Provo disprezzo verso mio padre

Salve, sono una ragazza di 21 anni e ho da che ho memoria un rapporto conflittuale con mio padre.

Mio padre è abituato ad una famiglia di stampo patriarcale in cui il pater familias è al di sopra di ogni altro membro, e ha un problema di mania del controllo unito ad un'attenzione maniacale verso le più piccole cose (quanto mangi di un alimento etc).
Assume spesso atteggiamenti di superiorità nei confronti di mia madre, il che mi manda in bestia da quando ero molto piccola.
Si accende per discussioni davvero stupide (l'ultima volta per uno yogurt) fino a stentare ad astenersi dal ricorrere alla violenza fisica, non riuscendoci mai con quella verbale (non è raro essere chiamata "stupida" "cretina" "quando parlo devi stare zitta").
Provvede alla mia istruzione, mi fa mangiare e per lui è come se dovessi baciargli i piedi per fornirmi il supporto base, che si deve generalmente ad un figlio anche solo per averlo voluto.

Gli altri membri della mia famiglia sopportano questi suoi atteggiamenti, che a me risultano insopportabili.
Scendo dal letto per fare colazione quando so sia andato via, mangio in orari poco consoni per evitare di incrociarlo, mi risulta davvero insopportabile essere nella sua stessa stanza e mi sento a casa solo quando lui va via (si è ammalato di un tumore ed è stato in ospedale per diverso tempo.
Mi vergogno a dire quello che sto per dire, ma non mi sono mai sentita così libera e così a casa come quando lui non c'era e una piccola parte sperava che si prolungasse il più possibile la sua permanenza via di casa) Quando si riprende dai suoi attimi di furia, cerca di venirmi incontro, ma io so che ci vorrà solo del tempo per un altro evento.
Sento come se con me avesse chiuso e ormai dopo tanti anni mi infastidisce anche solo pensare di avere un dialogo con lui, perchè per l'appunto provo grande disprezzo (se non odio) nei suoi confronti.
Mi sento a disagio, perchè sembro l'unica qui a non assecondarlo.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 67
Gentile utente,

due le variabili che mi vengono alla mente.

1.
Le generazioni cambiano. Quello che si sopportava anche solo vent'anni fa, oggi non lo si tollera più.
I cambiamenti maggiori sono avvenuti nella parte femminile dell'universo, e ciò ha scompaginato i rapporti uomo-donna sia nella coppia, ma forse ancor più nella famiglia d'origine: le figlie femmine sono quelle che più frequentemente si lamentano dell'autoritarismo paterno e non lo giustificano.
Esse patiscono anche per la sudditanza della loro madre, con la quale si identificano e al contempo si distanziano, non pensando che la coppia genitoriale è un mondo a sé. E che un figlio difficilmente può comprendere quello che avviene all'interno della coppia, chi detiene realmente il potere, chi subisce.

2.
In certe aree della nostra bella Italia tale processo di cambiamento è più avanzato, in altre è in fieri.
In questo secondo caso avviene che chi per primo in famiglia si espone, possa avere contro tutti gli altri.

3.
Aggiungerei un terzo elemento, legato alla Sua età: l'adolescenza è la fase delle ribellioni, del cambiamento, delle fantasie su un nuovo modo di essere, di vivere, di stare nei rapporti uomo donna.
Fortunatamente - per noi adulti - ci sono gli adolescenti.
Loro - gli adolescenti - ci soffrono.

Come vede, la sua lettera apre una dinamica complessa, ma fortemente interessante.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/