Chiarimento su terapia cognitivo-comportamentale

Gentile Dottore,

Faccio da circa un anno (in realtà si tratta di 6 mesi, perché le sedute hanno avuto cadenza settimanale di soli 30 minuti) psicoterapia che si basa sul cognitivo comportamentale ed EMDR.
Io soffro di stati ansiosi, disturbo evitante di personalità, gestione delle emozioni in determinate situazioni e ruminazione. Sono problemi molto strutturati ed è chiaro che serve molto tempo.
Detto questo, il mio dubbio è uno: speravo si lavorasse molto più sul presente, che sul passato remoto.
Mi vengono fatte domande sull'infanzia, sui primi momenti negativi vissuti, sulle emozioni
e percezioni avute allora.
Io ho ho più di 40 anni, come posso ricordare in modo nitido dettagli di quando ne avevo 4-5-6?
Alcuni ci sono, ma non sono sufficienti perché si continua a puntare molto su questo aspetto.
Mi domando: è l'approccio giusto e sono io a sbagliare nella valutazione?
Il terapeuta e bravissimo, non intendo mettere in discussione il suo operato, ma io sono il paziente e ho diritto di pensare che continuando a voler cercare un episodio che possa aver scatenato tutti i miei sintomi sia un po' una perdita di tempo, nel momento in cui passa un anno e le domande sono sempre quelle mirate a cercare momenti chiave della mia vita e dei miei disturbi.


Cosa ne pensa?
[#1]
Dr.ssa Caterina Zanusso Psicologo, Psicoterapeuta 86 1
Gentile utente,
al di là dell'approccio, che deve sentire giusto per lei, deve soprattutto sentire "giusto per lei" il terapeuta, perché un fattore fondamentale, qualsiasi sia il tipo di psicoterapia in cui si è specializzato uno psicologo, è la relazione. Detto questo, quindi, le chiederei se ha parlato con il suo psicoterapeuta di questo aspetto che non le torna e nel caso non lo avesse fatto potrebbe essere interessante chiedersi il perché. Credo infatti che solo andando a verifica assieme al suo psicoterapeuta potrà capire se il problema per lei è l'approccio, il professionista, o altre questioni, potendo poi eventualmente fare una scelta anche di cambio (approccio o professionista) con una maggiore consapevolezza.
Saluti

Dr.ssa Caterina Zanusso - Psicologa Psicoterapeuta Padova e Skype
Cell: 347.1173841 Mail: zanusso.caterina@gmail.com
www.caterinazanusso.com

[#2]
dopo
Attivo dal 2019 al 2020
Ex utente
Il rapporto col terapeuta è molto buono, non si tratta di questo, ma si insiste molto sul passato perché, sostiene lui, solo rimuovendo ed elaborando le esperienze (le prime) che hanno iniziato a formare le caratteristiche (quindi le problematiche) del mio carattere potremo risolvere i problemi. Io lo posso capire, ma il fatto è che nella mia infanzia non ho subito particolari traumi. Continuo a pensare e ripensare se ci siano stati momenti di tale rilevanza che possano aver scatenato i sintomi ma trovo estremamente complicato scavare tanto in profondità e su un passato così lontano per andare a ricordare dettagli così precisi. Forse solo l'ipnosi potrebbe. Peraltro, ricordo la mia infanzia con dei problemi, sì, ma è stata più l'adolescenza e il post-adolescenza a intensificare la natura dei disturbi. Lei, dalla sua esperienza, crede si possa lavorare efficacemente sui disturbi del presente e portare così un'efficacia duratura nel tempo? La Dott.ssa sostiene che certi problemi potrebbero riemergere. Onestamente non so come fare; sono solo il paziente e non posso certo io capire quale sia la direzione più giusta e adatta da intraprendere.

