Dubbi sul percorso di psicoterapia

Salve, sono una studentessa fuorisede e ho iniziato a marzo del 2022 un percorso di psicoterapia di carattere piscoanalitico, quindi è passato un anno e mezzo circa.
Continuo ad andarci una volta a settimana, apparte le pause durante le vacanze.
In questo periodo sto molto meglio rispetto all'anno scorso, sento di essere migliorata tanto e di aver raggiunto tanti obiettivi che mi ero posta.
Adesso che è estate e sono in pausa dalla psicoterapia, sto bene, non ne sento troppo la mancanza, sento che magari a volte mi servirebbe parlare con la mia psicologa, ma meno di prima.
Il problema è che non so se sono pronta a chiederle di diluire le sedute, magari farne una ogni 15 giorni.

Di mezzo ci sono anche i miei genitori, che già da aprile stanno insistendo proprio per ridurle.
Credo sia un po' per una questione di spese, ma soprattutto perchè sono preoccupati che io stia sviluppando una sorta di " dipendenza" dalla terapia, e hanno iniziato ad insistere ancora di più, quando il nostro medico di famiglia ha detto che secondo lei dopo un anno e mezzo è strano che non ci sia stato un minimo di distacco, almeno di due settimane tra una seduta e l'altra, e parlandone con lei mi ha detto che dovrei iniziare ad entrare nell'ottica che inizierò a ridurre, soprattutto se nella mia vita non ci sono particolari cambiamenti.

Io ad aprile ne avevo parlato con la mia psicologa.
Lei mi ha detto che non era ancora arrivato il momento e ne potevamo parlare magari a settembre, però comunque dipendeva da come andava nei prossimi mesi.
E mi ha anche chiesto se era una cosa che volevo io o che volevano i miei genitori e onestamente non ho saputo rispondere.
Neanche adesso sono sicura di ciò che voglio, vorrei aspettare un po' e vedere come va, ma sento la pressione dei miei genitori perchè credono davvero o che stia diventanto dipendente o che la mia psicologa non sia abbastanza competente o che se ne stia approffitando.
Mio padre dice che mi dovrei affidare ad un centro di eccellenza pubblico, ma non mi piace l'idea perchè mi trovo bene con chi mi sta seguendo ora.

Odio questa situazione perchè non so di chi fidarmi, chi ascoltare, chi ha ragione.
E peggio ancora non so bene cosa voglio io.
Secondo voi sarebbe un opzione magari provare ad andare ogni 15 giorni e poi se non funziona più ricominciare ad andarci ogni settimana?


Comunque adesso parlandone con i miei genitori, abbiamo deciso che a settembre quando riprenderò il percorso riparlerò con la psicologa, e le chiederò a che punto del percorso siamo, se mi dice di continuare ad andare ogni settimana, aspetterò altri 2 mesi e poi mi rivolgerò a qualcun altro, giusto come consulenza, per capire se sta andando tutto bene.
Ha senso per voi?
Io voglio stare bene, e voglio cercare di capire cosa voglio fare io, senza farmi influenzare dai miei genitori o dalla psicologa o chiunque altro, ma mi viene veramente difficile.

