Sensi di colpa per gesti mai compiuti

Buongiorno,
da tanti anni, forse da sempre vivo male per sensi di colpa per gesti mai compiuti.
Faccio degli esempi:
- appena patentato ho sfrecciato per le strade deserte della mia città, non c'era nessuno e non è successo nulla, ma se qualcuno invece ci fosse stato, se un bambino fosse sbucato fuori dal nulla, l'avrei a dir poco ucciso;
- io che non sono mai andato a prostitute, una volta sono stato lì lì per offrire denaro a una conoscente per convincerla a fare sesso, all'ultimo ho capito che stavo per dire un'idiozia e ho taciuto;
- alcune volte sono stato prossimo a vomitare cattiverie in faccia a qualcuno e sempre all'ultimo ho pensato meglio di non essere crudele;
- ecc.
ecc.
ecc.
neanche posso ricordarli tutti.


Ebbene quando non di rado ripenso a quello che avrei potuto fare e non ho fatto, mi sento accartocciare l'esofago e il cuore, mi sorprendo a strizzare gli occhi come per allontanare un brutto ricordo e impiego diversi secondi per ricordarmi "tranquillo, non hai fatto nulla di tutto quello".
Voi sapreste dirmi perché ugualmente torno a farlo, mi basta vivere una circostanza simile e allora quando poi mi trovo solo, ci ripenso e rievoco quelle brutture.
Mi sembra di fare autolesionismo mentale e non so perché.


Paradosso nel paradosso: anche io come tutti ho fatto delle vere gaffe nella mia vita:
- una volta mi è scappata una scoreggia in classe, mi hanno preso in giro sia i compagni che la professoressa, ero imbarazzatissimo, ma se ci penso ora mi viene al più da sorridere;
- ho fatto incidenti in auto, anche per colpa mia (mai un ferito) ma se ci penso ora penso siano stati comuni incidenti di gioventù e testa tra le nuvole;
- rifiuti dalle ragazze pure, con tanto imbarazzo al momento, ma ora penso semplicemente così doveva andare, per dirla tutta col senno di poi sono portato a credere fosse il meno peggio poteva capitarmi.


Sto male solo quando ripenso alle situazioni che non sono mai state.
E' assurdo.
Sapreste darmi anche solo uno spunto di riflessione?
[#1]
Dr. Alessio Fogliamanzillo Psicologo 372 4
Buon pomeriggio,


Ha detto che sono anni che agisce così; ha mai chiesto per questa sua problematica? È cambiato qualcosa di recente per cui ha deciso di farlo solo ora?

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[#2]
dopo
Utente
Utente
Si, tanti anni, mai chiesto prima.
Siccome non sono sicuro di essere stato chiaro prima, specifico meglio: quelle "brutture di fantasia" mi tornano in mente da sole (tipicamente in doccia, mentre lavo i denti o ascolto musica da solo), non è che io faccia mai il minimo sforzo di reminiscenza (ci mancherebbe solo..).
Non saprei dire perché solo ora mi viene da chiedere consulto, ci pensavo già da mesi in realtà. Forse c'entra il fatto che vedere crescere mio figlio di quasi 8 anni (che, a scanso di equivoci, è molto equilibrato a detta di tutti) mi provoca domande sul suo futuro o confronti con l'infanzia mia, oppure perché "Essere e tempo" di Heidegger (sono solo a metà) mi sta ribaltando il cervello oppure niente di tutto questo, non so.
[#3]
Dr. Alessio Fogliamanzillo Psicologo 372 4
Per primo le è venuto in mente suo figlio, equilibrato a detta di tutti, a confronto con la sua propria infanzia

Che domande ha posto sul suo futuro? Quali sul suo proprio passato?

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[#4]
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Utente
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Io vengo da una famiglia con padre per lo più assente, violento negli altri casi (verbalmente e fisicamente) e madre succube.
Ma non ne parlavo con nessuno perché mi vergognavo. Una volta stavo per chiamare il telefono azzurro ma davanti alla cabina telefonica dove c'era l'adesivo dell'associazione col numero (me lo ricordo ancora) desistetti perché poi chissà cosa avrebbe detto la gente, a scuola, i vicini, ecc. Lei pensa è per questo che mi vergogno di cose che invece non c'azzeccano nulla?
Mio figlio invece ha due genitori molto presenti che lo incoraggiano in ogni attività, io stesso gioco personalmente molto con lui e ovviamente nessuno lo tocca mai con un dito se non per abbracciarlo.
A volte penso la mia vita in famiglia è stata terribile, però è stato questo a spingermi ad andare via di casa prima a 18 anni, purtroppo tornare e poi andarmene definitivamente prima dei 23 nonostante le difficoltà economiche. Tutto questo mi ha reso molto autonomo e determinato.
Mi chiedo se mio figlio non rischi di diventare troppo dipendente, dalle gratificazioni degli altri, dall'aspettarsi sempre che qualcuno lo aiuti concretamente e lui non faccia mai nulla da solo, che sviluppi paura a stare senza amici o una fidanzata (quando sarà il momento).
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Dr. Alessio Fogliamanzillo Psicologo 372 4
In Psicologia questo succede, perché spesso modi apparentemente opposti di agire sottendono lo stesso movente: un classico esempio è l'astensione e l'impulsività sessuale, atteggiamenti opposti ma che implicano talvolta due modi diversi di fare la stessa cosa, ovvero dimostrare controllo (con l'astinenza lo dimostri nel senso di "decido io quando e se farlo", con l'eccesso lo dimostri nel senso che "lo faccio con tutti a riprova del fatto che posso farlo quando voglio")