Grazie mille della sua consulenza.
[#3]
Dr.ssa Caterina Zanusso Psicologo, Psicoterapeuta 86 1
Gentile utente,
non voglio e, soprattutto, non posso entrare nel merito della sua attuale terapia..credo che il punto, inoltre, sia nelle sue ultime parole: "sono solo il paziente e non posso certo io capire quale sia la direzione più giusta e adatta da intraprendere." Come mai sceglie questa posizione al'interno della relazione? Lo fa anche all'interno di altre relazioni? Lei, come dice bene, è il paziente, quindi nessuno meglio di lei può sapere cosa la può far star bene o meno. Il terapeuta è l'esperto dei processi, ma lei è l'esperto di se stesso. Sta dando per scontato, infatti, che il terapeuta sappia meglio di lei cosa sia meglio per lei, nonostante non si trovi o non le tornino queste domande. Ci aveva fatto caso? Forse sarebbe interessante portare questo aspetto di delega all'interno della relazione terapeutica...
Saluti
[#4]
dopo
Attivo dal 2019 al 2020
Ex utente
Forse non ci siamo capiti: "sono solo il paziente e non posso sapere cosa sia meglio per me", l'ha interpretato male lei. Chi ha una "malattia" non può decidere in che modo deve curarsi, ma deve affidarsi 100% al medico. Mi pare un'ovvietà che non possa sapere IO quale sia la strategia più adatta a livello psicoterapico e di direzione da intraprendere in tale percorso. Ho la mia idea, forse sbagliata, e l'ho anche esposta al terapeuta, ma mi è stato risposto che se non rimuoviamo quei processi che si son creati in quegli anni, e che han determinato i sintomi di cui soffro ancor oggi, tutto il resto del lavoro potrebbe avere un'efficacia ridotta. Peraltro non posso pretendere e imporgli ciò che voglio come fa un cliente in un ristorante con una cameriera ordinando ciò che desidera mangiare.
Spero di esser stato chiaro.
[#5]
Dr.ssa Caterina Zanusso Psicologo, Psicoterapeuta 86 1
Gentile utente,
Sarò chiara o almeno ci provo (con i limiti del mezzo ovviamente) : nessuno potrà mai risponderle sull'operato del suo psicoterapeuta in un contesto del genere.
Chiarito questo, capisco il suo punto di vista, che altro non è che, appunto, un punto di vista! certo, è il SUO modo di costruire l'esperienza dell'essere in psicoterapia e questo è importantissimo e assolutamente da rispettare con estrema dignità.. ma, come ben dice lei, non si tratta di essere al ristorante né di aggiustare un motore, è più complesso ed è un processo di cui, volente o nolente, fa parte anche e soprattutto LEI. Penso quindi che la riflessione dovrebbe partire proprio da qui...Lei può scegliere di essere parte attiva, per quello che le compete, del suo processo terapeutico oppure no. Cosa al momento stia scegliendo tra le due mi sembra chiaro, forse sarebbe interessante chiedersi perché e a cosa le serve (perché sicuramente la serve a qualcosa).
Come le dicevo sopra, lo psicoterapeuta è l'esperto dei processi, ma solo lei può essere l'esperto di se stesso. Le compete, quindi, sentire cosa le torna o no, sentire cosa per lei funziona o no, scegliere la cura e il curante che preferisce e con cui si trova a suo agio..certamente non può obbligare lo psicoterapeuta ad usare una tecnica o un'altra ma può porsi in modo interlocutorio. Per riprendere la metafora del ristorante che lei ha usato..potrei anche mangiare un piatto di alta cucina considerato tecnicamente perfetto..ma se a me non piace lo dovrei mangiare lo stesso? Potrei dire al cuoco di cucinarlo con meno sale oppure non mi posso azzardare nemmeno a dirglielo perché è uno chef stellato? E se lo chef continuasse a dirmi che il sale è perfetto e per me è troppo che faccio?
Quello che posso fare da qui è aiutarla ad essere un po' più consapevole e rispettoso di sé e di quello che sta esprimendo attraverso questi scritti, nient'altro. Da quello che dice pare evidente che non le torni qualcosa, che le provoca un disagio, un dubbio ecc..altrimenti quale sarebbe il senso di chiedere se il collega sta agendo in modo corretto? Forse per sentirsi legittimato a cambiare terapia? Forse, azzardo, se è il terapeuta che sta sbagliando non è lei che è sbagliato? Perchè non ha cambiato terapia se non le torna? Queste sono solo ipotesi e domande per cercare di aiutarla ad avere consapevolezza rispetto le sue scelte, altro da qui non possiamo fare.
Spero di averle dato degli spunti utili,
Saluti
[#6]
dopo
Attivo dal 2019 al 2020
Ex utente
Il dubbio che mi provoca è solo uno ed quello che le ho espresso: ci terrei a lavorare più sul presente che sul passato remoto. Le ragioni dietro questa scelta sono diverse, tra le quali il fatto di non potermi permettere una psicoterapia che duri 4-5 anni. Mi pare evidente che se dopo un anno i risultati siano stati non soddisfacenti e quindi i presupposti siano questi, si rischi di girare intorno ad analizzare cose che non possono essermi di estrema utilità. Cambiare terapeuta è opzione che significherebbe sostanzialmente ricominciare da capo; dover ripetere lo stesso vissuto a un altro non mi entusiasma. Sono un po' questi i dubbi che mi assalgono. Riguardo la mia consapevolezza, mi creda che è proprio fuori strada: è l'unica cosa che credo proprio non mi manchi.
Un saluto.
[#7]
Dr.ssa Caterina Zanusso Psicologo, Psicoterapeuta 86 1
Gentile utente,
può essere facilmente che sia fuori strada, non la conosco. Ho provato a fare delle ipotesi assieme a lei, cosa farsene lo può sapere solo lei. La posso solo invitare a discuterne ulteriormente con il suo terapeuta, chiedendosi assieme che fare se questo vi portasse ad un'impasse.
Saluti
[#8]
dopo
Attivo dal 2019 al 2020
Ex utente
Certo. Proverò a ripargliarlene con la speranza di concordare meglio sul da farsi. Io volevo solo un parere esterno per confrontarmi meglio. Tutto qua.

Grazie della sua consulenza.