Vorrei sapere il vostro parere oggettivo e disinteressato.
Grazie mille.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.9k 186
Gentile utente,
già nell'email che ci scriveva due anni fa sembrava che lei si affidasse ciecamente alle parole di suo padre per scegliere la sua facoltà, per analizzare il mondo e la società, per decidere del suo futuro.
Nella sua lettera di oggi lei ha nominato così tante volte i suoi genitori, le loro idee e le loro imposizioni, che pur non conoscendola sarei tentata di dirle che è ancora molto lontana dalla guarigione.
Essere "sani", meta ideale non sempre e a volte non completamente raggiungibile, è diventare autonomi; saper comprendere cosa pensiamo noi e cosa pensano gli altri; cosa conviene a noi, cosa sappiamo o possiamo appurare noi, quali errori ci autorizziamo a fare, e cosa invece sanno etc. tutti gli altri.
I suoi genitori già da aprile stanno insistendo per ridurre le sedute, scrive. Sono degli specialisti di psicologia regolarmente abilitati, i suoi genitori? La hanno sottoposta a test?
Se così fosse sarebbero gravemente scorretti sul piano deontologico: non si prende in terapia psicologica un familiare stretto, specie un figlio, che possiamo piuttosto aver fatto ammalare anche non volendo; altro che guarirlo!
In più, i suoi genitori nascondono un interesse economico dietro l'insinuazione che lei stia cadendo in dipendenza dalla terapia. Ha scritto: "credono davvero o che stia diventanto dipendente o che la mia psicologa non sia abbastanza competente o che se ne stia approffitando".
Ma lo sa che questa è una grave offesa professionale alla sua curante? Non pensate, tutti voi, che gli specialisti della psiche conoscono i rischi della dipendenza e la curano, non la provocano?
Scrive anche: "Mio padre dice che mi dovrei affidare ad un centro di eccellenza pubblico".
Ci sono "centri di eccellenza pubblici" nella sua città? Se suo padre li conosce, perché non glieli ha consigliati prima?
Infine con grave scorrettezza si è comportato il medico di famiglia, se è riferito esattamente quanto segue: "il nostro medico di famiglia ha detto che secondo lei dopo un anno e mezzo è strano che non ci sia stato un minimo di distacco, almeno di due settimane tra una seduta e l'altra, e parlandone con lei mi ha detto che dovrei iniziare ad entrare nell'ottica che inizierò a ridurre, soprattutto se nella mia vita non ci sono particolari cambiamenti".
Il medico di famiglia ha studiato psicologia? L'ha sottoposta a test? E lei era consenziente, o questo avviene sopra la sua testa, infischiandosi del fatto che abbia già raggiunto la maggiore età?
Lei conclude così: "adesso parlandone con i miei genitori, abbiamo deciso che a settembre quando riprenderò il percorso riparlerò con la psicologa, e le chiederò a che punto del percorso siamo, se mi dice di continuare ad andare ogni settimana, aspetterò altri 2 mesi e poi mi rivolgerò a qualcun altro, giusto come consulenza, per capire se sta andando tutto bene. Ha senso per voi?"
Per me ha un senso ben preciso: lei non si è liberata di un invischiamento che le sta precludendo la guarigione.
L'unica che può aiutarla a superarlo, se ha la sua fiducia (la SUA, non quella di chi forse è l'origine di molti suoi malesseri) è la professionista che la ha in cura.
Certamente deve parlarle, riferirle tutto quanto ha scritto a noi e chiederle se può già dire a quale punto del percorso siete. Sempre in un'ottica di fiducia può chiedere alla sua curante se può avvalersi di un secondo parere professionale, ma non per i suoi genitori: per lei stessa.
Vede, cara ragazza, la situazione che lei descrive è di una tale dipendenza dai genitori che noi non siamo minimamente in grado di poterle dire se un percorso diverso da quello che sta facendo sarebbe migliore. Lei ci si presenta come una prigioniera legata a un albero con una robusta fune, la quale ci chieda se il coltello con cui l'unico soccorritore cerca di liberarla sia adatto, o se sia meglio rinunciare anche a quello!
"Io voglio stare bene, e voglio cercare di capire cosa voglio fare io, senza farmi influenzare dai miei genitori o dalla psicologa o chiunque altro, ma mi viene veramente difficile".
Le auguro di raggiungere questa libertà, ma con una precisa consapevolezza: che la psicologa non la sta "influenzando", ma curando, perché ha studiato a questo scopo.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie davvero per la sua risposta. Sono consapevole del rapporto non troppo sano con i miei genitori, anche se comunque nell'ultimo anno è migliorato molto, non specificatamente per questa questione ma per altre cose si. Sono comunque d'accordo con lei, loro non sono medici o psicologi e mi fa rabbia che abbiano tirato fuori questo problema di "dipendenza" dal nulla, quando nel percorso stava andando tutto bene e mi fa ancora più rabbia che abbiano ancora molta influenza sul mio pensiero.
Sono molto testardi e preoccupati soprattutto e, anche se onestamente sento che sto cominciando a raggiungere almeno un minimo l'autonomia di cui lei parla, non so ancora bene come gestire la situazione e soprattutto la loro insistenza, perchè per quanto io cerchi di spiegare quello che penso io, loro sembrano ascoltare sempre fino a un certo punto. Poi l'essere a carico loro economicamente non aiuta la situazione, nonostante mi abbiano ripetuto più volte che mi pagheranno la terapia fin quando ne avrò bisogno. Credo che , come mi ha fatto notare la psicologa, loro abbiano difficoltà a lasciare andare il controllo delle cose, e in effetti questo percorso è l'unica cosa veramente mia, per cui io ho insistito e di cui loro non sanno molto nello specifico.
Comunque io non so quanto sono lontana dalla guarigione, quello che so è che sono migliorata tanto e per la prima volta sto iniziando a prendere in mano la mia vita. Grazie ancora per la risposta.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.9k 186
Gentile utente,
sono contenta che sia già in parte consapevole dell'influenza negativa che il controllo genitoriale ha su di lei.
Delle sue parole consideriamo queste: "per quanto io cerchi di spiegare quello che penso io, loro sembrano ascoltare sempre fino a un certo punto".
Il problema è che lei non deve spiegare proprio nulla del suo percorso psicologico, altrimenti lo rallenta e lo compromette; meno che mai a persone che continueranno sempre a contraddirla perché hanno un'idea che non intendono mettere in discussione, e quest'idea è appunto che DEVONO AVERE IL CONTROLLO SU DI LEI.
Per questo hanno tirato fuori il discorso sulla dipendenza proprio quando l'hanno vista sulla via della guarigione, ossia della liberazione.
Possono pensare di dominarla per bontà, per senso di responsabilità, possono forse avere le più lodevole intenzioni del mondo, ma quello che ne consegue è... la giovane donna legata strettamente a un albero.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#4]
dopo
Utente
Utente
Grazie mille per il suo tempo, spero di risolvere la situazione e stare meglio. Buona serata.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.9k 186
Buona sera, cara utente. Mi sembra che sia sulla buona strada, con l'aiuto di una brava curante.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com