Riflessioni e pensieri da mettere in pratica

Buongiorno.

Sono un'infermiera, ho 32 anni, due figlie da due uomini diversi e sono separata.
Abito in una bifamiliare con i miei genitori accanto e ho una relazione da qualche anno.

Ho avuto un'adolenscenza turbolenta, un rapporto particolare con i miei e purtroppo la nostra vita è stata sconvolta da un lutto gravissimo qualche anno fa.

Riassumere la mia vita così è riduttivo, ma vuole solo essere un preambolo alla mia domanda.
Fondamentale io non trovo pace.
Non mi sento mai appagata, non ho una routine, oggi sono sportiva, domani pigra, inizio due pagine di un libro, due giorni di dieta, mollo, riprendo, mi concentro su altro etc.

Rifletto, mi metto obiettivi, mi do risposte, mi faccio programmi, ma non riesco a mettere in pratica i miei pensieri.
E alla fine mi sento sempre ferma.

Ho paura di fare del male, del giudizio, di non essere in grado, mi faccio sempre condizionare dagli altri, che a mio avviso sono sempre meglio di me.
Più cerco di "ritirarmi" e più faccio danni.

Ho sposato la persona sbagliata, e quel giorno ero convinta che l'avrei sopportata a vita, come mio padre con mia mamma.
E sarei stata agli occhi di tutti una rispettabile persona che si era redenta dopo aver fatto un figlio in adolescenza.
Avrei dato un padre a mia figlia.
Lui mi diceva che tutti a lavoro gli dicevano essere un bravissimo ragazzo per questo.
Mi diceva che non potevamo litigare, perché mia figlia avrebbe pianto.
Che ero triste e dubbiosa solo perché ero giovane e immatura.

Dopo due anni di convivenza, sei mesi di matrimonio e una bambina in arrivo ho fatto un casino e l'ho lasciato senza se e senza ma.
Ero di nuovo sotto gli occhi di tutti.

Mi sento inaguata come madre.
Non riesco a dare quella sicurezza, la certezza di avere sempre le cose in mano, come ogni figlio vorrebbe.
Al contrario mostro le mie paure.

Non mi sento felice della mia relazione attuale, perché penso che voglio fare ciò che desidero, non ho voglia di compromessi e voglio decidere io.
Penso che non voglio più investire in questa relazione, ma solo su me stessa e sulle mie figlie.
Sono intenzionata a parlare con questa persona e invece quando poi la vedo, decade tutto.

Penso che vorrei cambiare reparto, ma all'atto pratico non consegno la domanda di trasferimento.

Sento che si muove tanto in me, che vorrei vivere davvero senza condizionamenti, ma sento di essere una sconclusionata pentola a pressione.

Le mie figlie sono belle, brave e serene, ma tanto per i miei genitori rimane comunque merito loro.

Per mia sorella maggiore non sono mai stata indipendente.
Tutti parano i miei casini.
Eppure io sento di non aver mai "preso decisioni" ma che ogni cosa mi sia violentemente piombata addosso.

Sono andata in terapia varie volte ma non mi sono mai sentita meglio.

Da dove si inizia a prendere in mano la propria vita?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
si inizia a prendere in mano la propria vita dal cambiamento, il quale impone certi passi:
1. un'analisi di quello che davvero si vuole e di quello che si può realisticamente ottenere;
2. un esame sincero della propria realtà, passata e presente;
3. il mettere in discussione le proprie idee e le proprie scelte, perché non si può cambiare se si difende la convinzione che non si è fatto niente di sbagliato, che non si poteva fare diversamente e che comunque è sempre colpa degli altri o delle circostanze o del carattere (in logica, questo si chiama "contraddizione in termini").
Nel suo caso è probabile che il fallimento delle terapie fin qui tentate sia frutto del non aver percorso questi passi e avere invece coltivato il "pensiero magico", quello dei bambini, per cui un miracolo dovrebbe intervenire dall'esterno a farci di colpo felici senza mutare nulla delle nostre abitudini e delle nostre idee.
Anche l'idea che in terapia ci si senta meglio è sbagliata: alla fine della terapia ciò avviene senz'altro, ma il percorso terapeutico stritola le nostre certezze, vanifica le difese, annulla i costrutti nevrotici dietro cui proteggiamo accanitamente proprio gli errori che ci fanno soffrire.
Se è disposta a mettersi in gioco, affronti una seria terapia; altrimenti continui a "mettere pecette" su relazioni sbagliate e continui errori.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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