la celere risposta. Sono una ragazza di 24 anni, studio Scienze politiche e relazioni internazionali, dovrei essere prossima alla laurea se il mio cervello in questo periodo collaborasse.. sono la più piccola di 7 figli, siamo 5 femmine e due maschi, ma tutti dicono che sono più matura della mia età. Ho un fidanzato, con cui convivo da Giugno. Mio padre è morto esattamente un mese e 16 giorni fa. La mia psicoterapeuta a cui avevo telefonato varie volte, siccome non poteva vedermi ad Agosto non essendo in studio mi aveva detto di utilizzare inizialmente i farmaci. Ho utilizzato inizialmente il Lexotan ma all'ansia è subentrato un malessere che non mi fa alzare dal letto. È come se con la morte di mio padre, nonostante avessi assistito a quella di mia madre ma essendo bambina non capii, avessi percepito la mortalità in noi e in tutto ciò che ci circonda. È come se il mio cervello dicesse tanto i sacrifici e le cose da fare non servono a nulla, stai a letto. I miei genitori hanno fatto tanti sacrifici e non si sono goduti i risultati. Mi sento in colpa per non essere stata lì con mio padre, era preoccupato perché a luglio mi avevano ricoverato per una salpingite e malattia infiammatoria pelvica. Ero provata dalla terapia in ospedale e poi è morto lui. Sono stanca e mi sento persa. Il medico mi ha dato Sereupin, ne prendo un quarto di una pastiglia da 20 mg. Non credo di farcela senza prendere un farmaco, anche perché anche il mio ragazzo non sa più come fare per aiutarmi e ci stava rimettendo anche il nostro rapporto. Io e mio padre la chiamavamo la nostra avventura, i libri, la scuola, l'università, i dibattiti sulla politica, le chiamate per commentare le elezioni. Ora non provo più interesse per ciò per cui provavo passione.
Mi scuso per essermi diungata troppo.
Scrivo ogni giorno sulla mia agenda i progressi o le giornate no, ma non mi sta aiutando molto.
Sentiti saluti, cordialmente.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Cara utente, dalle parole "Io e mio padre la chiamavamo la nostra avventura, i libri, la scuola, l'università, i dibattiti sulla politica, le chiamate per commentare le elezioni" capisco ancora di più che è stato lacerato un rapporto intenso, ricchissimo di valori non solo affettivi, ma intellettuali, culturali, fatto anche di progetti comuni che si sono spezzati. A questo si aggiunge il suo senso di ingiustizia per non essersi trovata lì (non lo voglio banalizzare chiamandolo senso di colpa); forse anche l'idea che se ci fosse stata, chissà, le cose avrebbero potuto prendere una piega diversa. Può anche darsi che lei abbia "attenuato" la perdita della mamma in una sorta di patto col destino: se la mamma non c'è più, papà DEVE restarmi vicino. Il fatto che la sorte non abbia rispettato il patto, per così dire, giustifica una rabbia sommersa, che incrementa il sentimento di inutilità di ogni cosa. Insisto perché lei veda la sua terapeuta, e trovi anche nelle persone care (fratelli, sorelle, fidanzato) i grandi legami con la vita che al momento le sembrano così labili. La scrittura sull'agenda è già un passo utile. Provi a rimandare ad un'ora precisa ogni pensiero negativo, e a vivere il resto della giornata come i suoi genitori avrebbero desiderato che lei lo vivesse. Ancora affettuosi auguri.