Cerco di dire che se ha sviluppato un comportamento opposto a quello subìto, potrebbe non aver impedito il trasmettersi a suo figlio di un funzionamento potenzialmente patogeno; per quanto possa sembrare sdolcinato e filosofico più che scientifico, invero è meglio evitare queste "opposizioni di principio" optando per un atteggiamento moderato in ambo i sensi (ad usare i suoi stessi esempi, senza esagerare nelle carezze e magari con qualche coinvolgimento un po' più fisico in più [ribadisco sto solo usando i suoi esempi, non lo prenda come una indicazione su quanto e se è giusto o meno picchiare suo figlio!]). Spero di essermi spiegato al meglio

Anche per lei comunque esiste un'associazione, in fin dei conti l'ha proposta ancor prima di me; a che conclusione è arrivato?

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[#6]
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Utente
Utente
Con mio figlio sono tutt'altro che sdolcinato, sono un ex sportivo agonista e il mio approccio sia in casa che fuori è rigoroso (a differenza, giustamente, di quello della mamma).
Ma a parte questo: cosa c'entra con la mia domanda iniziale?
Io le scrivo di un disagio che ho da vent'anni almeno e lei si, mi spiega come pormi con mio figlio (come se avessi chiesto un parere a riguardo)?
[#7]
Dr. Alessio Fogliamanzillo Psicologo 372 4
Ho dato seguito agli argomenti come li ha tirati fuori lei: ha parlato del suo problema, le ho chiesto come mai dopo anni abbia deciso proprio ora di chiedere a noi, lei ha risposto che stava pensando a suo figlio/la sua infanzia/Heidegger, le ho fatto notare che ha parlato del futuro del figlio e del suo proprio passato ed eccoci qua

Se lei dice che ha sintomi da vent'anni, la sua condizione può dipendere da un trauma fisico (es. trauma cranico), da un problema metabolico o comunque dovuto ad altra condizione medica (se ha problemi medici), oppure è un problema psicologico; nell'ultimo caso, direi che quasi certamente uscirà fuori che i sintomi non c'entrano nulla col problema di partenza. Per confronto, a titolo di esempio intendo, esistono fobici che hanno paura dei pomelli delle porte e non di certo perché ne sono stati direttamente aggrediti nell'infanzia

In Psicologia è la norma partire da un sintomo ed arrivare a tutt'altro per associazione, qualcosa oggi supera la sua soglia di tollerabilità e fa parte del meccanismo di difesa psicologico che poi si trasformi in tutt'altro; consideri di iniziare un percorso con uno Psicologo per comprendere meglio le radici del problema, ne troverà di disponibili anche qui su Medicitalia

Che ne pensa?

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[#8]
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Utente
Utente
Penso che lei abbia sbagliato completamente approccio: cercare di inquadrare un problema ventennale partendo da cosa ho fatto negli ultimi tempi è come chiedere a un obeso di terza classe se per caso oggi a colazione ha mangiato qualcosa di diverso.
Penso che preferirei qualche altro suo collega, che appunto sappia almeno iniziare il percorso, darmi uno spunto di riflessione, altrimenti mi rassegnerò all'evidenza che ho sprecato tempo.
[#9]
Dr. Alessio Fogliamanzillo Psicologo 372 4
Non sono partito da cosa ha fatto negli ultimi tempi bensì dalle associazioni che lei stesso ha fatto, come le ho mostrato nel precedente messaggio. Mi baso sui dati che ho, io mi sono basato sull'età come indicata (ha dato queste informazioni penso al momento della registrazione su Medicitalia), utile per comprendere la data di esordio dei sintomi, sui sintomi stessi e, come dicevo, sul perché ha chiesto aiuto solo ora (in Psicologia equivale ad un cambiamento e quindi da investigare, perché dopo vent'anni ha finalmente deciso ora di far qualcosa?). In effetti, più che capire il disturbo, cercavo di capire cosa è cambiato più di recente ovvero come la cosa si è evoluta, ovvero se i sintomi sono o possono cambiare nell'immediato futuro.

Per mantenere il riferimento al suo esempio, se un obeso per la prima volta dopo vent'anni di obesità a colazione mangiasse solo un'insalata, non ci sono dubbi che anche il miglior nutrizionista gli chiederebbe il perché, per comprendere cosa è cambiato. Tutto sommato ha ragione sul dire che non ho approfondito il suo disturbo tuttavia la ragione è semplice: siamo in chat e nessuno con un minimo di coscienza le darebbe una diagnosi, ci mancherebbe altro

Mi dispiace ne sia derivata una incomprensione, le auguro che questa derivi davvero da un mio essermi espresso male e non da un tentativo della sua psiche di evitare di fare una terapia come, tutto sommato, è stato per ben vent'anni in base a quanto lei stesso ha detto.

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