Gestire la preoccupazione da Coronavirus

Buonasera, scusate il disturbo ma sono giorni in cui spesso vado in tilt per i mille pensieri causati da questa pandemia.
Sono una ragazza asmatica, affetta da faringite cronica (nel senso che al minimo cambio di temperatura mi si infiamma la gola) e reflusso gastroesofageo, e come potete immaginare non è semplice stare tranquilli in questo periodo perché se mi sento chiusa per l'asma temo anche il Coronavirus, avendo sintomi in comune, e spesso ho la gola dolente e sempre temo sia invece l'inizio del contagio.
Da inizio Marzo, vivendo con i miei genitori ed essendo inoltre una ragazza molto ansiosa, ho iniziato ad uscire solo una volta a settimana per una spesa essenziale dietro casa, neanche venti minuti fuori, con mascherina, guanti ed evitando il più possibile qualsiasi contatto (è triste da scrivere ma è così).
La sfortuna ha voluto che la scorsa settimana, proprio quando ero in cassa a pagare, il signore della cassa ha tossito, a non più di un metro da me ed apriti cielo.
Sono tornata a casa col terrore, ho chiamato l'1500 e mi han detto che avendo sia io che lui la mascherina potevo stare abbastanza tranquilla, inoltre se fosse stato malato non sarebbe andato a lavorare ma io da quel giorno sono impazzita, mi misuro la febbre in continuazione e spesso nel pomeriggio mi arriva a 36.8 da 36.2 della mattina ma mi hanno detto che è fisiologico, inoltre ho spesso questa gola rossa che mi confonde e non so cosa pensare, per sicurezza anche in casa con i miei ho messo la mascherina ma ho comunque paura, posso essermi secondo voi contagiata?
Nel caso iniziassi a stare male possono aiutarmi a cercare un luogo dove stare per non contagiare i miei (casa è molto piccola)?
Il mal di gola è un sintomo frequente?
Basta un colpo di tosse per contagiarsi?
L'asma mi pone a maggiore rischio?
Scusate le domande ma credo di essere arrivata al mio limite psicologico e quel colpo di tosse mi ha destabilizzata totalmente.
Grazie per il vostro lavoro.
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Dr. Giovanni Federico Psicologo 54 4
Gentile Signora,

comprendo le sue preoccupazioni in un periodo entro cui ci si scopre molto vulnerabili nei confronti di un virus di cui sostanzialmente conosciamo poco. Tuttavia, questa è solo una delle tante battaglie che la Scienza avrà modo di vincere a breve.

Sappiamo poco, dicevo... ma qualcosa conosciamo rispetto a questo patogeno, in particolare:

1) Tutti siamo a conoscenza delle misure di isolamento messe in atto dal governo e di come queste si stiano rivelando efficaci nella riduzione del contagio. Tra queste misure, spicca la quarantena per coloro che hanno sintomi. Pertanto, se il venditore di cui parla "fosse stato malato non sarebbe andato a lavorare".

2) Prime evidenze scientifiche autorevoli (Leung et al., 2020; Nature Medicine) ci informano anche del fatto che le mascherine riducono le quantità di corona-virus stagionali e di virus influenzali individuabili nelle goccioline emesse mentre parliamo e che il SARS-CoV-2 ed i CoV stagionali sono "parenti stretti", avendo quindi - probabilmente - dimensioni simili. Di qui, quindi, l'invito a "stare abbastanza tranquilla", già ricevuto dai sanitari contattati al 1500, dal momento che entrambi, lei ed il venditore, portavate la mascherina.

3) Il virus parrebbe "preferire" il sesso maschile. Questo - in termini statistici - le offre margini di sicurezza ulteriori connessi al suo sesso biologico.

4) Oltre che operare differenze di genere, il virus sembrerebbe accanirsi sulla fetta di popolazione più anziana e, quindi, più debole. La sua giovane età fa da ulteriore peso statistico in termini di riduzione del rischio.

5) Sia la faringite cronica che la MRGE (i.e., reflusso) causano la sintomatologia che descrive (mal di gola). Evenienza, questa, con la quale lei - peraltro - è abituata a convivere.

In breve, nel contesto di una lettura cognitiva ed orientata alla stima di plausibilità degli eventi, lei ha probabilità piuttosto basse di aver contratto il virus, in ciò rifacendoci ai p.ti (1), (2), (3), (4) e (5) summenzionati.

Con altrettanta lucidità cognitiva, però, lei potrebbe replicare con: "una bassa probabilità non significa assenza di rischio".

Vero, verissimo.

Tuttavia, la condizione "rischio zero" non sembra accompagnare la vita dell'essere umano sul pianeta terra, a partire dalle attività casalinghe, dalla guida in strada, dal naturale svolgersi di eventi talvolta caratterizzati da malattie ed acciacchi, etc. etc.
Sono tutte, queste, condizioni di "rischio" che, badi bene, in determinati casi si sommano dando luogo a probabilità congiunte più alte degli eventi singoli. Eppure, nella quotidianità, non sembriamo considerarne il peso.

Cosa cambia, dunque, ora? Evidentemente non tanto il "rischio" (peraltro, per certi versi, ridotto dall'aria più pulita, dal minor uso di autovetture, dalla minore possibilità di accadimenti all'aria aperta, etc. etc.), bensì la sua "percezione", che è funzione psichica.

Perché questa "percezione del rischio" è, in un certo senso, alterata? Poiché, stante l'enorme quantità di informazioni negative che quotidianamente riceviamo circa l'emergenza nazionale, il sistema cognitivo di cui prima va in "sovraccarico", ingenerando un fenomeno c.d. di "information overloading". In breve, la quantità di informazioni da "elaborare" diviene troppa (troppe notizie, troppi articoli, troppa informazione contrastante, troppa televisione, etc. etc.). Accade, quindi, che la capacita di ponderare l'informazione in termini di pensiero e strategie cognitive che siano orientate a giudizi di probabilità plausibili, va in affanno.

Ecco decodificato il "tilt per i mille pensieri" di cui parla.

Le conseguenze di questa cortocircuitazione cognitiva si ritrovano nell'attivazione di meccanismi primordiali di fuga dal pericolo, stavolta percepito erroneamente come "enorme": l'ansia.

L'ansia (e la relativa tempesta di neurotrasmettitori) genera, a sua volta, un complesso meccanismo di ricerca ricorsiva di maggiori informazioni che ha come risultato quello di gravare ulteriormente sulle già esigue risorse cognitive citate precedentemente. Di qui il loop fatto di istanze sottocorticali (i.e., aree più "antiche" del cervello) e corticali (i.e., aree più "recenti" della corteccia) che arriva a sfociare nelle reazioni di panico.

Cosa resta da fare, quindi?

Una prima possibilità è quella di "scaricare" il sistema cognitivo con un'oculata installazione di nuove informazioni e, magari, l'aggiunta di qualche "strategia" cognitiva che le permetta di interrompere la catena di eventi che le ho succintamente descritto.

Una seconda possibilità, simmetrica alla prima, è quella di farsi affiancare nel processo di "decongestionamento cognitivo" da un professionista.

Sperando di averle, almeno in parte, restituito una seppur minima dotazione di senso ulteriore alla sua narrazione, resto disponibile qualora ne ravvedesse la necessità.

Cordialmente,

Giovanni Federico, PhD
Web: https://www.neuropsicologo.net
Mobile: (+39) 349 85 27 200

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dopo
Utente
Utente
Dottore, mi creda, La ringrazio sentitamente per la risposta gentile e dettagliata, oltre a dimostrarsi altamente competente e professionale ha rivelato una profonda sensibilità verso l'espressione di una sincera fragilità, Le sono grata. Io sono di Roma, effettua consulenze anche nella mia città? Di nuovo grazie.
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Dr. Giovanni Federico Psicologo 54 4
Gentile Signora,

la ringrazio per le parole spese.

Per ciò che concerne la sua richiesta, attualmente erogo servizi di consulenza psicologica e neuropsicologica presso il mio studio, a Napoli, ed a distanza, online, attraverso il mio sito web. Può riferirsi ai recapiti riportati in calce.

Tenga presente, inoltre, che sono molti i professionisti che operano nella sua città per una consulenza in studio, molti dei quali sono rintracciabili anche attraverso questo sito.

Se vuole, mi tenga aggiornato.

Cordialmente,
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